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[045] ognuno lava le proprie mutande

capitolo quarantacinque
ognuno lava le proprie mutande





                                    NATHALIE AVEVA AVUTO PAURA. DAVVERO TANTA PAURA di perdere la sua migliore amica, la sua spalla, il suo porto sicuro, una delle poche persone che la conoscesse e con cui potesse essere davvero se stessa, mostrando le sue fragilità e paure. Continuava a ripercorrere con la mente il momento in cui si era trovata davanti una Nancy in trance, ed era stato orribile la sensazione di impotenza che aveva provato, la stessa di quando aveva visto Max fluttuare in aria.

Una parte di lei aveva davvero temuto che le potesse morire davanti — Dio, non voleva neanche pensarci — ma quando poi aveva riaperto gli occhi ed era caduta sul pavimento, aveva rilasciato un sospiro di sollievo. Subito dopo, Nancy, forse a causa di ciò che aveva vissuto, era svenuta tra le sue braccia. Aiutandosi, poi, erano riusciti a farla tornare nel mondo reale e a portarla nel caravan di Max.

Nathalie aveva trascorso tutta la notte a guardarla in maniera quasi ossessiva, spaventata dall'idea che potesse avere l'ennesimo attacco e che potesse davvero perderla. Fortunatamente, però, Nancy non era ricaduta in trance, e, anzi, aveva dormito beatamente. Solo quando si era svegliata, circa un'ora prima, tra lievi singhiozzi e profondi sospiri per cercare di non scoppiare, aveva iniziato a parlare. Vecna, infatti, le aveva fatto vedere delle cose, tramite le quali aveva compreso che altri non fosse che il figlio di Victor Creel, Henry.

I suoi genitori, infatti, si trasferirono a Hawkins nella speranza di un nuovo ambiente che curasse il suo strano comportamento, ma dopo aver sviluppato un fascino per una famiglia di vedove nere che aveva trovato in casa, iniziò a considerarsi come colui che dovesse eliminare la debolezza dell'umanità. Dopo aver scoperto le sue capacità, aveva prima sperimentato uccidendo animali, e poi tormentando la sua famiglia con visioni psichiche, facendo leva sulle loro debolezze. Quando sua madre lo avevo capito, uccise lei e sua sorella, ma il suo tentativo di uccidere suo padre lo sforzò eccessivamente, facendolo finire in coma e lasciando che Victor fosse incolpato degli omicidi. Si svegliò sotto la cura di Brenner, che lo rese il numero Uno. Non riuscendo a controllarlo, però, il dottore iniziò a creare altri bambini con poteri psichici e li contò, e in questo modo nacque anche Undici, la quale, come se non bastasse, era stata in grado, con i suoi poteri, di spedire Henry nel Sottosopra, aprendo la Porta nel Laboratorio e dando poi inizio ad ogni cosa.

Direi che Nathalie fosse scioccata, era un eufemismo. Non sapeva se a renderla così allibita fosse la consapevolezza che fosse stato un bambino ad uccidere sua madre e sua sorella, il fatto che quello stesso bambino fosse diventato Vecna, o, ancora, il fatto che Uno avesse avuto a che fare con la piccola Undici e avesse 'perso' la battaglia contro di lei.

Era un racconto raccapricciante, che rendeva angosciata la povera Nancy. Ripercorreva con la mente tutto ciò che Vecna le aveva mostrato, e, in particolare, rivedeva il corpo morto di Barb nella piscina di Steve mentre lui continuava a ripeterle che fosse stata colpa sua. Colpa sua.

Poco dopo, Nance, con occhi intrisi di lacrime e lo sguardo perso, si schiarì la voce, pronta a riprendere parola. «Poi... mi ha mostrato cose che non sono ancora successe. Le cose più atroci. Ho visto una nuvola oscura che si espandeva su Hawkins. Il centro città in fiamme. Soldati morti. E questa.... questa gigantesca creatura con la bocca spalancata. E questa creatura non era sola. C'erano così tanto mostri. Un'armata. E stavano entrando a Hawkins. Nei nostri quartieri. Nelle nostre case. E poi... mi ha mostrato mia madre, Holly, Mike. E loro erano tutti... — poi, tra le lacrime, alzò lo sguardo sulla sua amica, che quasi trasalì — Nathalie, tu, tu eri...» non terminò la frase a causa dei singhiozzi.

A quelle parole, la Henderson si rimpicciolì tra Eddie e Steve, rispettivamente seduti alla sua destra e alla sua sinistra. Non ci volle molto a capire che la frase di Nance terminasse con qualche macabra descrizione che riguardava la sua morte, e dire che fosse spaventata era riduttivo. Insomma, Vecna aveva mostrato alla sua migliore amica la morte della sua famiglia e anche la sua, e quel mostro non le sembrava affatto il tipo che scherzava o che mostrava immagini e visioni solo per il gusto di farlo.

