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[ni-jū san] euphoria

dark mode: ON/OFF
nei media: can we kiss forever? by kina










I crossed the ocean of my mind
My wounds are 
healing with the salt か易疫グ押ネー 虞卸ヺ誕とさ



















EUPHORIA






Non c'era niente che mi confortasse di più delle mani di Taehyung fra i miei capelli. Nel suo palmo ero come un gatto che fa le fusa. Lui mi accarezzava, infilava le dita tra le mie ciocche d'ebano, le separava, se le arrotolava intorno all'indice, e io spingevo impercettibilmente la testa contro la sua mano. Era capace di toccarmi con una delicatezza che non appartiene a questo mondo. Lo faceva spesso quando eravamo da soli, e in quel periodo lo eravamo sempre.

Dopo la gara di nuoto iniziammo a vederci sempre più spesso. Era come se avessimo abbattuto tutte le nostre barriere - soprattutto le sue, le mie le aveva demolite già da tempo -, e non mi ero mai sentito tanto vicino a lui come in quel momento, ma non parlammo più di suo fratello o della sua famiglia. Malgrado volessi affrontare l'argomento con lui per lasciare che si sfogasse con me, per dargli il conforto che fino a quel momento avevo sempre e solo ricevuto da lui, non osai mai neppure sollevare la questione. Sapevo che me ne avrebbe parlato lui quando si fosse sentito pronto.

Da una parte avrei voluto avere la determinazione e la caparbietà che aveva avuto lui con me dal giorno in cui ci eravamo conosciuti, quella capacità di portare in superficie tutti i miei segreti, tutte le cose che non avrei mai raccontato a nessuno, quasi strappandomele di dosso come un cerotto. Dall'altra sapevo che con lui non avrebbe funzionato allo stesso modo, perché io e Taehyung eravamo diversi, e al tempo stesso complementari. Avevamo modi di comunicare diversi, linguaggi diversi.

C'erano pomeriggi in cui veniva a casa mia e aveva un'aria spensierata e rilassata, quasi bambinesca. Erano i pomeriggi in cui andavamo a recuperare una sedia in cucina e ci sedevamo l'uno accanto all'altro davanti allo schermo del mio computer per giocare a tutti i videogiochi che avevo comprato quell'estate. Erano tutti single player, quindi non potevamo giocare l'uno contro l'altro. Non eravamo mai avversari. Giocavamo insieme, come un'entità unica, battibeccando di tanto in tanto quando dovevamo scegliere la prossima mossa e scoppiando a ridere l'attimo dopo. Taehyung aveva una risata contagiosa, calda e profonda, quasi musicale.

In quei pomeriggi mi sentivo bambino anch'io. Mi sentivo leggero, come se fossi fatto di nuvole e farfalle nello stomaco.

Ma non era sempre così. C'erano anche pomeriggi in cui Taehyung veniva da me e si sedeva sul mio letto senza dire niente, la testa china e lo sguardo vuoto. Aspettava che mi sedessi accanto a lui per tenermi la mano e accarezzarne il dorso con il pollice, avanti e indietro, quasi come se trovasse conforto in quel gesto. I suoi sbalzi d'umore non erano molto frequenti, ma di sicuro erano repentini. Alternava giorni di completa euforia a giorni di assoluta tristezza, in cui sembrava distrutto, spezzato, vivo a metà.

Allora non potevo capirlo, ma adesso so che è così che vive la gente che ha perso qualcuno, che ha subìto un lutto. La loro esistenza si frantuma tante volte quante sono le persone che hanno perso, e ognuna di esse si porta via un pezzo, e poi un altro, e un altro ancora. Si sopravvive al lutto, si sopravvive alla morte, ma non si vive più come prima, perché in qualche modo mancherà sempre qualcosa. Il vuoto che lasciano le persone che amiamo è incolmabile. Da figlio unico, non potrò mai capire quanto dolore si portasse dentro Taehyung nei suoi vent'anni d'innocenza e fragilità, ma in quei pomeriggi a casa mia la sua tristezza era palpabile. Potevo sfiorarla, vederla, respirarla. Lo avvolgeva completamente. Il fatto che mi permettesse di condividerla con lui, di restargli accanto in quei momenti di dolore in cui il passato vinceva sul presente, in cui la morte vinceva sulla vita, mi dava consapevolezza di quanto affetto provassimo l'uno per l'altro, malgrado in nostri piccoli cuori di ragazzi. Dopotutto, cuori minuscoli possono racchiudere amori giganteschi.

