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VI. Assalto

𝐊𝐚𝐬𝐬𝐚𝐧𝐝𝐫𝐚

La musica della festa continuava a rimbombarle nelle orecchie da ore. Iniziava a sentire le meningi pulsare dal dolore e non vedeva l'ora di potersi nascondere in quella piccola camera, che Adonis le aveva offerto per trascorrere la notte.
Non pensava di poter dire che quel criminale fosse così gentile: aveva sentito così tante storie crudeli su di lui da esserne quasi rimasta raccapricciata.

La maschera di tarda epoca veneziana cominciava a pesarle sul volto. Le prudeva quasi ogni piccolo centimetro di pelle. Versò da bere all'ennesimo cliente.

Non poteva credere di aver adocchiato dall'alto Kronos Hell. In un modo o nell'altro doveva arrivare a lui.
Insieme ai suoi studenti -anche se era una definizione piuttosto strana, essendo che possedeva una scuola di provetti assassini in erba- aveva lasciato la festa piuttosto presto.
Uno dei ragazzi che aveva servito era piuttosto grosso fisicamente, muscoloso. Aveva uno sguardo intimidatorio, ma ebbe la sensazione di aver letto un po' la sua stessa malinconia. Sperava di sbagliarsi.

Era stata particolarmente sgarbata con lui, ma da quando aveva capito che qualsiasi uomo avrebbe potuto richiedere il suo corpo come merce col giusto prezzo, aveva iniziato ad alzare le proprie difese. Quasi istintivamente si portava la mano alla tasca dei pantaloni, di tanto in tanto, accertandosi che quel flacone, che Adonis le aveva fornito, fosse ancora lì con lei.

Sbuffò appena, ricordando quanto fosse difficile adattarsi a quella nuova vita all'interno dei distretti. Kassandra era abituata a un lusso particolare nella Grande Città, pur non condividendo gli ideali della sua famiglia.
Spesso si era sentita un'incoerente, però. Accettava la loro ricchezza, beandosi un po' nell'ozio. Poi aveva sentito l'esigenza di cambiare, soprattutto dopo alcune rivelazioni.
Era anche così tanto lontana dal proprio obiettivo.
Si reputava abbastanza fortunata -comunque- ad essere ancora viva.

Le luci stroboscopiche della festa l'accecavano ancora, aumentando i mal di testa. Si appoggiò al bancone, osservando quasi disincantata la schiera di ballerine sul palco. I loro movimenti erano quasi eterei, ipnotici. Non riusciva a smettere di fissare quelle braccia affusolate e gambe forti. Sembravano brillare come stelle, come se avessero rubato non solo la loro luce, ma soprattutto quella distaccata eleganza.

«Hai davvero due occhi bellissimi.» Un uomo, il cui puzzo di alcol si sarebbe potuto percepire anche a chilometri di distanza, si accomodò al bancone. Non le piacevano affatto quelle occhiate che le riservava, sembravano volerla spogliare con rabbia. Sentì il cuore perdere un battito.

D'istinto si tirò in piedi. Ignorò il viscido complimento e iniziò a pulire alcuni bicchieri. Abbassò lo sguardo sulle mani, che avevano preso a tremare nervose. «Desidera qualcosa?» Socchiuse gli occhi, prendendo grossi respiri. Le faceva quasi male il petto, il cuore ormai era in gola. Doveva provare a calmarsi, a darsi una controllata. Si appoggiò al lavello e strinse le mani attorno alla superficie fredda.

«Tu.»

Le gambe vacillarono dal terrore, non potevano reggere più il peso del suo corpo. Doveva prevedere quel genere di risposta, d'altronde. Non sarebbe stata una grande novità. Sgranò appena gli occhi.
Aveva cercato in ogni modo di essere quanto meno appetibile, ma ovviamente l'essere umano era disgustoso in ogni sua fibra. Non indossava alcun vestito succinto. Sapeva fosse una stupidata, non era di certo ciò che avrebbe indossato a cambiare gli istinti peggiori.
Deglutì a fatica. «Credo debba rivolgersi ad Adonis-» Provò a fingere uno dei suoi migliori sorrisi.

