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«Accidenti, se continua a nevicare così poi sarà una sfida fare ritorno in città !»
Godric si allontanΓ² dalla finestra e osservΓ² il marito lanciare una breve occhiata fuori, poi tornare a guardare le pagine del libro che stava leggendo.
à così da prima che partissimo, ragionò il Principe Consorte, chiedendosi se la causa di quell'atteggiamento fosse da reputare alla piccola crisi matrimoniale che avevano attraversato o se ci fosse dietro dell'altro.
SospirΓ². Β«D'accordo, ascolta... io ci sto davvero provando, ma tu sembri quasi voler peggiorare la situazione, anzichΓ© contribuire a migliorarla.Β» Gli sfilΓ² dalle mani il libro, pur sapendo che il re odiava che lo si facesse. Β«Su, avanti, fuori il rospo. Qui possiamo parlare liberamente, ricordi?Β»
Dante gli scoccΓ² un'occhiata un po' risentita, poi: Β«Non so da dove iniziareΒ».
Β«Comincia provando a dirmi se si tratta di me o di qualcos'altro.Β» Godric si accigliΓ², poi spalancΓ² gli occhi. Β«A-Aspetta... n-non dirmi che... che hai un amante o...Β»
Il sovrano lo squadrΓ² con aria offesa e oltraggiata. Β«Ma sei impazzito? Per quale diavolo di ragione dovrei tradirti?! Non si tratta di te!Β»
L'altro, dentro di sΓ©, ringraziΓ² che non ci fosse di mezzo una relazione extraconiugale. Β«Va bene, scusami. Γ stato infantile da parte mia, perΓ²... Oh, insomma! Ora non fare il granchio eremita come tuo solito!Β»
Dante scelse saggiamente di non ingigantire la questione. Β«Mia madre mi ha parlato di una cosa, prima che tu ed io partissimo per recarci qui.Β»
Β«Ovvero?Β»
Β«Dice che... forse potrebbe esserci un modo per farmi riguadagnare la vista. Mi ha spiegato a grandi linee la questione e pare che esistano due maniere: restituirmi gli occhi con i quali sono nato oppure... usare quelli di un consanguineo, ovvero... Remus. Ora capisco perchΓ© ha insistito tanto perchΓ© fosse lei a disporre della salma.Β»
Godric era sbalordito. «Beh... sarebbe una maniera per rendere la morte di tuo zio... diciamo funzionale. Senza contare che potresti finalmente vedere me e i tuoi figli come ci vedono tutti gli altri!» Un po' lo inquietava e preoccupava quel discorso, quella possibilità , ma non poteva negare che fosse una prospettiva altresì allettante. Eppure lo vedeva che la questione non entusiasmava affatto il suo compagno, il quale scosse la testa. «Io ormai sono abituato alla vista che possiedo da tanti anni. Mi è spesso tornata utile, mi permette di vedere nel prossimo cose che gli altri ignorano, la loro reale natura. Certo, diventerei come gli altri, avrei una vita più normale, ma...»
Β«... saresti incapace di indovinare la reale indole del prossimo.Β»
Β«Esatto. E comunque... parliamo pur sempre degli occhi dell'uomo che mi ha tradito, che ha ordinato a piΓΉ riprese la mia esecuzione e ha progettato di far del male anche a te e ai nostri figli. Non credo vivrei serenamente sapendo che in qualche maniera gli rimarrei debitore in eterno. Ne odio la sola idea.Β»
Era ovvio che una parte di lui fosse indecisa e desiderasse tentare quella via, ma non era convinto, glielo si leggeva in faccia.
Godric gli strinse allora una mano con forza. «Sai che per me non è mai stato un problema la tua condizione, però secondo me dovresti rifletterci bene. à un'occasione che non si ripresenterà , Dante. E comunque... a mio parere ti affidi troppo alle tue capacità e dai loro troppa rilevanza. In fin dei conti, parlando di Remus, lo stesso non sei riuscito a capire che in realtà ti detestava e desiderava la tua rovina. La verità è che non saremo mai fino in fondo sicuri di cosa gli altri pensino o meno di noi, di cosa si portino dentro. Quella è una possibilità che hanno solamente gli dèi. Se puoi facilitarti la vita, anche se solo un poco, perché non tentare? Se gli occhi sono di Remus ha ben poca importanza, sono solo degli occhi. Credo... credo che servirebbe anche a tua madre per riguadagnare un po' di pace interiore. Si sente in colpa per quello che fu costretta a fare quando eri ancora un bambino e penso che dovresti darle la possibilità di rimediare.» Sbatté le ciglia in modo civettuolo e diede una scherzosa gomitata al marito. «E poi non ci credo assolutamente che tu non sia neppure un po' curioso di sapere com'è realmente fatto il tuo incantevole, anzi bellissimo, sposo. Insomma, sono una vera rarità e trovo tu abbia il sacrosanto diritto di essere testimone a tutto tondo del mio fascino. Non sai cosa ti sei perso negli ultimi dieci anni, fidati! à praticamente un peccato mortale restare indifferenti alla mia magnificenza!»
