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𝐒𝐢𝐥𝐞𝐧𝐭𝐞.

PHYTON's POV

qualche giorno dopo

Draco.

Un nome che racchiude in sé tutto il bene e tutto il male che questa maledetta guerra ha generato. Mi scivola sulla lingua come un veleno, una promessa di tradimento e una maledizione impossibile da spezzare.

Dopo il suo rifiuto, dopo avermi gettata nell'oblio della solitudine, mi chiusi nella mia stanza. Ogni passo che facevo verso il mio passato era un atto di rinuncia, ma non avevo scelta. Il medaglione. Quell'infame oggetto che portava con sé l'anima frammentata di Tom Riddle, e che mi conferiva potere inconfutabile. Per troppo tempo l'avevo tenuto nascosto, ma ora... ora non potevo più permettermi di indossarlo. Non più, non per il bambino.

Non volevo che il mio stesso odio, la mia stessa oscurità, contaminassero quello che portavo dentro. Non volevo che il piccolo, che crescerà dentro di me, fosse forgiato dal male che mi aveva sempre accompagnato. Ma cedere al richiamo del potere era come un urlo sommesso, un desiderio insopprimibile che minacciava di sopraffarmi.

Eppure, la mia mente mi tradiva. Il mondo che mi circondava mi stava facendo impazzire. E il pensiero che Draco potesse essere mio alleato... la sua indecisione mi consumava.

Io non avevo più tempo.

Figlia di Salazar, ho sempre avuto il peso del suo retaggio sulle spalle. Il basilisco. L'odio incondizionato per i mezzosangue e gli impuri. Mio padre non ha mai avuto pietà per nessuno che non fosse della sua stessa razza, e la sua rabbia è sempre stata la mia maledizione e la mia forza. Ma ora la stavo riscoprendo. La mia rabbia, il mio potere, dovevano tornare, e questa volta avrei dovuto usarli per me stessa.

Nessun altro mi avrebbe fermato.

Mi rivolsi a Silente. Raccontai tutto, la mia gravidanza, la verità che ormai non potevo più nascondere. Silente mi ascoltò senza battere ciglio, con quella calma inquietante che lo rendeva così pericoloso. Gli chiesi protezione per il bambino, in cambio gli diedi la mia lealtà... ma solo fino a un certo punto. Non avrei mai potuto essere sua. Non avrei mai potuto accettare che qualcuno, chiunque fosse, decidesse del mio futuro.

E così, con il cuore che batteva impetuoso, mi preparai a incontrare Severus. Le voci di guerra risuonavano già nell'aria. I Mangiamorte erano vicini.

Mi feci strada verso la Torre di Astronomia, il pensiero di quello che dovevo fare a Silente che mi consumava come un incendio.

E quando incontrai Severus, lo sguardo gelido che mi rivolse mi ferì come una lama affilata.

«Lei... che ci fa qui?» La sua voce era incredula, confusa, ma c'era qualcosa nei suoi occhi che mi diceva che lui lo sapeva già.

«Mi legga la mente, professore. E capirà.»

Lui lo fece, come previsto. Ma non sapeva cosa stava per accadere. Non sapeva che il medaglione che indossavo mi dava il potere di manipolare la verità, di alterare i ricordi e i pensieri. Modificai la mia storia, le parole che gli avevo appena detto. Mi parve di vedere nei suoi occhi un fremito di preoccupazione, ma non poteva fermarmi. Draco era un sogno infranto. Un'altra promessa che non avrei mai potuto mantenere.

Quando Silente arrivò, il mio corpo tremava dalla rabbia e dalla frustrazione. I miei occhi, da smarriti, si trasformarono in quelli di una predatrice. Alzai la bacchetta senza esitazione, il movimento già deciso. Non c'era più posto per il rimorso.

Poi, una mano si posò sul mio braccio. Fredda, pesante. Fu Draco. Il ragazzo che avrei voluto uccidere con le mie mani. Ma non era più tempo di pensare a lui. Non c'era più spazio per il perdono.

Severus mi afferrò, stringendomi la bocca, soffocando il mio grido.

«No! Noooo! Devo essere io! Io!» urlai, ma la sua presa non cedette. Le sue mani, forti e risolute, mi trattenevano mentre la rabbia mi divorava.

«Basta,» disse Silente, la sua voce implacabile.

Mi stordiva la forza di quelle parole. Come riusciva a mantenere il controllo in mezzo a quella follia?

Nel frattempo, rumori di esplosioni si udirono da lontano. I Mangiamorte stavano facendo il loro gioco. E il terrore che percorreva la Torre aumentava.

Silente riprese, con la calma che aveva sempre avuto, ma ora qualcosa nei suoi occhi tradiva un'inquietudine che non avevo mai visto prima. «Ora basta. Tacete tutti. Il tempo sta per scadere. Draco, consideriamo le tue alternative.»

Draco sembrava perso. «Le mie alternative?» la sua voce tremava. «Sono qui con una bacchetta... sto per ucciderla...»

«Se fossi in grado di uccidermi,» rispose Silente, «l'avresti già fatto, non ti saresti fermato a chiacchierare.»

Draco sussultò, lo sguardo vuoto. «Io non ho alternative...»

Ma Silente non si fermò. La sua voce calda, rassicurante, tagliò l'aria: «Passa dalla parte giusta, Draco. Possiamo nasconderti. Proteggere te e Python. E anche tua madre. Tuo padre è già al sicuro a Azkaban. Possiamo farlo, Draco. Non sei un assassino.»

Ma Draco, il suo cuore ancora legato a quel mostro, esitava. La sua mano tremava. Poi, l'inaspettato. La voce di Bellatrix. «Fallo! Lo farò io!» gridò, avventandosi verso di noi, ma Draco, ormai privo di volontà, non si mosse.

L'aria era densa. Ogni suono, ogni sussurro sembrava una condanna. L'impossibile stava accadendo davanti ai miei occhi. E mentre la mia mente gridava vendetta, il medaglione bruciava, il potere che mi conferiva ormai incontrollabile.

Poi, il buio. L'incubo. Una voce chiamò il nome di Piton con dolcezza.

«Severus...»

E fu allora che tutto si fermò. I passi di Piton, il suo sguardo ormai vuoto. Sapevo. Sapevo cosa sarebbe successo.

Il corpo di Silente volò, scagliato indietro, come una marionetta senza fili. E tutto quello che rimase fu il silenzio.

Draco non urlò. Non riuscì a farlo. Guardò. E rimase impietrito.

Era il nostro destino, la nostra maledizione. La mia vendetta. La mia promessa. E ora, tra le mani di Voldemort, saremmo stati destinati a soffrire.

Lord Voldemort.

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