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One Shot Due


Kronos

Doveva essere una giornata tranquilla. Ma, forse, non ne aveva mai avuta una. A parte i soliti incubi e la voce che lo tartassava di continuo, aver adottato un gruppo di adolescenti idioti era stata una scelta che andava a intaccare ogni giorno la sua sanità mentale.
Sempre che ne avesse ancora una, certo.
E anche Kassandra non era stata poi di così grande aiuto, ripensandoci.

Quel mattino avrebbe dovuto aspettarsi una mossa a sorpresa. Il salotto era troppo silenzioso. Tranne per Morpheus, che sarebbe stato capace di far baccano anche da morto. Il ragazzo se ne stava a sorseggiare rumorosamente il caffè, immergendo di tanto in tanto dei biscotti, che sgranocchiava con foga, lasciando cadere così tante briciole sul tavolo, che Kronos era tentato di fargliele raccogliere con delle bacchette cinesi. Almeno così avrebbe scoperto quanto poteva essere scocciante la pulizia.

Ma era sicuro che Morpheus si sarebbe infilato quelle bacchette nel naso, conoscendolo. Lo aveva già fatto da piccolo. Poi era corso da lui piangendo perché non riusciva a sfilarsele. E gli aveva chiesto disperato se così avrebbe danneggiato il cervello. Adesso, col senno di poi, Kronos gli avrebbe risposto che non c'era pericolo, tanto dubitava dell'esistenza del suo cervello.

Si guardò intorno. Apollo leggeva distrattamente il suo nuovo romanzo, mentre ogni tanto avvicinava alle labbra una brioche. Hestia fischiettava allegra. Mancavano i suoi due terremoti.
Perché all'appello mancavano Mars e Kassandra? Certo, non che gli fossero sfuggite le occhiate languide che gli davano il voltastomaco, ma erano anche tranquillamente capaci di far saltare in aria la Villa. Abbassò il libro che stava leggendo e posò gli occhiali sul tavolo. «Gli altri?»

Apollo alzò lo sguardo assonnato dal cappuccino e strizzò le palpebre. «Si stanno preparando per l'allenamento di oggi.»

«Vuoi provare le mie nuove candele? Sono al gusto vaniglia!» Hestia tirò fuori da una borsa di tela l'ennesima collezione di candele. Kronos avrebbe finito lo spazio nella sua stanza per conservarle. Forse ne avrebbe potuta regalare qualcuna ad Adonis, ma quell'idiota chissà che avrebbe pensato. Si sarebbe inventato qualche gioco erotico strano. Aggrottò la fronte. Chissà che cazzo stava facendo quell'idiota in quel momento. Non lo sentiva dalla sera precedente. Soprattutto perché aveva drogato i suoi ragazzi alla festa. Kronos si era arrabbiato come al solito e se n'era andato. Eppure, adesso, fremeva dalla voglia di chiamarlo. E non era per le candele e le infinite possibilità di utilizzo che Adonis avrebbe trovato.

Hyperion gli schioccò un paio di dita davanti agli occhi, riportandolo alla realtà. «Ehi. Tutto okay? Dove ti sei perso?» Aveva uno sguardo preoccupato.

Kronos si sistemò smaniosamente la cravatta e richiuse il romanzo sul grembo. In effetti sarebbe stato sconveniente dire che la sua mente fosse da tutt'altra parte. Soprattutto ossidata sull'immagine del suo idiota con quelle ridicole camicie e pantaloni di pelle. «Niente. Pensavo all'allenamento di oggi.» Mentì.

Hestia intanto fece scivolare nella sua direzione un set di candele. «Allora, una è all'ambra e l'altra alla vaniglia. Gli antichi credevano che fossero ottimi afrodisiaci-»

Kronos si passò entrambe le mani in volto, mentre Hyperion ridacchiava. «E io cosa dovrei farmene?»

Morpheus agitò un braccio in alto. «Beh, in realtà, se le storie di quel romanzo-»

Kronos si tirò in piedi. «Vi aspetto in palestra. Farete tanti giri di campo.» Afferrò le candele, solo per non intristire Hestia, e si avviò verso la propria stanza.

Alzò lo sguardo verso l'orologio a parete dell'ufficio. Forse Adonis era ancora sveglio a quell'ora. O forse no. Kronos si sedette sulla sedia girevole e la pelle stridette sotto il suo peso. Compose il numero del suo idiota e attese per qualche istante.

«Ehilà, tesoro. Che succede? Sentivi terribilmente la mia mancanza?»

Kronos roteò gli occhi. Perché diavolo lo aveva chiamato? Neanche lui lo sapeva. O forse sì. Grattò le unghie sul legno del tavolo e sbuffò. Sentì un fruscio di fogli. «Che stai facendo?»

«Cazzo. Tu sei un genio, no? Ecco, potresti aiutarmi con qualche calcolo? Che so, magari stasera...»

