XLV. Fuoco
Adonis
🫀🫀🫀
Si stiracchiò nel letto, avvolgendosi tra le coperte come un felino. Tastò il lato del materasso al suo fianco e sgranò gli occhi quando al tatto lo trovò vuoto.
Adonis si mise seduto e si guardò intorno. Inarcò un sopracciglio e sbadigliò piano. Si chiese dove fosse andato Kronos.
«Ehi? Hai deciso di giocare a nascondino o cosa?» Adonis si tirò in piedi. Indossò una vestaglia, restandosene in intimo, e la allacciò alla vita.
Nessuna voce familiare gli rispose. Forse era uscito. Ma sarebbe stato gradito almeno un biglietto sul comodino. Adonis scrollò appena le spalle e uscì dalla camera. Scese le scale, dirigendosi verso la cucina.
Hyperion se ne stava seduto al tavolo a leggere un libro. Alzò lo sguardo su di lui e roteò gli occhi al cielo. «Mio fratello non c'è, potresti vestirti ogni tanto?»
Adonis gli scoccò un'occhiataccia. Si sedette a tavola, al fianco dell'uomo, e iniziò a piluccare una brioche. «Che c'è, ti confondo le idee?» ridacchiò divertito poi.
Hyperion alzò di nuovo lo sguardo su di lui. «Ti spacco il libro in faccia.»
«Sei nervoso questa mattina, eh? Perché non chiami un po' Hydra? Mi sembra l'unica capace di farti sorridere un minimo. A furia di stare sempre così infastidito, ti usciranno le rughe sulla fronte ed è un gran peccato visto il tuo bel faccino.» Adonis sorrise tranquillo. Si versò del latte freddo nel bicchiere, godendosi l'espressione contrariata e infastidita di Hyperion.
«Non ho idea di come faccia a sopportarti.» Hyperion riprese a leggere, nascondendo il naso tra le pagine del libro.
Adonis si mosse per cercare una nuova posizione sulla sedia. Intrecciò le gambe. «Sei stato tu a gettarmelo tra le braccia, lo hai dimenticato?»
Hyperion inarcò un sopracciglio. «Il più grande errore della mia vita. Volevo solo portarlo al locale a divertirsi. Non aveva mai partecipato a una festa.»
«E mi hai fatto fare una prova e mi hai promesso come premio di farlo venire a una delle mie feste.»
«Un'idea infelice.»
«Eri molto stupido da ragazzo.» Adonis ghignò.
«Il mio cervello almeno è cresciuto. Possiamo dire lo stesso del tuo? Non credo, visto il tuo piano suicida.» Hyperion decise di arrendersi con la lettura. Posò il libro sul tavolo e inclinò il capo.
Adonis si morse il labbro. «Te l'ha detto.»
«Mi dice quasi tutto, adesso.» Il maggiore degli Hell sembrava divertito. «Sei davvero una testa di cazzo.»
«Non trovavo altre soluzioni!» Adonis sbuffò scocciato. «E poi sono famoso per altro, non di certo per la mia intelligenza.»
«Già... per le feste ridicole, l'alcol...»
«Mi offende il fatto che tu non stia citando la mia bellezza per prima-»
«Non vedo l'ora che finisca questo torneo, così te ne vai da qui.» Hyperion roteò per l'ennesima volta gli occhi e riprese il romanzo, che stava cercando di leggere fin dall'inizio del suo arrivo.
Adonis sorrise divertito. Non aveva ancora finito di infastidirlo. «E comunque, dov'è adesso?»
«Chi?»
Adonis serrò la mascella. «Tua madre. Chi, altrimenti?!»
Hyperion strinse i bordi del libro; le vene della mano si ingrossarono. «Sto cercando di leggere e ignorarti.»
«Nessuno può ignorarmi.»
«Io sì. Non sono mio fratello. Non sbavo per te.»
Adonis sbuffò annoiato. Tamburellò con le dita sul tavolo. Prese poi un cucchiaino e iniziò a farlo scontrare contro il bicchiere di vetro, più volte.
Ripetutamente.
Il tintinnio riempiva il silenzio.
Hyperion borbottò sonoramente. Richiuse il romanzo con un tonfo e si massaggiò le tempie. «È uscito.»
«Oh, grazie. Davvero, non me ne ero accorto... dov'è andato? Se a fare una strage senza di me, mi sentirà tutta la notte-»
Hyperion inarcò un sopracciglio.