Steve, avvertendola spaventata, le prese delicatamente la mano, guardando poi Nancy. «Sì ma forse... forse cerca solo di spaventarti, no? Non sono cose reali».

«Non ancora» disse la Wheeler in un sussurro. «Ma c'era... c'era qualcos'altro. Mi ha mostrato delle Porte. Erano quattro. Si aprivano su tutta Hawkins. Somigliavano a quelle di casa di Eddie, ma... continuavano ad allargarsi, e quella non era la Hawkins del Sottosopra. Era la nostra Hawkins. Casa nostra».

«Aspetta — Nathalie, ancora scossa, prese timidamente parola, attirando l'attenzione di tutti. Lei, però, si concentrò solo su Max — Quanti erano i rintocchi dell'orologio a pendolo?»

«Quattro» mormorò la ragazzina. «L'orologio di Vecna suona sempre quattro volte. Quattro esatte».

«Li ho sentiti anche io» sussurrò Nancy — non si metteva affatto bene, ecco.

«Lui ci ha svelato i suoi piani fin dall'inizio» disse la Henderson. «Ci ha sempre detto che avrebbe ucciso quattro persone».

«Quattro uccisioni. Quattro Porte. La fine del mondo» prese parola Lucas.

«Se è vero... — iniziò Dustin — gli resta solo un omicidio».

«Oh Cristo Santo. Cristo Santo» si disperò Eddie, passandosi le mani sul volto con fare esausto.

«Ehi» Nathalie massaggiò la schiena del suo amico per cercare, quantomeno, di dargli un po' di conforto.

Era consapevole del fatto che Eddie, nella vita reale, non si ritenesse per nulla coraggioso, ed era proprio quello il motivo per cui si rifugiava all'interno di D&D. Lì, infatti, era probabilmente il più coraggioso di tutti.

Nathalie certamente non gliene faceva una colpa, soprattutto perché avrebbe sfidato chiunque ad essere tranquillo davanti ad una situazione del genere. Loro riuscivano, più o meno, a non impazzire solo perché si ritrovavano ad affrontare situazioni del genere da circa due anni e mezzo, ma lei stessa, se si fosse trovata la stessa posizione di Eddie, sarebbe senza dubbio andata fuori di testa: era creduto responsabile di un omicidio, era ricercato, era un fuggitivo, la fine del mondo era forse vicina, e Vecna doveva uccidere ancora una persona.

Non era per nulla facile da digerire.

Le dispiaceva così tanto che si ritrovasse in quella situazione, ed era proprio quello che lei intendeva quando parlava di effetto farfalla: se una sola cosa, una singola cosa fosse stata diversa, Eddie Munson non si sarebbe trovato ad essere il più gran ricercato di tutta Hawkins. Se non fosse stato uno spacciatore, o se avesse rifiutato di dare la ketamina a Chrissy, o se avesse deciso di dargliela da un'altra parte — in fondo, se il cadavere non fosse stato trovato nella sua roulotte, nessuno gli avrebbe dato la colpa —, tutto sarebbe stato diverso. E sì, probabilmente la fine del mondo sarebbe stata comunque vicina, ma almeno l'avrebbe affrontata con uno stato d'animo diverso, e, anzi, forse non sarebbe stato neanche a conoscenza del Sottosopra. Forse semplicemente avrebbe continuato con la sua vita, a giocare a D&D e a suonare al The Hideout.

«Su richiama. Richiama!» Steve si rivolse a Max, invitandola a chiamare casa Byers in California — peccato che sembrassero essere praticamente scomparsi.

Rimasero tutti in silenzio ad aspettare che qualcuno rispondesse, ma, purtroppo, non successe.

«Niente?» le domandò Dustin quando la vide mettere il telefono al suo posto.

«No. Un paio di squilli e poi dà occupato» sospirò scoraggiata.

«Forse hai sbagliato numero. Riprova» ipotizzò Harrington.

«Non ho sbagliato numero».

«Allora non lo so».

«Penso che sappia usare un telefono».

«Dico solo che magari si è sbagliata».

Max ritentò, invano. «Nessuno risponde».

«Com'è possibile?» chiese Lucas.

«Ve l'ho detto, Joyce lavora nel telemarketing. È sempre al telefono. Mike non fa che lamentarsi».

«Sì, ma il telefono è occupato da ben tre fottuti giorni — fece notare Nathalie — Ora, a meno che Joyce non stia ventiquattro ore su ventiquattro con il culo sulla poltrona, o sul divano, o su qualsiasi posto chiami, o il telefono non sia, boom, esploso, beh... io inizierei a preoccuparmi. Tre giorni sono tanti anche per una che lavora nel telemarketing».

