𝐐𝐮𝐚𝐫𝐭𝐨 𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨
2019
23 Aprile , una settimana dopo
Harry e Zayn avevano ormai imparato a convivere. Era trascorsa una settimana di regolette, tutte parte di un programma che il ragazzo del presente aveva imposto a quello del futuro. In teoria, come primo punto, Harry avrebbe dovuto rispettare i suoi spazi senza irrompere alle lezioni – come una volta era già accaduto. La notte avrebbe dormito su una brandina lercia e scomoda – solo a sfiorarla, faceva rumore – che avevano trovato in uno dei ripostigli della scuola. Ultima regola ma non per importanza, Harry avrebbe dovuto evitare di attirare troppo l'attenzione su di sé. In pratica, però, lui non riusciva a mantenere nessuna di queste promesse. Inevitabilmente, al mattino, passava da Zayn durante le lezioni, portandogli un alimento sorprendente secondo il suo parere, ma che evidentemente era all'ordine del giorno. Oppure qualcosa che pensava potesse essergli utile ma di cui in realtà Zayn non se ne sarebbe fatto nulla. Per quanto riguardava l'attenzione su di sé, niente da fare. Malgrado tutti i vestiti comuni che avevano accumulato pur di renderlo meno riconoscibile possibile, quel ragazzo era come miele per le api. Zayn, comunque, non se ne rendeva conto, ma per quanto Harry contribuisse alle attenzioni degli altri, era in realtà la totalità del duo a richiamare ogni sguardo su di loro in un corridoio, in una gelateria, o persino in un parco pubblico. La pelle candida di Harry, la sua corporatura slanciata e forte, i riccioli castani e in disordine, le labbra fragola e gli occhi della malachite più chiara esistente. Ecco, erano tutti elementi in totale contrasto con tutto ciò che riguardava Zayn, eppure c'era armonia tra i due, una sintonia perfetta coi suoi capelli neri sempre perfetti, la pelle fitta di feroci tatuaggi, occhi ambrati, intensi di emozione e mistero, la corporatura smilza. Erano diversi, erano distanti anni luce. E nessuno dei due si accorgeva di quanto insieme fossero complici.
Ad esempio, se a Zayn non andava di esercitarsi per un compito, Harry lo faceva per lui, riferendogli successivamente ciò che aveva imparato. E se a lui dolevano gli occhi e la testa per le troppe ore passate al PC, alla ricerca di un modo per ritornare nel suo tempo, Zayn gli prendeva il posto, e anche se non aveva davvero presente come il viaggio temporale potesse essere accaduto, faceva del suo meglio pur di aiutarlo.
All'inizio utilizzava solo qualche scusa.
"Sì, dai, ti aiuto io, così torno presto alla solitudine della mia camera", borbottava, ma cominciava a realizzare che sette giorni erano stati abbastanza da abituarlo alla presenza di quel ragazzo così stravagante.
Fu proprio il settimo giorno, la settima notte quel 23 Aprile, che Harry infranse l'unica regola che realmente rispettava: la brandina. Quella roba obsoleta non gli andava più. Soffriva di mal di schiena da quando ci dormiva e, per quanto cambiasse le lenzuola, quel materasso lo faceva starnutire.
Queste, comunque, erano le scuse che si raccontava nel cervello. Le stesse che riferì a Zayn quando, quella notte alle due e un quarto, si intrufolò nel suo piccolo letto. Si svegliò piano, percependo la presenza di un corpo massiccio e un respiro caldo sul collo.
"Harry?", si lamentò subito in uno sbadiglio.
"Sh, dormi. Non volevo svegliarti", gli ordinò. Era proprio di fronte a lui, raccolto in se stesso, stretto su un lato del letto.
"È un letto singolo, e tu sei bollente. Mi fai caldo". Le lamentele di Zayn furono in un filo di voce perché era ancora influenzato dal sonno.
Harry non gli rispose, ma gli mise una mano sulla spalla, la strofinò leggermente col palmo in un gesto amichevole, come a volerlo confortare o a dargli un contentino. Zayn sospirò e si arrese a un'altra presenza nel suo letto.
Non lo avrebbe ancora ammesso a se stesso, ma era qualcosa che scoprì desiderare.
26 Aprile, tre notti dopo
I piedoni di Harry erano sempre freddi, ma Zayn aveva imparato a tollerarlo.
