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XLVIII. Piano B

𝐊𝐫𝐨𝐧𝐨𝐬


🫀🫀🫀🫀

Aveva appena concluso la telefonata con Adonis. Si mosse veloce verso il salotto. Rhea, Morpheus ed Hestia lo guardavano confusi.

«E come faremo nel frattempo? C'è una taglia su tutti.» Rhea gli si avvicinò, afferrandogli il braccio.

Kronos si morse l'interno guancia. «Nella Biblioteca c'è uno scaffale di botanica antica. Spingilo  e ti ritroverai delle scale davanti.»

Morpheus aggrottò la fronte. «Perché non me ne sono mai accorto? Cioè nessuno, anzi.»

«Perché nessuno di voi leggerebbe libri di botanica.» Kronos scrollò le spalle. Hestia lo guardava confusa. «L'ho fatto costruire io, dopo il mio Torneo. Tu eri in giro e Hyperion mi ha aiutato nel progettarlo.» si premurò di chiarirle le idee. «Una volta scese le scale, si apre un intero appartamento. Ci sono abbastanza provviste. Bisogna che aspettiate che passi quest'emergenza. Credo che una volta che avranno me, si calmeranno. Nel frattempo dovrete aspettare lì.» Si sfregò le tempie con le dita, con movimenti nervosi. «C'è un'uscita di emergenza, comunque. Seguendo il corridoio, arriverete a delle scale che vi riporteranno in superficie. Vi ritroverete nel bosco.»

Rhea scosse il capo. «Non mi piace. Non mi piace quello che frulla nella tua testa adesso. Non me ne vado senza di te, senza Hyperion-»

Kronos le prese il volto tra le mani. «Invece lo farai. Perché i ragazzi hanno bisogno di qualcuno e sei l'unica che può fare qualcosa.»

Rhea annuì sconsolata. Fece cenno ai ragazzi di seguirla. Morpheus ed Hestia restarono per alcuni minuti a fissarlo. Kronos inarcò un sopracciglio e li guardò confuso. Pochi istanti dopo, i due lo abbracciarono forte e lui si irrigidì appena. Si rilassò poco dopo, abbassando la guardia, e prese ad accarezzare i loro capelli. «Andrà tutto bene. Voglio solo che restiate al sicuro, per ora.»

«Di' a Mars che lo adoriamo, quando lo vedrai.» Morpheus sorrise ed Hestia gli prese la mano.

Kronos fece un cenno d'assenso col capo e li osservò allontanarsi. Abbassò lo sguardo sul proprio orologio da polso e sussultò quando sentì la porta di casa bussare. Si incamminò e, una volta aperta, i nervi si rilassarono nel riconoscere lo sguardo del fratello. Hyperion salutò Hydra.

«Posso sapere cos'avete in mente di fare?» Hydra poggiò le mani sui fianchi.

Kronos si scambiò una veloce occhiata con Hyperion, che scosse leggermente il capo.

«No, ma dovrò chiederti un favore.»

Hydra intrecciò le braccia al petto. «Sentiamo.»

Kronos si massaggiò il collo. «Per tutto il tempo che staremo via, mi farebbe piacere se passassi qui di tanto in tanto ad accertarti che sia tutto okay.» Si mosse a disagio, spostando il peso da un piede all'altro, «Rhea si nasconde qui in un passaggio della Biblioteca con i ragazzi. Hanno bisogno comunque di sostegno.»

«Certo, nessun problema.» Hydra lanciò un'ultima occhiata ad Hyperion e sospirò piano. Si allungò sulla punta dei piedi, arrivando a malapena alla sua altezza, e gli posò un bacio sulla guancia. «State attenti. Mi raccomando.»

Kronos annuì e la accompagnò alla porta. Una volta che furono soli, si voltò a guardare suo fratello e sospirò piano. «Non sei costretto a seguirmi.»

«Ti ho già detto che non ti farò fare questa follia da solo.»

Kronos sospirò piano. «Bene, allora.» Si alzò le maniche della camicia, «sei pronto?»

Hyperion sospirò affranto. Lo imitò e alzò un dito. «Solo una cosa. Puoi evitare di prendermi in volt-»
Kronos gli sferrò un pugno sul naso e ghignò divertito. Il sangue prese a scorrergli come un cascata e suo fratello socchiuse gli occhi dolorante, lasciandosi sfuggire più rantoli di dolore. «Ma che bastardo.» si lagnò, «porca puttana fa male.»

Kronos allargò le braccia. «Tocca a te. Dobbiamo sembrare feriti. Così crederà davvero che le guardie ci abbiano presi alla sprovvista.»

Hyperion tirò su col naso e si lamentò. Gli assestò un pugno in volto sull'occhio e Kronos sentì la fitta riverberare per tutto il corpo. Suo fratello aveva sempre avuto una passione per i lividi violacei, solo per poterlo chiamare panda. «Sei così prevedibile.» Kronos gli riservò poi un calcio allo stinco.