Il re alzΓ² gli occhi al cielo, fingendosi nauseato. Β«Ti rendi conto di aver speso due minuti buoni nell'autocelebrarti, vero?Β»
Β«AppuntoΒ» lo rimbeccΓ² suadente Godric. Β«Sarebbe molto meglio se fossi tu a celebrarmi, non pensi?Β» Si sporse e lo baciΓ² con lentezza. Β«Vedresti il mio viso ad ogni tuo risveglio, ogni volta che faremmo l'amore o quando ti guardo e penso a che uomo meraviglioso ho avuto la fortuna di sposare.Β» Gli fu necessario raccogliere la propria veste giusto un secondo prima di poter mettersi cavalcioni per bene sul suo amato sovrano. Β«Potresti ammirare con i tuoi stessi occhi la magnificenza del regno che ogni giorno contribuisci a proteggere e a migliorare. Vedresti quanto i tuoi sudditi ti amano e guardano con riverenza.Β»
Di tanto in tanto non era un crimine esercitare certe arti sul proprio compagno per incoraggiarlo a imboccare la strada migliore ed era proprio quello che stava provando a fare lui. Dante a volte non riusciva a capire cosa fosse bene o male per se stesso e aveva bisogno di qualcuno che lo indirizzasse verso il giusto sentiero.
Magari era un po' crudele a giocare la carta della seduzione, specie considerando che aveva condannato il marito a settimane di astinenza, ma in amore e in guerra tutto era lecito, no?
SogghignΓ². Β«Qualcosa mi dice che ti sono mancatoΒ» gli sussurrΓ² all'orecchio, scendendo poi sul collo e lasciandovi un piccolo morso. Β«Non sei neppure un po' curioso di sapere in che stato sono capace di ridurmi quando mi possiedi e mi fai urlare dal piacere?Β»
Β«Stai giocando sporcoΒ» protestΓ² rauco Dante, il quale, perΓ², sembrava del tutto in suo potere. Forse avrebbe persino acconsentito a dichiarare guerra a questo o quest'altro regno, in quel momento, se solo il suo sposo glielo avesse mormorato sulle labbra.
Β«Mhm, tu dici?Β» replicΓ² l'altro, la voce soffusa come le fusa di un gatto. Β«Io ti sto solo esponendo i tanti vantaggi della proposta di LythaΒ» aggiunse con innocenza. Un istante dopo, perΓ², si fece scivolare via dalle spalle la parte superiore della veste color perla e dalle rifiniture argentate. Ben presto se la tolse di dosso completamente e rimase solamente con la biancheria che lasciava ben poco all'immaginazione. Proprio mentre sembrava che avrebbe realizzato le piΓΉ selvagge fantasie del marito, tuttavia, si scostΓ² e si rimise in piedi, guardando con aria beffarda, dall'alto in basso, il compagno che lo fissava attonito e snervato.Β
Β«Mentre rifletti io vado a farmi un lungo bagno caldo.Β»
Cosa?
Gli occhi lampeggianti di stizza del re seguirono sì e no furenti il Principe Consorte che si stava dirigendo nel grande bagno oltre il vestibolo adiacente alla camera da letto in cui si trovavano.
Β«Ora bastaΒ» sentenziΓ² a voce abbastanza alta perchΓ© l'altro potesse sentirlo. ScattΓ² su e lo raggiunse a passo deciso, quasi sbattendo una mano sulla porta pur di sbarrargli in tempo la strada e impedirgli di andarsene. Β«Sul letto. Ora.Β»
Il suo sposo inarcΓ² un sopracciglio, per nulla impressionato. Β«Mi stai dando un ordine, per caso?Β»
Β«Esattamente.Β»
Β«Mi spiace informarti che con me non funziona.Β» Godric gli afferrΓ² la profonda scollatura della camicia e lo fece chinare verso di sΓ©. Β«Sono io a ordinarti di stenderti su quel lettoΒ» aggiunse in tono deciso, spingendolo poi sempre piΓΉ in direzione del giaciglio finchΓ© non si trovΓ² proprio dove voleva che fosse.
Lentamente si accostò a uno dei tendaggi del letto a baldacchino e prese in prestito la corda dorata con cui la stoffa era raccolta attorno alla sottile colonna di legno scuro. Ne prese un altro e poi agì spinto da un insolito e ardente desiderio di essere lui ad avere il totale controllo della situazione quando gli legò i polsi alla testiera finemente intagliata e scolpita. Si prese un attimo per ammirare la propria opera. «Sarebbe davvero crudele lasciarti in simili condizioni per... non saprei, diciamo fino a domattina?»
