II. Feste Proibite
Scared of my own image
Scared of my own immaturity
Scared of my own ceiling
Scared I'll die of uncertainty
Fear might be the death of me
Fear leads to anxiety
Don't know what's inside of me
Don't forget about me
Doubt, 21pilots
Mars
Sveglia presto, all'alba come ogni giorno. Non c'era tempo per divertirsi né per distrarsi. Aveva un unico obiettivo in mente: sarebbe stato il campione. Il torneo era importante, una tradizione da rispettare e onorare. Permetteva ai reietti di innalzarsi, di poter banchettare nella Grande Città. Sarebbe stato bugiardo se non avesse ammesso di desiderare, in parte, di poter accedere a quell'esclusiva. Erano anni che la sua mente era del tutto focalizzata sulla partecipazione al torneo.
Voleva vincere.
Doveva vincere.
Continuava a correre lungo la spiaggia, attraversando il distretto di Mirah. Adorava sentire la melodia delle onde del mare che si infrangevano contro gli scogli. Amava osservare a debita distanza quella distesa infinita. Si perdeva a fissare con rabbia il suo più grande nemico.
Quando era così vicino, sentiva tutti quei pochi e sbiaditi ricordi salire a galla.
Ogni giorno si avvicinava un po' di più a sfiorare le acque del mare, nella speranza che potessero riappacificarsi. Mars lo detestava. Se avesse dovuto tuffarsi e nuotare per salvare chiunque, adesso non avrebbe esitato, né tantomeno fallito. Eppure, continuava a guardare il mare con odio. Avrebbe voluto assaporare la frescura delle acque sulla pelle, senza lasciarsi travolgere dai ricordi, con le lacrime che premevano ai margini degli occhi.
Se i suoi amici lo avessero visto così dubbioso, non avrebbero più voluto votarlo come prossimo campione rappresentante del distretto Cenere. Scosse il capo, cercando di non perdere il passo in nessun modo.
Si allenava sulla sabbia, a piedi nudi, per aumentare e migliorare la resistenza. Doveva trovarsi pronto a qualsiasi tipo di prova, da quelle di tipo fisico a quelle di tipo intellettuale.
Non poteva permettere che il distretto di Athena vincesse ancora. Erano anni che dominavano su ogni torneo. Era il momento di strappare la corona alla regina. Dovevano usurpare il loro trono.
E sapeva che Kronos riponesse la massima fiducia nelle sue capacità: non l'avrebbe deluso.
Si fermò, dopo aver percorso chilometri in corsa, poco distante dalla riva. Prese dei grossi respiri e si liberò del giaccone coi pesi che portava indosso, lasciandolo cadere sulla sabbia. Si sedette per un attimo. Raccolse dei granelli di sabbia nel palmo della mano, chiusa a pugno, e li lasciò cadere. Amava osservare come scivolassero via, come il tempo.
«Mi aspettavo arrivassi prima, oggi.» Dionysus gli andò incontro, avvicinandosi con fare allegro. A volte il suo sguardo cadeva inevitabilmente sulla mano sinistra mancante. Così come l'attenzione era deviata dal fruscio irregolare che trasmetteva l'apparecchio acustico dell'amico. Gli occhi a mandorla gli sorridevano smaglianti.
Aveva iniziato a far amicizia con quel ragazzo, del distretto più triste che ci fosse, da quando aveva iniziato a correre vicino alla spiaggia.
Chiacchieravano sempre per qualche istante insieme. Gli portava una bottiglietta d'acqua e poi si salutavano. Gli porse, appunto, una bottiglia. Aveva davvero sete.
Si asciugò il sudore, che imperava la fronte, e la afferrò. Cominciò a tracannare distrutto. «Come va oggi? Sei a pescare?»
Dionysus annuì. Montò con maestria la canna da pesca e lanciò l'amo in mare. «Il vero segreto è avere una grandissima pazienza.»
«Non riuscirei mai...» Mars sbuffò scocciato. La sola idea di dover aspettare per ore che un pesce abboccasse e riuscisse ad estrarlo dal mare era pura follia.
Credeva che la tranquillità allegra di Dionysus fosse un tratto distintivo del suo distretto. C'erano solo uomini e donne anziani e persone dai vistosi problemi fisici. La città grande era caotica, tutto era veloce, non c'era tempo per star dietro a vecchi e malati, avrebbero solo rallentato i loro tempi e la catena produttiva.
