5. Fritum Janii - porto di Giano
3. Fritum Janii - porto di Giano
"Viaggio nel tuo orizzonte,
ma non ti vedo,
in lontananza
mi appare solo il mio amore,
che mi cinge in un pensiero senza tempo."
Alluene
Perché si ostinava a voler instaurare una conversazione matura con quell'idiota? Ogni volta cadeva nell'errore di riprovarci e puntualmente lui la freddava con due parole in croce, ma ben assestate e sufficienti per zittirla.
Alluene rimuginava in sonori borbottii mentre percorreva la strada che costeggiava il castello, dal versante che affacciava sul piccolo porto. Era una strada antica in pietra, la Frigiana, dall'antichissimo nome che veniva dato al porto Fritum Janii.
Di solito era terapeutico per lei passeggiare per quelle strade, eppure non quella volta non riusciva a smettere di pensare. Era rimasta così colpita da quello sguardo, che per un attimo le era sembrato di restarne paralizzata, in quel senso di vuoto, in quella mancanza incolmabile come la perdita di parte della propria mente. Ma non doveva, non doveva farsi coinvolgere. Harry Staiden era il figlio di uno dei più importanti imprenditori della costa orientale del paese, era normale che le notizie, soprattutto quelle meno liete, si diffondessero velocemente e così era stato per quell'incidente che l'aveva coinvolto poco più di un anno fa.
- Elene hai un minuto? – il cuore sobbalzò catapultandosi in fondo al petto non appena la voce di Tyler le arrivò alle spalle. Oh no! Possibile che avesse il dono dell'ubiquità? Era sempre ovunque. D'istinto accelerò il passo nel tentativo di seminarlo.
- Ho fretta! –
- Troppo impegnata a correre dietro al nostro ospite? – quella frecciata la centrò in pieno, tanto che fermò bruscamente i suoi passi per voltarsi verso l'uomo che camminava alle sue spalle. Tyler inarcò le sopracciglia – Pensi che non me ne sia accorto? –
- Speravo di no – balbettò lei abbassando gli occhi a terra con aria colpevole.
- Credevo avessi tutto sotto controllo, infondo sei stata tu a proporti per quest'importantissima missione –
- Si, lo so -
- E l'assemblea cittadina ha approvato all'unanimità il tuo coinvolgimento, sembravi la più motivata e la più adatta – continuò lui imbastendo quella critica con un tono di vago apprezzamento.
- Lo credevo anche io, ma lui è così... - Alluene mitigò con quelle parole l'istinto di dirgli che si, si sentiva all'altezza, era convinta anzi di esserlo, ma prima di sapere che fosse lui.
- E cosa vorresti fare a questo punto? Giocare alla caccia alla volpe tutto il tempo? – Tyler si pettinò la barba colta grigiastra che gli contornava le guance paffute. Alluene alzò le mani.
- Se vuoi, è tutto tuo –
- Eh no signorina, ti sei presa questo impegno e ora devi prenderti le tue responsabilità – il tono di voce dell'uomo cambiò drasticamente mentre agitava l'indice in aria a scatti nervosi. Alluene separò le labbra per controbattere, ma si ritrovò a richiuderle senza emettere alcun suono.
- Lo riacciufferò – acconsentì infine, lasciando andare un lungo sospiro e Tyler aprì il cipiglio crucciato in un sorriso compiaciuto.
- Era quello che volevo sentirmi dire – ciò detto, il sindaco la superò riprendendo la sua camminata ciondolante verso la discesa che conduceva alla piazza.
Un brivido le fece tremare le gambe quando fu nella hall. Il Mirage stentava ancora a perdere quell'aspetto tetro e decedente e, al calar del sole, le faceva sempre un certo effetto poco rassicurante. Ma Tibula, sotto quel punto di vista, era un luogo tranquillo e gli unici esseri viventi che fino a quel momento avevano minato la sua serenità erano stati di genere animale.
