L. Ospiti
𝐌𝐚𝐫𝐬
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La Villa si stagliava davanti a loro con eleganza, mentre percorrevano il viale alberato. Ai lati della strada principale si snodavano enormi giardini verdi e rigogliosi. Mars non ne aveva mai visti così in vita sua, soprattutto nella città dei reietti gli erano sempre apparsi quasi grigi.
Il padre di Kassandra li osservava con attenzione dall'alto della scalinata che conduceva all'ingresso di casa. Aveva lo stesso sguardo di Kassandra, ma il suo era indurito dal tempo. Sul volto spiccavano uno strano paio di baffi, che attirarono immediatamente la sua attenzione.
A Mars l'uomo apparve alto e impostato. Sussultò appena, quando una gomitata al fianco lo ridestò. Si voltò a guardare Adonis accanto a lui.
L'uomo si morse l'interno guancia. «Scusa, mi sono mosso e ti ho colpito. Non l'ho fatto di proposito...» Era a disagio. Si muoveva agitato e come al solito non riusciva a star fermo. Ma a Mars non era scappato quell'atteggiamento sfuggente e in tensione.
Adonis tossicchiò poi, attirando di nuovo l'attenzione su di sé, nel mentre che la macchina parcheggiava nello spiazzale completamente coperto di ghiaia. «Quindi, così tanto per chiedere, quando volevi dirmi che eri imparentata col Governo della Grande Città?» Si sporse poi verso Kassandra, il cui sguardo era ancora fisso sulla figura del padre.
Kassandra sbatté le palpebre confusa. Aggrottò le sopracciglia. «E che differenza avrebbe fatto?»
Adonis scosse il capo. Prese a giocherellare con gli anelli alle dita, facendoli girare. «Nulla, ma sarebbe stato carino sapere di venire ospitati da loro-»
Mars non ebbe il tempo di ribattere, perché le guardie aprirono le portiere dell'auto. Una di loro tese la mano a Kassandra, per aiutarla a uscire. Kassandra lo ignorò e si affacciò dall'auto, tirandosi poi in piedi. Si ripulì i pantaloni con alcuni gesti tesi delle mani.
Mars non sapeva cos'altro fare se non restare paralizzato a guardarsi intorno, confuso.
Erik Walker, giudice supremo della Grande Città, scese i gradini delle scale velocemente. Si avvicinò a sua figlia e la tirò a sé, abbracciandola con forza. Kassandra sussultò appena e si lasciò cullare da quell'abbraccio. «Perché hai fatto tutto questo? Ho dispiegato i militari per tutta la Città alla tua ricerca e ho scoperto che eri incastrata nella città dei reietti quando ormai avevi concluso la terza prova.»
Kassandra abbassò lo sguardo sulla punta dei piedi. «Mi dispiace... cercavo solo risposte sulla morte di mamma.»
Mars sentì lo stomaco aggrovigliarsi su se stesso. Ancora non riusciva a metabolizzare che Kronos fosse il motivo per il quale Kassandra non avesse più sua madre accanto. Le persone che amava più al mondo erano destinate a odiarsi e a distruggersi a vicenda. Kassandra gli aveva rivelato che per un momento l'idea di vendicarsi di Kronos e ucciderlo l'aveva sfiorata sul serio, quando la rabbia ormai aveva preso il sopravvento. Poi aveva realizzato che non era così, che l'odio non l'avrebbe condotta da nessuna parte e che il modo migliore per vendicarsi di Kronos era impedirgli di raggiungere il proprio obiettivo.
E inoltre, doveva preoccuparsi della sua famiglia.
Mars invidiava il suo coraggio e la sua forza di volontà. Kassandra aveva la capacità di rialzarsi dalle proprie ceneri con ardore, come una Fenice.
Erik Walker posò lo sguardo su di lui. «E tu devi essere Mars Hell. È un onore accoglierti nella tua nuova città.» gli tese la mano e Mars decise di stringerla. Sebbene sul volto dell'uomo ci fosse un sorriso cordiale, Mars osservò i suoi occhi scuri impenetrabili.