«Non mi importa della puttana di Kronos. Non mi interessa. Pagherò quanto vorrà. Ho vinto al tavolo da gioco. Ho puntato finché non avrei vinto, volevo te dal momento in cui ho messo piede in questo posto.» L'uomo batté un pugno sul tavolo e le mostrò tutte le banconote vinte. Kassandra percepì i conati di vomito risalire lungo la gola, fissando quelle mani sporche ed enormi. La sola idea che potessero percorrere il suo corpo o sfiorarla le dava la nausea.

Kassandra indietreggiò. Avrebbe potuto spaccargli il bicchiere in volto, ma doveva restare lucida. Annuì, fingendo un sorriso. «Allora le preparo il drink della casa, poi andremo dove vorrà.»

«Brava, bambina.»

Fece un sorrisetto tirato. Gli diede le spalle e trattenne l'impulso di vomitare. Riuscì a sfilare il flacone che Adonis le aveva dato e lo osservò per un istante. Socchiuse gli occhi e supplicò qualsiasi divinità esistente. Nella Grande Città c'era il culto di un uomo semi divino che li avrebbe salvati e allontanati dal male. Lì, nella città dei reietti, sembrava che nessun dio li avrebbe mai ricordati. «Ti prego-» mormorò, «fa che funzioni.»
Inserì un paio di pillole all'interno del bicchiere e miscelò, sperando che si sciogliessero nell'alcol. Forse ne sarebbe bastata una, ma non voleva correre rischi. Preparò normalmente il drink e girò fino a far sciogliere la droga.
Dopodiché si voltò verso l'uomo e sistemò un cubetto di ghiaccio per concludere. «Ecco a lei.» Era difficile cercare di sorridere come se nulla fosse. Sentiva il labbro inferiore tremare e prese a mordicchiarlo istericamente.

L'uomo ghignò soddisfatto e tracannò il contenuto. Kassandra non aveva idea di quanto tempo avrebbe dovuto aspettare, ma i secondi le parvero infiniti. Fece per allontanarsi dal balcone, ma l'uomo l'afferrò per un polso, stringendo la presa.

Kassandra si lasciò sfuggire un gemito di dolore. Iniziò a trascinarla attraverso il locale. Avrebbe voluto potergli spaccare qualcosa in volto, ma i muscoli si paralizzarono. Ebbe la sensazione che nulla rispondeva ai propri comandi. Il cuore galoppava all'impazzata nel petto, scivoloso come se potesse schizzare via.
Mentre la trascinava tra i corridoi, le sue gambe sembravano di gelatina. Si guardava attorno, disperatamente alla ricerca dello sguardo di qualcuno.
Non c'era Hydra.
Non c'era Adonis.
Era sola.
Da sola e inerme.
Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.

Le voci del locale le arrivavano ovattate, risate lontane, come di un altro universo. Tutti erano attaccati a vecchie slot machine, a urlare e imprecare per i soldi persi. Il tempo attorno a sé si dilatava, come se fosse in una bolla.

L'uomo, il cui aspetto non riusciva nemmeno a mettere a fuoco, la spinse all'interno di un salottino privato. Gli occhi erano ormai annebbiati.
Cominciò a baciarle il collo, mentre il respiro si faceva più pesante.
Kassandra cercò di liberarsi dalla sua presa. Voleva urlare, ma quando aprì la bocca non ne uscì altro che un sussurro.
Mentre le mani fameliche del mostro cominciavano a toccarle i vestiti e le gambe, sentì un senso di colpa irradiarsi lungo il corpo.
Se fosse rimasta a casa non sarebbe successo nulla.
Se non fosse stata così curiosa e testarda, avrebbe accettato la propria storia. Se non le fossero mancate disperatamente delle risposte, non si sarebbe trovata in quella situazione.
Singhiozzò appena e l'uomo le sussurrò qualcosa all'orecchio, ma non riuscì a metabolizzare quelle parole.