Poggiò la schiena contro il muro e prese un lungo respiro quando una folata più fredda di vento le sbattè contro. Si strinse nella giacca di pelle nera lasciando che l'aria le pungesse le narici.
Sarebbe tornato. Almeno così immaginava, ma nel frangente, doveva trovare un modo per obbligarlo a fare quello che diceva, escludendo l'idea del guinzaglio.
Si circondò il viso con le mani quando un fiotto imprevisto di sconforto emerse tra i suoi pensieri.
Perché proprio lui...
Harry Staiden non era diverso da tutti i newyorkesi che aveva conosciuto, anche se poteva essere più difficile da gestire.
Voltò il viso verso la spiaggia, il vento quella notte era irrequieto, correva tra le fronde, giocava con il mare e sibilava versi sconosciuti intorno a lei. Quei paesaggi, quegli odori, quei suoni erano diventati la cura a ogni suo malessere.
Sandália era tutto ciò che le restava, tutto ciò che l'aveva riportata in vita e non avrebbe permesso a Harry Staiden di portargliela via.
Come se le sue speranze fossero state accolte da una forza superiore, il brusio roco di una voce umana la riportò a galla dai suoi pensieri. Alluene scattò sul posto e, presa da un moto improvviso di agitazione, andò a nascondersi dietro il mobile della reception. Si accucciò a terra non appena sentì i passi pesanti accompagnare quella scia parca di parole masticate con quel fare svogliato. Sembrava sempre che gli pesasse articolare più di due suoni di fila.
Sentendolo avvicinarsi velocemente, il suo cervello andò in corto circuito. Le cellule presero a girare impazzite come trottole senza una direzione precisa, davano impulsi che si traducevano solo in quesiti senza soluzioni: cosa doveva fare? Cosa poteva dirgli ancora?
E quando lui giunse nei pressi del bancone, l'istinto prese il sopravvento. Quell'impulso primordiale che faceva sentire l'essere umano uguale ad un animale selvatico quando doveva agire in fretta e senza stimoli razionali.
- Finalmente! – esordì balzando fuori dal suo nascondiglio.
- Ma che diavolo! – lui fece un salto sul posto sgranando gli occhi per lo stupore. Gl'iridi si allargarono talmente tanto che quasi sembrò che inglobassero l'oscuro della pupilla e qualcosa sembrò strappare la densità di quelle verdi pietre inscalfibili.
- Credevo avessi deciso di pernottare al castello – lei piegò la testa lasciando che sfuggisse dal tono acceso e ironico tutta la sua irritazione. Lui era rimasto immobile, con ancora una mano vicino alla testa per sorreggere lo smartphone.
- Non vedi che sono al telefono – replicò Harry con il solito modo brusco mentre muoveva un passo avanti.
- Li farai aspettare – Alluene scattò verso di lui, sporgendo istintivamente un braccio per afferrarlo e impedirne la fuga. Ma prima che potesse solo avvicinare la mano al punto di sfiorarlo, si bloccò con un movimento secco. Sentì lo stomaco appesantirsi, il respiro frantumarsi sotto un battito irregolare e alterato, e ritrasse la mano di colpo pentita, stringendola nell'altra come se avesse potuto sfuggire alla sua stessa volontà.
Non doveva toccarlo.
Lui increspò la fronte, dondolandosi sulle ginocchia per lo slancio in avanti arrestato, per concentrarsi a studiarla. Non doveva permettere che se ne accorgesse, ma lei si sentiva come un condannato che camminava sul patibolo e che supplicava di non essere ghigliottinato. Lui era la ghigliottina, un fendente affilato e implacabile che falciava tutto ciò che osava affiancarsi troppo.
- Cosa vuoi? – gracchiò rauco sotto una coltre atona e senza emozioni. Teneva ancora il telefono poco distante dall'orecchio.
- Che faccia ciò per cui sei venuto invece di giocare ad acchiapparella – tornò dura, lo sguardo deciso che puntava i suoi occhi, ritirando i timori nel baratro che era abituata ad avere dentro.
