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XXVIII. Inaugurazione (I)

Mars

Era in tensione, sarebbe stato stupido non ammetterlo. Mars non era mai stato un amante della confusione, tutt'altro.

Era in salone e aspettava che anche gli altri fossero pronti, insieme a Kronos. C'era una strana tensione nell'aria, nessuno dei due riusciva a emettere una sola parola.

Mars agitò la gamba su e giù, in una scarica di nervi. Kronos fumava un sigaro e giocherellava con un flacone di pillole tra le mani.

«Cosa sono?»

«Pasticche per l'emicrania.»

Mars si mosse a disagio sul proprio posto. «E te le ha date qualche medico del distretto di Hephestus?»

Kronos lo fissò di sbieco e spense poi il sigaro. «No, Adonis.» Si tirò in piedi, prima che Mars potesse protestare. Avrebbe voluto fargli notare che Adonis non era un medico e che, conoscendolo, quelle erano droghe.

La sua attenzione venne deviata dall'arrivo di tutti gli altri nel salotto. D'istinto i suoi occhi si posarono su Kassandra, attratti come un metallo dalla calamita. Fissò il vestito rosso scarlatto che le fasciava perfettamente il corpo. Si muoveva a disagio sul proprio posto, guardandosi attorno quasi spaesata. Hestia si mise a braccetto con Morpheus e Mars fece un passo in avanti, tendendo a Kassandra la mano.

«Bisogno di un sostegno?»

«Detesto i tacchi. Anche se questi non sono alti come trampoli.» Kassandra si appoggiò a lui. Mars la fissò con attenzione. Non c'erano di sicuro abbastanza posti in auto e il distretto di Athena non era poi così lontano.

Hyperion avrebbe guidato, portando prima le ragazze e poi venendo a prendere lui, Morpheus e Kronos.
Mars accompagnò Kassandra fino all'auto e la aiutò a salire.

Si perse a osservare i suoi occhi scuri come nocciole e le spalline sottili del vestito scarlatto. Deglutì appena e Kassandra sbuffò piano. «Non morire d'ansia mentre non ci siamo, va bene?»

«Farò del mio meglio.» Mars non credeva che doverle lasciare la mano fosse così difficile, ma dovette costringersi a farlo, quando Hyperion mise l'auto in moto.

Kronos ingerì due pillole al suo fianco e sospirò piano. Mars lo aveva visto in ogni modo negli ultimi anni, anche così triste a causa di Adonis, ma mai così in tensione. C'era qualcosa che affollava la sua mente.

«Allora, Mars, bello mio, carico? Dai che spaccherai i culi a tutti. Poi mandami le cartoline dalla Città, va bene? Promettimelo!» Morpheus gli aggiustò la cravatta, dandogli alcune pacche sulle spalle.

Mars sorrise. Se avesse potuto, avrebbe portato Morpheus con sé durante il torneo. Le sue battute e la sua allegria gli sarebbero state di grande aiuto. Lo tirò a sé, abbracciandolo forte.

Morpheus ridacchiò appena. «Dai amico, così mi fai piangere.»


Quando arrivarono davanti alla Villa di Athena, Mars si prese qualche istante per osservarla bene. Quasi rapito dalla sua maestosità. Rabbrividì.

La villa si ergeva imponente su un vasto giardino dal prato verde rigoglioso. Era circondata da alberi secolari e con una vista panoramica sulla campagna circostante. La facciata principale era imponente, con un'ampia scalinata che conduceva al portico d'ingresso, sormontato da un balcone con balaustra in pietra.
Le finestre, disposte simmetricamente, erano impreziosite da cornici in marmo bianco.
Mars continuava a credere che quell'eleganza austera e quasi indifferente fosse l'esatto specchio dell'anima di Athena.
Il giardino si sviluppava su più livelli, con labirinti di siepi e statue in marmo bianco.

Mars si voltò, attratto dal rumore dell'acqua zampillante, proveniente dalle fontane. Si soffermò a fissare la statua di un cacciatore, dal cui arco sgorgava acqua. Alcuni animali in marmo erano ai suoi piedi.