Hyperion ululò da dolore e si morse il labbro così forte da spaccarlo. «Porca puttana, che cazzo hai nelle scarpe?» Abbasso lo sguardo sulla gamba. Parte del pantalone era strappata e del sangue colò a terra.

«È solo un graffio, dai. Sono stato attent-.»

Hyperion lo colpì con un gancio allo zigomo, assestandogli una gomitata al mento, poi Kronos sentì il sapore metallico del sangue in bocca e lo guardò storto.

Hyperion lo imitò, allargando le braccia. «È solo un pugnetto!»

Kronos serrò la mandibola e lo colpì di nuovo sul naso.

«Cristo santo. Se dopo questa storia mi ritrovo il naso storto, ti ammazzo.» Hyperion si portò una mano sul punto colpito e assottigliò lo sguardo, strizzando gli occhi, nel vano tentativo di ingoiare il dolore.

Kronos roteò gli occhi al cielo. Lo zigomo gli faceva male e aveva le labbra spaccate. «Ma dai. Era già storto dopo l'ultima scazzottata da ragazzi. Magari adesso si è aggiustato.»

Hyperion sgranò gli occhi. «C O S A? Il mio naso non era storto!»

Si incamminarono, anche se abbastanza provati e doloranti, verso la Villa di Athena, dove lei nascondeva il suo piccolo marmocchio. Kronos aveva passato giorni e notti intere a studiarla, cercando risposte.

La leggenda del ragazzino scomparso durante il torneo non gli aveva mai dato pace. Per Kronos non era mai morto. Aveva semplicemente trovato una via d'uscita diversa. I suoi sospetti erano stati alimentati dagli anni dalla tecnologia prorompente del distretto di Athena. Sempre più aggiornati, eppure non aveva mai visto container partire dalla Grande Città e arrivare lì.

C'era sempre stato un sospetto, sopito dentro di lui. E da quando aveva visto in Mars la certezza di vincere il torneo e in Kassandra la possibilità di poterlo perdere, aveva iniziato a cercare e ideare piani alternativi.

Aveva studiato così tanto la Villa di Athena, in quei mesi, che quando era andato a rapire suo figlio sapeva esattamente come muoversi.
Ed era consapevole che la donna tenesse dei laboratori dove sperimentasse le sue strane idee sugli uomini. Da tempo, molte persone scomparivano per caso dalle strade dei vari distretti, e Kronos aveva motivo di credere che fosse a causa sua. Inoltre, c'era da considerare il ragazzo scomparso durante il torneo, proprio nei dintorni di quella villa. E Kronos era sempre stato certo che non fosse stato sbranato dai lupi, come a tutti piaceva raccontare.

Il laboratorio aveva un accesso alla Grande Città. Ne era certo. Per quanto detestasse il libro di Luisa Phetel, sapeva che parlasse di laboratori dove si conducevano esperimenti al limite della dignità umana. Athena aveva sempre negato, ma Kronos ne era certo. Aveva abbastanza prove.
Di notte, l'aveva vista trafficare corpi senza vita fuori dalla sua Villa. A muoverli erano uomini in camice. Non potevano essere solo delle coincidenze.

E adesso si sarebbe recato nella tana del lupo. Sarebbe evaso e avrebbe raggiunto la Grande Città da quel nuovo e inaspettato ingresso.

Suo fratello zoppicava al suo fianco. Hyperion aveva la camicia imbrattata di sangue, proprio come lui.
La Luna illuminava appena le loro teste, rischiarando alcune zone del bosco e lasciandone altre all'ombra.

Kronos assottigliò lo sguardo, appollaiandosi sulla collina che si affacciava verso la villa di Athena. Prese un grosso respiro. «Dovranno trovarci le guardie. Athena ci vuole vivi. Ci consegneranno a lei.»

Hyperion aggrottò la fronte. «E se le dicessero che non ci hanno massacrato loro?»

Kronos lo osservò di sbieco. «Ti prego. Farebbero di tutto per un po' di gloria. E poi ingaggeremo una piccola rissa. Un paio di loro moriranno, dagli altri ci faremo catturare.»

Hyperion storse il naso. «Va bene. Ultimamente mi manca fare stragi. Mi lasci a casa a fare da baby sitter.»

«Tempo al tempo», Kronos sorrise. Si passò una mano in volto. «Solo perché sei venuto con me? Avrei preferito restassi con Rhea e i ragazzi.»

Hyperion gli posò una mano sulla spalla. «Sei mio fratello. Ho promesso a nostro padre che mi sarei preso cura di te, anche quando avresti detto che non ce n'era bisogno. Credi di meritare di essere solo, ma la verità è che non ti abbandonerei per niente al mondo.»

