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𝐋'𝐢𝐧𝐜𝐢𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞.


DRACO's POV

L'infermeria, ormai, è diventata una costante nella mia vita. Con Regius, ogni anno c'è una nuova scusa per finire lì dentro, e a dire il vero, ho imparato a non fare più caso alle sue crisi. Dopo aver scoperto la sua condizione cronica, il mio atteggiamento è cambiato: non ci sono più sorprese o momenti di panico quando lo vedo svenire o accasciarsi in un angolo. Le visite in infermeria sono ormai parte della routine.

Ma quello che mi disturba non è tanto il suo stato di salute, quanto il fatto che io non possa staccarmi da questa situazione. Non appena varco la soglia dell'infermeria, una fitta mi attraversa il petto vedendo Phyton distesa su quel letto sterile e asettico. Lo sguardo di Cedric, il tassorosso, non fa che amplificare il mio disagio. Lui, intento a sistemarle i capelli e a carezzarle la fronte, non sembra nemmeno accorgersi della tensione che cresce nell'aria.

                                      ***

La noia mi sta logorando. Goyle e Crabbe sono fuori, e io mi trovo in quella stanza desolata, appoggiato alla sponda di un letto vuoto, con le mani in tasca, cercando di mantenere la calma. Ma c'è qualcosa che non riesco a tollerare: Cedric Diggory. Il suo sorriso idiota, il suo comportamento protettivo... tutto quel teatro. Ogni gesto che fa vicino a Phyton mi fa venire voglia di urlargli contro, ma mi costringo a trattenere la mia rabbia. Non vale la pena scatenare una rissa, non adesso.

Ma poi il suo sguardo s'incrocia col mio, ed è come una scossa elettrica. Non è possibile ignorarlo. «Quando te ne vai, Diggory?» sbotto, non riuscendo più a trattenere il fastidio.

Cedric gira la testa verso di me, i suoi occhi spalancati e le sopracciglia accigliate in segno di disapprovazione.

«Sei sordo, Sto parlando con te?» aggiungo con un tono che suona più stanco che arrabbiato.

«Sta zitto, Malfoy.» Cedric risponde in maniera più ferma, ma è evidente che si sta sforzando di mantenere la calma.

La mia pazienza è ormai ai limiti. «Se pensi che io lasci la sala prima di te, ti sbagli di grosso.» Mi metto in piedi, fissandolo, senza concedergli nemmeno un minimo di spazio.

Lui mi fissa ancora, gli occhi che si fanno più stretti, e poi sbuffa. «Beh, Malfoy, non lascerò la mia ragazza sola con te. Puoi sognartelo.»

Un sorriso acido mi scivola sulle labbra, e non posso fare a meno di lanciargli un'occhiata di disprezzo sentendo pronunciare quelle parole.
«Ah, sì? E pensi davvero di essere in grado di proteggere Phyton da me? Fatti un favore e almeno cerca di non infastidirla con le tue mani.» Il tono della mia voce è secco, tagliente.

Cedric fa una smorfia. «Lei o te?» chiede, guardandomi con un ghigno che non mi fa di certo piacere. Inizia a sfiorarle il collo, le sue mani insistentemente su ogni centimetro di pelle scoperta. Un nodo mi si forma nella gola, ma mi costringo a non reagire.

«Non saresti al suo livello neanche se fossi uno di noi. Devo ricordarti del tuo sporco sangue macchiato?» dico, cercando di mantenere il controllo. «Sei solo un altro stupido che pensa di possedere qualcosa più grande di lui. Un altro San Potter. Guardati allo specchio, Diggory. Speravi davvero di finire al fianco di una purosangue come lei?»

Cedric mi guarda con un'espressione incredula. «Forse dovresti metterti in testa che Phyton è la mia ragazza. E se non ne sei ancora al corrente, tu non hai alcun diritto su di lei.» Le sue parole sono tese, quasi minacciose, ma io non faccio che sorridere, beffardo.

«Davvero?» rispondo, con la voce che diventa sempre più acida. «Non ne avevo dubbi. Ma a scopo informativo, è lei che mi permette di esercitare il mio effetto.»

Lui esita, ma non riesce a mantenere il suo tono minaccioso. «Malfoy, sai una cosa? Forse dovresti pensare che la figlia di Salazar merita uno come noi, e non uno come voi! Odia suo padre e tu non fai altro che ricordarglielo.»

Ma non rispondo. Non serve. In quel momento, non mi interessa più nulla di quello che ha da dire. La mia mente è troppo concentrata su un altro pensiero.

Un silenzio teso riempie l'infermeria. Cedric, in procinto di parlare, si blocca notando il mio collo.
Poi, in un attimo di totale assurdità, mi punta un dito accusatorio. «Che hai li?» chiede, con rabbia che cresce sempre di più.

Il mio sorriso si fa ancora più amaro. «Cercavo di dirtelo, ma tu sembri non capire» il tono beffardo, il sopracciglio incurvato, il mio sorriso ora vivo. «Non sono certo io quello che abusa di lei..»

Appena sotto la mia mandibola pungente, un color vivo misto a un scura nube violastra, si era come intrufolato tra il mio colletto e la mia pelle. Leggermente rigonfio quell'atto di possesso da parte di Phyton, di quella
notte, era più impresso che mai.

In un balzo, i suoi occhi e le sue mani finiscono su di me, la nostra lite ricomincia più forte e più impetuosa fino a quando..

come una bomba che scoppia, l'aria si fa più pesante. Il braccio di Phyton inizia a tremare. Una macchia nera si espande in modo preoccupante e mi paralizza. Cedric, ormai senza controllo, si placa prima di provare raggiungere l'uscita dell'infermeria per chiamare aiuto.

La paura mi stringe la gola. «Cosa sta succedendo?» dico a bassa voce confuso. Solo il suono del suo respiro affannoso.

Mi avvicino, con il cuore che batte all'impazzata. Il braccio di Phyton è ormai un caos di lividi e segni inquietanti, come se una forza oscura stesse aggredendo la sua pelle. Una sensazione di terrore mi pervade.

L'istinto mi spinge a lanciarle un incantesimo per fermare la diffusione del veleno, ma è inutile. La macchia si espande a dismisura, creando l'immagine di un serpente e poi un teschio.

Non posso credere ai miei occhi.

Un altro incantesimo, un altro tentativo di fermare l'emorragia. Ma non succede nulla. La paura mi attanaglia.

Poi, nel mezzo del caos, sento una voce, flebile e fragile.
Phyton.

«Tom... Tom...» la sua voce è debole, ma le sue parole mi fanno gelare il sangue. Non posso crederci.

Il suo volto pallido, gli occhi chiusi, come se fosse intrappolata in un sogno oscuro. «Tom... l'ho fatto...» dice, con un filo di voce, e le sue parole mi colpiscono come un fulmine.

«Tom... ho ucciso...» conclude, senza finire la frase, ricadendo nel sonno profondo.

«Tom?» ripeto, incapace di capire. Non posso credere a quello che ho appena sentito.

La sua confessione mi travolge come un uragano. Chi è Tom? E cosa ha fatto?

In quel momento, tutto diventa più oscuro. La mia mente è un turbine di confusione, e il mio cuore si spezza. Non posso perdere anche lei. Non ora, non mai.

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