Sentiva, in lontananza, le voci degli ospiti, ormai già all'interno della Villa. Mars rabbrividì. Non amava così tanto la confusione, né essere al centro dell'attenzione.

Hyperion scese dall'auto e si sistemò la giacca. «Le ragazze sono già dentro. Ci converrà raggiungerle.»

Mars annuì, seguendo Kronos e Hyperion, che camminavano uno accanto all'altro. Il primo, come sempre, indossava un completo nero, solo la cravatta bordeaux spezzava il tema monocromo. Hyperion, invece, aveva optato per uno grigio scuro con una camicia bianca e la stessa cravatta del fratello.

Mars non aveva mai amato particolarmente i completi, in quello blu notte che indossava si sentiva a disagio. Ma si rilassava all'idea che dopo qualche ora avrebbe dovuto cambiarsi, così da prepararsi per il Torneo. Le mani sfrigolavano nervose. Il sudore gli imperlava appena la fronte e il cuore gli batteva in gola. Mars si resse alla ringhiera della scalinata, rinsaldando la presa fino a far impallidire le nocche.

Man mano che entravano, la luce giallognola del salone principale li illuminava. La melodia lontana di un pianoforte riempiva la sala, facendo da rilassante sottofondo.
Si guardò più volte attorno, non individuando nemmeno in un angolo il pianista. Probabilmente era nascosto alla vista degli ospiti, lasciando che la musica accompagnasse le chiacchiere di tutti i presenti, sembrando più un'opera di magia, invisibile agli occhi.

«Dio mio è tutto fantastico. Dici che se tocco qualcosa, la rompo?» Morpheus mormorò al suo fianco e Mars si ritrovò a ridacchiare.

Agli angoli del salone c'erano diversi busti in marmo bianco, rappresentanti volti che a Mars erano sconosciuti, ma ebbe la sensazione che fossero scienziati e filosofi del passato. Alzò lo sguardo verso l'alto soffitto, alla ricerca della provenienza della musica e si ritrovò a fissare gli affreschi, i cui colori accesi e rilassanti erano perfettamente in tema con l'ambiente.

Il profumo di dolci appena sfornati gli risvegliò lo stomaco, che brontolò offeso di non poter ancora banchettare.

Individuò dall'altro lato della sala Dyonisus. Il ragazzo gli fece un saluto, con un ampio sorriso. Mars non ci impiegò molto a immaginare che fosse lui il campione del distretto Nautico di Mirah.
Al suo fianco, una ragazza dai capelli rossicci si guardava attorno. Gli occhi chiari scrutavano tutta la sala e sembrava ancor più pallida in quel vestito chiaro, che metteva in risalto la pelle diafana.

«Helena.» Kronos gli si avvicinò, indicandola con un cenno del capo. «È la campionessa di Hephestus. È molto intelligente, ma altrettanto timida. Non lasciarti ingannare dalla sua tranquillità. Durante il torneo ci si trasforma.»

Mars lo sapeva bene. I suoi occhi cercarono, come alla ricerca di un'ancora di salvezza, Kassandra. La vide in un angolo, intenta a chiacchierare con Hestia e Rhea. Seguì poi lo sguardo di Kronos e non fu difficile notare Adonis e Hydra, che tenevano un bicchiere di champagne tra le mani.

Il console del distretto Eros si voltò e sorrise, andando loro incontro. Afferrò un bicchiere di champagne da un piatto di un cameriere e si avvicinò ad entrambi. «Bella serata, eh? Troppo tranquilla per i miei gusti, però.» Tese il bicchiere di champagne a Kronos, che annuì.

«Non vedo il tuo campione.»

«Abbi pazienza, amico mio. Lo rivelerò all'ultimo.» Adonis fece un sorriso incoraggiante e smagliante, eppure a Mars sembrò che sul suo volto fosse calata una strana ombra d'ansia.

Kronos borbottò qualcosa e si allontanò. Mars decise di avvicinarsi ai suoi amici, aveva bisogno di guardare i loro volti per un po'. Tutti loro erano la sua famiglia e lo avrebbero accompagnato durante le successive notti di solitudine.