Così, un pomeriggio dopo l'altro, Taehyung veniva da me e mi stringeva la mano. Non saprei dire il giorno esatto in cui smettemmo di tenerci soltanto per mano e iniziammo a tenerci più stretti, più vicini, azzerando le distanze e trovando conforto l'uno nel calore dell'altro. Forse perché fu naturale come respirare, graduale e mai forzato. Le carezze divennero abbracci, gli abbracci divennero baci, i baci divennero qualcosa di più e ben presto in quei pomeriggi a casa mia ci ritrovammo a sdraiarci sul mio letto, senza far nulla di diverso dall'abbracciarci o dal sonnecchiare l'uno sul petto dell'altro, o accarezzarci i capelli a vicenda, parlando soltanto di cose felici, anche se erano poche, anche se quelle tristi erano ben più numerose. Parlavamo di libri, di videogame, delle merende squisitamente giapponesi che ci preparava mia madre, e aspettavamo che la tristezza scivolasse via, spazzata via dalle carezze, soffocata dagli abbracci a luci spente.

Sapevamo entrambi che avremmo dovuto parlare di tante altre cose, ma sceglievamo sempre di non farlo. Ci adagiavamo sul mio piccolo letto, nella nostra piccola galassia, come due bambini stesi sulla neve, e guardavamo su, su, sempre più in alto, oltre le nuvole, oltre il cielo e le stelle, verso l'universo. Nello spazio dove tutto fluttua e niente pesa davvero, dove ogni cosa è leggera, dove eravamo leggeri anche noi e il peso dei nostri bagagli non poteva schiacciarci.

Per diversi giorni abitammo un altro luogo e un altro tempo, scegliemmo la vita, costruimmo un pianeta soltanto per noi. Il mondo era ancora un posto spaventoso, ma se c'era lui accanto a me non mi faceva più tanta paura.

In quel punto all'infinito in cui il cielo e l'oceano diventano indistinguibili, un solo inscindibile blu, esistevamo io e Taehyung, nel nostro iperuranio.









Era un sabato pomeriggio, intorno alle sei, ma avrebbe potuto essere qualunque altro giorno. Io e Taehyung eravamo stesi sul mio letto, avevo la testa appoggiata sul suo petto e lui mi accarezzava i capelli. Il movimento ritmico e costante delle sue dita sulla mia nuca mi faceva assopire. Non riuscivo a tenere gli occhi aperti per più di qualche minuto. Il respiro rallentava, il battito del cuore rallentava, il tempo rallentava.

Aveva un braccio intorno alle mie spalle con il quale mi teneva stretto a sé e il mento poggiato dolcemente sulla mia testa. Le nostre gambe erano un groviglio indistinto.

«Papà mi ha detto che le tue sedute stanno andando molto meglio», mi disse a un tratto, sottovoce, come se temesse che stessi dormendo e avesse paura di svegliarmi.

«Mm-mh», mormorai ancora ad occhi chiusi.

Taehyung restò in silenzio per un po', prima di ricominciare a parlare, un po' più esitante. «Però non scrivi mai sulla chat di gruppo. Perché non provi a partecipare alle sedute con gli altri? Intendo... di persona. Potresti farti dei nuovi amici.»

Mi irrigidii, aprendo gli occhi. Taehyung parve aspettarselo, perché smise di toccarmi i capelli e mi strinse delicatamente contro il suo petto con il braccio che mi cingeva le spalle.

«No...», dissi piano. «Non mi sento ancora pronto.»

Taehyung annuì e mi posò un bacio tra i capelli. «Va bene, Kookie. Non c'è fretta. Dicevo tanto per dire.»