«Non in quel senso, ovviamente.» Adonis si massaggiò il collo, «beh, se volesse anche in quel senso. Non mi dispiacerebbe per nulla.»
Hyperion si alzò dal tavolo e sollevò le mani in segno di resa. «Va bene, basta. Vado a leggere in giardino.»
Adonis ridacchiò. Gli afferrò il polso, prima che si allontanasse. «Sul serio, dove si è cacciato?»
L'uomo si morse l'interno guancia. Scrollò poi le spalle. «Non lo so. Mi ha detto solo che forse aveva trovato un'alternativa. Non so a cosa. Quando ha qualche strana idea in mente, non ne parla quasi mai.»
Adonis annuì e mollò la presa. Osservò la figura di Hyperion allontanarsi e sospirò piano. Si passò una mano tra i riccioli biondi.
Pochi momenti dopo, Rhea fece il suo ingresso in cucina. La donna lo salutò svogliata e si preparò una tazza di the caldo.
«Tu sai cos'ha Kronos in mente?» Adonis decise di mettere da parte il rancore per un momento.
Rhea si voltò a guardarlo e inarcò un sopracciglio. Si sedette di fronte a lui, muovendosi con calma. Tutti i suoi gesti sembravano al rallentatore. «Se anche lo sapessi, non te ne parlerei. Vista la tua propensione al doppio gioco.»
Adonis si corrucciò. «Quando la smetterai di odiarmi? Così me lo segno sulla mia agenda invisibile.»
«Quando dimostrerai di meritare davvero Kronos. Gli hai fatto così tanto male che non so come faccia a perdonarti sempre.»
Adonis si sporse dal tavolo, incastrando i suoi occhi negli smeraldi della donna. «Ti dà così tanto fastidio che abbia scelto me e non te?»
Rhea lo fulminò con uno sguardo. «Sei così ottuso da non capire niente. Tra noi due non ci sarà mai nulla. Kronos è parte della mia anima e lo sarà sempre. Lo difenderò in ogni momento, non mi interessa cosa pensi. Non c'è nessuna specie di attrazione fisica o di amore come lo credi tu.»
Adonis abbassò la guardia per un momento e scosse il capo. «Non voglio che gli succeda qualcosa, adesso. Questa mattina non era in camera e sono solo preoccupato, va bene?»
«So solo che è uscito nei dintorni della Foresta, lontano dal torneo, ovviamente. Credo stia girando attorno alla villa di Athena. Non so per cosa, però.»
Adonis sentì il cuore schizzargli in gola. Poteva essere fin troppo pericoloso. Athena voleva Kronos morto e, così come lei, anche la Grande Città. L'ansia si impadronì dei suoi sensi e un macigno gli bloccò il petto.
Fece per alzarsi, ma i suoi muscoli si rilassarono di colpo, non appena vide Kronos varcare l'ingresso. L'uomo lo osservò per qualche istante. Inclinò il capo. «Potresti non girare in vestaglia ogni volta?»
Rhea ridacchiò e si tirò in piedi. Li salutò e si congedò, lasciandoli soli.
Adonis gli si avvicinò e lo osservò sospettoso. «Perché sei andato da solo? Potevo venire con te.»
Kronos lo ignorò. Si mosse verso il salotto e si liberò del cappotto. Lo sistemò sull'attaccapanni, assieme al cappello. Si aggiustò il maglione e intrecciò le braccia al petto. «Ti ricordo che sei morto. Non posso andare in giro con te.»
Adonis sbuffò. «Questa vita da recluso inizia ad annoiarmi...»
Kronos sorrise appena e gli afferrò il laccio della vestaglia, tirandolo a sé.
«Davvero?»
Adonis sentì le gambe cedergli e lo stomaco aggrovigliarsi su se stesso, come se fosse stato colpito da un gancio ben assestato. Gli portò le mani ai capelli, arrotolando le dita tra i riccioli scuri, e iniziò a baciarlo con foga.
Kronos sorrise. Strinse tra le mani i bordi della vestaglia e lo spinse contro la parete del salotto, senza mai staccarsi dalle sue labbra. Gli schiocchi dei loro baci risuonavano nel silenzio della Villa.
Adonis aderì con la schiena contro il muro freddo e socchiuse gli occhi, inclinando appena il capo, mentre Kronos scendeva a baciargli il collo, così da lasciargli più centimetri di pelle a disposizione. Abbassò lo sguardo su Kronos e gli tirò appena i capelli. «Dove sei stato?»