«Ha ragione. Non può essere una coincidenza. Non può» concordò Nancy. «Qualsiasi cosa stia accadendo a Lenora, è collegata a tutto questo».

«Oppure — riprese parola la Henderson — a Lenora sta succedendo altro. Insomma, Vecna è qui, non in California, e a meno che il Sottosopra non si espandi per tremila chilometri, allora forse stanno avendo altri problemi. Magari con Undici».

«Già. Questo ha senso» mormorò Steve.

«Sì, ma, in ogni caso... — Nancy si mise in piedi, avvicinandosi alla finestra — Vecna non può fargli del male. Non se è morto. Dobbiamo tornare lì. Tornare nel Sottosopra» si voltò verso i ragazzi, guardandoli uno ad uno.

In quel piccolo salotto si innalzano mormorii di disaccordo, e il motivo era più che evidente.

«Vacci piano. No, no» disse Steve.

«No, no, no» concordò Eddie, scuotendo freneticamente la testa.

«Bisogna rifletterci bene» Harrington si mise in piedi.

«Riflettere? E su cosa?» chiese Nancy, alzando il tono della voce.

«Sul fatto che stavamo per morire, Nancy. Ancora non so come diavolo siamo usciti vivi da quel buco di posto! Siamo stati fortunati che quei mostri abbiano pensato alla Porta anziché a noi!» le ricordò Nathalie, non del tutto convinta che tornare in quel posto fosse la decisione più saggia.

«Non eravamo preparati — le rispose la sua amica, che sicuramente era la più arrabbiata dopo ciò che era stata costretta a vedere — Ma stavolta lo saremo. Avremo armi e protezioni. Attraverseremo la Porta, lo staneremo e lo uccideremo!»

«O lui ucciderà noi» rispose Steve.

«Nance — la Henderson la guardò — Vecna ci farà il culo, d'accordo? Non è il Demogorgone, non è un Demo-cane e non è il Mind Flayer. Perfino i russi sono una passeggiata, pensandoci. Lui non ha paura di noi, neanche un po'. Probabilmente non aspetta altro che vederci tornare nel Sottosopra come degli imbecilli e ucciderci mentre magari ci ride anche in faccia dicendo che non ci credeva così stupidi da tornare lì, e in quel caso gli darei anche ragione».

Robin si mise in piedi. «Ci sbagliavamo su Vecna-Henry-Uno. Ora sappiamo che è un numero come Undici, ma è folle, malvagio, maschio, infanticida, e ha la pelle orrenda, ma il punto è che è super potente. Può rivoltarci con uno schiocco di dita. Non gioca in modo pulito!»

«Allora giochiamo sporco — prese parola Dustin — Hai ragione, è come Undi. Ma questo dà a noi un bel vantaggio. Conosciamo i punti di forza di Undi e le sue debolezze».

«Debolezze?» domandò Erica.

«In effetti c'è un momento in cui Undici è vulnerabile» ci pensò su Nathalie, attirando l'attenzione di tutti. «Ogni volta che viaggia con la mente, lei è in trance, è vulnerabile. Insomma, qualcuno sarebbe capace di farle del male e non troverebbe resistenza».

«Esattamente. Sarà lo spesso per Vecna» annuì suo fratello.

«Questo spiegherebbe che cosa faceva in quella soffitta» ci pensò su Lucas.

Dustin annuì. «Quando attaccherà di nuovo, scommetto che lo farà da quella soffitta con il corpo fisico indifeso».

«Indifeso? E l'esercito di pipistrelli, allora?» gli ricordò Steve, indicando il suo collo ancora segnato.

«Giusto. Serve un piano per superarli, distrarli in qualche modo».

«Ehm... come ci riusciamo di preciso?» domandò Eddie.

«Già — annuì Nathalie — A meno che qualcuno non si immoli, e vi prego, non fatelo, come diavolo attiriamo la loro attenzione?»

«Non ne ho idea» Dustin si strinse nelle spalle. «Ma una volta tolti di mezzo, non avrà più possibilità. Sarà come uccidere Dracula mentre dorme nella sua bara».

«E vissero tutti felici e contenti — ironizzò sua sorella — Devi sperare che Dracula non ti stia aspettando all'interno di quella bara».

«Esatto. E poi Vecna non ha uno schema preciso di uccisione. O almeno non è decifrabile. Non sappiamo quando attaccherà di nuovo, né chi sarà la prossima vittima» prese parola Robin.

«Sì, invece — disse improvvisamente Max, che era stata in silenzio fino a quel momento — Lo percepisco ancora. Sono ancora... marchiata. Maledetta. Spengo Kate Bush e lo attiro di nuovo a me».