Si passò una mano tra i capelli biondi, tirando alcuni ciuffi all'indietro.
Dionysus si sistemò di fronte a lui, accarezzando la sabbia e cercando qualche conchiglia. Amava prepararle per gli anziani del suo villaggio, diceva che sorridevano sempre felici e rinvigoriti quando ricevevano un regalo che per molti poteva essere insignificante. «Questa sera uscirete? So che al Sinners Club danno uno spettacolo magnifico... così gira voce ultimamente.»
Mars scrollò le spalle, non sapeva cosa pensare.
Apprezzava la compagnia dell'amico, soprattutto perché ignorava il fatto che proveniva dal distretto più violento e che fosse uno degli studenti all'occhiello della scuola -per pochi eletti- di assassini di Kronos.
Forse, vivendo sempre in un mondo senza regole, ci si abituava a dare tutto per scontato, un'assurda normalità. Non che ne capisse molto. Non amava uccidere, come Kronos, ma bisognava sapersi difendere nel proprio distretto, abitato da criminali incalliti in ogni angolo. A volte doveva fare delle scelte: mors tua vita mea, era quello il loro motto. Non potevano cambiare le cose.
L'importante, per Kronos, era affrontare le situazioni di faccia, mai attaccare alle spalle, né darle mai, come in fuga. Non erano codardi.
Lasciò cadere l'ultimo granello di sabbia. «Non lo so, in realtà. Credo che dovremmo violare il coprifuoco... a Kronos non piace che andiamo a festeggiare lì di solito.»
Lo vide sorridere divertito. Sapeva a cosa stesse pensando. Quel dannatissimo libro sulla storia della città dei reietti aveva le sembianze di un giornaletto scandalistico. C'erano così tanti racconti falsi al suo interno. «Davvero? Sarebbe molto ipocrita da parte sua, visto la passione che ha per il proprietario del locale.»
Mars aggrottò la fronte. «Non crederai anche tu a tutte quelle stronzate.» Si tirò in piedi, ripulendosi i pantaloni dalla sabbia con gesti stizziti. «Sono tutte grandissime idiozie-»
«Eppure, se fosse così tanto un mostro, Adonis dovrebbe essere morto. Gli ha fatto un grande torto anni fa, al torneo in cui erano entrambi partecipanti. Solo che, ancora nessuno sa cos'abbia fatto. Fatto sta, che il tuo console ha avuto la possibilità di rifarsi una vita nella Grande Città, ma lo hanno rimandato indietro dopo aver fatto esplodere due uomini nella loro abitazione.»
Certo, i metodi di Kronos a volte erano un tantino plateali, ma questo non voleva dire che avesse avuto una storia con un idiota pazzo come Adonis. «Entrambi hanno negato, io credo all'uomo che mi ha cresciuto, in realtà.»
Dionysus annuì. «Il fatto che tu sia come un figlio per lui conferma che un po' di cuore ce l'abbia.» Gli passò il giubbotto coi pesi. Mars si stupì della forza che aveva in un solo braccio. A volte credeva che gli abitanti del distretto di Mirah non andassero sottovalutati: avevano il cuore del sopravvissuto, forse una delle armi più potenti al mondo.
Lo indossò nuovamente e sentì quasi le gambe cedere già dalla stanchezza. Bevve un altro sorso d'acqua e si soffermò a fissare il mare; distesa infinita dei suoi peggiori incubi.
Caotico, ma quieto. Capriccioso. Quel giorno era leggermente agitato. Osservò la spuma formarsi a riva, per poi ritirarsi, inghiottita dall'onda successiva. L'odore di salsedine era così rilassante, così come il verso dei gabbiani alti in cielo, pronti a tuffarsi per pescare.
Trovava incoerente il suo amore e odio per il mare. Ma forse, amore e morte non erano altro che la stessa cosa.
Si strinse nelle spalle e salutò l'amico. «Ti auguro una buona pesca!»
Dionysus agitò la mano. «Lo spero anche io! Adonis mi pagherà molto bene se gli porterò così tanto pesce per la festa.»
Mars riprese a correre. I piedi affondavano nella sabbia.
Forse, per una sera, poteva lasciarsi andare a un po' di divertimento. Insieme a Morpheus ed Esthia aveva violato così tante volte il coprifuoco da perderne il conto. Probabilmente sarebbe stato difficile convincere Apollo, che tendeva a volersi ingraziare Kronos, accontentandolo sempre, ma anche quell'idiota non riusciva a negarsi un po' di sano divertimento.