«È importante, ora?» Kronos sbuffò piano. Aveva le guance arrossate e il respiro pesante.
Adonis prese un grosso respiro, non aveva idea da dove avesse trovato tanta forza per interrompere il momento. Aggrottò la fronte. «Quante pasticche hai preso oggi?»
Kronos corrugò la fronte. Si liberò dalla sua presa e lo fissò intensamente. «Due.»
«Giuralo.»
«Te lo giuro.»
Adonis sorrise appena. Gli posò un delicato bacio sulle labbra. «Quindi, dove sei stato?»
«Cercavo soluzioni al mio piano di riserva.» Kronos roteò gli occhi al cielo. «Possiamo parlarne dopo?»
«No, se il tuo piano di riserva prevede farti ammazzare da Athena.»
Kronos ghignò. «Pensavo che quella fosse una caratteristica dei tuoi piani. Di solito i miei sono molto più calcolati e decisamente meno suicidi.»
Adonis gli assestò una gomitata al fianco. Si ritrovò a fissare gli occhi neri di Kronos, sempre così velati da quel dolore che non sarebbe scivolato mai via del tutto. Gli portò le mani dietro al collo e lo spinse verso di sé, riprendendo a baciarlo con foga.
Kronos mugolò soddisfatto. Le mani gli stringevano i fianchi.
Sussultarono quando Hyperion tossicchiò. «Perdonate l'invasione, anche se il salotto non è proprio la scelta migliore per nascondersi...», sorrise divertito, mentre Kronos si sistemava smaniosamente i capelli, «ma volevo avvisarvi che a pranzo preparerà Hestia. Questa sera toccherà a uno di voi due.»
Kronos annuì. «Ci pensa Adonis.»
Adonis lo guardò storto. Forse era diventato stupido. «Ma io non so leggere e quindi non so cucinare né seguire una ricetta.»
«Ti insegno io.»
Hyperion roteò gli occhi al cielo. «Speriamo ne esca qualcosa di commestibile e che non facciate altro in cucina.» borbottò andandosene.
Kronos lo guardò male. Adonis non riusciva a smettere di fissarlo, a seguire il suo profilo. «Tuo fratello è davvero-»
«Fastidioso.» Kronos lo interruppe. Riprese a baciarlo con foga e lo afferrò per i bordi della vestaglia. Gli fece cenno di seguirlo e Adonis non se lo fece ripetere ulteriormente.
Lo trascinò fino in camera e si richiuse la porta alle spalle. Adonis non era mai stato così ingenuo. Sapeva che quell'improvviso spirito di iniziativa di Kronos fosse dovuto all'eccitazione di aver trovato una soluzione a qualche enigma che non gli avrebbe mai voluto rivelare.
Kronos gli diede alcuni baci con veemenza, gli morse il labbro inferiore e fece scattare la serratura della porta. Adonis sorrise, lasciandosi spingere sul bordo del letto. Kronos si inginocchiò ai suoi piedi.
Era difficile concentrarsi per formulare una domanda, mentre Kronos gli faceva mancare il respiro.
«Ho una domanda-»
Kronos alzò lo sguardo su di lui e inclinò il sopracciglio. Aveva il fiato corto e il collo arrossato dai baci precedenti. «Adesso?»
«Sì, ora.» Adonis picchiettò il posto sul materasso al suo fianco. Kronos lo accontentò, sedendosi vicino a lui. «Perché sei così su di giri? Cos'hai scoperto da Athena?»
Kronos corrugò la fronte. «Da quando tu e Rhea comunicate? Perché, per inciso, vi preferivo quando vi scannavate. Almeno non ero sotto controllo come un bambino.»
Adonis sorrise. Gli sfilò il maglione e prese a baciargli il collo. «Allora? Non mi hai risposto.» Lo costrinse a stendersi e Kronos assecondò tutti i suoi movimenti. Lo fissava intensamente. Adonis si posizionò su di lui a cavalcioni.
«Ho avuto conferma di alcune supposizioni, non preoccuparti. Non succederà nulla-» Si mosse nervoso e gli tolse la vestaglia. Kronos fece per mettersi seduto, ma Adonis posò una mano sul petto e lo spinse di nuovo contro il materasso.
«Kronos, parla chiaro.»
«Se Mars non dovesse vincere e lasciare che sia Kassandra a farlo, non posso permettermi di perdere la mia occasione. Io devo andare nella Grande Città, Adonis. E ho scoperto un modo per arrivarci comunque.»