- Non ho bisogno della balia –
- E cosa dirai quando ti chiederanno com'è la città in cui dovreste ripristinare l'aeroporto? – domandò lei restituendogli lo stesso tono brusco e disgustato.
- Cercherò su internet –
- Non troverai un accidente su internet! – stava perdendo le staffe, la percepiva nitidamente quella sensazione di restare fuori controllo, mentre puntava i piedi a terra come una bambina in preda a un istinto capriccioso – Non puoi fare come ti pare, la società di tuo padre ha stipulato un contratto – Harry aggrottò la fronte riducendo gli occhi a due fessure dalla luminosità ancor più feroce.
- Mi arrangio – tagliò corto lui quando aveva già ripreso ad allontanarsi, avvicinando di nuovo il cellulare all'orecchio – Scusami, sto tornado in camera così attacco in carica il telefono – lo sentì spiegare all'interlocutore misterioso e fu allora che un'illuminazione si fece largo in quel tripudio di follia, plasmando finalmente quella che al momento le sembrò un'idea geniale. Ed era anche l'unica che le era venuta in mente.
Odin le aveva raccomandato caldamente, tempo addietro, di non sovraccaricare le prese elettriche fin quando non avessero sostituito le vecchie con quelle di ultima generazione dalla portata elevata. Perché una volta avevano mandato in tilt l'aspirapolvere e fatto saltare il quadro elettrico per una sera intera.
Memore degli errori passati, Alluene azionò una vecchia stufetta dal consumo energetico spropositato, attaccandola alla presa dietro il bancone e due vecchi ventilatori che ancora giacevano nell'ufficio antistante alla reception. Accese tutto ciò che aveva a disposizione sperando fosse sufficiente per il suo proposito. Odin l'avrebbe uccisa.
Attese qualche minuto speranzosa, una vecchia torcia in mano, e quando le speranze che tutto saltasse per aria cominciarono a svanire, la luce si spense. I ronzii dei vecchi attrezzi si bloccarono dopo qualche scoppiettio di disperazione e dalla presa della stufetta partirono scintille elettriche, tanto che per un momento temette avrebbero incendiato il prezioso mobile di mogano. Dopo qualche secondo, intorno a lei sembrò cadere una nuvola di tenebra e silenzio.
Alluene sospirò, il senso di inquietudine si sciolse nei muscoli quando si sistemò seduta sullo sgabello, prese in mano una rivista e accese la torcia, perfettamente a suo agio nel suo salotto di buio. Se tutto fosse andato secondo i piani, avrebbe dovuto sentire qualcosa entro tre, due, uno...
- Dannazione! – l'urlo arrivò alle sue orecchie preciso come un orologio svizzero, tanto furioso e gracido da farle venire la pelle d'ora. E, come aveva previsto, anche il bombardare dei passi sulle scale la raggiunse immediatamente. Alluene gli puntò la torcia contro il viso non appena se lo ritrovò davanti, senza sforzarsi di nascondere il sorriso compiaciuto che restava avvolto nella penombra.
- Uh guarda, un alieno – esclamò lei con una nota che oscillava verso un leggero divertimento mentre lui cercava di ripararsi con mani e braccia dal fascio di luce che lei si ostinava a puntargli contro.
- Che diavolo succede? – sbraitò Harry seccato strizzando gli occhi infastidito dalla luce.
- Non è ovvio? – alla sua reticenza il ragazzo si sporse con le mani in avanti, cercando di arpionare la sua torcia, ma lei, ben attenta a non sfiorarlo nemmeno per errore, si decise a puntarla verso il pavimento. Lui allora sbattè le palpebre più volte per abituare la vista.
- L'unica cosa ovvia è che appena l'ho attaccato alla corrente, è scattata la luce, la presa ha fatto scintille e il mio cellulare è morto! – sbraitò alterato, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni il cadavere del malcapitato solo per sventolarglielo davanti alla faccia ed enfatizzare l'increscioso accaduto.