Sorrisi impercettibilmente contro il suo petto e gli cinsi la vita con le braccia, mentre le carezze di Taehyung mi appesantivano di nuovo le palpebre. Sospirai, inalando il profumo di tabacco e vestiti puliti della sua t-shirt.
«E tu? Ci stai andando?» chiesi poco dopo.

Taehyung non mi rispose subito e per un attimo pensai che non volesse farlo. Poi percepii il suo mento ossuto muoversi sopra di me e capii che la risposta era un no. Alzai la testa di scatto. «Davvero non ci vai più? Perché?»

Taehyung mi osservò per un po' e poi fece spallucce. «Prima avevo molto più tempo libero.» Mi rivolse un sorriso sghembo.

Sentii le guance scaldarsi. Mi scostai un po' da lui per girarmi a pancia in giù e appoggiarmi sui gomiti, ma eravamo comunque abbastanza vicini da percepire i nostri respiri sulla pelle. «Secondo me dovresti andarci. Nelle foto che mi mandavi tempo fa sembrava che ti divertissi un sacco. Facevate le gite insieme, le escursioni, un sacco di cose fighe

Taehyung scoppiò a ridere e si nascose la faccia con un braccio, lasciando in vista soltanto il suo sorriso squadrato. «Cazzo, sei adorabile. Il ragazzo più adorabile che abbiano mai inventato.»

Spalancai gli occhi, rosso in viso. «Come sarebbe a dire inventato? Le persone non si inventano», mugugnai imbronciato.

Taehyung spostò il braccio e mi guardò con una finta espressione sconvolta. «Ah, no? Non sei un androide giapponese programmato apposta per uccidermi? Vuoi farmi credere che sei un autentico esemplare di essere umano? Non ci credo. Sei troppo carino. Gli esseri umani non sono così carini.»

«Smettila», borbottai, piantandogli un dito nel fianco, ma non riuscii a trattenere il sorriso che si allargava sempre di più sulle mie labbra.

«No, mi piace farti ridere. Sei ancora più carino quando ridi. Ogni tanto ti spunta una fossetta proprio qui», disse indicando un punto sulla mia guancia destra e affondandoci l'indice.

Mi spostai più in avanti con i gomiti e allungai la mano per affondare anch'io l'indice nella sua guancia.

Taehyung si accigliò. «Ma io non ho una fossetta lì.»

«Lo so, ma volevo farlo lo stesso», risposi con una piccola alzata di spalle e un sorrisetto dispettoso, prima di allontanare la mano.

L'espressione sorridente e allegra di Taehyung mutò lentamente in qualcosa di diverso. Il sorriso si affievolì appena, ma assunse un significato nuovo. Lo sguardo si addolcì, ma in qualche modo divenne più intenso. «Non ti serve nessuna scusa per toccarmi, sai? Puoi farlo tutte le volte che vuoi.» Taehyung mi prese di nuovo la mano e se la portò al viso. La sua guancia era caldissima contro il mio palmo. Aveva le pupille lievemente dilatate e le labbra un po' dischiuse, il suo respiro era appena udibile nella quiete della stanza.

Sentii il cuore perdere un battito quando si sollevò dal cuscino e si appoggiò all'indietro sui gomiti, avvicinando il viso al mio. Sfiorò la punta del mio naso con la sua, gli occhi fissi nei miei, come se fosse intento a cercare qualcosa. Non mi accorsi che aveva portato anche lui una mano sulla mia guancia, come di riflesso. Eravamo nella stessa posizione, solo specchiata. Mi toccò le labbra con il pollice e poi lo fece scivolare più in basso, spostando la mano lungo la mia mascella fino alla nuca. Chiusi gli occhi ed espirai.

«Così, Kookie. Non aver paura di toccarmi, mai», mormorò a un centimetro dalla mia bocca.

Aprii gli occhi, sbattendo le palpebre, e mi resi conto di aver trattenuto il fiato solo quando iniziai a respirare di nuovo, il petto che si alzava e si abbassava rapido. Imitai i suoi gesti, facendo scorrere la mia mano più in basso lungo la sua guancia, percorrendo la sua mascella e raggiungendo la nuca, dove intrecciai le dita tra le onde dei suoi capelli.