"Cattiva circolazione", si giustificava l'ospite prima di infilarsi nel suo letto. A volte anche lui lo riprendeva per qualcosa: "Non hai messo il lenzuolo", oppure "Hai ancora i calzini addosso". Quella sera invece Harry fece una constatazione sull'assenza di una maglietta addosso al moro. Ma non se ne lamentò.
"È che mi fai troppo caldo qui accanto. O scendi, o accetti il mio torso nudo". Zayn lo disse consapevole di non essere un dispiacere per l'intruso. In quegli ultimi tre giorni, aveva imparato a capirlo da come lo guardava quando era distratto – poi, alla fine, cominciava a sentirsi osservato. Anche il modo in cui Harry gli faceva le domande riguardo il 2019 era cambiato: non era più a proposito della vecchia musica, o sui film e la quotidianità. Erano unicamente riferite all'infanzia. "Com'è stata la tua? Com'eri da bambino? Com'è innamorarsi in quest'epoca?".
Harry era una persona talmente appassionata da coinvolgere e impressionare chiunque. E questo condizionava Zayn in modo positivo, si sentiva felice, sereno, più appagato dalle sue giornate, nonostante ci fosse un metro e ottanta di ragazzone a occupargli metà del letto durante la notte.
Quella sera Zayn non aveva sonno, "Non riesco a dormire", iniziò.
"Neanche io", Harry cambiò fianco, si voltò verso di lui perché sapeva che voleva parlare. Ora erano l'uno di fronte l'altro.
"Harry".
"Mh".
"Ci saranno altre guerre nel futuro? E quando finirà quella in Afghanistan?"
"Perché mi fai questa domanda? Dormi".
Al suono della sua voce, profonda ovattata nel cuscino, inconsapevolmente Zayn avanzò leggermente il corpo verso di lui.
"Dimmelo, dai. Non vuoi mai raccontarmi niente".
Harry percepì i suoi movimenti, così incrociò i piedi alle caviglie di Zayn, facendolo saltare al contatto gelido. "Scusami", ridacchiò, "Ci sono molte regole nel futuro per questo genere di argomenti che conosco persino io, che sono solo un manutentore. Non posso rivelare nulla", Zayn puntò gli occhi nei suoi, e dopo una breve pausa, Harry si fece intenerire da quello sguardo. "Diciamo solo che ci saranno tempi duri. Ci saranno alcuni studi che miglioreranno le cose, ma certificheranno che, circa ogni cento anni, la Terra metta a dura prova gli umani".
"Ovvero? Di Notre Dame me ne avevi parlato, però."
"Era diverso, non mi credevi e avevo bisogno di una prova. Che avresti potuto fare? Eri talmente preso dagli affari tuoi che neanche mi vedevi, figuriamoci", Harry suonò risentito, deluso. Zayn sapeva di avere una facciata dura, un'armatura impenetrabile che non permetteva a nessuno di leggergli dentro. Ma ormai Harry lo aveva lasciato entrare.
"Forse all'inizio poteva sembrare così...", gli sussurrò, richiamando gli occhi verdi nei suoi.
Zayn non aggiunse altro, non mosse un muscolo, restando nel buio e nello sguardo di Harry, ma non appena lo vide socchiudere leggermente le palpebre volle ancora tutte le sue attenzioni, tutto il suo corpo e, forse, tutto il suo tempo. Avanzò il viso sul cuscino verso quello di Harry fino a sfiorargli le labbra. Le catturò ma solo dopo alcuni istanti, voleva accertarsi di sentire il respiro di Harry mescolarsi al suo e di percepire i secondi scorrere a rallentatore. Il tempo si era fermato, non c'erano ragioni per cui dovesse scorrere ancora, perché Harry era lì, Zayn era lì. Così quel bacio si immerse nel semi buio della stanza.
Harry aveva conquistato uno stato di felicità al quale non era mai giunto, trascinato dalle sue labbra, dalla sua cura nel toccarlo e sfiorarlo, le braccia tatuate, la pelle liscia del suo torso.
Si chiese come avrebbe potuto tornare nel suo tempo senza portarsi dietro quella sensazione strepitosa ma, soprattutto, come avrebbe fatto a tornarci senza esserne ossessionato.