Kronos non riuscì a trattenere un sorriso. Guardò fuori dalla finestra e sospirò piano. Una folata di vento lo fece rabbrividire e gli ricordò che era libero. Non doveva cercare vie d'uscita. Non con Adonis, almeno.

«Puoi venire tu qui.»

«Sul serio? Allora potevi dirlo, tesoro, che mi avevi chiamato per vedermi. Non mi sarei di certo offeso... ti è passato il nervosismo?»

Kronos emise uno sbuffo infastidito. «Ti riferisci a quando hai drogato i miei ragazzi? No. In effetti, no, adesso che me lo rammenti.»
«Andiamo, tesoro. Saprò farmi perdonare, te lo prometto.» Kronos immaginò Adonis muoversi sinuoso lungo la scrivania. Nella sua mente, era intento ad attorcigliare il filo del telefono. La sua voce era calda, era come una carezza. Non come quelle che l'uomo dal sorriso buono gli costringeva a fare. Non lo faceva sentire sporco, mai. E nessuno aveva idea di quanto avrebbe voluto poterlo sfiorare senza i conati di vomito che gli raschiavano la gola.

La voce gli si mozzò. «Con i tuoi calcoli irreparabili?»

Adonis emise una risata. Lo detestava. Lo detestava perché gli faceva credere all'illusione di meritare la sua luce. E invece l'avrebbe inghiottito, avrebbe attirato quel piccolo sole in un buco nero senza fondo e l'avrebbe distrutto tra le sue fauci.

«Sarò completamente a tua disposizione, tesoro. Mi perdonerai?»

Kronos si passò una mano tra i ricci. Emise un sospiro frustrato e fissò l'orologio. «Ci vediamo alle dieci.» Richiuse la telefonata e si tirò in piedi.

Si incamminò verso la palestra. I ragazzi dovevano essere già lì perché sentiva i loro schiamazzi già da fuori.

Non appena mise piede nella sala, si congelò sul posto. Era circondato da idioti. Ormai ne era sempre più sicuro. Kassandra sorrise divertita, restandosene al centro tra tutti gli altri, in intimo.

Kronos si voltò di colpo, dando le spalle a tutto il gruppo. Prese a fissare il soffitto. Forse avrebbe dovuto tinteggiarlo di nuovo. «Mi spiegate questa cazzo di novità?» Bofonchiò infastidito.

Sentì Kassandra ridacchiare. «Ho perso una scommessa con Mars ieri. E quindi oggi mi tocca fare lezione così.»

«C O S A?! No. Vestiti. Subito. Ma che cazzo vi frulla nella testa?»

Kronos si sfilò la giacca e schioccò le dita. Mars gli andò incontro e prese l'indumento dalle sue mani, sorridendo. «Scusa. Ma altrimenti mi sarei dovuto presentare io così.»
«Confortante.»

Mars si allontanò. Kronos si voltò poco dopo, mentre Kassandra si copriva con la sua giacca. Tenendo lo sguardo fisso verso una piccola macchia del soffitto, agitò le mani. «Mentre tutti voi vi fate almeno dieci giri di campo, Kassandra, di grazia, vai a indossare qualcosa di abbastanza coprente.»
«Sei terrorizzato dai reggiseni o cosa?»
«SUBITO.»

Kassandra alzò le mani in segno di resa. «Vado, vado. E comunque ho pagato pegno.»

«E gradirei che non faceste altre scommesse del genere. O la prossima volta, vi faccio sfinire così tanto che anche solo parlare sarà un incubo.»

Gli altri ridacchiarono, iniziando a correre. Kassandra gli passò accanto, stretta nella sua giacca.

Lei mimò un grazie a fior di labbra, prima di abbandonare la palestra. Kronos la osservò. Aveva gli stessi occhi di suo padre. Eppure, i suoi non lo terrorizzavano. Era sua figlia, non di certo quella di Erik Walker.

***

«Non hai la minima idea di cosa è successo oggi.» Kronos si allentò la cravatta.

Adonis, ancora a cavalcioni sulla finestra del suo ufficio, lo guardò con attenzione. I suoi occhi blu, profondi come l'oceano, lo studiarono. «Sembri nervosetto, tesoro. Posso sistemare la cosa?»

Kronos roteò lo sguardo al cielo. Bevve un lungo sorso di whisky. «Okay. Partiamo dall'inizio.»

Adonis entrò in ufficio. «Già. Proprio quello che ti ho chiesto.» Si lasciò cadere sul divano, a gambe stravaccate e inclinò il capo. «Sono tutt'orecchi.»

Kronos sospirò. «Dovevo capire che qualcosa già non andava questa mattina. Erano troppo tranquilli. E poi Hestia mi ha regalato delle stupide candele afrodisiache. Le ho prese per non offenderla-»

Lo sguardo di Adonis si illuminò di colpo. Si avvicinò alla scrivania e osservò le due candele. Poi si tese verso di lui. «Potremmo sfruttarle per rilassarci insieme, tesoro.» Gli sfiorò il collo con le labbra.