Mi sorrise, sospirando appena, con lo sguardo che si muoveva caotico sul mio viso, dagli occhi alle labbra. Poi avvolse delicatamente le dita intorno ai miei polsi e fece leva sui gomiti, alzandosi a sedere sul materasso e tirando su anche me. Adesso ero in ginocchio sul letto, Taehyung era seduto al mio fianco a gambe incrociate e mi osservava, gli occhi leggermente socchiusi che ricordavano due timide mezzelune.

Mi lasciò andare i polsi, ma non smise di toccarmi, infilando le dita sotto gli orli delle mie maniche sempre troppo lunghe. I suoi polpastrelli erano immobili sui miei polsi nudi, all'altezza del dedalo di vene bluastre che s'intravedeva sotto la pelle quasi trasparente, e restarono adagiati lì a lungo, mentre Taehyung mi osservava attentamente. Sembrava concentrato, timoroso. Sapevo che si aspettava che dicessi qualcosa, ma non riuscivo a parlare, non riuscivo a dirgli niente, avevo paura che se avessi aperto bocca mi avrebbe sentito ansimare.

Quando abbassò lo sguardo sul mio corpo, si accorse che tremavo, e parve esitare per un attimo.

Allora deglutii e schiusi le labbra. «Fallo», sussurrai con voce roca.

Taehyung tornò a guardarmi negli occhi. Durò solo un secondo, una micro-eternità.

Taehyung fece risalire lentamente le dita verso i miei avambracci, sfiorando appena la pelle, come se avesse paura di farmi male persino con le carezze, e quando toccò la cicatrice, mi sentii attraversare da un brivido violento che mi fece sospirare e tremare visibilmente. Con gli occhi fissi nei miei, Taehyung avvicinò con lentezza il mio polso al suo viso e vi posò le labbra, schiudendole appena. Lasciò una scia di baci caldi e umidi, percorrendo la mia cicatrice fino a dove le maniche della felpa gli permettevano di fare. Sentivo il calore del suo respiro contro la pelle.

E non mi odiai, non mi vergognai, non provai niente di quello che mi sarei aspettato di provare in quel momento. Mi veniva da piangere, ma non era tristezza, era liberazione. Era sollievo. Non mi ero mai sentito così vivo.

La voce di Taehyung mi distrasse da quella sensazione e mi fece aprire gli occhi di scatto. «Stringimi, Jungkook. Sono tuo. Toccami, se vuoi. Abbracciami.» Era più tranquillo di me, ma il suo petto vibrò mentre parlava. Le parole vennero fuori roche e un po' spezzate. Gli occhi luccicavano di emozioni nascoste.

Mi sembrò così vulnerabile in quel momento. Così esposto. Capii che desiderava le mie carezze tanto quanto io desideravo le sue. Ne aveva bisogno. Me le stava chiedendo.

Allora agii senza pensare. Misi da parte tutto, l'imbarazzo, la timidezza, la paura. Il mio corpo si mosse in maniera autonoma, come una falena attratta dalla fiamma. Mi alzai sulle ginocchia e lo abbracciai, lo strinsi forte a me.

Lo sentii sospirare e nascondere il viso nell'incavo del mio collo, dove lasciò un bacio leggero. Poi mi cinse la vita con le braccia e mi tirò più vicino, facendomi sedere in braccio a lui. Avevo le ginocchia ai lati dei suoi fianchi ed ero seduto sulle sue gambe incrociate. Le mie guance bruciavano come fuoco e provai a scostarmi da suo petto per guardare le sue, per vedere se anche lui provava le stesse cose, ma Taehyung non me lo lasciò fare. Strinse la presa intorno alla mia vita, strofinando il naso sotto il mio orecchio e inspirando forte. «Profumi di buono», mormorò con la voce attutita dalla mia pelle.

Non dissi niente, mi concentrai sui nostri battiti. Stretto contro il suo petto, sentivo il cuore di Taehyung martellare forte come il mio. Non ebbi più bisogno di guardare i suoi occhi per capire che cosa provasse.