30 Aprile, quattro giorni dopo
Ignorare il tutto: questa era stata infine la soluzione, il verdetto ultimo enunciato senza esitazione dal complesso ammasso melmoso quale era il suo cervello. Zayn non ricordava da quanti minuti interminabili stesse fissando la parete di fronte, forse veramente troppi, se era arrivato perfino a notare i grumi di tinteggiatura scomposti intorno alla piccola finestra nella parete. Seduto direttamente sul tappeto bruciacchiato al centro della stanza, la schiena appoggiata al letto, stava solo cercando di rilassarsi fallendo miseramente. Da lì, poteva sentire distintamente provenire dal bagno lo scrosciare dell'acqua. Allungò le braccia portandole dietro la testa e chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire un respiro pesante; dietro l'oscurità delle palpebre, tornavano vividi i colori a tinte sconnesse, il ricordo, le labbra e il calore della persona che, proprio in quel momento, era sotto la sua doccia ignaro di quanto le sue rotelline stessero assiduamente lavorando.
La mattina dopo quel maledetto bacio, quando si era svegliato con il naso premuto contro la piega del collo di Harry, invaso dal suo profumo, aveva deciso che, no, quella non era assolutamente una cosa contemplabile, sensata, logica o ragionevole. Perciò, eccolo che mattone, dopo mattone, aveva raccolto tutte le sue energie e aveva ripreso a costruire l'imbattibile muraglia che lo contraddistingueva, sperando che, quello strano essere allampanato e con quei grandi, enormi occhi verdi non l'avrebbe fatta saltare in aria. In quei giorni che si erano susseguiti quasi per inerzia, aveva fatto finta di niente, cercando di ignorare l'espressione delusa che, a volte, aveva attraversato il volto dell'altro, tirando dritto come un treno. La biblioteca era ormai divenuta un posto di rito, a volte un rifugio; era certo che – in un ambiente dove fosse obbligatorio fare silenzio – nessuno dei due avrebbe osato dire qualcosa fuori posto e sicuro, al cento per cento, che – come in una qualsiasi normale situazione – avrebbero potuto trovare lì delle risposte. Peccato che quella non fosse affatto una situazione comune e Harry non fosse per nulla come le altre persone. A prescindere.
"Pensi veramente che dei libri scritti centinaia di anni fa, abbiano la risposta per una macchina costruita con fatica nel 2089?".
Aveva esordito, infine, Harry quel pomeriggio con tono piuttosto piccato, guardandolo con un'espressione persa. Zayn aveva semplicemente sollevato le spalle e riportato l'attenzione agli esercizi di fisica che, non si sarebbero risolti da soli, nemmeno nel 'tremilaepassa'.
"Non vedi l'ora di rispedirmi da dove sono venuto".
L'aveva sentito borbottare, poi, dal nulla, prendere le chiavi della sua stanza come gli fossero appartenute da sempre e uscire senza aggiungere altro.
Aveva lentamente sbattuto le palpebre e tentato di realizzare quello che era appena accaduto. Adesso, eccolo lì, di nuovo con un'emicrania inspiegabile ricalcante quella di molti giorni prima, quando quel ragazzo maldestro era piombato nella sua vita. Aprì gli occhi provando a scacciare tutti quei pensieri e quelle immagini e drizzò la testa, non appena sentì la porta del bagno scricchiolare.
Harry aveva fregato, ancora una volta, i suoi vestiti: un paio di pantaloni di un pigiama che non indossava più da anni e non ricordava nemmeno di avere e una t-shirt consumata; i piedi nudi esposti sul pavimento, era intento a strofinarsi i capelli con un asciugamano, mentre lo guardava cauto.
"Cosa ti è preso?" trovò il coraggio di chiedere, anche se, in realtà, lo sapeva benissimo. Era completamente consapevole di star giocando con la sua mente ma, fare finta di non capire, è sempre la soluzione più semplice. Stare a stretto contatto con uno sconosciuto per due settimane, ritrovarsi insieme in una situazione del tutto paradossale ti porta a formare un legame logicamente connesso. Una sorta di istinto di sopravvivenza, che finisce per coniugarsi in vari modi di essere e a Zayn non piaceva affatto la forma che il loro stava prendendo.
Harry non rispose, continuava ad asciugarsi i capelli, affondando il capo nella stoffa morbida e azzurra, come a volerci sparire dentro, poi, accorciando la distanza che li divideva, si accasciò per terra sedendosi di fronte a lui.
E guardandolo attentamente vedeva solo guai. Più guai di quando gli aveva detto di provenire dal futuro e lo aveva preso per un pazzo; più guai di quando aveva rischiato di rispondere per sbaglio a sua madre al cellulare, perché era troppo impegnato a capire quanto fosse diverso dal suo; ancora più guai, di quando gli aveva permesso di dormire nel suo letto.