«Questo è un suicidio» sussurrò Nathalie, scuotendo la testa allibita. «L'ultima volta ce l'hai fatta per un pelo, Max» le ricordò.

Lucas parve essere d'accordo. «Non puoi. Così ti farai uccidere».

«Sono sopravvissuta una volta. Sopravvivrò ancora» sembrò voler convincere più se stessa che loro. «Devo solo tenerlo occupato quanto basta per farvi entrare nella soffitta. E poi... lo decapiterete. Lo pugnalerete al cuore. Lo farete esplodere con un ordigno fatto da Dustin. Non... non mi importa come ammazzerete quello stronzo. Solo... qualunque cosa farete alla fine, non mancatelo».

Seguirono istanti di silenzio in cui i ragazzi non sapevano bene cosa dire.

Era evidente che nessuno fosse particolarmente eccitato all'idea di rientrare nel Sottosopra, e, a dire la verità, non desideravano mettere in atto quel folle piano suicida, soprattutto perché se qualcosa fosse andato storto, Max sarebbe probabilmente morta, eppure sembrava davvero l'unica maniera per sconfiggere Vecna.

Avevano finalmente trovato un modo per salvare Max ed Eddie, e per quanto fosse un piano pericoloso, forse dovevano metterlo in atto.

«Quindi è deciso? — Lucas prese parola dopo un po', guardando i presenti — È questo il nostro piano?»

«Ci servono delle armi. Le mie due pistole e qualche coltellino non ci aiuteranno contro Vecna» li guardò Nance.

«E qui entro in gioco io» Eddie si mise in piedi. «Perdonami — si girò verso Max — avete uno di quei libri con tutti gli indirizzi, qui?»

«Ehm... sì, su quello scaffale» gli rispose confusa.

Sotto lo sguardo di tutti, andò a recuperarlo, aprendolo e sbattendolo con forza sul tavolo. Stampato al centro della pagina, c'era la figura di un uomo — sembrava una sorta di Rambo 2.0 — con un fucile fra le mani, la bandiera americana alle spalle, e una scritta che recitava 'War Zone'.

«Guardate qui. È il War Zone. Ci sono stato una volta. È enorme. Hanno tutto quello che serve per... beh, uccidere cose, soprattutto» mostrò con orgoglio.

«Questo finto Rambo avrà abbastanza armi? Questa è una granata? Come fa ad essere legale?» quasi si esaltò Robin.

«Beh, per nostra fortuna lo è, quindi... — Eddie si strinse nelle spalle — Questo posto è lontano quanto basta da Hawkins. Ma evitiamo le strade principali per non imbatterci negli sbirri e nei... bifolchi furiosi».

«Oh intendi Jason e la sua banda di scagnozzi che girano urlando 'Facciamo fuori Eddie Lo Svitato'?» gli chiese ironicamente Nathalie.

Lui la guardò. «Già, sì. Praticamente... tutta la città».

«Se vogliamo evitare i bifolchi furiosi, magari non dobbiamo andare in un negozio chiamato War Zone» fece presente Erica.

«Di norma sarei d'accordo — prese parola Nance — ma ci servono le armi. Dobbiamo rischiare».

«Lo credo anche io» si accodò Lucas.

«Non è una perdita di tempo? Ci vorranno ore con la bici» disse Dustin, guardandoli.

«Non possiamo andare in bici — Nathalie scosse la testa — A meno che Eddie non voglia pedalare con una maschera per chilometri, e poi fa schifo a farlo».

Eddie le lanciò un'occhiataccia. «Non andremo in bici» chiarì.

«Perché, hai un'auto di cui non sappiamo niente?» domandò Steve, confuso.

«Beh, non è esattamente un'auto, Steve. E non è esattamente mia, ma... funzionerà — sorrise prima di poggiare gli occhi su Nathalie, che lo guardava con un cipiglio — So che avevamo detto che non sarei diventato come mio padre, ma mi permetti di farlo per questa volta?»

La Henderson iniziò a capire cosa volesse fare, e, senza neanche ragionarci troppo, fece un mezzo sorriso. «Beh, vista la situazione, direi cazzo, sì, trasformati in Alan Munson».

«Voi capite di cosa stanno parlando?» chiese Robin, ma tutti scossero la testa.

«Ehi, rossa — Eddie li ignorò, rivolgendosi a Max — hai un passamontagna, o una bandana, roba del genere?»

Max ci mise qualche secondo prima di annuire e dileguarsi nella sua stanza. Poco dopo, fece ritorno con nientemeno che la maschera di Michael Myers, che Eddie si affrettò a infilare.

«Gesù, sei inquietante — lo guardò Nathalie — Se non sapessi che ci sei tu lì sotto, ti scambierei per Michael Myers, e no, non è un complimento».