Si chiese quanto tempo impiegasse la droga ad entrare in circolo. Provò a dimenarsi, nella speranza che la droga agisse subito dopo, ma le gambe erano pesanti come il piombo. La bocca era secca. Le mancava l'aria. Le pareti sembravano ristringersi attorno a loro e i tremori cominciarono a percorrere tutto il corpo, come una scarica elettrica. Sentì il sapore salato delle lacrime, che le inumidirono le labbra.

Le mani sporche e grosse di quel mostro iniziarono a sfiorarle le gambe, quasi fino a salire. Serrò gli occhi, mentre ogni fibra del suo corpo cedeva alle convulsioni nervose.

Pochi istanti dopo sentì un tonfo. Aprì gli occhi e vide l'uomo crollare a terra, quasi aggrappandosi a lei. Kassandra sbatté le palpebre, convinta che la droga avesse fatto il suo effetto, ma poi mise a fuoco la figura di Adonis, dietro di lui. Teneva tra le mani una mazza di legno, adesso grondante del sangue dell'uomo.

Non aveva idea se era morto o se si sarebbe risvegliato con un grave trauma cranico, ma poco le importava. Avrebbe potuto fare tantissime cose, ma iniziò ad urlare dalla rabbia. «Mi avevi assicurato che la droga mi avrebbe tenuta al sicuro!» Colpì Adonis con un pugno sulla spalla.

Adonis la guardò dispiaciuto, pur massaggiandosi il punto dove lo aveva percosso. Diede un calcetto al corpo dell'uomo e storse il naso. Posò la mazza e la osservò con attenzione. «Forse ha tempi più lunghi del previsto... non accadrà più.» Le tese la propria mano e Kassandra l'afferrò, dopo un breve momento di confusione, seguendolo fuori dal salotto.
Riconobbe Hydra, poggiata contro la parete. Adonis le fece un cenno con la mano. «Occupati tu di quell'idiota. Credo sia morto. Ha preso un brutto colpo... se non è morto, finiscilo.»

Kassandra tremò sotto il tocco di Adonis. Non sapeva se sentirsi sollevata o ancor più preoccupata. Seguì comunque il proprietario del locale fino al suo ufficio.
L'uomo la fece accomodare sul proprio divano e le posò una coperta calda sulle spalle. «Come ti senti?»

Kassandra si dondolò su se stessa. Si accovacciò sul divano, tirando le gambe al petto, accartocciandosi, come a creare un piccolo scudo di protezione. Tirò su col naso.
Corrugò la fronte. «Come dovrei sentirmi? Mi sono bloccata, non so perché. Avrei voluto spaccargli la faccia, ma i muscoli non si muovevano e-e-» la voce le si incrinò all'improvviso e alcune lacrime le solcarono il viso.

«Non è colpa tua, tesoro. Mi dispiace, credimi.» Si versò da bere in un bicchiere. Kassandra osservò la nuova bottiglia di whisky quasi completamente prosciugata. Provò ad avvicinarsi, ma Kassandra si incupì, allontanandosi dal suo contatto. Adonis arricciò il naso e mormorò delle scuse.

«Mettimi alle pulizie, ma non farò la puttana da quattro soldi.» Bofonchiò, nascondendosi nella coperta. Aveva la sensazione di poter percepire quel fiato orrendo e viscido ancora addosso. Trattenne alcuni conati di vomito.

Adonis si inginocchiò vicino a lei. Non la sfiorò nemmeno per un momento e sorrise gentile. «Tu, mia cara, sarai il mio piccolo diamante.» Parlava piano, scandendo ogni singola lettera. Voleva rassicurarla. «E non permetterò più a nessuno di torcerti un solo capello, va bene?»

Kassandra corrugò la fronte. Era difficile riuscire a concentrarsi con tanta bellezza, eppure ogni volta che chiudeva gli occhi aveva la sensazione di sentire ancora il fiato pestifero del suo assalitore.
Certo, Adonis era un uomo affascinante, ma pericoloso. Gli era bastato poco per tramortire a morte quel bastardo. «Come?!» Kassandra si ridestò. «Cosa vorresti dire con questo?»

