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𝐈𝐥 𝐠𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐞𝐫𝐫𝐨𝐫𝐞.

PHYTON'S POV

Sono le sette di sera, e il buio avvolge lentamente il castello di Hogwarts. Mi affretto lungo i corridoi, cercando di arrivare prima che l'ora di cena inizi, con la mente ancora affollata dai pensieri e dai sentimenti contrastanti che mi assillano. Il nostro incontro nell'aula di Arti Oscure mi ha lasciato più confusa di quanto avrei mai potuto immaginare. La lezione con Harry non era andata come sperato. Non riuscivo a vedere la sua vera potenza, la sua energia. Ma sapevo che avremmo dovuto perseverare.

Nel corridoio, il rumore dei miei passi è l'unico suono che accompagna la mia inquietudine. La testa mi fa male, il cuore batte forte, ma non sono ancora pronta a fermarmi. Non ora, non mentre Harry sta ancora cercando di liberarsi dalla sua stessa ombra.

Aula di Arti Oscure, qualche ora prima...

«Harry, mettici più intensità! Devi rivivere quel momento, ogni dettaglio, ogni singola emozione che hai provato! Non è tanto il contenuto quanto piuttosto la sensazione che il ricordo ti trasmette. Devi sentire il momento... concentrati!» ordino, con voce ferma, anche se so che dentro di me qualcosa non va. So che c'è qualcosa di sbagliato, qualcosa che non riesco ancora a capire del tutto.

Harry sta provando con tutte le sue forze, le mani tremano, la sua bacchetta emette solo una tenue e fastidiosa nebbiolina argentata. Il Patronus che dovrebbe formarsi è lontano, come un sogno che sfugge al suo tocco.

«Io... io non credo di esserne capace...» dice, la sua voce carica di frustrazione e fatica. È come se stesse rinunciando a tutto, anche alla sua speranza. La fatica si legge sul suo volto, ma io non posso permettermi di lasciarlo arrendere. Non ora.

Mi avvicino a lui, e senza pensarci troppo, prendo la sua mano. La stringo più forte, con tutta la forza che riesco a mettere nel mio corpo. Voglio che senta la mia energia, voglio che senta la mia determinazione. Sento l'impugnatura della sua bacchetta, e per un attimo, non è solo la sua forza che provo, ma anche la mia. Un colpo di fuoco ci attraversa come un'onda devastante.

«Proviamoci insieme...» sussurro, ma non facciamo in tempo a pronunciare la formula incantatrice che una scossa di dolore ci paralizza. Un calore improvviso infiamma le nostre mani. È un dolore lancinante, feroce, che ci costringe a perdere il controllo. Dentro di me, sento la tortura, la frustrazione, e una sensazione terribile che mi prende alla gola.

Pochi istanti dopo...

Il buio avvolge la mia mente. Non riesco più a percepire il mondo intorno a me. Tutto si spegne, lasciando solo l'eco di un urlo in lontananza, l'eco del mio dolore. Poi, improvvisamente, qualcosa mi scuote, una voce familiare che mi chiama.

«Phy, Phy! Avanti, svegliati! Phy!» La voce di Harry mi raggiunge, ma è lontana, come se venisse da un altro mondo.

I miei occhi si aprono lentamente, e la figura di Harry, preoccupato, si fa strada davanti a me. Il suo volto è distorto dalla paura, ma io non riesco a reagire. La mia mente è troppo confusa, troppo segnata dal dolore.

«Harry... no, no. Stammi lontano...» riesco a pronunciare a malapena, sentendo la mia voce incrinarsi.

«Phyton, ho sentito anch'io quella scossa, ma tu... tu hai perso i sensi e...» La sua voce è rotta, ansiosa, ma io non voglio ascoltare. Non voglio che si preoccupi di me. Voglio solo scappare da questo dolore che mi ha preso.

«Harry, stai lontano da me, ti prego. Non preoccuparti, adesso mi alzo da sola...»

Mi rialzo, ma non appena lo faccio, il dolore torna. Un'ondata di ricordi mi invade la mente, flashback che mi colpiscono come lame affilate. Il mio corpo trema, la mia vista si offusca.

Inizio Flashback

«È così, tu sei la figlia di Salazar?» mi chiede il ragazzo, con gli occhi pieni di avidità. Il suo sguardo brucia, come se stesse cercando qualcosa in me. La sua voce è fredda, ma c'è un'ombra di potere che emana da lui, come se il mondo intero gli appartenesse.

«Sì... sono io, Regius Serpeverde e... tu?» rispondo, cercando di mantenere la calma, ma dentro di me il cuore batte forte, impazzito.

«Io sono Tom. Tom Orvoloson Riddle.» Si presenta, e con un sorriso crudele, chiama il Basilisco in serpentese.

Il suo sguardo si fa intenso, e un brivido mi percorre la schiena. «Tu sei... un suo erede?» chiedo, incredula e paralizzata dal timore. Ma non sono solo le sue parole a colpirmi, ma anche ciò che si cela dietro di esse. In quel momento capisco che la mia vita non sarà mai più la stessa.

