LIII. E poi perdersi
𝐀𝐝𝐨𝐧𝐢𝐬
🫀🫀🫀
Mars era appena entrato nell'appartamento di suo padre. Aveva bussato e, dopo essersi presentato in modo impacciato, era stato accolto per una chiacchierata.
Adonis prese a guardarsi attorno. Si sentiva un verme a non riuscire ad affrontare lo sguardo di Kassandra.
Quando aveva compreso di chi fosse figlia, la verità e i ricordi si erano abbattuti su di lui come una palla demolitrice, mandando in frantumi tutto quello che credeva di aver costruito.
Trovava assurdo e ironico come riuscisse sempre a distruggere i legami delle persone che amava di più al mondo. Forse era la sua maledizione, ripagava in questo modo chiunque gli desse amore, solo per dimostrare ancora una volta quanto non meritasse attenzioni, quanto fosse inutile.
La madre di Kassandra era morta a causa sua e del suo tracotante desiderio di vendetta. Aveva dato l'indirizzo sbagliato a Kronos, sapendo che lì non avrebbe trovato Erik e Paul Walker, ma suo padre.
Quel posto era una vecchia libreria di proprietà della sua famiglia e ricordava bene i giovedì pomeriggio trascorsi con suo padre lì ogni settimana.
Era consapevole che sarebbero morte alcune persone innocenti in quell'esplosione, ma la sua rabbia era cieca; non gli importava.
Non gli importava perché lì c'erano tutti i collaboratori di suo padre, tutti gli insegnanti che l'avevano tormentato negli anni, colpendolo perché non riusciva a leggere nemmeno una parola.
E, alla fine, tra quei corpi carbonizzati c'era anche la madre di Kassandra.
La madre di Kassandra doveva essere andata lì per qualche libro. Ne aveva libero accesso, essendo la moglie di uno degli amici di suo padre.
Era tutto così sbagliato.
Adonis ebbe la conferma che il destino lo detestasse visceralmente.
E Kassandra non gliel'avrebbe mai perdonato.
«Sei un po' strano oggi, ti va di fermarci a bere qualcosa?» Kassandra gli diede un pugnetto sulla spalla.
Adonis si mosse a disagio sul posto. Non sapeva come reagire.
Strano.
In realtà era terrorizzato.
«Sono ancora un po' assonnato», mentì, ridacchiando istericamente, «comunque sì, tu cosa vorresti bere-»
«Che diavolo ci fai ancora qui con lei?» Erik Walker avanzò deciso nella loro direzione. Lo spinse lontano. Caricò un pugno, ma Adonis lo bloccò, respingendolo.
Kassandra si frappose tra loro e posò una mano sul petto del padre. Aggrottò la fronte. «Che ti prende?»
Suo padre riservò ad Adonis un'occhiata carica di disgusto e fastidio. Si sistemò la giacca in modo smanioso e abbassò lo sguardo sulla figlia. «Non dovresti avere a che fare ancora con questo qui.»
«E perché mai?» Kassandra intrecciò le braccia al petto. «Mi ha salvato la vita quando ero nella città dei reietti e mi ha tenuta al sicuro tutto il tempo. Così come Mars.»
Adonis percepì il senso di colpa pesare ancora di più sulle proprie spalle. Iniziava a farlo affondare, crollare sui propri piedi, mentre la terra lo inghiottiva. Deglutì a fatica.
Erik Walker fece un sorrisetto tirato. «Tu non hai idea di chi hai accanto, tesoro. Adonis e Mars sono feccia. Per quanto siano stati leali con te, sono due assassini. Non permetterò che ti facciano nulla-»
Adonis strinse i pugni. «Io non le farei mai del male. E poi-» si morse l'interno guancia. Detestava visceralmente il padre di Kassandra, soprattutto da quando Kronos gli aveva parlato a cuore aperto del proprio passato. Gli avrebbe squartato il costato, strappandogli le budella e avvolgendogliele attorno al collo.
Ma sapeva non fosse la sua vendetta.
E sapeva altrettanto bene che Kassandra non meritasse di scoprire da lui chi fosse quel mostro di suo padre. Kronos non gliel'avrebbe mai perdonato.
Era lì ad oscillare in una stanza troppo stretta, piena di segreti e confessioni. Tutte verità che avrebbero ferito Kassandra fino a prosciugarla.
Walker lo guardò con sdegno. «Ah davvero, Adonis? Allora perché non le racconti cos'è successo a sua madre?» indicò Kassandra.
Adonis barcollò, indietreggiando. Scosse il capo come un bambino risvegliatosi appena da un brutto incubo. Le mani gli sudavano e il respiro gli si mozzava tra i polmoni. Boccheggiò quasi.
Kassandra si spostò dal suo fianco, parandosi di fronte. Aggrottò le sopracciglia e lo scrutò con attenzione. L'aveva capito fin dall'inizio che qualcosa non andasse. «A cosa si sta riferendo, Adonis?» La voce le tremò, strozzandosi in gola.