Kronos lo osservò di sbieco. «Nonostante tutti i danni e i problemi che ti ho procurato negli anni?» sentì una morsa attanagliargli le viscere.

«Sempre. Nonostante tutto e nonostante tutti.» Hyperion gli sorrise. I suoi occhi color nocciola si indurirono di colpo, osservando le guardie che avrebbero dovuto affrontare. «Adesso andiamo. C'è una festa che ci aspetta.»

Kronos si tirò in piedi insieme a lui. Raggiunsero la villa di Athena. «C'è una festa che ci aspetta.»

Raccolse un sasso da terra e lo lanciò in direzione di una delle guardie, attirando la sua attenzione e colpendola sul sopracciglio. Hyperion scattò in avanti, prima di lui, e gli piombò addosso. Gli assestò un pugno in pieno volto, pugnalandolo poi allo stomaco.

Kronos ghignò, osservandolo. Le guardie presero a circondarli. Sfilò l'arma da uno e sparò a un altro, usandone il calcio per colpire il primo al cranio. Il sangue prese a sporcargli i vestiti. Allungò lo sguardo verso suo fratello, impegnato a prendere a calci una delle guardie acquattata a terra.

Kronos accoltellò alla carotide uno di loro e il sangue schizzò ovunque, macchiando le pareti esterne della Villa.

Pochi istanti dopo le Guardie aumentarono e si ritrovarono entrambi in ginocchio a terra, con le mani legate dietro la schiena da catene di ferro. Kronos sputò il sangue sul terreno e Hyperion gettò il capo all'indietro, prendendo grosse boccate d'aria.
Entrambi tirarono lo sguardo verso l'alto, quando sentirono dei tacchi provenire nella loro direzione.

«Ma guarda chi abbiamo qui... i miei pazienti preferiti.» Athena ghignava divertita. I suoi occhi glaciali li scrutavano, quasi vivisezionandoli.

Kronos rabbrividì, lasciandosi tirare in piedi dalle guardie, che furono veloci a legargli i piedi con delle catene, così come le braccia. Non oppose resistenza e riservò ad Athena un'occhiata carica di odio.

La donna sorrise soddisfatta e li fece entrare in casa. Kronos ricordava bene la Villa, così come lo sterminio che vi aveva apportato, come fosse un designer della morte. Iniziarono a scendere nello scantinato. Davanti a loro un corridoio bianco si aprì e Kronos socchiuse gli occhi, accecato dalle luci al neon, così fastidiose che parevano lacerargli i bulbi oculari.

«Assaporavo questo momento da una vita...» Athena camminava in avanti, impettita. Teneva i capelli raccolti in uno chignon e aprì una porta.

Kronos lanciò un'occhiata preoccupata a suo fratello, che gli sorrise incoraggiante, nonostante l'occhio pesto.

Davanti a loro si apriva un enorme laboratorio, immerso in un'atmosfera di mistero e tensione. Ogni cosa al suo interno era completamente bianca. Gli provocò un senso di confusione e disorientamento simile a quello delle vertigini, e Kronos ingoiò un groppone acido.
Le pareti, il pavimento e persino il soffitto erano dipinti di bianco, senza alcuna caratteristica distintiva. Tutto si confondeva, tutto si uniformava.

Athena fece un gesto stizzito vicino ad alcuni uomini, presi a lavorare con delle provette. Tutti vestiti allo stesso modo con camici bianchi e mascherine dello stesso colore. «Michael, per piacere, prendi una sedia e fa' sedere il mio ospite.» Lanciò un'occhiata a Hyperion. Inclinò il capo. «Lui portatelo nelle celle. Dopo porteremo anche Kronos, voglio parlargli prima.»

Kronos osservò suo fratello mentre provava a ribellarsi alle guardie, pur di non lasciarlo solo lì. Colpì con un calcio lo stinco di uno, ma venne sedato e portato via.

Gli ribollì il sangue nelle vene, ma dovette accontentare Athena. Così Kronos attese e osservò l'infermiere muoversi agitato nella stanza. Gli sistemò una sedia e lo fece accomodare. Aveva uno sguardo strano, ma non riuscì a prestarvi più di tanto attenzione.

«Allora, come ti senti a essere qui? Sei la mia cavia speciale. Sai cosa significa poter analizzare un cervello come il tuo?»

Kronos digrignò i denti. «Dev'essere proprio esaltante per te avere a che fare con una cavia simile. Immagino che i topi ti stessero terribilmente annoiando.»

«Siamo più simili di quello che credi.»

«Ti prego. Risparmiati questo discorso ridicolo. Quando ti avrò uccisa, eviterò questi sermoni del cazzo.» Kronos storse il naso. Le catene iniziavano a infastidirgli la pelle, provocandogli pruriti nervosi per tutto il corpo. Continuò a guardarsi intorno.