Munson, in risposta, le pizzicò la guancia, e, subito dopo, facendo attenzione a non farsi beccare e nascondendosi dietro la varie roulotte, portò il gruppo vicino ad un camper, i cui proprietari si trovavano dall'altro lato a chiacchierare.

Eddie si avvicinò alla finestra, spalancandola e infilandosi dentro con un salto, seguito dagli altri.

«Stavo soffocando» mormorò, sfilandosi la maschera e correndo verso la parte anteriore del camper.

«Ehi — Nathalie gli si avvicinò, passandogli la borsa con tutti gli attrezzi — ricordi come si fa, vero?» gli chiese, sedendosi sul lato del passeggero e chiudendo la tendina per non farsi vedere.

«Beh, è l'unica cosa che mio padre mi ha insegnato, quindi sì, piccola Nathalie Henderson, lo ricordo» le fece un veloce occhiolino.

Dopodiché, recuperò una pinza e tagliò tutti i cavi.

«Dove hai imparato a farlo?» Steve li raggiunse, quasi meravigliato.

«Vedi, gli altri padri insegnano ai loro figli a pescare o a giocare a palla, ma il mio vecchio mi ha insegnato a collegare cavi — rispose, iniziando a maneggiare con essi — Avevo giurato a me stesso che da grande non sarei diventato come lui, ma adesso sono ricercato per omicidio, e presto lo sarò anche per furto. Sono all'altezza del cognome che porto» rise nervosamente.

«Eddie, non mi fa stare tanto tranquilla l'idea che sia tu a guidare» ammise Robin, avvicinandosi a loro.

«Faccio solo partire il catorcio, poi ci pensa Harrington. Vero, bambinone?» ghignò, facendo assumere un cipiglio a Steve.

«Posso guidare-»

«No — Eddie guardò Nathalie — A me non fa stare tranquillo l'idea che sia tu a guidare. Ricordo quando stavamo per schiantarci contro un albero, Nathalie Henderson».

«Ehi, so guidare adesso. E ci stavamo per schiantare perché tu mi spingevi, imbecille» si imbronciò.

Eddie, in risposta, fece partire il camper con un rombo.

«Ehi! Aprite questa porta!» iniziarono a battere le mani contro il finestrino.

«Hanno chiuso a chiave!»

«Cazzo!» disse Steve a denti stretti prima di mettersi al volante.

«Parti, Steve, parti!»

«Okay, è come un'auto — mormorò il ragazzo — Aggrappatevi a qualcosa!»

«Oh mio Dio, oh mio Dio, oh mio Dio!»

«Vai, Steve, vai!»

Steve ingranò la marcia e partì, facendo sballottare i ragazzi all'interno del veicolo.

«Sembrano incazzati» notò Dustin, guardando i proprietari — o ex proprietari — del camper.

«Beh, hanno perso casa e veicolo contemporaneamente. Anche io mi incazzerei!» gli rispose Nathalie, mantenendosi al manico della portiera.

«Reggetevi forte!»

• • • •

                                   NONOSTANTE LA PARTENZA PIUTTOSTO BRUSCA, il viaggio verso il War Zone stava procedendo in maniera più o meno tranquilla. La maggior parte dei ragazzi era dietro a chiacchierare o a riposare, e mentre Steve guidava, Nathalie si trovava al suo fianco con il naso spiaccicato contro il finestrino, canticchiando sottovoce Up Around the Bend, che usciva flebilmente dall'autoradio.

Dire che avesse paura era riduttivo. Una parte di lei credeva davvero che stessero andando a morire, in particolare Maxine, che dal canto suo, però, voleva morto a tutti i costi Vecna, anche se questo significava fare da esca.

Nathalie neanche ricordava più quando aveva dormito l'ultima volta, aveva fatto una doccia o si era lavata i denti — Dio, che schifo — e giurò a se stessa che se ne fossero usciti vivi, avrebbe occupato il bagno di casa sua per un'intera giornata per poi addormentarsi profondamente per circa una settimana.

Una parte di lei, a dirla tutta, non vedeva l'ora di lasciare quel buco di posto. Aspettava la lettera del MIT come se fosse oro, e in fondo era così: era una via di fuga da Hawkins, che oramai era diventata irriconoscibile, spettrale, mostruosa, e lei voleva semplicemente fare i bagagli e salutarla con la manina.

«Ehi — la voce di Steve la destò dai suoi pensieri, e Nathalie si girò a guardarlo — Tutto okay?» le chiese dolcemente, lanciandole una veloce occhiata.

«Oh sì, andare a comprare armi per uccidere Vecna mi fa stare... bene» ironizzò prima di fare un profondo sospiro. «Sono solo stanca, credo. E poi quello che ha detto Nance. Chissà in quale modo sono stata brutalmente uccisa da Vecna» fece una risatina nervosa.