Adonis corrugò la fronte. «Perché vuoi farti uccidere?»
Kronos si mise seduto. «Voglio uccidere le persone che mi hanno-» gli si mozzò il fiato, «insomma hai capito. Solo così posso essere libero di nuovo. Non ce la faccio più, Adonis. Voglio poterti toccare, voglio non dover prendere quelle dannate pasticche. Non voglio avere più le emicranie. E per quanto abbia provato ad andare avanti, io ritorno sempre lì, in quello scantinato.»
Adonis lo fissò e gli accarezzò le guance.
«Voglio ucciderli.»
«E fare che altro? Prendere il controllo di tutto? Perché sarebbe da te.» Adonis inclinò il capo. «Non permetterò che ti succeda qualcosa, non importa quanto tu potrai odiarmi-»
Kronos lo afferrò per dietro il collo, spingendolo a sé. Fece scontrare le loro fronti. «Io voglio stare di nuovo bene, come ora. Senza che la mia mente mi riproponga quei ricordi, Adonis.» Gli diede un bacio leggero sul collo. «E poi daremo fuoco a tutto questo.»
Adonis sorrise sfrontato. «Noi?»
Kronos annuì. «Senza di te non sono nulla. Sono come benzina, Adonis. Stupido liquame inutile. Inquinante. Però tu sei la mia miccia. Insieme daremo fuoco a questo posto di merda.» Gli accarezzò lentamente il collo. «Adesso baciami, Adonis. Ti prego.»
Adonis lo osservò per alcuni istanti e sorrise. Lo stomaco fece alcune capriole e lo spinse contro il materasso, ancora. Iniziò a baciarlo con foga. Kronos gli stringeva i fianchi, attirandolo a sé e ricambiando ogni bacio allo stesso modo, fino a mozzarsi il fiato. I loro respiri si condensavano sulle labbra. Adonis gli sbottonò i pantaloni e Kronos ne approfittò per ribaltare la situazione.
Prese a baciargli il collo, scendendo sul petto e l'addome, assaporando la cicatrice e senza mai staccare lo sguardo da lui.
🫀🫀🫀
«Quando spacchi l'uovo, devi stare attento a non far cadere il guscio. Chiaro?» Kronos seguiva ogni suo movimento. Teneva le braccia incrociate al petto e se ne stava poggiato contro il mobile della cucina.
Adonis sbuffò. «Abbiamo messo già la pasta nel forno e anche lo sformato di carne, mi spieghi la necessità di fare una crostata?»
Kronos scrollò le spalle. «A me piace e tu impari a cucinare qualcosa che non si trasformi magicamente in cemento...»
«Va bene, mi arrendo. Tanto trovi sempre un modo per avere ragione.» Alzò le mani in segno di resa. «Mi daresti una mano?»
Kronos roteò gli occhi al cielo e alzò le maniche del maglione. Gli si avvicinò e si affiancò a lui, iniziando a impastare quella che sarebbe stata pasta frolla. «Non ci vuole un genio...» L'uomo aggrottò la fronte. «Che stai facendo?»
Adonis iniziò a lavarsi le mani e si stava asciugando. Nel frattempo, però, il pacco di farina aveva attirato la sua attenzione. Sapeva bene di non riuscire a mantenere alta la concentrazione per più minuti, ma era più forte di lui. Si voltò a guardare Kronos con aria colpevole e sorrise innocente. «Niente! Non sto facendo nulla. Cioè, mi stavo liberando le mani da quella cosa appiccicosa.»
«Se la forza che hai nella lingua per parlare, la usassi per impastare, allora saresti un bravo cuoco.»
Adonis ghignò. Afferrò il pacco di farina, approfittando della distrazione di Kronos, impegnato a impastare, e lo nascose dietro la schiena. Gli si avvicinò, tendendosi verso il suo orecchio. «Non mi pare però che la mia lingua ti dispiaccia tanto-»
Kronos si voltò di scatto verso di lui. Si guardò attorno, ma per fortuna erano da soli in cucina. «Ma sei idiota-» Ritornò a impastare e sistemò la pasta frolla a lato, così da lasciarla riposare. «Dov'è la farina?»
Adonis fu veloce. Sfilò il pacco di farina e glielo svuotò in testa. Kronos si tinse completamente di bianco e lo guardò confuso e spaesato. «Eccola, tesoro. Ce l'hai addosso, non vedi?»