Gli oggetti presenti nel laboratorio erano anch'essi tutti bianchi e privi di dettagli, in modo che fosse difficile distinguerli tra di loro; o così immaginò.
Le attrezzature scientifiche, gli strumenti e i macchinari parevano quasi fondersi con l'ambiente circostante, rendendo difficile capire la loro funzione o scopo.

L'infermiere gli si avvicinò con una siringa e Kronos inarcò un sopracciglio.

«Preleverò un campione del tuo sangue. Non vedo l'ora di poter analizzare tutto di te, Kronos. Sarà divertente.» Athena si tirò in piedi, mentre l'ago gli affondava nel braccio.

Kronos sbuffò e alzò lo sguardo verso il soffitto.
La luce a neon del laboratorio era fredda e pallida. Pensò che contribuisse a creare un senso di irrealtà, come se il tempo si fosse fermato in quel posto.

I sensi avrebbero dovuto spegnersi lì dentro. Nessun odore particolare, nessun colore. Le uniche voci, in quel momento, erano le loro e quelle degli altri lavoratori di Athena.
Il silenzio pervadeva l'aria per la maggior parte del tempo, assordante e interrotto di tanto in tanto anche dal sussurro dei ventilatori elettronici che mantenevano costante la fredda temperatura.

Athena lo fece tirare in piedi, dopo che l'infermiere gli sistemò un cerotto sul braccio. Kronos continuava a chiedersi perché quegli occhi gli fossero familiari. Aggrottò la fronte.
L'uomo si sistemò meglio la mascherina in volto e si congedò, dopo avergli lanciato un'ultima occhiata.

«Se vuoi seguirmi.» Athena fece cenno alle guardie di spingerlo verso il corridoio successivo.

Un'infinità di celle si susseguivano una dietro l'altra. Hyperion si aggrappò alle sbarre e Kronos sentì il cuore risollevarsi nel vederlo ancora vivo.
Tutto quel bianco iniziava a dargli sui nervi, anche mentre lo spingevano nella sua cella. Più che altro un cubicolo stretto dove avrebbe dovuto abituarsi a dormire. Si poggiò contro la parete, lasciandosi scivolare a terra.
Era stanco, eppure sentiva una sorta di elettricità lungo la pelle. Sarebbe evaso da lì. Poteva assaporare la propria vendetta con piacere. Avrebbe dovuto solo assicurarsi di avere delle armi con sé. Ne aveva nascoste alcune nelle suole delle scarpe. Quando gli avevano tolto tutte le armi da dosso, nessuno aveva pensato alle scarpe. D'altronde, chi aveva assaporato quelle lame non aveva mai potuto raccontarlo, tantomeno avvisarli.

Si portò una mano alle tempie. Camminare attraverso quel laboratorio e i suoi corridoi gli aveva confuso i sensi e la mente. La mancanza di punti di riferimento e la predominanza del bianco avevano creato una sensazione di claustrofobia, come se le pareti si stessero chiudendo attorno a lui. L'aria aveva iniziato quasi a mancargli e il respiro si era fatto pesante.
L'atmosfera era asettica, carica dei segreti oscuri della Grande Città, che aleggiavano nell'aria facendo sobbalzare il cuore e generando un senso di inquietudine costante.

Le guardie li lasciarono soli. Hyperion si sporse dalla cella di fronte. «Stai bene?»

«Solo stanco. Tu?»

«Meglio di te, sei pallido.»

Kronos storse il naso e allungò le gambe a terra, distendendole. «Però siamo qui.»

Hyperion indicò una telecamera in un angolo in alto. «Sai, fratellino? Non vedo l'ora di potermi divertire e fare una strage qui dentro.»

Kronos ciondolò il capo e fece un mezzo sorriso. «Oh, anche io.»

Lanciò un'ultima occhiata al corridoio. Quel posto era un luogo dove l'ignoto e l'incomprensibile si fondevano insieme. Le urla degli esperimenti riecheggiavano attraverso le pareti, rimbombavano in quel bianco vuoto. Tutto rendeva così difficile distinguere la realtà e l'illusione.

Quel dannato laboratorio segreto era un nuovo enigma avvolto nell'oscurità e Kronos non vedeva l'ora di farlo saltare in aria. Riusciva quasi ad assaporare già l'odore di zolfo e bruciato.






Angolino
Già un bel piano tranquillo tranquillo.
Nel prossimo arriveremo anche nella Grande Città 🫠
Tra sei settimane la storia si concluderà e io resterò a fissare il vuoto😭
Spero comunque che vi stia piacendo. Ultimamente sono un tantino avvilita anche con la scrittura e non mi piace nulla.
Alla prossima 🫀

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