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𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐨 𝐬𝐞𝐠𝐫𝐞𝐭𝐨.


PHYTON's POV
Due settimane dopo

Natale. Il giorno che dovrebbe essere di unione e serenità.
O almeno, così si dice.

Era una di quelle poche feste che riuscivano a farmi sorridere anche con poco, ma ora non era più così. Era diventato solo un passo in più verso una battaglia che mi stava consumando lentamente. Un passo che non sapevo se sarei riuscita a fare.

Hogwarts, vestita di neve, non smette mai di incantarmi. Ogni angolo, ogni soffio d'aria, quel profumo di biscotti appena sfornati che mi ricordano l'infanzia. La neve, così candida e leggera, aveva la stessa delicatezza di un cuore che, come il mio, un tempo sapeva amare senza paura. Eppure, ora, quella purezza mi sembrava distante, irragiungibile. Non riuscivo più a godere di quella magia. Il Natale era sempre stato il mio rifugio, la mia festa preferita, il mio angolo di pace in un mondo che non smetteva mai di lottare. Ma ora? Ora il Natale mi sembrava solo un'altra illusione, un'altra cicatrice che si aggiungeva a quelle già esistenti.

Cosa rimane quando la luce si spegne?

Non c'era più nulla che potesse riscaldarmi.

Mi guardai allo specchio, il volto stanco, la pelle pallida come la cera delle candele che illuminavano la stanza. Le occhiaie scure, i capelli che non avevano più la lucentezza di un tempo. La realtà di ciò che ero diventata mi schiacciava. Piangevo sul latte versato, persa in un mare di pensieri oscuri che non riuscivo più a scacciare.

Otto ore prima

I primi raggi del mattino filtrarono tra le tende, ma non riuscivano a scaldarmi. Feci un respiro profondo e, nell'aria gelida, colsi il primo profumo del giorno: cannella. La spezia che Royz, il mio elfo domestico, amava tanto. Non c'era mai stata una mattina che non sentissi il suo profumo, quella dolcezza che sapeva di casa, di pace. Royz era un cuoco straordinario. Nessuno, nemmeno i migliori cuochi dei Maghi, riuscivano a preparare biscotti come i suoi. Quei dolci che avevano la capacità di cambiare l'umore di chiunque. Anche Helena ne andava pazza. Per noi, quei biscotti erano più di un semplice cibo: erano il simbolo di un affetto che ora non c'era più.

Un nodo alla gola mi strinse all'improvviso. Il ricordo di Royz mi faceva male. Era scomparso troppo presto, e da allora la mia vita non è stata più la stessa. Non riuscivo nemmeno a parlare di lui senza sentire quella fitta lancinante nel cuore. Il pensiero mi fece chinare la testa, ma un movimento improvviso mi riportò alla realtà. Le lenzuola erano fredde, troppo fredde.

Non c'era nessuno. Nonostante la sua promessa, non c'era. Mi alzai e andai in bagno, come sempre, a fare i conti con il mio riflesso. Ma ciò che vidi mi sconvolse.

Mi fissai allo specchio. Le occhiaie erano così profonde che sembravano scavate nella pelle. Il viso, privo di colore, mi guardava come una sconosciuta. "Oh, Phyton, che faccia hai?" mi chiesi, cercando di nascondere la delusione. E poi, un odore nauseante mi colpì d'improvviso, come una lama che attraversava la porta. Con un gesto istintivo, corsi ad aprire la finestra, sperando di scacciare quell'odore che sembrava invadere la stanza.

"Phy? Phy? Sono io. Puoi aprire?"

La sua voce risuonò nel mio cuore, e senza pensarci, mi precipitai verso la porta. Ma, quando la aprii, il freddo mi colpì e in un attimo mi ritrovai di nuovo in bagno, consapevole di ciò che stava accadendo.

"Grazie dell'accoglienza," disse Draco, ironico, mentre si fermava dietro la porta.

"Scusami, Draco... potresti andartene?" risposi, sentendo l'acidità nella mia voce. La sua presenza mi era insostenibile, ma non riuscivo a cacciarlo via.

Otto ore dopo

Asciugai le lacrime, cercando di rimediare al mio stato. Con un incantesimo, cercai di nascondere il rossore dalle guance. Poi, finalmente, mi alzai e mi diressi verso l'uscita.

"Comincio a credere che dovrei farmi pagare in fior di galeoni per piangere qui dentro!" La voce di Mirtilla, come un ronzio fastidioso, penetrò nell'aria. "Sai, credo che potrei guadagnare un bel po' di galeoni vedendo te e il tuo fidanzatino, eh sì, fior fior di galeoni!"

"Mirtilla, non sono in vena di scherzi, per favore," dissi, stanca di quel continuo ronzare.

"Non lo metterei in dubbio, dato il tuo stato." La sua risata stridula echeggiò nella stanza. "Ma dimmi, signorina, cosa la riduce così?"

"Smettila con queste formalità... ma cosa intendi dire con 'così'?" le chiesi, sentendo il panico montare dentro di me.

"Beh," disse, indicando le vecchie candele che illuminavano la stanza, "sembra sfinita, e la tua pelle è così pallida che potrebbe rivaleggiare con la cera di queste candele. E le occhiaie... abbastanza evidenti, direi."

"Okay, okay, Mirtilla. Ho capito. So benissimo in che condizioni sono," le risposi, cercando di mantenere la calma. "Ma vedi..."

"Un momento!" interruppe, come se avesse appena fatto una scoperta fondamentale. "Non dirmi che..."

"Cosa?" chiesi, guardandola con ansia mentre si agitava.

"Oh, per Salazar..." Mirtilla si avvicinò, tremante. "Io... io riesco a sentirlo! Riesco a sentirlo! Lei... lei..."

"Non gridare!" la zittii, lanciando un incantesimo che la fece tacere. "Ti dirò tutto, okay? Ma per favore... non dirlo a nessuno."

...

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