- Riposi in pace – proferì lei mesta, fingendo di focalizzare l'attenzione di nuovo sulla rivista invece che sul cadavere del telefono di ultima generazione. Nella testa stava ballando la Macarena!
- E come faccio senza telefono? – continuava a sbraitare lui alterato. Alluene si mordicchiò le labbra per non liberare una risata diabolica.
- Come facevano gli antichi -
- Ti ci vuole molto per dirmi dove posso ricomprarlo? – lei non alzò gli occhi dalla rivista neppure quando lo sentì farsi più vicino. Dovette persino ignorare il battito farsi incalzante. Era l'adrenalina, solo l'adrenalina – Ci sarà un negozio in questo schifo di posto – continuò lui in preda ad un fervore inaspettato che le fece irrigidire i muscoli con uno schiocco netto e istintivamente alzò la testa sono per fulminarlo con un'occhiataccia. Lui aveva i capelli raccolti in una crocchia alta, il viso ricoperto di ombre cupe, l'espressione truce a crucciarlo, che non le staccava di dosso come se avesse voluto intimorirla.
- Qui no, ma a Claramontis si – ribatté acida gustandosi il movimento lento dell'espressione marmorea del ragazzo distendersi in una faccia sbigottita. Nascose il sorriso puntellando la lingua con i denti quando lui spalancò gli occhi e le sopracciglia si alzarono arricciando la fronte.
- Sei stata tu – la sua voce parve il ruggito di una bestia selvaggia. Il frastuono di un'accusa, più che di una domanda. Ma lei lasciò che il brivido della minaccia si dissolvesse nell'eccitazione del pregustarsi la vittoria. Mancava poco.
- Senti la mia proposta: domani vieni con me in città, ti accompagno a comprare un telefono nuovo e poi facciamo un giro nei dintorni, ci stai? -
- Tu... – lui strinse i denti in un ringhio sommesso quando ormai gli fu chiaro il senso di quello che era appena accaduto.
- Quindi? – lo incalzò lei alzando il volume della voce di getto.
- No! Troverò qualcun altro che mi accompagni – replicò lui testardo e lei scattò in piedi d'istinto.
- Se potessi scaricare questo compito a qualcuno lo farei volentieri, ma ormai è tardi e che ti piaccia o no sono io la tua guida -
- Affitterò una macchina – aggiunse lui impettito e per poco Alluene non gli scoppiò a ridere in faccia.
- E quale? -
- Un dannato taxi! – fu il suo turno di alzare la voce, perdendo schegge della sua originaria compostezza che già lei percepì come la prima vittoria. Lo vide serrare la mascella, i muscoli tendersi nel chiaro segnale che avesse capito di non avere molte altre vie d'uscita.
- Che bella idea, perché non proponi tu un simile servizio – suggerì lei sarcastica. Era quasi divertente farlo uscire dai gangheri. Ma lui, invece di reagire, assottigliò gli occhi e le voltò le spalle allontanandosi con passi pesanti. La luce della torcia gli scivolò sulle spalle tese.
- Dannazione – lo sentì brontolare quando ormai era in mezzo al corridoio. Alluene lasciò cadere le braccia lungo il busto certa di non aver più speranze, ma per poco la torcia non le volò via per lo spavento, quando se lo trovò inaspettatamente di nuovo davanti al naso - Domani alle 8 voglio partire -
- Cosa? – tossicchiò lei impreparata - Perché così presto? –
- Puntuale! - ma lui si era già incamminato verso le scale e lei si lasciò andare contro il mobile, poggiando testa e braccia. Visti i presupposti, non sarebbe stata una passeggiata. Persino le ballerine immaginarie di Macarena avevano scioperato.
Spazio Ila🐿
Eccomi di nuovo tra voi ❤️
Vi ho lasciato spero con un po' di curiosità... i prossimi capitoli saranno più accesi (per così dire 😂).
Vi prego sempre di ricordare la stellina 🌟 se vi è piaciuto il capitolo e se volete seguirmi su Ig❤️
Instagram: Ilala90
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