E poi era una verità universalmente riconosciuta che i grandi spettacoli del Sinners Club fossero eventi da non perdere assolutamente.
Che vita sarebbe stata senza un po' di rischio?
Uscì dalla doccia. Si sistemò nervosamente la zazzera di capelli allo specchio e prese ad asciugarli nervoso. Non gli piaceva ingannare Kronos, si sentiva sempre così in colpa.
Continuava a giustificarsi, dicendosi che tanto una piccola bugia non avrebbe fatto nulla di male. Sarebbero usciti dopo che le luci si fossero spente, lanciandosi dalle finestre.
Erano stati allenati a salti ben peggiori.
Indossò un maglione caldo, uno di quelli che da bambino aveva rubato all'uomo che gli aveva salvato la vita.
Si sistemò ancora una volta allo specchio e uscì dal bagno, raggiungendo i suoi due amici in camera.
Erano gli unici studenti eletti dalla scuola di Kronos. Selezionava pochissimi ragazzi, che reputava adatti alla sacra arte dell'omicidio, e li allenava ad essere pronti alle peggiori evenienze.
Li aveva salvati da una vita di stenti, in un quartiere dove nessun uomo si sarebbe fatto scrupoli a distruggerli. Da quando Kronos era a capo del distretto Cenere, però, non avveniva crimine che non fosse per primo autorizzato da lui.
Le strade erano più tranquille. Per quanto potessero esserlo delle strade di una città criminale.
«Ehi, allora siamo pronti? Hai idea di quante bellissime ballerine ci saranno al Club?» Morpheus lo assalì, saltandogli in braccio e aggrappandosi alla sua schiena.
Piccolo ma letale.
Apollo posò il proprio libro sul comodino accanto al letto. «Ti ricordo che Hestia potrebbe essere un tantino gelosa e vendicativa.»
«Gli occhi sono fatti per guardare, non è vero?» Morpheus era sempre così rumoroso; riusciva a irritare persino Kronos a volte.
Mars se lo tolse da dosso, come fosse un insetto fastidioso, lanciandolo sul proprio letto. Morpheus ridacchiò. «Ho provato l'ebrezza del volo-» Sembrava un tale idiota.
«Bene, allora siete pronti?»
«Sì, Hestia ci aspetta fuori scuola, per lei sarà più semplice, ha meno occhi addosso.» Apollo si sistemò la giacca lucida.
Mars lo guardò e storse il naso. «Non capisco perché siamo noi i più sorvegliati.»
L'amico scrollò le spalle, alzandosi lentamente e con calma dal letto. Si sistemò la camicia e i capelli biondi, tirandoli appena all'indietro. «Perché tra noi c'è il futuro campione del distretto Cenere per il torneo.»
«Non sono stato ancora eletto ufficialmente, sono nostre supposizioni.»
Morpheus si lasciò scappare una grassa risata. «Ma per piacere-» Prese da sotto il materasso alcuni soldi, puntellandolo con accuratezza. Nessuno sarebbe riuscito a tenerlo lontano da un tavolo da gioco. «-ti prepari a questo da tutta la vita e noi ti voteremo all'unisono. Sei un campione da quando sei nato, Mars.»
Attesero che le luci del corridoio fossero spente e sgattaiolarono fuori, saltando dalla finestra.
L'ara era fredda quella notte. Eppure, il cielo era luminoso abbastanza, le stelle li osservavano dall'alto con gelida indifferenza.
Mars si ripulì i capelli da alcune foglie, essendo cascato in un cespuglio. Si voltò a guardare indietro, l'enorme villa gotica -più simile a una casa fantasma- si stagliava nella solitudine del posto. Avvolta nelle ombre della notte, risultava ancora più inquietante, con quelle guglie che sembravano voler squarciare il cielo, farlo in mille brandelli, così come il proprietario faceva con le sue vittime.
Osservò le finestre dell'ufficio di Kronos. Le tende erano tirate, ma la luce era spenta.
Aggrottò la fronte. Kronos era in ufficio sempre fino a tardi, le luci giallognole accese, quasi vacue, erano sempre state una certezza.
Sperò non fosse in preda a una delle sue solite emicranie.
Apollo gli picchiettò la spalla. «Ehi, vogliamo andare o no? I due piccioncini ci aspettano.»