Steve le afferrò la mano, stringendogliela delicatamente. «Vecna non ti toccherà — mise in chiaro — Ci sono io, Nathalie. Ci sono fin dall'inizio e ci sarò sempre».

Lei sorrise dolcemente a quelle parole, stringendo la presa e osservando il suo profilo. «Lo so, e so anche che non te lo dico spesso, Steve, ma sono così felice di averti nella mia vita. Sul serio» confessò, non staccandogli gli occhi di dosso.

Nathalie non era la persona più dolce dell'universo, o almeno non era colei che ti riempiva di frasi sdolcinate e diabetiche, e spesso, anche se non lo mostrava, aveva paura che quella potesse essere una sorta di mancanza per Steve. Ci scherzava, ci rideva su e diceva che non sarebbe mai cambiata per nessuno, ed era vero, ma era comunque un timore che, qualche volta, si ritrovava a provare.

Eppure Steve non ne aveva bisogno. A lui non interessavano le frasi piene di zucchero, e soprattutto non da una persona che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, anche salvarlo dai russi, gettarsi nel Lover's Lake senza pensarci due volte e prendersi ripetutamente cura di lui.

Nathalie Henderson gli mostrava ogni cosa senza aver bisogno di parlare, e poi, a dirla tutta, avevano iniziato con il punzecchiarsi, e probabilmente avrebbero continuato per tutta la vita.

Quelli erano loro due, in fondo.

«Devo... devo dirti una cosa» disse improvvisamente Steve, diventando nervoso tutt'un tratto.

Nathalie assunse un cipiglio. «Tutto okay? Sei spaventosamente serio, e non è mai positivo quando qualcuno dice 'devo dirti una cosa'» iniziò ad agitarsi.

«No, sì, ehm... — fece un sospiro — In questi giorni ho pensato molto a noi, al mio futuro, al nostro futuro...»

«È per il Massachusetts? Per la distanza?» chiese preoccupata. Spesso si era ritrovata a pensarci, e per Steve era disposta a vivere una relazione a distanza, ma sapeva quanto fosse difficile — e, oltretutto, non sapeva se anche lui fosse disposto a fare lo stesso.

«No, io... io ci ho pensato, soprattutto dopo tutto quello che sta succedendo, e vorrei, voglio mandare davvero al diavolo questa cittadina» disse con assoluta certezza.

Hawkins non era più casa loro. Non lo era da tempo, e Steve non aveva più niente lì. Non andava d'accordo con i suoi genitori, non era entrato in nessun College, e di certo non desiderava continuare a lavorare sotto i continui ordini di Keith.

Quei ragazzi erano la sua famiglia, ma, più di tutti, lo era Nathalie. Nathalie Henderson era ogni cosa per Steve Harrington, ma, soprattutto, era casa.

Ci aveva pensato, si era spremuto le meningi, ma quella situazione in particolare gli aveva fatto comprendere di non volersi separare da lei per nulla al mondo. Forse erano giovani, eppure avevano affrontato così tante cose, e lui voleva davvero che si creassero una vita insieme, e, soprattutto, che lo facessero lontano da Hawkins.

Ora ne era certo: voleva andare con lei.

«Aspetta, ho capito bene? Stai dicendo che-»

«Sì, mi piacerebbe venire con te se la proposta è ancora valida» annuì certo, facendole spalancare gli occhi.

«Ma non so ancora-»

«Per favore, sappiamo entrambi che entrerai — la fermò con un piccolo sorriso in volto — E ho pensato anche che... sì, insomma, non so se l'hai notato ma sono bravo con i bambini-»

«Vuoi fare il babysitter?» chiese divertita.

«Gesù, no, ne ho fin sopra i capelli — scosse la testa immediatamente — Però potrei fare qualcosa per loro. Sono ex capitano della squadra di basket, campione di nuoto della Hawkins e-»

«E bagnino certificato tre volte. Conosco a memoria questa frase. Ogni tanto aggiungici qualcosa di nuovo, o magari, che so, cambia l'ordine dei tuoi vanti» lo prese in giro, ancora piuttosto emozionata per la notizia che le aveva dato.

Lei e Steve insieme lontano da Hawkins — chi l'avrebbe mai detto, eh?

Lui fece un risolino prima di tornare al discorso principale. «Sì, magari posso, non lo so, insegnare loro il basket o a nuotare — le espose un suo piano futuro, che, al momento non aveva ancora basi solide ed era incerto, ma era già qualcosa — Che te ne pare?»