Kronos lo guardò storto e si pulì gli occhi dalla farina. Afferrò un uovo e glielo spaccò in testa. Sorrise poi soddisfatto. «Che c'è? Non te l'aspettavi forse?»
Adonis sgranò gli occhi e si portò le mani in testa. Le dita si inumidirono subito e l'albume dell'uovo prese a scorrergli addosso. «Che bastardo.»
Kronos scrollò le spalle e ridacchiò divertito. Adonis non credeva di poterlo sentire ridere senza troppi pensieri. Si imbambolò per un attimo a fissarlo, mentre si ripuliva. Se avesse potuto, Adonis avrebbe catturato il suono della sua risata per sempre. L'avrebbe conservato e riascoltato nei momenti più bui delle sue giornate.
Gli si avvicinò e lo afferrò per il maglione sporco di farina. Lo tirò a sé e impresse le labbra sulle sue. Kronos sorrise e abbassò le difese. Gli accarezzò la schiena e ricambiò il bacio. Poi si staccò dopo poco e arricciò il naso. «Dovresti andare a lavarti, Adonis. O puzzerai d'uovo a non finire.»
🫀🫀🫀
«Okay, la cena non è andata tanto male, no? Sto bene. Stai bene. Perché stai bene vero? Forse siamo ancora in tempo per salvare i ragazzi-» Adonis prese a gesticolare ansioso. Non aveva mai cucinato in vita sua e in effetti si era divertito. Se non fosse che era troppo preoccupato per Kronos e gli altri. Magari li aveva avvelenati involontariamente.
Kronos sorrise appena. Scosse il capo e si distese al suo fianco sul letto. «Sto bene.» Intrecciò le braccia dietro la testa e fissò il soffitto. «Non hai mai cucinato? Sul serio?»
Adonis scrollò le spalle. «Non ho mai avuto il tempo. Insomma, non so nemmeno leggere senza che tutto prenda a vorticare...» a volte la voce di suo padre sembrava rimbombargli in testa tutte le volte che provava ad aprire un libro.
Kronos inclinò il capo. «Posso leggere per te ogni volta che vorrai, comunque. Non mi pesa.»
Adonis sentì il cuore schizzargli in gola. «Non devi sentirti in dovere di farlo.»
«Non mi sento in dovere. Voglio farlo, Charles.»
Adonis si voltò a guardarlo di scatto. Rabbrividì quasi. Nessuno aveva mai pronunciato il suo nome in quel modo e di colpo non gli parve più un nome orrendo, intriso d'odio. «Mio padre mi picchiava ogni volta che sbagliavo a leggere o a fare calcoli. Penso sia discalculia, oltre che dislessia.» Abbassò lo sguardo. «Mi puniva con bacchettate sulle mani o sul corpo, appena commettevo un errore. Diceva che ero inutile.»
Kronos si mise a sedere al suo fianco, restandosene in silenzio ad ascoltare. Poggiò il capo sulla sua spalla.
«Per questo non riuscivo a studiare e andavo male a scuola, figuriamoci. Mio padre non mi dava un soldo per punirmi e iniziai a rubare un po' ovunque, anche perché alcuni oggetti erano troppo belli per restare in vetrina.» Adonis ghignò.
Kronos ridacchiò appena. «Già, ma se ti piacciono i miei vestiti puoi anche chiedermelo. Te li presterei o regalerei, senza che tu me li rubi.»
Adonis lo guardò di sbieco. «Odiavo la mia famiglia. Continuavano a ricordarmi quanto fossi inutile, una delusione. Mi detestavano e non mi guardavano nemmeno in volto, solo perché non ero intelligente abbastanza quanto loro.» Si morse l'interno guancia. «Per questo, quando hai vinto, ti ho dato l'indirizzo della libreria dove i miei lavoravano. Volevo vederli morti. Volevo che saltassero in aria. Mi dispiace di averti mentito, di averti preso in giro, ma ero accecato dalla voglia di vendicarmi. Sapere che loro non ci sono più mi fa sentire più leggero, in un certo senso.»
Kronos annuì. «Immagino...» Gli posò un bacio sul collo e si distese. «Non credo che tu sia inutile, Charles. Hai reso la mia esistenza meno dolorosa, più sopportabile. E mi piace il tuo nome, comunque.»
Adonis si voltò a guardarlo. «E a me piace sentirtelo pronunciare, Javier.»
🫀🫀🫀
Angolino
Capitolo leggero, alla fine.
L'ultimo tranquillo in effetti.
Alla prossima 🫡
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