«Di che cosa profumo?» chiesi dopo un po', accarezzandogli i capelli e chiedendomi se avessi mai toccato qualcosa di più soffice in tutta la mia vita. «Tu profumi di tabacco e gelsomino, e a volte vagamente di cloro» continuai.

Taehyung ridacchiò. «Ed è una cosa buona o mi stai dicendo che puzzo?»

Gli diedi un colpetto contro il fianco con il ginocchio. «Scemo. Certo che è una cosa buona, mi piace tanto il tuo profumo. Non hai risposto alla mia domanda, però.»

«Mmh.» Taehyung sembrò rifletterci su. «Spesso profumi di lavanda, soprattutto i tuoi capelli e i vestiti che indossi. È lo stesso profumo di tua madre.» Taehyung fece una pausa e iniziò ad accarezzarmi la schiena, disegnando piccoli cerchi concentrici. «Tu e lei avete lo stesso odore, come i gatti. La mamma riconosce il cucciolo dal suo odore. È una cosa molto dolce.»

Fu appena percepibile, ma la sua voce s'intristì, macchiandosi di una remota malinconia.
Mi scostai da lui e gli incorniciai il viso con le mani, accarezzandogli le guance con i pollici.

A Taehyung piaceva essere accarezzato, anche se non concedeva quel tipo di intimità a chiunque, anzi. Ricordavo bene come qualche tempo prima mi avesse impedito di abbracciarlo, tenendomi i polsi fermi lungo i fianchi mentre piangeva in silenzio sulla mia spalla. Non voleva essere consolato. Non accettava quel tipo di conforto, anche se lo offriva sempre agli altri. Era come una punizione che si auto-infliggeva, come se non accettasse di ricevere uno sconto sul dolore che stava provando, perché credeva fosse giusto patirlo tutto, credeva che fosse equo. Era comunque soltanto dolore, non era la morte, non era la sorte che era toccata a suo fratello.

Taehyung credeva davvero di non meritare l'amore di nessuno, eppure lo amavamo tutti, in maniera viscerale e irragionevole. Follemente.

Osservai il suo viso, gli occhi da felino, il naso dipinto, le labbra piene e il piccolo neo sotto il suo labbro inferiore. Era bello da togliere il fiato. Era triste da spezzare il cuore.

Taehyung abbassò lo sguardo sulle mie labbra e mi strinse di nuovo a sé, facendo aderire i nostri corpi. Si sporse in avanti, avvicinando la bocca alla mia, e poi si fermò, alla distanza di un respiro dalle mie labbra. Mi guardò di nuovo negli occhi e aspettò, senza alcuna impazienza. Sembrava che potesse rimanere in quella posizione per tutto il tempo del mondo. Perché stavolta voleva che fossi io a baciarlo.

Negli ultimi giorni pareva cercare le mie attenzioni più di quanto avesse mai fatto prima. Forse perché io ero ancora così timido con lui. Tremendamente timido. Bastava il minimo contatto fisico tra noi per farmi arrossire. Talvolta la timidezza mi faceva persino chiudere in me stesso, al punto che finivo per sottrarmi ai suoi baci per nascondere il viso contro il suo petto. E ogni volta Taehyung ridacchiava, intenerito, e mi ripeteva quanto fossi carino e che non avevo niente di cui vergognarmi. Cercava sempre nuovi modi per farmi sentire un po' più sicuro di me, più rilassato in sua presenza. Mi metteva alla prova per farmi combattere l'imbarazzo, e lo faceva nella maniera più gentile del mondo.

Lo fece anche quella volta, aspettando che fossi io ad azzerare la minuscola distanza che aveva lasciato tra le nostre labbra. E anche quella volta, come mille altre, il desiderio di baciarlo fu più forte di qualunque altra cosa. Più forte della timidezza, delle insicurezze e dell'imbarazzo.

Taehyung si appoggiò meglio contro la testiera del letto, con me ancora in braccio, e mi strinse la vita con le mani, mentre premevo le labbra sulle sue. Fu un bacio rapido, leggero, a stampo come quello dei bambini. Quando mi scostai, vidi Taehyung sorridere divertito e poi mimare con le labbra un "Ancora".