I suoi sensi si misero in allerta. Kronos strinse i pugni, ma poi rilasciò le dita. Era Adonis. Bevve un altro sorso di whisky, socchiudendo gli occhi. «Non ho finito.»

«Okay.» Adonis fece un sospiro melodrammatico e sfilò dalla tasca del pantaloni un accendino.

«Quindi, dopo ti ho chiamato-»

«Perché ti mancavo troppo.» Adonis ghignò. Lo afferrò per la cravatta e lo attirò a sé. Premette le labbra sulle sue e Kronos approfondì il bacio. Gli posò le mani sui fianchi. Quell'idiota lo confondeva. Gli bastava anche solo respirare, ma non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura. Non poteva permettersi altri punti deboli. Adonis gli fece sfuggire un gemito, quando gli tirò il labbro inferiore, dopo averlo pinzato tra i denti.

Kronos si staccò. «Poi entro in palestra e indovina cosa succede?»

Adonis aggrottò la fronte, mentre era intento a sfilargli la cravatta. «Sta diventando appassionante... continua.» Roteò gli occhi.

«Io me lo sentivo che quei cretini stessero preparando qualcosa. Mi ritrovo Kassandra in mutande e reggiseno. Ti rendi conto di quanto siano deficienti? Uno scherzo del cazzo. Perché lei ha perso una scommessa. Ci riesci a credere?»

Adonis alzò lo sguardo su di lui. Poi scoppiò a ridere divertito. «Oh, mio Dio. Non hai nemmeno intravisto un paio di tette. Come ti senti? Sei svenut-»

Kronos gli assestò una gomitata allo stomaco. «Idiota. Mi sono voltato e le ho dato la mia giacca... non è questo il punto!» Sbuffò.

«Sei così galante; tesoro.» Adonis sorrise. Accese entrambe le candele e lo trascinò sul divano. Dopo averlo fatto sedere, si sistemò dietro le sue spalle.

«E qual è il punto, tesoro?»
«Che sto crescendo degli idioti, non degli assassini. Insomma, pensano di potermi prendere in giro così? Ma poi che cazzo. Li strozzerei. Se non tenessi a loro, li strozzerei volentieri.»

Adonis sorrise e le sue mani presero a massaggiargli le spalle. Gli scappò un mugolio. Poi si tese verso di lui. Gli baciò col delicatezza il collo e tutti i suoi muscoli si sciolsero. Kronos scattò poi in piedi. Si avvicinò alla vetrina degli alcolici e mandò giù dei lunghi sorsi di whisky.

Fissò Adonis. La luce giallognola delle candele tesseva striature dorate sulla sua figura. Forse era l'alcol. O forse il nervosismo, ma Adonis gli appariva come una visione catartica. Seguì la scia degli addominali lasciati scoperti dalla camicia. Avrebbe trascorso ore intere a fissarlo come la più bella delle opere d'arte. Poi fissò la cicatrice che si districava lungo la sua pancia. La detestava. Gli ricordava quanto fosse un mostro. Eppure, lo eccitava. Era sua. Alzò poi lo sguardo su Adonis, distogliendolo da quel ricordo di guerra.

Adonis fece un piccolo ghigno soddisfatto. «Oh, finalmente ti accorgi di me questa sera, grazie. Iniziavo a credere di aver perso la mia solare bellezza, tesoro.» Gli si avvicinò lentamente, tenendo le mani incrociate dietro la schiena.

Kronos lo agganciò per la cintura, tirandolo a sé. «Sbaglio o dovevi farti perdonare, oggi?» Il suo profumo forte si mescolava a quello delle candele.

Le pupille di Adonis si dilatarono. Scese a baciargli il collo. Le sue labbra si mossero lungo la gola, mentre teneva lo sguardo fisso su di lui. «Tutto quello che vuoi, tesoro.» Attorcigliò poi la mano attorno alla cravatta e lo costrinse ad accostare il viso contro il suo. Afferrò una delle candele e lasciò scivolare della cera calda sulle sue dita. Poi, dopo avergli sbottonato la camicia, senza togliergli la cravatta, gliene spalmò un po' sul petto e sorrise.
Kronos non poteva far altro che restare in balia di Adonis. Era il suo mare agitato. Gli avrebbe permesso anche di trascinarlo a fondo, tanto per lui non ci sarebbe stato spazio al Paradiso.
Ma se avesse dovuto immaginarlo in qualche modo, era tra le braccia di Adonis. Con il suo profumo addosso. E avrebbe avuto il sapore delle sue labbra.
Lo afferrò per i capelli, costringendolo ad alzare lo sguardo su di lui, e unì le loro bocche con foga.





🫀🫀🫀
Angolino
La pubblico di getto perché mi mancavano. So che è breve, ma tenevo tanto a scrivere una scenetta a riguardo.
Sono i miei bambini.
Mi mancano tanto come l'aria😭
Scusate eventuali errori.
Alla prossima, forse

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