Mars scosse il capo e annuì. Affondò le mani nelle tasche dei pantaloni, tastando il proprio denaro. Bisognava stare attenti ai ladri che abitavano le strade del distretto Eros.
Hestia gli andò incontro. «Siamo sicuri sia una buona idea? Non vorrei subirmi Kronos arrabbiato-»
«Ma dai, tesoro! Lui ci adora, letteralmente. Perdona sempre le nostre bravate. E se ha risparmiato la vita ad Adonis, non vedo perché non dovrebbe farlo con noi.»
Apollo ridacchiò. Camminava leggendo ancora il suo romanzo. Mars ogni tanto lo tirava a sé, evitando che si scontrasse contro un palo. Il suo amico viveva per la letteratura dei tempi antichi, l'arte e la musica. Diceva di non trovare nessun interesse per il loro mondo terreno. Perfino uccidere non significava assolutamente nulla per il suo animo. Si faceva quel che si poteva per sopravvivere in quel mondo che andava a tutti loro un po' stretto. «Noi però non ce lo portiamo a letto-»
Mars roteò gli occhi al cielo. Per una volta, Hestia era d'accordo con lui, il che era un miracolo considerando che fosse l'unica con un po' di sale in zucca nel gruppo.
«Dovrebbero mandare al rogo quel romanzo stupido. Non ho mai sentito una stronzata simile. Non ci crederei nemmeno se li vedessi coi miei occhi.»
Arrivarono davanti al locale. Fu piuttosto semplice allontanare ubriaconi fastidiosi e ladri da quattro soldi. Bastava che alzassero il loro sguardo furioso per spaventarli. Tutti riconoscevano i bastardi di Kronos, nessuno si sarebbe avvicinato a loro, troppo spaventati dall'uomo, ma soprattutto dalla sua rabbia da titano.
La luminosa, se non quasi fastidiosa, insegna del locale li accolse già in lontananza. Poteva sentire la musica provenire ad alto volume dall'interno del locale. I suoi amici erano eccitati all'idea di divertirsi come matti. Si sentiva stranamente in tensione, non avrebbe saputo spiegare il perché.
«L'ingresso costerà cinquanta dracme, così ho letto.» Morpheus sorrise, infilando le mani nelle tasche alla ricerca di monete.
Così fecero tutti. Bussarono un paio di volte al citofono, quando Hydra, la ragazza dai capelli fiammanti, aprì. Si appoggiò alla porta e sorrise divertita. «Ma guarda un po'. I bastardi. Come state ragazzi? È un onore avere i privilegiati e i principini del distretto Cenere, più la loro principessa.» Osservò Hestia, lasciando scorrere lo sguardo su tutti loro. «Devo confiscarvi le armi.»
Mars alzò le mani. «Non ne abbiamo con noi.»
«Devo andare sulla fiducia, Hell? Non mi fido degli assassini, forza entrate e vi farò perquisire un attimo.» a volte sentiva il cuore impazzire, pensando al fatto che portava lo stesso cognome di Kronos. Era risaputo a tutti che fosse intoccabile.
Entrarono nel salotto principale del locale. Due energumeni si accertarono che non avessero armi con sé, mentre Hydra si occupava di Hestia.
Morpheus intrattenne una conversazione quasi paradossale con uno dei buttafuori. «È davvero veloce per la sua mole, sa?»
Apollo gli pestò un piede. «Sta' zitto idiota.»
Hydra ridacchiò. Si avvicinò ad ognuno di loro, sistemando ai polsi dei bracciali fosforescenti. «Prego, divertitevi.» Diede poi dei biglietti. «Il primo drink lo offre il prezzo dell'ingresso. I successivi dovrete pagarli.»
Morpheus fece un gridolino eccitato. Prese per mano Hestia ed entrarono nella sala grande.
Mars si sentì improvvisamente risucchiato in un mondo fin troppo grosso anche per lui.
I lampadari di cristallo galleggiavano in aria come meduse nel mare. Le luci stroboscopiche illuminavano la sala di ogni colore e c'erano tantissime persone, sparse nei vari angoli del locale, tra fuochi da tavolo, slot machine, alcol e spettacoli. Distribuiti in modo totalmente casuale come macchie di leopardo.
Sul palco principale, sei ballerine in costume e con copricapo vistosi e colorati, danzavano con un'eleganza ipnotica, mentre la musica rimbombava nelle casse, confondendogli i sensi.
D'istinto si portò le mani alle orecchie.