Avrebbe dovuto sopravvivere per il bosco, in attesa dei segnali di inizio della prova del torneo. Venivano sparati in alto fuochi d'artificio, poi si illuminava un altissimo lampione di un colore, ognuno rappresentativo del distretto a cui faceva riferimento la prova. Da quel momento in poi, ciascun partecipante aveva ventiquattro ore per raggiungere il luogo di inizio della prova.

Mars si massaggiò il petto, cercando di mandar giù il nervosismo.

Il chiacchiericcio generale della sala si azzerò, quando Athena fece il suo ingresso. Indossava un abito bianco, stretto ai fianchi e con le spalline ricoperte di un pellicciotto del medesimo colore. Teneva le mani posate sui fianchi e dei lunghissimi guanti le arrivavano a metà braccio. Sorrise ai suoi ospiti, che iniziarono ad applaudire verso di lei.

Kronos se ne stava con le braccia conserte al petto, studiando tutti i presenti con un cipiglio infastidito. Mars si avvicinò a lui. Kassandra gli sfiorò il braccio, forse voleva dirgli qualcosa, ma Mars ormai aveva la mente annebbiata dall'inizio del torneo.

Pochi istanti dopo, Achille raggiunse Athena, affiancandosi a lei. Si dondolò sui talloni, elargendo sguardi fieri e orgogliosi a tutti i presenti. Aveva legato i capelli biondi in un'alta coda e teneva le mani incrociate dietro la schiena.

I suoi occhi si posarono su di lui. Fece un ghigno cattivo e sorrise arrabbiato.

Mars gli scoccò un'occhiataccia. Sapeva benissimo che avessero un conto in sospeso. Mars non gli avrebbe permesso di uscire vivo dal torneo. Era una promessa che aveva fatto ad Apollo, prima che morisse. Strinse così forte i pugni da sentire le unghie scavargli la pelle.

Athena allargò le braccia. «Il buffet è aperto.» La musica del pianoforte terminò all'improvviso. «Sono felice di avervi tutti qui, per festeggiare il centenario del nostro torneo. Finalmente quest'anno i ragazzi avranno un'occasione importante per riscattarsi ed espiare le colpe delle loro famiglie.»

Mars serrò la mandibola.
Che colpa aveva sua madre?
Aveva aggredito un uomo, perché aveva provato a toccare suo figlio.
L'unica colpa che aveva era di non aver abbastanza denaro per potersi difendere.

Athena riprese a parlare. Il suo tono era calmo, deciso. «Prima di aprire le danze e aspettare la mezzanotte per la partenza dei ragazzi, sono lieta di presentarvi Achille Majors, il mio campione e rappresentante del distretto Vita.» Athena si mosse lateralmente e Achille fece un passo in avanti.

I presenti iniziarono ad applaudire, mentre si impegnava in un pomposo inchino.

Athena fece cenno agli altri consoli di prendere parola. Hephestus si sistemò il proprio cravattino chiaro e sorrise gentile a tutti. «Helena Castillo è la rappresentante del distretto Velo.»

Helena alzò la mano timidamente, guardandosi attorno a disagio. Si strinse nelle spalle e Mars ebbe la sensazione che non sarebbe durata molto al torneo. Era fin troppo buona. Anche se una vocina nella sua mente gli suggeriva che era ciò che forse Hephestus voleva farle credere.

Mirah si appoggiò al proprio bastone da passeggio. Gli occhiali scuri nascondevano gli occhi cerulei dispersi nel vuoto. «Dyonisus Bennet è il nostro migliore ragazzo. So che ci renderà orgogliosi.»

Mars sorrise in direzione di Dyonisus, che salutò tutti, abbassando appena il capo. Si sistemò meglio l'apparecchio all'orecchio e Mars sentì una morsa d'ansia attanagliargli lo stomaco.

Sussultò appena, quando sentì la mano di Kronos posarsi sulla sua spalla. Gonfiò il petto e prese un grosso respiro.

«Mars Hell è il campione del Distretto Cenere.» L'uomo spostò poi la mano sulla sua schiena, spingendolo leggermente in avanti. Mars sentì le rassicurazioni che l'uomo gli sussurrò all'orecchio. «Comunque vada, Mars, sono orgoglioso di te.»