Ed ebbe la sensazione che fossero solo bugie e che quella situazione fosse l'ennesima ragnatela in cui sarebbe rimasto incastrato inevitabilmente.
Kassandra gli sorrise incoraggiante e Mars provò a rassicurarla, indossando un'espressione apparentemente serena.
Erik Walker si avvicinò ad Adonis e gli strinse la mano. «Sai, Charles, quando ho capito che mia figlia era sotto la tua ala protettrice ho avuto i miei dubbi. Ricordo bene quanto tuo padre ed io ti trovassimo disordinato e poco costante. Ma grazie per essere stato accanto a mia figlia, immagino.» Gli diede una pacca sulla spalla e Adonis fece un sorriso tirato.
Kassandra sgranò gli occhi e Mars con lei, dopo aver metabolizzato quelle parole. «Voi- voi vi conoscete?!»
L'uomo si sistemò la cravatta e sorrise tranquillo. «Io e suo padre eravamo buoni amici. Era un uomo influente, caduto in disgrazia... ricorderai zio Richard, almeno un po', no?»
Kassandra si incupì, annuendo flebilmente. Osservò Adonis di sbieco e sospirò piano. «Morì nell'esplosione anche lui...» le uscì un filo di voce.
Adonis si irrigidì infastidito e storse il naso. «Cambiamo discorso, mh? Che accoglienza ci hai riservato?» Sorrise tranquillo, dondolandosi sui talloni.
Mars era sempre stato un attento osservatore, forse perché crescere con Kronos significava anche imparare a comprendere i gesti, prima ancora di poter prestare attenzione alle parole. Poteva notare chiaramente il nervosismo che percorreva tutto il corpo di Adonis, che non riusciva a celare la tensione così bene come credeva.
Erik Walker si mosse in avanti e fece loro cenno di seguirlo. Mars non riusciva a credere che si potesse essere così ricchi. Non appena salirono le scale, dei servitori aprirono le porte e un salotto opulento si aprì davanti a loro. Le poltrone in pelle rossa sembravano così morbide e accoglienti che Mars credette potessero essere simili alle nuvole.
Un'enorme scalinata a chiocciola portava ai piani superiori, dove c'erano le camere che li avrebbero ospitati nei giorni a seguire.
Erik Walker tossicchiò. «Normalmente assegno ai vincitori un appartamento in una zona residenziale della città. Lì faccio trovare loro alcune inserzioni per posti di lavoro o per scuole serali, così da poter concludere degli studi. Ma poiché Kassandra vive qui, Mars, sarai mio ospite per questi giorni, prima che ti assegni l'appartamento in cui andrai a vivere.»
Mars annuì. «Ahm, va bene. Suppongo di doverla ringraziare.»
Kassandra gli afferrò la mano e intrecciò le loro dita. Sembrava felice e a Mars andava bene così. Si sarebbe specchiato per sempre nel suo sguardo sereno e sapere che stesse bene lo tranquillizzava in automatico. Non poteva desiderare di meglio, in fondo.
«Ovviamente, Charles, sarai mio ospite fino a quando Mars si tratterrà qui. Poi, dopo le tue due settimane, dovrò rispedirti dai reietti, lo sai.»
Adonis annuì, guardandosi intorno. Era a disagio in tutta quella ricchezza. «Preferisco Adonis, in realtà, Erik. Charles è il nome che mio padre ha scelto per me, ma preferisco non avere nulla in comune con lui, ormai.» Replicò gelido. Mars stentò quasi a riconoscerlo, senza quel solito sorrisetto beffardo a increspargli le labbra. «Posso trovarmi anche un posto dove stare per la notte. Non è necessario-»
Kassandra lo interruppe. «No. Sei stato come la mia famiglia e mi hai salvato. Resterai qui perché sono felice di averti con me.»
