LII. Ritrovarsi
𝐊𝐚𝐬𝐬𝐚𝐧𝐝𝐫𝐚
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Il risveglio fu strano. Kassandra si era abituata alla camera della villa di Kronos, il letto in quella stanza con Hestia e la compagnia dell'amica.
Così come si era abituata al torneo, ai riposini nei boschi e ai turni di guardia, nella speranza che nessun animale cercasse di sbranarla viva.
La flebile luce del sole le si abbatté sullo sguardo, risvegliandola. Si fece sfuggire un leggero rantolo infastidito e si mosse nel letto, crogiolandosi nelle lenzuola. Si tirò a sedere, quando sentì alcuni passi lungo il corridoio.
Si costrinse a scendere giù dal letto, sebbene abbandonare il morbido materasso le parve una tortura, e aprì la porta della camera.
Mars e Adonis non si accorsero della sua presenza, ma erano presi a bisticciare come due bambini capricciosi.
«Vuoi fare silenzio, cazzo? Stanno dormendo tutti!» Mars rifilò ad Adonis un'occhiataccia.
L'uomo roteò gli occhi al cielo e strinse forte al petto il borsone. Kassandra riconobbe il borsone di Mars e aggrottò la fronte. Non poteva pensare di andarsene senza salutarla, non lo avrebbe mai fatto.
«Non è colpa mia se ogni angolo di questa casa ha busti in marmo potenzialmente in precario equilibrio-»
Mars si passò una mano in volto e si bloccò sul posto, quando sentì Kassandra tossicchiare per attirare l'attenzione. La ragazza se ne stava in piedi, con le braccia incrociate, poggiata contro lo stipite della porta. «Sono curiosa. Dove credevate di andare senza di me per l'esattezza?»
Mars lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e Adonis si ammutolì, indietreggiando e andando a scontrarsi con l'ennesimo busto di marmo. Lo afferrò prima che potesse frantumarsi al suolo. «Cazzo, mi sento come una bomba ad orologeria qui dentro-»
«Volevo iniziare ad andare a vedere il mio futuro appartamento e a trovare mio padre...» Mars si guardò la punta delle scarpe, in colpa.
Kassandra aggrottò la fronte. «E perché non me l'hai detto?» Si mosse nervosa verso la propria camera, raccattando dei vestiti il più velocemente possibile per uscire con loro. Mars la seguì.
«Perché non volevo svegliarti o disturbarti coi miei problemi, ecco.»
Kassandra si voltò a guardarlo. Il nervosismo, che fino a pochi istanti prima le bruciava nelle vene, si disciolse come neve al sole. Si avvicinò a lui e gli afferrò il volto, pur costringendosi ad alzarsi sulle punte. «Mars, non mi disturberesti nemmeno se ti ci impegnassi, va bene?»
Mars le sorrise e le accarezzò le mani. A Kassandra non sfuggì il suo sguardo chiaro triste e distratto. C'era chiaramente qualcosa che non andava, o forse si stava facendo fin troppe paranoie.
«Va bene... ehm, tuo padre mi ha chiesto il suo nome e quello di mia madre. Mi ha trovato la casa in cui mio padre vive adesso, per aiutarmi.»
Kassandra sorrise tranquilla. «Ottimo, mi cambio e andiamo. Va bene? Aspettami qui. Puoi anche sederti sul letto.»
Adonis bussò contro la porta e ghignò. «Piccioncini del mio cuore, posso accomodarmi anche io o vi disturbo? Vi ricordo, comunque, che sarebbe carino se chiamaste vostro figlio Adonis.»
Mars afferrò un cuscino e glielo lanciò contro. Adonis ridacchiò e si sedette sul letto di Kassandra, accanto a Mars.
«Vado a cambiarmi, allora.» Kassandra si allontanò verso il proprio bagno privato, richiudendosi poi la porta alle spalle.
Non voleva comportarsi in modo paranoico, ma aveva notato lo sguardo di Mars. Lo conosceva abbastanza bene da sapere che ci fosse qualcosa che non andava. Voleva davvero credere alle sue parole, ma c'era una vocina nella sua testa che continuava a suggerirle che Mars stesse cercando di allontanarsi in qualche modo.
Kassandra pensò che fosse dovuto alla paura di Mars di non essere abbastanza. Aveva notato quanto fosse a disagio in quel mondo e non poteva nemmeno immaginare come stesse soffrendo d'ansia nel dover incontrare suo padre biologico, cercando di capire cos'avesse fatto di male per non essere mai stato riconosciuto, per non averlo voluto tenere con sé, relegandolo a una vita di stenti e follia nella città dei reietti.
Sbuffò piano e si fece una doccia veloce. Il tepore del vapore caldo le ristorò i sensi. Kassandra prese ad asciugarsi frettolosamente e alzò i capelli ricci e ribelli in un alto chignon. Ormai erano così ingestibili e selvaggi che prima o poi avrebbe dovuto dar loro una spuntata. Si sistemò poi i jeans e la camicia di lino e uscì dal bagno.