Sorrisi anch'io, un po' beffardo, e gli diedi un altro bacio, più lungo del precedente, ma non schiusi le labbra. Mi allontanai di nuovo e Taehyung mi seguì nel movimento, con gli occhi ancora chiusi, come se non volesse interrompere il contatto. Riaprì gli occhi e appoggiò la fronte contro la mia. «Per favore», sussurrò contro la mia bocca.

Allora smisi di giocare. La mie labbra sfiorarono le sue e i suoi occhi si chiusero di nuovo prima che le nostre bocche si schiantassero le une sulle altre. Mentre ci baciavamo, le sue mani mi cinsero più forte dietro la schiena. Mi baciava più intensamente ogni secondo che passava, come se avesse aspettato troppo a lungo. Nella stanza si udivano solo i nostri piccoli respiri, e poi nulla più, solo lievi rumori di sottofondo che parevano lontani anni luce.

Ci baciammo a lungo, ora con foga, ora con lentezza, cullandoci nelle carezze.

Quando ci separammo, i nostri occhi s'incontrarono, e il modo in cui mi guardò fu la promessa che non sarei mai più stato da solo a questo mondo.

«Mi prometti una cosa, Kookie?» disse con voce roca e ancora un po' affannosa. «Promettimi che quando avrai bisogno di aiuto, lo chiederai a qualcuno. A me, a tua mamma, a mio padre, a chiunque tu voglia. Solo non... non tenertelo dentro.»

Portai una mano sulla sua guancia e la accarezzai, sentendo gli occhi inumidirsi. «Allora perché tu lo fai? Perché ti tieni tutto dentro?» chiesi con voce rotta.

Taehyung scosse la testa. «Io sto bene, Kookie. Davvero. Non devi preoccuparti per me.» Si avvicinò per baciarmi la fronte, ma io mi scostai.

«Non farlo», dissi.

Taehyung aggrottò le sopracciglia, confuso. «Cosa?»

«Non mentirmi. Non puoi mentire a qualcuno che ha vissuto sulla propria pelle certi dolori.»

Taehyung abbassò la testa, lasciando che le sue ciocche azzurre gli coprissero lo sguardo. Lo sentii sospirare, un po' tremante.

Gli presi le mani e le intrecciai alle mie. «Guardami», mormorai.

Taehyung lo fece. Aveva gli occhi lucidi e un po' arrossati. Sentii una lacrima solcarmi la guancia. Ogni volta che lui stava per piangere, io ero già in lacrime. Ogni volta che il suo cuore stava per spezzarsi, il mio era già andato in mille pezzi.

Taehyung mi asciugò le lacrime con i polpastrelli. «Mi tengo tutto dentro perché ho paura che se dico certe cose ad alta voce, allora diventeranno reali. Più reali di quanto non siano già. E io non voglio che questa sia la realtà in cui devo vivere, in cui devo esistere. Non posso sopportarlo, non posso... è troppo. Fa troppo male, Kookie.» La sua voce si incrinò sull'ultima frase. Tratteneva così tanto le lacrime che riuscivo a percepire il nodo che gli bloccava la gola.

Deglutii a vuoto diverse volte prima di parlare. «Tae... io...» Feci un profondo sospiro.
«Ascoltami. Non ho mai provato niente del genere in tutta la mia vita. Non so dare un nome a quello che provo per te, non saprei definirlo a parole. Forse non so nemmeno cosa significhi amare una persona, perché non me l'hanno mai insegnato. Quello che so è che non ho mai provato per nessuno ciò che provo per te. Mi scoppia il cuore quando mi tocchi, quando mi abbracci, quando mi baci. Volevo dirtelo. Volevo farti sapere che... sei amato, Taehyung. Per la persona che sei e non per quello che ti imponi di essere. Sei amato. Tanto. E se il peso che porti sulle spalle è troppo, io voglio portarlo insieme a te e alleggerirti un po' il cuore da tutto questo dolore. Non devi sopportarlo più da solo. Tu l'hai fatto per me, e ora io voglio farlo per te. Non sarai mai da solo.»