Erik Walker posò una mano sulla spalla di Kassandra. «Come la mia bambina preferisce.» Chiamò alcuni inservienti e ordinò loro di preparare dei vestiti puliti per tutti e accompagnarli alle camere. Fece un mezzo sorriso di cortesia e si sistemò la giacca. «Ora, se volete scusarmi, ho una riunione. Più tardi a cena avremo anche mio padre. Sarà felicissimo di rivederti, Dahlia.» Diede un bacio sulla fronte a Kassandra e si allontanò, lasciandoli soli nel salone.
Kassandra sorrise e afferrò Mars e Adonis per il polso. «Andiamo! Vi mostro casa mia.» Fece loro cenno di seguirla lungo le scale.
Mars si scambiò un'occhiata preoccupata con Adonis. Prima che l'uomo la seguisse, lo afferrò per le spalle. «Cosa c'è che non va?»
Adonis storse il naso. «Mars, ho imparato a non fidarmi di nessuno che fosse amico di mio padre. Non farti ingannare da tanta disponibilità. È il mio consiglio.» Si liberò dalla sua presa e iniziò a salire le scale, elargendo un sorriso tranquillo a Kassandra.
Mars non sapeva spiegarsi perché, ma aveva la sensazione che tutti gli stessero mentendo, che qualcosa stesse sfuggendo al suo controllo. Si torturò le mani e deglutì, provando a inghiottire quei cattivi presagi.
Raggiunse gli altri al piano superiore. Kassandra mostrava loro ogni camera, sorridente come una bambina. Felice sicuramente di essere tornata a casa e che tutto fosse andato per il meglio, secondo i suoi piani.
Adonis si stiracchiò e sbadigliò appena. «Credo che andrò a provare quel meraviglioso letto che la signorina con tanta gentilezza mi ha preparato. Perdonatemi.» Li lasciò soli poi sul corridoio, dopo essersi richiuso la porta della propria stanza alle spalle.
Mars sorrise e fissò Kassandra. Si guardò attorno e, una volta accertatosi che fossero loro soli, le si avvicinò, posandole un bacio sulle labbra. Kassandra gli accarezzò i capelli, ricambiando i suoi baci, che schioccavano nel silenzio del corridoio. Lo prese poi per mano e lo condusse fino alla propria stanza.
Alle pareti erano appesi tantissimi poster, alcuni raffiguranti uno strano logo. Li indicò. «Cosa sono?»
Kassandra scrollò le spalle, lasciandosi cadere sul letto, mentre Mars continuava a guardarsi attorno con confusione.
«Sono i poster del movimento di rivoluzione di cui facevo parte... diciamo che non eravamo d'accordo sulle politiche adottate dalla mia famiglia. Cercavo di cambiare le cose dall'interno ma non ha mai funzionato granché. Non mi hanno mai dato ascolto.» Kassandra dondolò i piedi nell'aria e Mars si sedette al suo fianco, schiacciando il materasso sotto il proprio peso.
Le accarezzò le gambe e le sorrise tranquillo. Posò un bacio sulla sua spalla e Kassandra rabbrividì. Si avvicinò di più a lui e iniziò a baciarlo, dapprima lentamente, poi sempre con più foga. Mars le portò le mani ai fianchi e una sensazione di calore gli attanagliò lo stomaco.
L'aria cominciava a mancare ad entrambi, mentre quasi si divoravano; quando si staccarono, presero fiato.
Mars le sorrise, passando il pollice sulle sue labbra. Kassandra continuava ad accarezzargli i capelli, con movimenti lenti e così rilassanti che lui avrebbe chiuso gli occhi per bearsi di quell'istante completamente.
Sussultò, quando un'inserviente aprì la porta della camera. La donna mormorò delle scuse e si pulì le mani sulla divisa. «Ho preparato, ehm, la sua camera, signore.»
Kassandra ridacchiò, quando Mars inarcò un sopracciglio confuso. La seguì, nel mentre che lei lo trascinava fuori dalla stanza, tenendolo come al solito per mano.