Allargò le braccia. «Allora, siamo pronti all'avventura? Da dove vogliamo iniziare?»
Mars si scambiò una breve occhiata con Adonis e sospirò piano. Prese a dilaniarsi le mani, incastrando le unghie nei palmi. Agitava nervoso la gamba su e giù. «E se non volesse vedermi?»
Adonis, seduto ancora accanto a Mars, lo guardò preoccupato. Il suo sguardo si addolcì di colpo e gli posò una mano sulla gamba, fermandone i movimenti nervosi.
Kassandra lasciò cadere la propria borsa a terra. Si inginocchiò di fronte al ragazzo e gli afferrò le mani. Lo costrinse a sciogliere i pugni chiusi e intrecciò le dita alle sue. «Mars, sono sicura non sia così. A tutto c'è una spiegazione e lui, comunque vada, te ne deve una.» Gli accarezzò la guancia e Mars annuì piano.
Kassandra si era abituata, lungo tutto l'arco del torneo, a vedere Mars forte e invincibile. Nessuno poteva sconfiggerlo e nulla lo aveva abbattuto. L'aveva difesa e protetta così tante volte da averne perso il conto e non aveva mai mollato, nemmeno per un istante. Non aveva idea se fosse mai stata lei stessa abbastanza per Mars, ma sapeva bene che in quel momento doveva essere forte per entrambi. Doveva sostenerlo almeno la metà di quanto Mars avesse fatto con lei per tutto quel tempo.
E poi in ultimo, non per importanza, aveva fatto una promessa ad Apollo e l'avrebbe rispettata fino alla fine.
Kassandra si tirò in piedi e gli tese la mano. «Un passo alla volta. Ora usciamo da qui per prima cosa.»
Adonis sorrise a entrambi e la imitò. Si sistemò un ciuffo ribelle di capelli all'indietro e strinse a sé il borsone. «Forza, Mars. Abbiamo tanto ancora da scoprire.»
Mars si tirò in piedi e li seguì fin fuori alla villa. Si incamminarono lungo le strade della Grande Città. A ogni angolo spuntavano grossi grattacieli. Kassandra sorrise, osservando la confusione con cui Mars e Adonis si guardavano attorno. Li costrinse ad allontanarsi dalla strada o alcune vetture non ci avrebbero pensato due volte a trascinarli via, per aver interrotto la loro corsa.
«Sono un po' confuso, lo ammetto.» Mars si grattò dietro la nuca, tenendo stretta tra le mani una piccola cartina della grande Città.
Kassandra ridacchiò. «La città è divisa in diversi anelli, diciamo così. Noi eravamo nell'anello A, vicino al tribunale, e avete alloggiato al palazzo del Governo, nel caso non vi fosse ancora chiaro. Lì vive la mia famiglia da generazioni.»
Adonis si guardava attorno nervoso. «Già, come i monarchi.» Indicò un palazzo in ristrutturazione, accanto a un altro fatiscente. «Lì abitavo io, da ragazzino...»
Kassandra si morse l'interno guancia. Non aveva nessuna memoria di Adonis, eppure era consapevole che suo padre fosse un grande amico del proprio. L'aveva perso troppo in fretta durante un'esplosione. La stessa che aveva ucciso la sua mamma. E ancora una volta, il solito meccanismo recondito della sua mente, la portò ad accarezzare il ciondolo a forma di Mezza Luna che teneva al collo. Sforzandosi, le sembrava di ricordare del figlio ignorante e ribelle di Richard Williams.
«Ehm, poi c'è l'anello C. Questa è la nuova zona residenziale, poco lontano dalla cittadella universitaria e da alcune aziende. Qui è dove hanno costruito enormi palazzi con appartamenti per tutti coloro che riescono a raggiungere la Grande Città dopo aver vinto il torneo...» Kassandra si grattò la punta del naso «Sono nuove strutture, prima c'erano vecchi posti abbandonati e barboni... l'hanno fatta per risvegliare quel posto e anche perché l'anello B ormai era pieno. È diventato anche un piccolo villaggio con negozietti carini, magari potremmo passarci una volta, no?» Kassandra alzò lo sguardo su Mars, che le sorrise, annuendo appena.
Mars fissò i cartoni pubblicitari. La maggior parte esortava i cittadini a lavorare, a non arrendersi e a non marcire.
Kassandra afferrò la mano di Mars e lo trascinò sul tram, non appena si accostò alla loro fermata. Adonis li seguì, accomodandosi su un sedile di fronte al loro. Agitava la gamba su e giù, un pelo in apprensione. La stessa apprensione che vedeva riflessa anche nello sguardo di Mars al suo fianco.