"Lo sai benissimo" disse, infine, appoggiandosi l'asciugamano sulle spalle e guardandolo serio.
Zayn sospirò sentendosi ancora più esausto di prima, come se tutte le battaglie mentali a cui aveva preso parte in quei giorni, gli cadessero addosso e resistere fosse stato inutile. "Harry..." iniziò a dire.
"No" lo bloccò subito l'altro. "Niente Harry" aggiunse, scuotendo leggermente la testa. "Non sei tu quello finito in un'epoca che non è la tua, in una casa che non è la tua, costretto a dipendere completamente da un'altra persona per riuscire a capire qualcosa".
A quelle parole puntò gli occhi ambrati nei suoi, avvertendo un lieve senso di colpa. Avrebbe voluto dirgli, però, che in quell'inghippo ci si era ficcato da solo. Il suo era un atteggiamento di autoconservazione, in fondo. Per entrambi.
"Cosa vuoi che ti dica?" disse, imboccando, di nuovo, la strada del non detto. Che senso avrebbe avuto mettersi a fare il solito discorso del non dobbiamo, non avremmo dovuto, non possiamo, è stato uno sbaglio.
Harry abbassò lo sguardo, piegando un angolo della bocca e iniziando a torturare con le unghie la pellicina del pollice della mano destra, gesti – aveva imparato – segno di tensione e insicurezza. "Iniziavo quasi ad abituarmi a stare qui" disse chiaro e conciso, senza filtri, come di consueto.
Ed era proprio questo il problema. Così ignorando le sue parole, si alzò e andò direttamente verso la finestra per recuperare il posacenere giallo fluo. Aveva bisogno che tutto lo stress scemasse insieme a quell'emicrania costante che, come in un déjà-vu, continuava a peggiorare.
"Bene, continuiamo ad ignorare l'elefante dentro questa stanza".
Alzò gli occhi infastidito dalle sue parole, continuando a non dire nulla e dopo aver confezionato ad arte il suo prezioso antistress, si riaccovacciò a terra al posto di prima. Allungò un braccio all'indietro per recuperare l'accendino abbandonato sopra al letto e imperterrito, mantenne tutta la propria concentrazione sullo spinello appena partorito.
"È questa la risposta ai nostri problemi?" chiese ancora l'altro, inarcando un sopracciglio, senza perdersi nessuno dei suoi movimenti.
"A quanto pare, sì" disse noncurante, dopo aver rilasciato una boccata abbondante di fumo. Osservò quelle trame risalire verso l'alto, poi sparire, sperando che anche i suoi problemi subissero la stessa sorte.
Chiuse gli occhi, facendo svolazzare le ciglia lunghe e si focalizzò sul proprio respiro e l'odore aromatico che stava iniziando a impregnare la stanza; per un breve misero istante si ritrovò a desiderare che l'altro scomparisse, portandosi dietro tutto. Sentì un rumore di braccia e gambe, capelli ancora umidi sfiorargli il naso, il profumo del proprio bagnoschiuma misto a quello tipico dell'altro invadergli le narici e non protestò. Dischiuse le labbra e fece cadere lo spinello appena acceso sul posacenere – aveva perso tutta la sua attenzione – e appoggiò entrambe le mani sulle sue guance, premendo i pollici contro la pelle calda. Lasciò che Harry lo baciasse lentamente, avvertendo una strana sensazione all'altezza del petto e permettendo che le sue dita si intrecciassero tra i capelli corvini. Inclinò leggermente il capo, tendendo il corpo interamente verso di lui, come attratto da una forza inspiegabile, mentre l'altra mano del ragazzo del futuro premeva stabile ad un lato del suo collo. E ancora una volta Zayn si sentiva contrastato. Avrebbe voluto tirarsi indietro e gridare che quella era una mossa sbagliata, continuare senza limiti o freni e fregarsene altamente della propria conservazione o ancora, non pensare affatto, non aprire mai gli occhi. Continuare solo a percepire la sensazione dei capelli umidi di Harry contro la propria fronte e la sua pelle morbida contro le dita. Ma, poi, li aprì.
Una fitta lancinante alla testa lo fece sussultare e una sensazione di vuoto sobbalzare all'indietro. Harry, di fronte a me, non c'era più.
Forse avrebbe dovuto fare più attenzione a quello che desiderava, anche solo per un breve misero istante.
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