«Ogni cosa a suo tempo, credimi.»

«Come sta?!» Hydra spalancò la porta e si arrestò sul posto, quando incrociò lo sguardo di Kassandra. Chiuse la porta con veemenza e le si avvicinò. Spinse Adonis di lato e si accomodò di fronte a lei, poggiandole le mani sulle gambe. «Come stai? Ti serve qualcosa?»

Kassandra avrebbe tanto voluto dire che voleva sua madre. Le mancavano le dolci carezze, come attorcigliava con dolcezza i capelli attorno alle dita e i baci sulla fronte prima di andare a dormire, dopo una piccola storia per farla addormentare. Avrebbe voluto poterla abbracciare ancora una volta, ma la vita e una bomba gliel'avevano portata via quando era ancora una bambina. Le mancava in ogni modo possibile e averla lì accanto avrebbe alleviato quel dolore.

Scosse così il capo. Hydra le accarezzò i capelli, in dei gesti che le furono quasi familiari. «Ti accompagno in camera, va bene? Resto con te fino a quando vorrai, dai.» Si tirò in piedi e le tese la mano.

Kassandra deglutì, mandando giù un groppone troppo pesante. Afferrò la mano di Hydra e si alzò, barcollando ancora un po'. Le gambe sembrarono voler cedere ancora e Hydra la tenne stretta a sé, impedendole di cadere.

Adonis le osservava con attenzione, tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni di pelle. Sospirò piano. «Portala al nostro appartamento, sarà meglio che stia nella camera degli ospiti questa sera.»

Hydra annuì e Kassandra la seguì, muovendosi come un automa, mentre la sua mente sembrava essersi quasi dissociata dalla realtà. Tutto le sembrava confuso, le voci, i rumori.
Tutto ciò che accadde le parve quasi un brutto sogno da cui non riusciva a risvegliarsi. Si aggrappava ad Hydra, arrancando come un vecchio stanco.

Hydra l'aiutò a raggiungere l'ascensore e Kassandra dovette prendersi qualche istante per abituarsi all'enorme attico di Adonis. Dalle enormi vetrate ci si affacciava sulla città e sulla sua desolazione.
Poteva vedere ogni distretto, così come i vari paesaggi confusi si incatenavano tra loro. I colori chiari si mescolavano a quelli più scuri, in un gioco confuso di sfumature, come su una tavolozza di un disordinato pittore.
Restò incantata ad osservare -quasi con un pizzico di disillusione- il mare.
Fissò quel movimento quasi ipnotico delle onde. Avrebbe tanto voluto che la trascinassero via, purificandole il corpo e l'anima da tutta la sporcizia accumulata.
Tremò appena e tirò sulle spalle la coperta calda che Adonis le aveva dato prima.

«Ti ho preparato una vasca calda.» Hydra la ridestò all'improvviso, apparendo alle spalle. Kassandra riconobbe il suo riflesso attraverso il vetro della finestra e annuì.

«Grazie... davvero.» mormorò, avviandosi verso il bagno, indicatole dall'altra ragazza.
Osservò la mobilia moderna, i pavimenti luccicanti e sorrise quasi, pensando al lusso che Adonis amava concedersi.

Si liberò dei vestiti con smania, guardandoli con odio e accartocciò quella maschera veneziana con sdegno.
Sospirò affranta e si immerse nella vasca. Il caldo tepore dell'acqua le rilassò appena i muscoli e socchiuse gli occhi. Gli aromi profumati la fecero quasi sentire a casa. Per un attimo le sembrò di non essere mai arrivata alla città dei reietti e che tutto facesse parte di un sogno lontano.
Si lasciò andare, le lacrime salate cominciarono a scorrere inesorabili sulle guance. Tra un singhiozzo stanco e un tremolio del corpo, si addormentò, abbandonandosi alla stanchezza.