«Mia cara Regius, noi diventeremo ben presto grandi amici, se non grandi alleati...» Sorride, ma è un sorriso che mi fa accapponare la pelle. Sento il peso della sua presenza, l'oscurità che lo circonda.

La sua risata malevola risuona nella mia mente, e tutto si oscura.

Fine Flashback

«Phyton, Phyton! Mi senti? Dobbiamo andare in infermieria!» La voce di Harry mi riporta alla realtà. È allarmato, preoccupato.

«No.» Rispondo, la mia voce è secca, ma dentro di me la nausea cresce. «Io devo andare adesso.»

«Cosa? Phyton, hai perso i sensi per ben due volte! Le nostre mani hanno preso fuoco! Io...»

«No Harry, tu non capisci...» Lo interrompo, ma lui non si ferma.

«Phyton, no, ora devi ascoltarmi. È la seconda volta che mi succede. Quando ti sono vicino, posso sentire la mia cicatrice bruciare, la testa mi scoppia e la mia anima sembra volersi unire alla tua, poiché solo quando ti sono accanto cessa di straziarmi. Io non so cosa significhi tutto questo, ma... fa male. Fa male sia esserti distante che esserti così vicino.»

Le sue parole mi colpiscono con la forza di un incantesimo. Mi fermo, trattenendo il respiro. So cosa intende, lo sento anche io, ma non posso permettermi di cedere a questa confusione. Non ora. Non mentre Tom è ancora lì, nel mio passato, nel mio cuore.

Inizio Secondo Flashback

È così che ci si sente...

«Tu sarai una parte di me.» La voce di Tom è come una promessa, un giuramento oscuro che non posso ignorare.

Fine Secondo Flashback

Le parole di Harry rimbombano nella mia testa mentre cerco di restare lucida. Mi trovo di nuovo davanti a lui, i suoi occhi colmi di preoccupazione, ma io non posso guardarlo. La verità è troppo dolorosa. Il legame che sento con lui è inevitabile, ma allo stesso tempo è pericoloso. Troppo pericoloso.

DRACO'S POV

Sono le otto di sera e Phyton non è ancora a cena. In sala comune dei Grifondoro, Ron e Hermione sono seduti insieme, ma di Harry non c'è traccia. Dove potrebbe essere? Non posso lasciarla sola. Non dopo tutto ciò che è successo.

Chiedo a Severus un permesso extra, per recuperare alcuni libri dimenticati nell'aula di Pozioni. «Hai solo cinque minuti, Malfoy. Se ne passeranno altri due, passerai la notte a pulire i bagni maschili in compagnia di Gazza.» La sua voce è severa, ma io non mi lascio intimidire.

Con un rapido passo mi dirigo verso i corridoi di Hogwarts, cercando Phyton. La mia mente è tormentata dalla paura che possa essere in compagnia di Potter. Non lo sopporto. Non lo sopporto affatto.

Mi avvicino all'aula di Arti Oscure e, improvvisamente, sento una voce che non avrei mai voluto sentire. È lui. Potter.

Mi fermo, mi accosto alla porta. Voglio sapere cosa sta succedendo tra loro, perché non posso permettere che Phyton si avvicini a lui. Non posso.

«Phyton, io non so cosa ci leghi, ma il mio corpo è attratto dal tuo. Il tuo tocco incendia ogni parte di me, è come se fossimo due calamite, capisci? Anche se, quando siamo troppo vicini, posso avvertire un dolore intollerabile, ho comunque l'esigenza di averti con me.» La voce di Potter è intensa, carica di desiderio, e io sento il sangue gelarmi nelle vene.

Non posso credere a quello che sento. Phyton è lì, con lui. La mia mente esplode, la rabbia mi invade.

Sento i passi di Phyton che si avvicinano. Con un incantesimo rapido mi faccio invisibile. La vedo uscire di corsa, diretta verso i sotterranei. Mi rivelo e la seguo, la mia mente che non può credere a quello che sta accadendo.

PHYTON's POV

Esco disorientata, ancora scossa dal ricordo che mi ha invaso, da quella terribile scena nell'aula di Arti Oscure. Harry ha capito cosa accade quando una parte di noi, mio malgrado, sfiora l'altra. È come se una forza invisibile legasse i nostri corpi in modo pericoloso, come un incantesimo senza fine. Non posso sopportarlo, non posso continuare così. Ho bisogno di allontanarmi, di mettere ordine nella mia mente. La confusione che mi assale è insostenibile, mi ha colpito come un colpo di fulmine.

Il pensiero di Tom, il suono della sua voce nelle profondità della mia mente, mi fa tremare. Quella figura, quell'uomo che ha cercato di modellarmi, di trasformarmi in ciò che non sono. Ho bisogno della mia amica Amelia, della sua calma e della sua comprensione. Ho bisogno di parlare con qualcuno che non senta il peso del mio passato, qualcuno che non mi giudichi.