Mars gli sorrise e si beò di quei pochi istanti di applausi. Sentiva gli sguardi di tutti i presenti addosso.

Mars si allontanò poi, avvicinandosi agli altri campioni. Si affiancò a Dyonisus, che gli diede una leggera gomitata al fianco e gli sorrise incoraggiante.

Adonis fece un passo avanti. Per una volta aveva abbottonato la camicia chiara per un po', lasciando comunque scoperti i primi tre bottoni. Sorrise quasi triste in direzione di Kronos e tossicchiò. «Ho conservato la mia campionessa per tutta la serata. Kassandra Walker è la rappresentante del distretto Eros.»

Sebbene gli applausi avessero cominciato a ghermire l'aria, Mars si sentì inghiottito in uno strano vortice. Vide le persone attorno a loro avvicinarsi l'una all'altra, pronte a sparlare per tutta la serata, perché Adonis aveva proposto loro un lungo argomento di conversazione.

Ebbe la sensazione di risvegliarsi da un sogno. Come se infiniti vetri si rompessero attorno a lui. Le mani, chiuse in un pugno, tremarono nervose.
Non sapeva come avrebbe fatto a controllare quella rabbia, ma il labbro inferiore tremolò dal nervoso. Una strana scarica gli percorreva la schiena. Tutto attorno a lui aveva smesso di esistere, mentre Kassandra si incamminava verso di loro a testa bassa. Si posizionò accanto ad Helena, evitando accuratamente il suo sguardo.

Mars strinse i pugni e le lanciò diverse occhiate. La sua mente prese ad affollarsi di così tante domande, senza risposta.
Kassandra era entrata nella loro famiglia solo per rubare informazioni.
Si era fidato di lei.
Apollo era morto per salvarla. Il suo migliore amico si era sacrificato per lei e le aveva affidato la sua anima.
Mars le aveva aperto il proprio cuore, le aveva raccontato la sua vita. Le aveva sussurrato le paure che non aveva mai rivelato a nessuno.
E in cambio aveva ricevuto soltanto una farsa. Kassandra aveva finto per tutto il tempo. Aveva indossato una maschera di cortesia.

Si diede dello stupido. Aveva sempre saputo, fin dall'inizio, che in lei c'era qualcosa di diverso. Sapeva benissimo, il suo istinto gliel'aveva sussurrato. Aveva pensato subito che non fosse una di loro.

Adonis si era preso gioco di tutti.
Mars spostò lo sguardo sugli altri. Hyperion e Rhea guardavano Kassandra sorpresi. Morpheus ed Hestia erano tristi, delusi.
Kronos si limitava a fissarla con gelida indifferenza, ma lo sguardo che riservò ad Adonis non lasciava presagire nulla di nuovo.

Eppure, a Mars non importava più nulla. Si era stupidamente fidato ancora una volta di qualcuno. Ancora una volta non era stato abbastanza bravo da capire chi meritasse la sua fiducia e chi meno.
Non era stato abbastanza per suo padre.
Non era stato abbastanza per sua madre.
Non era mai abbastanza per nessuno.

Athena sogghignò divertita, come se tutto quello che era successo la nutrisse, la rendesse viva. «E dopo un tragico colpo di scena», lanciò un'occhiata divertita a Kronos, che aveva preso a muoversi impaziente sul posto, «diamo il via alla festa, prego. Il buffet è pronto. Anche le bevande.» Si allontanò e la folla si disperse verso i tavoli.

Mars si girò sul posto. Hestia e Morpheus gli andarono incontro. «Come stai?» la ragazza gli massaggiò il braccio.

«Quella stronza. Insomma, io la adoravo! Come può averci fatto questo?!»

Mars non riusciva a sentire le parole di nessuno di loro. Il suo sguardo correva verso la figura di Kassandra, che si muoveva ad ampie falcate verso l'esterno.

Si allontanò dai suoi amici. Lo chiamavano, a loro si unì anche Hyperion. Li ignorava tutti.

In quel momento ebbe la sensazione di essere ancora in quella profonda fossa scavata nella sabbia. L'acqua iniziava a infiltrarsi, colpendolo in volto. La testa gli doleva e sua madre era in mare a cercare di ammazzarsi.
Doveva alzarsi e salvarla, eppure perché non ne aveva le forze?