Si guardò attorno e Morpheus ed Hestia erano già scomparsi, forse a pomiciare in qualche angolo o a giocare tutti i pochi soldi guadagnati con le paghette mensili, che Kronos dava ad ognuno di loro.
Fu grato che Apollo fosse ancora accanto a lui, con un'espressione quasi più stordita della sua. Sembrava tutto così plateale, assurdo.
Alzò lo sguardo verso la balaustra, sul balcone del piano superiore, che si affacciava su tutto il locale. Adonis, di solito, era al centro, tenendo un bicchiere di champagne in mano e un sorriso sornione a incorniciargli il volto, ma non quella sera.
Tutti i camerieri erano mascherati, era molto importante per il console del distretto Eros che non venissero riconosciuti e infastiditi se incontrati per strada.
Rabbrividì, preferiva mantenere un profilo basso. Se anche una sola delle storie lette su quel libro fosse stata vera, allora era meglio che Adonis -o uno qualsiasi dei suoi scagnozzi- non lo notasse, perché era abbastanza certo che avrebbe aggiornato Kronos.
E se anche non fossero vere, lo avrebbe fatto comunque, gongolando e godendo del fatto che gli studenti del suo acerrimo nemico si divertissero da lui.
Si avvicinarono al bancone, sedendosi e guardandosi attorno. Apollo sembrava affascinato e curioso.
La barista, dalla pelle color caramello, si avvicinò ad entrambi. «Cosa posso portarvi?»
«Un Eros drink. Siamo qui, tanto vale assaggiare la vostra specialità.» Apollo sorrise tranquillo.
Mars si perse a fissare quegli occhi color nocciola, forse per un istante di troppo. Era stato in quel locale abbastanza spesso da saper riconoscere gli sguardi di quasi tutti i camerieri. Doveva essere un nuovo acquisto.
La ragazza lo guardò male. «E a te, bestione?» Odiava quando accennavano alla sua stazza. Era ben allenato, perciò, pur avendo solo diciott'anni, appariva più grande.
«Lo stesso, per me è uguale.» La sua voce si indurì, senza nascondere una nota di fastidio.
Osservò l'esile figura della ragazza allontanarsi, per preparare il drink, e prese a guardarsi attorno.
Tutti ridevano, ballavano. Le luci si abbassarono, illuminando maggiormente il palco, dove le ballerine presero a danzare tra il fuoco, domando le fiamme e divenendo parte di esse, attraverso movimenti aggraziati e fatali.
«Ecco a voi. Il secondo giro, mi fanno sapere dalla regia, lo offre qualcuno da lassù.» Indicò il balcone, alzò anche la voce per contrastare il volume assordante della musica.
Mars impiegò alcuni secondi per metabolizzare quelle parole, ma quando alzò lo sguardo si irrigidì.
Kronos teneva stretto tra le mani un bicchiere di whisky e li guardava in modo truce. La mascella era serrata e il suo sguardo li avrebbe fulminati, se avesse potuto. Se ne stava poggiato alla ringhiera, con un'espressione piuttosto infastidita in volto. La vena sulla fronte sembrava pulsare e di solito non era un buon segnale. I suoi occhi neri risultavano ancor più inquietanti.
Al suo fianco, Adonis sghignazzava divertito. Gli si avvicinò piano, sussurrandogli qualcosa all'orecchio, che Kronos ignorò, tenendo lo sguardo fisso su di loro.
«Merda.» Apollo si lasciò sfuggire a fior di labbra.
Curiosità:
🫀Marte (in latino: Mars) è, nella religione romana e italica, il dio della guerra e dei duelli e, secondo la mitologia più arcaica, anche del tuono, della pioggia e della fertilità. Simile alla divinità greca Ares e al dio nordico Thor. Secondo il mito, Giunone era invidiosa del fatto che Giove avesse concepito da solo Minerva senza la sua partecipazione. Chiese quindi aiuto a Flora che le indicò un fiore che cresceva nelle campagne in Etolia che permetteva di concepire al solo contatto. Così diventò madre di Marte, che fece allevare da Priapo, il quale gli insegnò l'arte della guerra.🫀
Angolino
I ragazzi subito sono stati scoperti🌝
I primi capitoli iniziano un po' lenti, per aiutare a immergervi nel loro mondo e perché a me piace analizzare ogni cosa.
Spero vi stia piacendo e alla prossima 🥹🫀
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