Adonis fece guizzare lo sguardo da lei a suo padre, di continuo. «I-io non lo so-»
«Andiamo, Adonis. Adesso l'avrai capito. Sicuramente non ne avevi idea prima di sapere le origini di Kassandra. So quanto tu sia stupido, tuo padre se ne lamentava sempre con me, ma immagino che quel cervellino abbia iniziato a unire i puntini, no?» Walker affondò una mano nella tasca dei pantaloni. Poggiò l'altra sulla spalla della figlia, come a volerla proteggere. O quasi.
Il suo sguardo era trionfante. Era consapevole di star trascinando Kassandra dalla propria parte, allontanandola da lui e inevitabilmente anche da Mars.
Le parole di suo padre presero a vorticargli in testa, così come i tonfi dei colpi delle bacchettate di legno sulle mani.
«Sei inutile, Charles.»
«Cos'ho fatto di sbagliato per avere un ragazzino tanto stupido?»
«Anziché divertirti alle feste, perché non ti dai una svegliata e ti rendi utile?»
«Preferirei avere un figlio morto che stupido come te.»
Adonis serrò la mandibola. Alzò lo sguardo su Walker. In un attimo gli si avventò addosso. Lo spinse a terra, sedendosi a cavalcioni su di lui, e gli sferrò un pugno sul naso. Il sangue gli macchiò le nocche delle mani. Lo afferrò per la giacca e lo spinse di nuovo contro il pavimento, facendogli scontrare la testa a terra. «Ti spacco la faccia-»
Kassandra lo spinse via, urlandogli addosso. «Che diavolo ti prende?»
Erik Walker sputò un rivolo di sangue e si toccò il naso dolorante. Tutte le persone attorno a loro si erano girate a guardarli, osservandoli come fossero alieni. L'uomo si tirò in piedi e riservò un'occhiataccia ad Adonis. «Tu adesso ci seguirai a casa. Organizzerò il tuo ritorno per la città dei reietti e dirai la verità a mia figlia.» Gli si avvicinò e gli mise delle manette alle mani. Adonis grugnì infastidito. Fece per ribellarsi, ma incrociò lo sguardo deluso di Kassandra e d'improvviso abbassò la guardia.
Fissò le proprie mani sporche di sangue. «Mi dispiace», le mormorò appena.
Kassandra strinse i pugni e tirò su col naso. «Lo so. Dispiace anche a me.» Seguì suo padre e Adonis fu costretto a fare lo stesso.
Quando furono alla villa, il caos prese il sopravvento. Erik Walker chiamò tre guardie pur di tener fermo Adonis e lo placcarono così forte che percepì il sangue raggelarsi nelle vene. Uno di loro gli assestò una gomitata dietro la schiena, facendogli perdere l'equilibrio e costringendolo ad abbassarsi sulle gambe per il dolore.
«Che diavolo stai facendo?» Kassandra urlò dietro a suo padre, che la ignorava completamente.
Camminava davanti ai suoi uomini verso delle scale che portavano a una sottospecie di seminterrato.
Adonis sbuffò e provò a liberarsi dalla presa dei tre energumeni.
«Che cazzo stai facendo?!» Kassandra urlò così tanto che, se ne avesse avuto il potere, avrebbe fatto tremare tutti i vetri delle finestre di casa.
Adonis sentì una fitta lancinante al fianco. Trattenne un gemito di dolore. Una delle guardie ghignò e gli sussurrò all'orecchio: «Non lamentarti, feccia.»
Kassandra si piazzò davanti a suo padre e intrecciò le braccia al petto. «Non è questa la soluzione. Non sarà mai questa presa di posizione a cambiare le cose-»
Suo padre la guardò gelido. «Kassandra, quest'uomo è uno dei tanti motivi per cui tua madre è morta. Lo sto portando nelle segrete per lasciarlo in una cella in attesa che trascorra questa notte. Da domani tornerà da dov'è venuto e potremo lasciarci questa storia alle spalle.»
Kassandra si bloccò, mentre suo padre apriva la porta delle segrete. Il clangore metallico delle catene risvegliò Adonis da quell'incubo catartico in cui sperava di non dover mai cadere. Deglutì, mandando giù un groppone pesante, cercando di ignorare gli sguardi carichi di paura e delusione che Kassandra gli lanciava quasi come una disperata.
Mentre lo spintonavano per i corridoi delle segrete, Kassandra lo seguì. «È vero? È vero quello che dice?!»
Adonis abbassò lo sguardo su di lei e si morse l'interno guancia. «I-io-»
Uno degli uomini aprì la cella umida e sporca. Così puzzolente che gli provocò quasi i conati di vomito. Lo spinsero all'interno e perse l'equilibrio, ruzzolando su se stesso.
«IO CHE COSA? Adonis-» Kassandra fece un singhiozzo. Le lacrime le velavano lo sguardo, «sei stato tu?»