Giro l'angolo che mi separa dalla sala comune, ma qualcosa mi fa gelare il sangue nelle vene. Una presenza. Sono seguita. Il cuore accelera, i passi sono più veloci, più pesanti. Il panico mi assale, ma prima che possa reagire, un'ombra mi afferra. Non posso fuggire, non sono abbastanza veloce. Provo a rendermi invisibile, ma qualcosa mi trattiene. La bacchetta mi sembra più lontana, più pesante, come se le mani non volessero più rispondere ai miei comandi. La paura mi paralizza.

«Non così in fretta,» dice una voce che non avrei voluto sentire. La riconosco immediatamente. Draco.

Mi fermo di colpo, il respiro corto. Le gambe tremano, ma non posso mostrare paura. Devo sembrare forte, non posso cedere.

«Draco, ehi... Perché sei fuori dalla sala?» Chiedo, ma la mia voce tradisce il tremore che provo. Non posso nasconderlo. Non più.

«Potrei rivolgerti la stessa domanda, Regius...» La sua voce è gelida, distante, e il mio cuore sobbalza. Quella parola. Regius. Mi ha chiamata con il nome che mi lega a Salazar Slytherin, al mio passato oscuro. Quella parola mi strazia.

Le sue parole affondano come lame. Non c'è più traccia di quel ragazzo che conoscevo, di quel Draco che aveva sempre visto qualcosa di speciale in me. Invece c'è un uomo che mi guarda con disprezzo, deluso, come se avessi tradito ogni cosa che lui aveva mai creduto.

«Posso spiegarti...» Inizio a balbettare, ma le parole si spezzano nella gola. Non posso parlare. Non posso. Non più. Vedo nei suoi occhi una rabbia che non avevo mai visto prima. Non c'è spazio per il perdono.

«Ho sentito abbastanza, Regius,» dice, e la sua voce è tagliente, piena di amarezza. «Ne ho abbastanza adesso. Sono andato fin troppo oltre i miei limiti. Ho sopportato il peso della tua presenza, della tua arroganza, ho messo da parte l'orgoglio per stare al tuo fianco, per accettare le tue scelte. Ma adesso basta. Non posso più fare finta che vada tutto bene.»

Il suo sguardo mi penetra, come se cercasse di trovare una scintilla di quello che eravamo, ma non c'è più nulla. Solo vuoto.

«Quando te ne renderai conto, eh? Quando capirai che non meritano neanche di esser qui?» Sbuffa, un'espressione di disprezzo che non avrei mai immaginato. «Quando afferrerai che tuo padre aveva ragione? Che le sue idee erano giuste? Che non c'è posto per i Babbani, per quelli come loro? Guarda dove sei, circondata da figli di Babbani, da persone che non capiranno mai chi siamo, da chi siamo realmente.»

Ogni parola è un colpo diretto al cuore. Ma non posso fermarlo. Non posso dirgli niente. La sua rabbia mi paralizza, la sua voce mi perfora come punte di ghiaccio.

«Ho sopportato abbastanza,» continua, «Non posso più andare avanti così. Vedere te, essere con loro, ascoltare le tue parole, le parole del mio peggior nemico... Mi hanno solo fatto capire chi davvero sei.»

Ogni frase, ogni singola parola, è un pugno che mi sbatte a terra. Ma la verità è che non posso rispondere. Non c'è nulla che possa dire. Solo il vuoto mi risponde.

«Io non condivido le mie cose con nessuno, Regius,» aggiunge con voce tagliente, come se volesse distruggermi. «Se qualcuno prova a toccarle, ed esse si lasciano fare, beh... che se le prendano pure. È da quando ti ho vista schierarti con loro che ho capito di amare la ragazza sbagliata. Perché ora so chi merita davvero di essere al mio fianco. Ciò che c'è stato tra noi due è stato solo un grande errore.»

«Tu conosci le mie...»

«Zitta,» mi interrompe, il suo sguardo è gelido, come una lama affilata che taglia ogni speranza di ricucire ciò che era stato. «Sta zitta. Qualsiasi "noi" creatosi finisce qui.»

Le sue parole mi abbattono, mi lasciano senza fiato. E poi, come un segno definitivo, si gira e si allontana, lasciandomi sola, vuota.

Osservo Draco che pronuncia la parola "Purosangue", scandendola con orgoglio, con superiorità, come se volesse rimarcare la distanza tra noi, come se fosse il suo ultimo atto di ribellione contro ciò che non può più accettare. Con un colpo secco, la porta di Serpeverde si chiude dietro di lui, e io rimango lì, in piedi, incapace di muovermi.

Quel simbolo, il serpente, la testa di un cobra che scivola sulla porta, è il segno della mia famiglia. Il simbolo del potere, dell'ambizione, della determinazione, dell'intelligenza. Ma anche della lealtà, quella che Draco sembra non aver più riconosciuto.

Guardo la porta che si chiude e mi ricordo delle sue parole: «È da quando ho visto con chi ti sei alleata che ho capito chi davvero merita di esser al mio fianco.»

Non posso credere a ciò che ha detto. Non posso crederci. Ma, in qualche modo, le sue parole mi perforano il cuore. Quell'affermazione mi distrugge più di quanto possa esprimere. E mi tormenta, tenendomi sveglia per tutta la notte, incapace di trovare pace, incapace di smettere di pensare a lui e a come siamo arrivati fin qui.

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