Nathalie sorrise dolcemente, guardandolo per qualche secondo. Era felice che Steve stesse iniziando a comprendere che la sua vita con si fermasse al Liceo, che stesse iniziando a pensare al suo futuro, che non si desse per vinto solo perché non era entrato in nessun College, e che, soprattutto, stesse iniziando a rendersi conto del fatto che avesse numerose capacità e possibilità.

«Penso che sia meraviglioso che tu stia capendo che la vita non si fermi al Liceo, e sono orgogliosa di te e del fatto che ti ponga degli obiettivi e che stia cercando di costruirti un futuro, Steve Harrington» ammise, baciandogli delicatamente il dorso della mano.

Lui accennò un sorriso, rendendosi conto del fatto che mai nessuno gli avesse rivolto parole così dolci. Sono orgoglioso di te. Non l'aveva mai sentita in vita sua, ed era bello avere finalmente qualcuno che credesse così tanto in lui.

«Quindi... non ti dispiacerà avermi come coinquilino?» le lanciò una veloce occhiata.

«Mi dispiacerà solo nel momento in cui inizierò a trovare le tue mutande in giro. Quelle te le lavi da solo, Steve, altrimenti ti prendo a calci in culo e ti rispedisco a Hawkins» mise in chiaro.

Rimasero in silenzio per qualche secondo prima di scoppiare a ridere insieme, felici del fatto che avessero un progetto futuro comune, qualcosa che riguardasse loro due e non una relazione a distanza.

Era davvero tutto assurdo, e una parte di loro credeva fermamente che se non fosse successo tutto quello, se non si fossero trovati ad affrontare il Demogorgone e i Demo-cani, probabilmente non si sarebbero mai avvicinati.

Senza le vicende dell'83 — che erano state certamente orribili — Nancy e Jonathan non avrebbero mai fatto squadra e non si sarebbero innamorati, e, di conseguenza, lei e Steve forse non si sarebbero lasciati.

Nathalie e Harrington avrebbero continuato ad 'odiarsi', a punzecchiarsi, a non conoscersi per davvero e a non appezzarsi a vicenda, e forse chissà, lei sarebbe finita con Eddie — il loro avvicinamento, in fin dei conti, non riguardava il Sottosopra, quindi si sarebbero avvicinati in ogni caso — o con qualsiasi altro ragazzo della Hawkins High School.

Di certo, non sarebbero diventati una grande famiglia.

Dopo circa un'altra mezz'ora di viaggio, o forse un'ora, finalmente i ragazzi arrivarono al War Zone, il negozio di armi. Ad abbandonare il camper furono Nathalie, Erica, Robin, Nance, Max e Steve, mentre Dustin, Eddie e Lucas rimasero nel van.

Quando entrarono nella struttura, Nathalie non credeva che un negozio di armi potesse essere non solo così tanto rifornito, ma che potesse essere strapieno di persone.

«Secondo voi sono tipo... assassini? Avranno il porto d'armi?» chiese perplessa la Henderson, guardandosi attorno.

«Noi non ce l'abbiamo» le fece presente Robin.

«Beh ma noi dobbiamo uccidere Vecna, quindi a meno che loro non siano in squadra con noi, c'è una piccola possibilità che possano essere degli assassini» rispose la Henderson, sfiorando con i polpastrelli una dannata mitragliatrice.

«Ci interessa davvero?» le domandò Steve, inarcando un sopracciglio.

«Oh no, la mia era pura curiosità — si strinse nelle spalle — E ricordatemi di dare un cazzotto ad Eddie. Questo posto pullula di bifolchi furiosi».

«Facciamo... in fretta» disse Nance, agitata.

«Decisamente» confermò Erica.

I ragazzi si divisero, andando tutti alla ricerca di armi che potessero aiutarli con Vecna: pistole, coltelli, nunchaku, munizioni, accendini, e chi più ne ha più ne metta — inquietante.

«Ehi, come mi sta?» improvvisamente Steve si avvicinò a Nathalie, sfoggiando la giacca che aveva da poco indossato.

«Sembri Tom Cruise di Top Gun» sorrise.

«È un complimento?»

«Beh, Pete Mitchell mi fa cadere le mutandine, quindi vedi tu» si strinse nelle spalle, afferrando delle taniche di benzina.

«Oh, quindi ti faccio cadere le mutandine?» la provocò Steve, avvicinandosi al suo orecchio.

Nathalie sospirò. «Direi che... con te mi diventa come il Sahara».

«Permettimi di dissentire, Henderson. Quando siamo insieme-»

«Ehi — fermò la sua squallida frase — quante ce ne servono?» indicò le taniche.

Steve fece un sorrisetto prima di concentrarsi. «Cinque o sei».

«Occupatene tu. Ho adocchiato un fucile niente male» disse eccitata prima di dirigersi verso il suo obiettivo.

