Il peso della colpa
DRACO'S POV
Il silenzio della mia stanza è insopportabile, quasi assordante. Non riesco a distogliere lo sguardo dal soffitto, rigido e immobile come fossi pietrificato. Mi sento ancora il peso della bacchetta tra le mani, anche se l'ho lasciata cadere ore fa. Le mie dita tremano al ricordo di quello che è successo.
Non doveva provocarmi. Non doveva farlo, cazzo! Continuo a ripetermi questa frase nella mente, come un mantra per giustificare l'ingiustificabile. Blaise... No, non è stato solo Blaise. Non riesco più a negarlo a me stesso: ho visto Phyton. Lei era lì, il suo volto angosciato davanti al mio. La bacchetta... era come se avesse vita propria, come se ogni fibra del mio essere volesse distruggere tutto ciò che toccava.
Poi è arrivata Amelia. Il suo incantesimo mi ha colpito in pieno, scaraventandomi nel buio. Expulso. Mi sono accasciato al suolo, privo di sensi, e finalmente quel disastro si è fermato.
Ora sono qui, nel letto, ma la mente non trova pace. La sbornia inizia a farsi sentire: la testa mi martella, e il corpo è appesantito come se fossi stato investito da un treno. Phyton. Il suo nome mi esplode nel petto, lasciandomi senza fiato. Non posso restare qui, non posso più aspettare.
Mi alzo di scatto e indosso la mia divisa, ignorando la nausea che mi assale. Devo trovarla. Devo sapere che sta bene.
Il salone comune dei Serpeverde è silenzioso, ma sento i sussurri. Gli occhi di tutti sono puntati su di me, carichi di disprezzo e giudizio. Non li guardo nemmeno; non hanno idea di cosa stia succedendo dentro di me. Mi avvicino ai pochi che sembrano ancora ignari del caos della notte precedente.
«Goyle? Crabbe? Blaise?» domando con urgenza, ma ricevo solo scrollate di spalle.
Nessuno sa nulla, o forse non vogliono parlarmi. Salgo nei dormitori maschili, bussando a ogni porta, ma di loro nessuna traccia. Quando anche Amelia si rivela introvabile nei dormitori femminili, l'ansia inizia a divorarmi. Dove siete tutti?
Decido di cercare altrove. Attraverso i corridoi di Hogwarts, il mio cuore batte all'impazzata. La biblioteca è deserta, e lo stesso vale per la Sala Grande. L'assenza di Phyton è un macigno che mi schiaccia. Ogni passo è un tormento, ogni angolo un vuoto.
Alla fine, spinto dalla disperazione, mi rivolgo all'ultima persona a cui avrei mai pensato di chiedere aiuto: Terrence Higgs.
Lo intercetto nei dormitori maschili. «Higgs! Fermati, dannazione!» grido, correndo verso di lui.
Lui si volta, sorpreso. «Malfoy? Da quando mi parli?»
«Sta' zitto e rispondi. Hai visto Goyle o Crabbe? Blaise? Phyton?»
Higgs mi osserva per un momento, probabilmente divertito dal mio stato. «Goyle e Crabbe no, ma Blaise... l'ho visto in infermeria.»
La parola infermeria mi gela il sangue. «E Phyton?»
Higgs si stringe nelle spalle, ma il suo silenzio è più eloquente di qualsiasi risposta. Non aspetto altro. Mi precipito fuori dai dormitori, attraversando i corridoi come un folle.
Quando arrivo, il cuore mi si ferma. Un gruppo di studenti è radunato davanti alla porta dell'infermeria: Potter, Weasley, Granger, Diggory... persino Goyle e Crabbe. Tutti hanno in mano mazzi di fiori o cioccolatini. La loro presenza non lascia spazio a dubbi.
Phyton è lì dentro.
Mi avvicino, tentando di mantenere il controllo. «Crabbe, Goyle!» li chiamo sottovoce.
Quando si voltano, i loro volti sono una miscela di paura e disapprovazione. «Draco, te ne devi andare!» sussurra Crabbe.
«Chi c'è lì dentro?» domando, ignorando il suo avvertimento.
«Non puoi essere qui. Se Diggory ti vede, sei morto!» insiste Goyle, preoccupato.
Non ascolto. Mi faccio largo tra gli studenti, dirigendomi verso Madama Chips. «Chi c'è lì dentro?» le chiedo, la voce carica di rabbia e disperazione.
L'infermiera mi guarda con disprezzo. «Signor Malfoy, lei non ha diritto di essere qui!»
«Risponda alla mia domanda!» grido, senza curarmi degli sguardi di tutti.
Prima che possa aggiungere altro, una voce familiare interviene. «Me ne occupo io.»
Cedric Diggory si avvicina, la sua espressione è fredda e ostile. «Hai il coraggio di presentarti qui?»
«Togliti di mezzo, Diggory.» La mia voce è un sibilo, il mio odio palpabile.
«Ringrazia che siamo a scuola, Malfoy, perché altrimenti ti avrei già sistemato.»
Mi avvicino a lui, il viso a pochi centimetri dal suo. «Prova a toccarmi e sarà l'ultima cosa che farai, Diggory. Phyton non è tua, non lo sarà mai.»
La tensione tra di noi è palpabile, ma prima che possa degenerare, Amelia interviene. «Basta così! Cedric, lascia stare!»
Mi allontano lentamente, ma non riesco a ignorare gli sguardi di disapprovazione attorno a me. Ogni passo verso l'uscita è una ferita che si apre.
Prima di riuscire a lasciare l'area, una voce profonda e glaciale mi ferma. «Signor Malfoy, non così in fretta.»
Mi giro e vedo il volto impassibile di Severus Piton. La sua presenza è sufficiente a far ammutolire l'intera folla.
«Venga con me,» ordina, con uno sguardo che non ammette repliche.
Sotto gli occhi giudicanti di tutti, lo seguo. La mia mente è un vortice di pensieri: cosa mi dirà? Quale sarà il mio destino? Ma c'è solo una domanda che mi tormenta davvero.
Phyton... starai bene?
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