«Ti sembro un signore?» Le domandò, mormorando all'orecchio.
Kassandra sorrise e scrollò le spalle. «Forse si è lasciata intimorire dalla tua mole.» Spinse poi in avanti la porta e una camera adibita e profumata gli si aprì davanti agli occhi.
Un letto matrimoniale era al centro della stanza illuminata e un armadio enorme tutto per sé. Mars non era abituato a quell'improvvisa privacy, anche perché dormire con Morpheus significava arrendersi del tutto allo spazio personale.
Ripensando ai suoi amici, una morsa di malinconia lo assalì e non riuscì quasi più a scacciarla.
Kassandra si guardava attorno. Posò le mani sui fianchi e si voltò a guardarlo. «Che c'è? Non ti piace, forse?»
«No, no, al contrario», Mars alzò le mani per ribadire il concetto, «ho solo pensato a Morph ed Hestia e ho spento per un momento i pensieri.»
Kassandra annuì e gli si avvicinò piano. Posò il capo contro il suo petto, abbracciandolo. «Mi batterò ogni giorno ancora di più, adesso. Dopo aver visto il vostro mondo coi miei occhi, sono sempre più convinta che non meritiate di essere abbandonati lì. Anche a costo di far impazzire mio padre, ma cambieremo le cose. In un modo o nell'altro.»
Mars le prese le guance e le posò un bacio sulla fronte. «Non preoccuparti. Ora penso che andrò a fare una doccia e a prepararmi. È la prima volta che sono ospite a casa del padre della mia fidanzata e ho un po' di tensione.»
Kassandra sorrise come una bambina. «Quindi-, cioè noi...? Sicuro?»
Mars la attirò a sé e le diede un altro bacio. Poi sulla fronte e un altro sul naso. Fece scontrare le loro fronti e la fissò intensamente, specchiandosi in quell'oceano di occhi color cioccolata. «Sicurissimo.»
🫀🫀🫀
Si sentiva nervoso. Mars di colpo aveva perso la lucidità e la sicurezza di sempre. Le mani sudate erano appiccicaticce e dovette asciugarle più di una volta. Lanciò un'occhiata al proprio riflesso nello specchio. Gli avevano procurato dei pantaloni eleganti e alcune camicie. Eppure, aveva preferito comunque indossare una di quelle che Kronos gli aveva infilato nel borsone. Aveva bisogno di sentirlo al suo fianco, nonostante tutto.
Quando uscì dalla stanza, incrociò Adonis nel corridoio. L'uomo andava nervosamente avanti e indietro, come fosse impazzito.
Mars inarcò un sopracciglio. Si chiese come facesse Kronos a non farsi venire qualche crisi, standogli dietro. Tossicchiò poi, attirando la sua attenzione. «Ehm- tutto bene? Ti senti bene?»
Adonis si voltò di scatto a guardarlo e si bloccò sul posto. «Oh, certo, tesoro.» Inclinò il capo e fece un piccolo ghigno divertito. «Tu piuttosto hai la faccia da funerale, che succede?» Gli si avvicinò e avvolse le sue spalle col braccio. «Tranquillo, Mars. La cena coi parenti mette ansia a tutti. Io ero terrorizzato quando mi invitasti gentilmente a restare da voi quella volta.»
Mars corrugò la fronte. «Sul serio? Mi sembravi anche piuttosto a tuo agio.»
Adonis gesticolò nervoso. Mars si perse ad osservare l'infinità di anelli che aveva alle dita e lo smalto nero, un po' scrostato. «Vero, ma perché io sono così di natura. Però giuro che mi stavo cagando sotto, per questo ho attirato tutte le vostre attenzioni su Hyperion, nominando la sua relazione con Hydra.»
Mars sorrise e scosse il capo. «E io come dovrei fare? Perché nominare Kronos per te non mi sembra una bella mossa, dato che qui lo odiano e lo vogliono morto.»