Adonis la fissò desolato. Sentì le lacrime pizzicargli gli angoli degli occhi.
Non voleva farle del male.
Non voleva deluderla.
Non voleva perderla.
Lo liberarono delle manette e richiusero il cancello di ferro. Il rimbombo squarciò quel silenzio pesante.
Gli faceva male il fianco e bruciava. Si portò una mano sul punto e realizzò di essere stato colpito. Grugnì dal dolore e si accasciò a terra.
Kassandra si inginocchiò di fronte a lui, mantenendosi alle sbarre di ferro. Suo padre se ne stava in disparte a godersi la scena e il suo trionfo.
«Vi lascio soli a chiacchierare...» Fece uno strano cenno a una guardia e si allontanò.
Adonis sapeva che, se avesse parlato oltre, gli avrebbero piantato una pallottola in testa. Realizzò non appena vide una delle guardie accarezzare la propria pistola, sghignazzando divertito.
Deglutì. Si sentiva un topo in trappola.
Incrociò lo sguardo di Kassandra, implorante ai suoi piedi.
«Dimmi la verità, Adonis...»
Adonis tirò su col naso. Si accucciò su se stesso e poggiò il capo contro le sbarre. Kassandra gli accarezzò i riccioli chiari.
Forse, così come lui, sperava che nulla di tutto quello fosse vero, che fosse tutto un sogno troppo spaventoso per riuscire a svegliarsi.
«Ti prego», Kassandra mormorò tra le lacrime salate, che le bagnavano anche le labbra, «dimmi che non c'entri nulla. Dimmi che non sei stato tu-»
Adonis la fissò.
Non si era mai sentito così marcio come in quel momento. Gli faceva male dappertutto. Il fianco era ancora dolorante e sanguinava appena un po', ma quello era niente in confronto al dolore che sentiva sul petto, pesante come un macigno grondante di sangue.
Un macigno grondante del sangue della madre di Kassandra.
«Avevo poco più di vent'anni.»
Kassandra singhiozzò e ritrasse la mano dai suoi capelli. Lo ascoltava con gli occhi arrossati, velati da venature rossastre.
«Kronos aveva vinto il torneo e voleva informazioni da me. Per via del locale conoscevo alcune persone dalla Grande Città, sai, per le merci.» Sbuffò piano. La voce gli tremò nervosa. «Voleva sapere se avessi informazioni su alcuni movimenti di tuo padre e tuo nonno. Io gli mentii. Sapevo bene che ogni giovedì mio padre andasse nella sua biblioteca privata, mi ero anche accertato che fosse ancora così. Io lo odiavo, Kass.» Strinse i pugni così forte da incastrare le unghie nei palmi. Le lacrime gli rigavano ormai le guance. «Mi picchiava perché ero dislessico ed ero accecato dalla voglia di vederlo morto, assieme a tutti i suoi collaboratori che lavoravano lì con lui. Così diedi l'indirizzo a Kronos, assicurandogli che tuo padre sarebbe stato lì.»
Kassandra tirò su col naso e scosse il capo avvilita. «M-mia madre andò lì perché io le chiesi di prendermi alcuni libri. E conosceva la tua famiglia-» singhiozzò e si portò le ginocchia al petto, accartocciandosi su se stessa.
Adonis abbassò lo sguardo. «Mi dispiace. Io non avevo idea fossi la figlia di Walker. Non sapevo che fosse tua madre quella donna. Kassandra, mi dispiace, non me lo perdonerò mai.» Provò ad allungare una mano attraverso le sbarre, accarezzandole un ginocchio, ma Kassandra deviò il suo contatto.
La ragazza si tirò in piedi, scalciando l'aria. «Sai, per tutti questi anni mi sono incolpata della morte di mia madre. Se non le avessi chiesto di andare, forse sarebbe viva. Tu e Kronos avete distrutto la mia vita!» Alzò la voce, seppur tremante e rotta di tanto in tanto dai singhiozzi.
«Mi dispiace, Kass. Mi dispiace. I-io-»
«Non dirlo! Se non fosse stata mia madre non ti sarebbe importato. Perché quelli come te non hanno una morale, non hanno niente.» Indietreggiò ferita. Adonis non avrebbe mai voluto vedere quello sguardo di delusione sul suo volto. Non credeva di poter tanto legare con lei, ma di colpo la sua vita senza Kassandra e il suo affetto gli parve completa a metà. «Non voglio più vederti.» Si allontanò, lasciandolo definitivamente solo.
🫀🫀🫀
Angolino
Il fatidico momento è arrivato. Come vi sentite? Se non erro, ormai, mancano solo tre settimane per concludere la pubblicazione.
Mi mancheranno😭
Sono curiosa, però, vi piacerebbe leggere del torneo di Adonis e Kronos? (Lo sto scrivendo eh, ma boh, ho dubbi, non so se possa piacervi🫠)
Alla prossima 🫀
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