Sussultò, quando sentì bussare alla porta e sgranò gli occhi. «Ehm sì?» L'acqua era ormai tiepida e si allungò a prendere un accappatoio. Era indecisa tra quello nero, blu e verde. Sospirò frustrata e optò per il primo, che sicuramente non doveva essere né di Adonis né di Hydra, visto il loro modo di vestire piuttosto eccentrico.

«Sei viva? Sono preoccupata, è passata quasi mezz'ora.» Hydra aveva un tono agitato.

Kassandra sorrise e sciolse i capelli dall'alto chignon. Si strinse nell'accappatoio e aprì la porta. Hydra la osservò per un attimo, cercando di non sorridere divertita. Kassandra aggrottò la fronte. «Cosa c'è di divertente?»

«Nulla... mi sa che dovremo prendere un accappatoio tutto tuo. Il nero non ti dona.» Hydra le fece segno di seguirla, scortandola in uno dei corridoi principali dell'appartamento. Kassandra aveva sempre una strana sensazione di smarrimento, mentre si spostava. Fissava i quadri appesi alle pareti, riproduzioni di opere d'arte famose e decantate in ogni libro di storia. Per un attimo ebbe quasi la sensazione che potessero essere gli originali, visto il console del distretto.

Hydra le aprì la porta di una stanza e Kassandra sorrise quasi, osservando l'enorme letto matrimoniale. Sembrava piuttosto comodo. «L'armadio era vuoto, ma l'ho riempito con alcuni vestiti che non uso e maglioni larghi di Adonis. Il bagno lo hai già visto.» La donna le sorrise. «La mia camera è di fronte, quella di Adonis da tutt'altro lato, quindi adesso possiamo dire di avere l'ala femminile di casa.»

Kassandra sorrise e prese a fissare la punta dei piedi. «I-io... grazie.»

Hydra le posò una mano sulla spalla. «Andrà tutto bene. Nei prossimi giorni ti insegno qualche mossa di combattimento corpo a corpo, così magari saprai difenderti qui. È importante abituarsi al nuovo mondo, purtroppo. Fa schifo, ma ti ci abituerai.»

Kassandra annuì e si sedette sul letto, osservando la stanza con curiosità. Era tutto così semplice, ma elegante. Era quasi come sentirsi a casa.

Sentì dei passi familiari. In poco tempo stava iniziando a riconoscere i movimenti di Adonis. L'uomo teneva una tazza in mano fumante. Si avvicinò a Hydra. «Volevo farle una cioccolata calda, ma le parole della ricetta hanno iniziato a vorticare e sinceramente credo che qualcosa sia andato storto perché sembra cemento e il cucchiaino si è incastrato-»

Hydra lo guardò e scoppiò a ridere. Gli strappò dalle mani la tazza e inarcò un sopracciglio. «Ma come hai fatto?»

«Volevo fare qualcosa di buono e carino! Il the mi sembrava piuttosto triste per l'occasione e non so fare la cioccolata calda, va bene?!» Adonis gesticolava continuamente, Kassandra aveva quasi il mal di testa per seguire i suoi movimenti.

«Ci penso io.» Hydra si allontanò, lasciandoli soli.

Adonis restò sulla soglia della porta, dondolandosi sui piedi. «Ehm- stai meglio? C'è anche l'idromassaggio per il futuro, magari...»

«Grazie. Penso che proverò la cioccolata calda, metterò un pigiama o un tuo maglione e andò a dormire.»

Adonis le sorrise. «Certo, certo. Allora buonanotte.» Le chiuse la porta per lasciarla sola.




Angolino
Anche Adonis non si fa poi tanti scrupoli ad ammazzare qualcuno🌝
I prossimi capitoli sono relativamente più lenti e calmo per mostrarvi l'evoluzione del rapporto tra Kassandra, Adonis e Hydra, per poi ritornare ai bastardi.

Secondo voi di chi è il prossimo pov?

Ho anticipato la pubblicazione perché sto solo io fuori l'uni ad aspettare che la aprano😩
Alla prossima ❤️‍🩹

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