Camminava a passo svelto per i corridoi della Villa. Seguiva la figura di Kassandra, che gli sfuggiva come una gazzella davanti a un predatore.

«Dove cazzo vai?» le urlò dietro.

Mars uscì fuori. Il vento freddo gli penetrò le ossa, infiltrandosi attraverso il tessuto dei vestiti. Si guardò attorno e individuò Kassandra.

Kassandra sussultò e si lasciò sfuggire un verso strozzato. Si poggiò alla fredda parete di marmo e prese grossi respiri. Si portò le mani avanti e scosse il capo. «Lasciami spiegare-»

«E perché dovrei? Per sentirmi dire altre puttanate, eh?» Mars le si piazzò di fronte.

«Quando sono arrivata qui, cercavo risposte. Devo tornare a casa e Adonis mi ha proposto un patto. Ho dovuto farlo.»

«No!» Mars le puntò un dito contro. «Avevi tante scelte. Potevi parlarmene. Porca puttana, Kass io ti ho raccontato la mia vita e tu mi hai riempito di stronzate! Volevi solo conoscermi per sapere come pugnalarmi alle spalle al torneo.» La guardò male.
Era una stupida. Se avesse mai parlato con lui, le avrebbe promesso che l'avrebbe portata con sé nella Grande Città. L'avrebbe fatto a prescindere. «Ti abbiamo dato una famiglia, una casa, e tu ci hai solo preso in giro!»

Kassandra scosse il capo. «Non è vero! Non ho mai finto i miei sentimenti, brutto idiota.» Lo spinse all'indietro. Fece per andarsene, ma Mars le afferrò il polso.

«Perché cazzo lo hai fatto?»

«Lasciami, Mars.» Kassandra aveva gli occhi lucidi. «Mi dispiace. Ma ho dovuto farlo. Non avevo altra scelta. Dovevo avvicinarmi a Kronos perché lui-»

«Non dirmi altre stronzate. Vuoi semplicemente tornartene a casa, perché sei un'egoista del cazzo. Mi fidavo di te. Apollo si fidava di te. Il mio migliore amico è morto per te!» Le urlò addosso e la voce gli si incrinò, tradendo la sua rabbia.

«Mars, io-»

Entrambi sussultarono quando sentirono le porte di vetro spalancarsi. Kronos spinse in avanti Adonis, facendolo ruzzolare a terra. «NE VUOI UN'ALTRA EH? Ti faccio in mille pezzi. Idiota del cazzo.» Lo sovrastò e l'afferrò per la camicia.
Kronos gli assestò un pugno in pieno volto e il pavimento bianco si sporcò del sangue di Adonis, che sputò a terra.

Mars, d'istinto, trascinò Kassandra dietro il muro all'angolo, nascondendosi dalla furia dell'uomo. Per quanto detestasse Kassandra, in quel momento, non avrebbe permesso alla rabbia di Kronos di farle del male.

E si odiò un po' di più per non riuscire a esserle indifferente. Aveva riposto tutta la sua fiducia nella persona sbagliata. Quella consapevolezza gli bruciava in petto, era una fiamma che non sarebbe riuscito a spegnere e sarebbe bruciato nel dolore del non essere mai all'altezza.

Kassandra tremò appena. Si liberò dalla sua presa. «Mi dispiace... so che adesso mi odi e ne hai tutte le ragioni. Ma quando vorrai, potremmo parlarne e ti spiegherò ogni cosa.»

Mars indietreggiò, permettendole di allontanarsi. La vide andare via, forse per raggiungere il ricevimento e Hydra. Sentiva le urla dei due uomini in sottofondo, ma non riusciva a concentrarsi sulle parole, impegnato a fissare Kassandra andare via. «Kassandra.» la chiamò.

La ragazza si voltò, con gli occhi arrossati.

«Se dovrò uccidere per vincere questo torneo, non guarderò in faccia a nessuno. Nemmeno a te.»




Angolino
In effetti vi stavo regalando tante gioie, doveva esserci il tranello da qualche parte.
Ed eccoci qui, con la prima coppia che scoppia.
E andrà sempre meglio🫠

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