Afferrò cautamente l'arma, rigirandosela fra le mani.

«Ehi, scusi, quanto per questo?» chiese al commesso dietro al bancone.

«Centoventi e novantanove, ma ti regalo venti cartucce a pallettoni».

Nathalie annuì, continuando a guardarla quasi con occhi sognanti — era inquietante il fatto che stesse iniziando ad amare le armi? Beh, normalmente sì, ma in quel momento erano indispensabili.

«Ehi, posso vedere questa bella 357?»

La Henderson si ritrovò a bloccarsi nel momento in cui sentì quelle parole e quella voce, che le sembrava parecchio familiare. Cautamente, si girò verso destra, spalancando gli occhi quando riconobbe Jason Carver, che certamente era lì a comprare le armi non per andare a caccia.

Anzi, sì. Per andare a caccia dello svitato.

Nathalie sospirò, e, silenziosamente, fece per rimettere l'arma al suo posto, ma, ovviamente, la fortuna non sembrò essere dalla sua parte.

«Nathalie Henderson» sentì infatti chiamarsi da Jason con tono quasi sorpreso.

Lei si girò, mettendo su un falso sorriso. «Jason Carver» ripetette acidamente, osservando il suo volto stanco e gli occhi contornati da profonde occhiaie — forse dare la caccia a Eddie lo teneva sveglio da un bel po' di notti.

«Che sorpresa vederti qui» la guardò in modo inquietante, quasi come se facendolo, potesse in qualche modo ritrovarsi davanti Eddie Munson.

«Potrei dire lo stesso di te» ribatté lei, lanciandosi una veloce occhiata attorno e adocchiando Andy e Chance, intenti a maneggiare delle armi.

Lui fece un mezzo ghigno. «Oh beh, io sono qui per un motivo che tu conosci molto bene» avanzò cautamente verso la sua figura, in maniera molto minacciosa.

«Un motivo che conosco bene? — ripetette — No, credo di aver saltato la parte in cui io ti conosco così bene da sapere cosa fai qui. E, ad essere onesti, non mi importa poi così tanto» si strinse nelle spalle.

«Munson. Dov'è Munson?» chiese a denti stretti, posizionandosi così vicino che quasi i loro respiri si confondevano.

«Munson? Oh, intendi Eddie? Non lo so. Lo vedi in giro? Sarebbe davvero un idiota se si trovasse qui, non credi?»

«Non prendermi per il culo. So che c'è qualcosa tra di voi, quindi-»

«No, amico, credevo fossi aggiornato. Io sto con Steve Harrington. Conosci, no? Sei tipo il suo... successore. Sì, insomma, non avrà vinto il campionato, complimenti, a proposito, ma era un gran capitano».

«Devi dirmi dove si trova Eddie Munson» pretese, guardandola con serietà.

«Sai, non credo di saperlo — sospirò desolata — A dirla tutta, sono parecchio preoccupata. Non per lui, ma, insomma, uno svitato omicida in giro per Hawkins? Quando lo trovate, sparategli anche per me, d'accordo?» mise su un falso sorriso.

«Tuo fratello è qui con te, per caso?»

«Dustin? No».

«Te lo chiedo perché lui è nell'Hellfire, giusto?»

«L'Hellfire, dici? Quel club pieno di nerd che giocano a un gioco da nerd? Chissà perché la gente dice che è una setta satanica. Insomma, amico, quei ragazzi hanno paura della loro stessa ombra. Li hai visti bene?»

Jason parve star facendo appello a tutte le sue forze per non agire. «Sai... i fucili da caccia sono inutili se non per uccidere gli uccellini. Insomma, sono potenti, certo, ma con poca gittata. E questo ti costringerà a scontri ravvicinati. Qualcuno potrebbe atterrare la canna, così...  — afferrò violentemente la canna — e reindrizzarla».

«Cosa vorresti fare? Mh? Picchiarmi, Jason? Qui?
Davanti a tutta questa gente? Vuoi forse fare la fine di Eddie? Molla il fucile. Non lo ripeterò una seconda volta» sputò acidamente.

Il ragazzo la guardò per qualche secondo con un evidente rabbia e irritazione nello sguardo. Ciononostante, lei aveva ragione e non poteva di certo farle qualcosa in quel posto, quindi si ritrovò a lasciare la canna.

«Grazie» sorrise falsamente prima di girarsi verso il commesso. «Centoventi e novantanove, hai detto? Lo prendo».

Dopo aver pagato, la ragazza si allontanò da quel lato del negozio, raggiungendo immediatamente i suoi amici, che, come lei, avevano fatto degli spiacevoli incontri con la squadra di basket, e, dopo aver pagato, fuggirono letteralmente dal War Zone.

Si tuffarono all'interno del camper prima di andare via.

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