Mi chinai e gli baciai le lacrime che sfuggirono al suo autocontrollo. Poi tornai a guardarlo negli occhi e incatenai il mio mignolo al suo. «Te lo prometto», sussurrai alla fine.

Dall'espressione confusa che mi rivolse, Taehyung non capì subito che mi riferivo alla domanda che mi aveva posto poco prima. Dopo qualche secondo parve illuminarsi, guardò i nostri mignoli e ridacchiò. «Bene», rispose con la sua voce profonda. Incrociò il mio sguardo e ricambiò la promessa, tornando ad abbracciarmi.

Per il resto del pomeriggio non facemmo nient'altro che dormire, chiacchierare e mangiare ramen istantaneo, perché mia mamma aveva preso appuntamento con il suo avvocato e io non ero capace di cucinare.

«Domani sei libero, Kookie?», mi chiese a un tratto, mentre sceglievamo un film da guardare alla TV. Era seduto sul divano in salotto, una gamba piegata e l'altra penzoloni oltre il bordo.

Smisi di ficcanasare nella collezione di film sentimentali che mia madre aveva stipato nella libreria del salotto e mi voltai verso di lui. «Mmh, fammi pensare. Devo giocare ai videogiochi, finire il libro che sto leggendo e scrivere sul mio diario. A parte questo, sì, perché?» Gli rivolsi un sorrisetto.

Taehyung aprì la bocca e si portò una mano al petto, come se gli facesse male. «Auch. Confermo, per me non sei reale. Sei un androide giapponese, adorabile e letale.»

Scoppiai a ridere e gli diedi di nuovo le spalle, continuando la mia ricerca.

«Comunque, vorrei portarti in un posto», aggiunse Taehyung.

I miei occhi divennero grandi come due dischi volanti quando si posarono su un dvd anomalo. Tra le numerose storie d'amore spiccava il dvd di Iron Man. Spalancai la bocca. «Daaaeeebak, non sapevo di averlo! Guarda! Iron Man!» Mi voltai di nuovo verso Taehyung, mostrandogli la copertina della custodia con un sorriso enorme stampato in faccia.

Taehyung gettò indietro la testa e si passò una mano sulla faccia, sospirando dolorosamente. «Se non la smetti ti riporto in camera tua di peso e ti bacio fino a domani.»

Mi morsi il labbro per trattenere una risata. Non ci riuscii molto bene, dato che venne fuori una sorta di squittio imbarazzato e infantile.

Taehyung abbassò la testa e mi guardò con un sorriso divertito. «Sei tremendo. Hai sentito quello che ho detto?»

Annuii e appoggiai il dvd sul tavolino, andando a sedermi accanto a lui sul divano. «Dove vuoi portarmi?»

Taehyung fece spallucce. «Verresti lo stesso con me se non te lo dicessi?» mi chiese, giocando con i lacci della sua felpa e osservando la mia espressione.

Annuii con decisione, perché dopotutto era la verità, l'avrei seguito anche in capo al mondo.

Le labbra di Taehyung si aprirono in un sorriso gigantesco che coinvolse anche gli occhi, socchiusi e splendenti come due mezzelune.

Brillavano. I suoi occhi mi guardavano e brillavano di felicità.









All my senses 
intensified
Whenever you and I, we dive まオ猿因苛 ンミ鬱ゃ











a/n

ho scritto in apnea? sì. sono ancora viva? miracolosamente sì, ma sono molto molto provata. come sempre, succede che non dormo una notte e torno a scrivere rib. questo capitolo è dunque il frutto di due giorni di insonnia e apnea. spero sia venuto fuori decentemente.

li amo, li amo tantissimo e questo sarà sempre uno dei comfort chapters di rib. mi ha confortata tantissimo scriverlo e spero che abbia fatto lo stesso anche con voi.

vi voglio bene, blue family. grazie per essere qui, grazie per avermi aspettata anche stavolta, grazie per la vostra pazienza.

spero di essermi fatta perdonare almeno un po'.

vi abbraccio forte,
Maddie💙

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