Adonis ridacchiò e gli assestò un paio di pacche sul petto. «No, decisamente la carta Kronos è meglio non giocarla mai. Decisamente no.» Scrollò le spalle e ridacchiò. «Tanto cosa potrà mai andare storto?»
Mars odiava quei presagi. La cena tutto sommato sembrava proseguire tranquilla, anche se Paul Walker, governatore della Grande Città, nonché nonno di Kassandra, non sembrava affatto un tipo socievole. Gli lanciava occhiate strane di tanto in tanto. Mangiava in silenzio e ascoltava i racconti della nipote sul torneo.
L'anziano si pulì la bocca lentamente col fazzoletto candido. I capelli erano ormai ingrigiti dal tempo e alcune rughe gli scavavano il volto. «Sei stata avventata, Kassandra. Questa curiosità potrebbe ucciderti un giorno. È già un miracolo che tu sia ancora viva, visto il console del distretto Cenere. Soprattutto adesso che sai cos'ha fatto a tua madre.»
Mars strinse i pugni da sotto il tavolo. Adonis al suo fianco si irrigidì e serrò la mandibola.
«Lo so, ma a questo punto dovreste ringraziarmi per avergli impedito di venire qui a uccidervi. Prego, a proposito.» Kassandra tornò a mangiare la carne, ignorando le occhiatacce che suo nonno le riservava.
Erik Walker tossicchiò e scosse il capo. «Cambiamo argomento, suvvia. La nostra Kassandra sta bene e tutto si è risolto per il meglio... magari domani potrete accompagnare Mars a conoscere meglio la sua nuova madrepatria, decisamente più pacifica rispetto alla città dei reietti.»
Mars sorrise e annuì. «Grazie... in realtà vorrei cercare e conoscere mio padre.» Sistemò le posate e si irrigidì quando alcuni camerieri gli portarono via il piatto ormai vuoto. Non era abituato a quel trattamento e, in realtà, non lo faceva impazzire. Non si sentiva superiore o migliore di chiunque fosse lì presente, tutt'altro. Di colpo il suo mondo gli parve ancora più distante e opposto a quello di Kassandra.
Erik Walker si massaggiò il collo. «Certo. Al Municipio c'è l'anagrafe e potrai chiedere lì. Sono certo che Kassandra e Adonis saranno ben felici di accompagnarti. Poi ho trovato un appartamento perfetto per te. Nessun coinquilino, zona tranquilla e non così distante da qui.»
Mars non si aspettava tanta disponibilità, ma ringraziò con voce flebile.
A fine cena, Kassandra si allontanò per qualche istante a parlare con suo nonno. Mars e Adonis se ne stavano in salotto, seduti sul divano a fissare il vuoto con imbarazzo.
Erik Walker si avvicinò a loro a passo cadenzato. Offrì dei bicchieri di whisky ad entrambi e affondò le mani nelle tasche dei pantaloni. Accese un sigaro lentamente e lanciò una breve occhiata a sua figlia, prima di prestare di nuovo attenzione a loro. «Non nascondiamoci dietro un dito. Adonis, so bene cos'hai fatto e se non ti metto le mani alla gola è perché mia figlia ti adora, ma sarebbe giusto che sapesse, no?»
Adonis si irrigidì e Mars inarcò un sopracciglio, confuso.
«Presto te ne andrai e Kassandra avrà di te un ricordo lontano.» Espirò il fumo. Posò gli occhi scuri su Mars. «Tu, ragazzo, resti pur sempre un Hell. E io non mi fido di quei bastardi dal cuore infame. Sta' lontano da mia figlia e ringrazia ti abbia lasciato vivo. Siete dei reietti e lo resterete per sempre. Siete nati da feccia, avete vissuto da feccia e resterete per sempre feccia.»
Mars strinse i punti, ma non ebbe tempo di ribattere perché Kassandra si avvicinò a loro con alcuni dolcetti al cioccolato, sedendosi poi al suo fianco.
Incrociò lo sguardo di Erik Walker, che lo guardava nauseato.
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