Kassandra si schiarì la voce, tossicchiando appena. «Questo tram fa il giro turistico di ogni anello. Ho pagato io con un'applicazione dell''orologio i nostri biglietti, non preoccupatevi. E la mia somma di denaro la cederò a te, io non ne ho bisogno. Ti aiuterà ad andare avanti finché non troverai un posto di lavoro, o a pagarti parte degli studi se volessi...»
Mars la osservò e inarcò un sopracciglio. «Cosa? No, non posso accettare. Io-»
Kassandra gli pestò il piede. «Ho vinto perché tu hai rinunciato per me. È il minimo che possa fare. Quindi zitto e non accetto un no.»
Adonis sorrise divertito e si stiracchiò. «Quindi, dalle informazioni che il tuo paparino ci ha gentilmente concesso, in che anello dovrebbe trovarsi il padre di Mars?» Teneva ancora ai piedi il borsone, così stretto come se avesse timore di perderlo da un momento all'altro.
Kassandra si mordicchiò il labbro. Aveva paura della nuova realtà a cui avrebbe dovuto affacciarsi Mars, aveva timore di perderlo, eppure riusciva a sentirlo vicino anche in quel momento in cui la sua mente era annebbiata. Mars le teneva sempre la mano, intrecciava le loro dita e restavano così per ore. «Dipende cosa vuol fare Mars. Possiamo andare prima all'appartamento, oppure da suo padre. Non distano poi tanto e a piedi possiamo muoverci dall'uno all'altro con semplicità.»
Mars espirò forte, cacciando tutta l'aria accumulata nei polmoni, come se fosse stato in apnea per troppe ore. Si massaggiò il petto e socchiuse gli occhi per un istante. «Via il cerotto, via il dolore. Preferisco parlare prima con mio padre. Così poi potrò mettermi l'animo in pace e riorganizzare tutta la mia vita qui.» Continuò a tenerle stretta la mano, facendole sfuggire un sorriso a fior di labbra.
Adonis annuì come d'accordo e tornò a fissare le strade che pullulavano di gente, attraverso il finestrino del tram rossiccio.
«Sai che qui sei un po' famoso?» Kassandra attirò la sua attenzione.
Adonis inarcò un sopracciglio. «Perché?»
«Per quel romanzo...» Kassandra sorrise divertita, «a quanto pare c'è un fanclub.»
Adonis ridacchiò, passandosi una mano tra i riccioli biondi. «Avrei preferito una religione in mio onore, ma sono comunque piuttosto onorato.»
Mars roteò gli occhi al cielo. «Che prima donna.»
Adonis gli fece la linguaccia. «Non provocarmi. Potrei raccontarti attimi piccanti per traumatizzarti un altro po'.» Ghignò divertito.
Mars si portò le mani in volto. «Sto ancora cercando di eliminare certe scene dalla mia mente, abbi pietà.»
Kassandra rise e alzò lo sguardo quando sentì il campanello del tram richiamare la loro attenzione. Fece segno agli altri due di seguirla e uscirono. Pizzicò il fianco di Mars. «Quando avremo tempo, ti farò comprare questo piccolo aggeggio.» indicò l'orologio. «Serve per muoversi coi mezzi, una sorta di abbonamento per tutti i cittadini.» Cercava di distrarlo dall'ansia che ormai aveva iniziato a invadergli ogni fibra del corpo.
«Uhm, okay, va bene.» Mars si incamminò lungo le strade.
L'anello D era tranquillo. Negli anni precedenti al governo di suo padre, era la prima zona residenziale per i reietti. Poi qualcuno di loro era stato così bravo da renderlo un quartiere così piacevole da non essere più visto come un ghetto. C'era un piccolo ruscello che camminava al centro del piccolo distretto e alcuni ponti erano stati costruiti per passare da un lato all'altro. Una serie di negozi e ristoranti si susseguivano l'un l'altro e il via vai caotico delle persone era quasi rilassante.
Mars sembrava stordito. Nessuno si nascondeva dietro qualche anfratto pronto ad accoltellarli, né i negozi vendevano armi potenzialmente mortali. Inoltre era una giornata soleggiata, i colori erano vivaci e il grigio del distretto Cenere restava solo un lontano ricordo.
Kassandra lo osservò. «Mio padre ti ha dato il civico?»
Adonis urlò nella loro direzione, rimasto indietro. Li raggiunse, correndo. «Mi hanno chiesto di scattare una foto. A momenti mi chiederanno gli autografi. È fantastico. Certo, hanno iniziato a farmi domande un po' inopportune, non ho risposto solo perché non vorrei che poi Kronos mi ammazzasse dopo.»
Mars si lasciò sfuggire un sorrisetto. Scosse il capo e si torturò le pellicine delle mani. Indicò una casa dall'intonaco colorato di giallo, vivace. Un balconcino affacciava sulle strade ricche di vita e sul ruscello. Alcuni fiori erano sistemati in vasi con cura e attenzione, così profumati da sembrare quasi finti.
«Qui. È questa. Lì dentro c'è mio padre.»
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