Avrebbe riso vedendo un impeto di rabbia attraversare gli occhi cerulei del marito.
Β«Se ci provi, giuro che...Β»
Β«Potrei farlo, ma non lo farΓ², tranquillo.Β»
Dante pareva un po' a disagio. Β«Non mi piace questa cosaΒ» borbottΓ².
Godric gattonΓ² lentamente fino a ritrovarsi seduto sul suo inguine. Β«Tra non molto la penserai diversamente, fidati.Β» Gli strappΓ² letteralmente in due la camicia e iniziΓ² a lasciare una scia di ardenti e umidi baci su ogni centimetro di pelle che incontrava. Ad ogni bacio lo sentiva agitarsi con impazienza o imprecare a denti stretti.
Lo fece apposta di armeggiare piΓΉ del dovuto con la cintura e poi nello sfilargli via il resto degli abiti, consapevole di avere su di sΓ© il suo sguardo ardente di ferina bramosia.
Sapeva di star un po' torturandolo, ma in fin dei conti, di tanto in tanto, non faceva male rendere le cose piΓΉ interessanti.
Risalì lungo il suo corpo e gli mormorò all'orecchio: «Qualunque cosa io possa fare nei minuti che verranno, avrai il divieto di lasciarti andare fino a quando non sarò io a ordinartelo esplicitamente. Tutto chiaro?»
Lo vide lottare ancora una volta con i nodi ben fatti che gli bloccavano i polsi.
Β«Se mi libero, vedrai che fine faccio fare ai tuoi ordini!Β»
Β«Mhm, certoΒ» lo rimbeccΓ² con noncuranza Godric, conscio che quelle fossero le minacce di un uomo disperato e dunque vuote. ScivolΓ² nuovamente indietro e a tradimento morse la pelle appena sopra il plesso solare. Vide i muscoli, ogni insenatura e rilievo di essi, sussultare e contrarsi.
Non gli sarebbe dispiaciuto affatto sentirlo supplicare. Β«Vuoi che vada avanti?Β» flautΓ².
Dante, perΓ², da uomo testardo e recalcitrante come un mulo qual era, serrΓ² le labbra e volse altrove lo sguardo con decisione, peggio di un bambino offeso che aveva deciso di non rivolgere piΓΉ la parola a nessuno. Abituato com'era ad avere sempre il pieno controllo su tutto e tutti, era ovvio che in parte fosse infastidito dalla sua attuale condizione di totale impotenza.
Godric perΓ² non dovette far altro che continuare a stuzzicarlo per ottenere finalmente una mezza supplica, pur comunicata tramite gesti e snervanti lamenti.
Β«Come, scusa?Β» incalzΓ² impunito.
Β«Fa' quello che vuoi, ma falloΒ» sbottΓ² il re, ormai al limite.
Un guizzo compiaciuto lampeggiΓ² nelle iridi color malva del Principe Consorte, il quale si chinΓ² e gli concesse un po' di sollievo tramite la bocca, graffiandogli con gentilezza nel frattempo lo stomaco.
Vedendolo arcuare la schiena e presentare i chiari segni di un imminente cedimento, si decise a porre fine allo strazio. Piano piano si privò della biancheria e si scostò dal viso la cascata di folti e ondulati capelli corvini. Un po' alla volta, con una lentezza logorante, dopo essersi preparato con dell'olio d'erbe per facilitare tutto, lo accolse dentro di sé e nello stesso istante fece scontrare le loro labbra in un bacio famelico interrotto solamente dagli ansiti di entrambi. Appena si sentì pronto a continuare, iniziò a ondeggiare contro il marito, reggendosi con ambedue le mani alla testiera quando i movimenti dei loro corpi in totale sincronia si fecero via via più veloci e intensi, quasi rabbiosi, animaleschi, specialmente i suoi.
Non provava solamente eccitazione e piacere, no... era qualcosa di ancor più viscerale e primordiale, una sorta di fame che nulla aveva a che vedere con il cibo. Trasferì una mano sulla spalla sinistra di Dante e l'altra, invece, sopra una delle sue ginocchia, ormai alla mercé della lascivia e di quella frenetica danza eseguita dai loro corpi sudati e frementi.
Non appena capì che di lì a poco avrebbe raggiunto l'apice del piacere, si strinse al compagno e gli sussurrò all'orecchio: «Hai il mio permesso». Vennero così assieme, soffocando i gemiti con i baci che si scambiarono.
Godric, prima di separarsi dal marito, finalmente gli liberΓ² i polsi e poi, sfinito, scivolΓ² accanto a lui, per poi guardarlo da sotto le palpebre socchiuse. Β«Allora, cos'hai da dire in merito all'esperienza che hai appena fatto?Β» incalzΓ² per stuzzicarlo.
Dante si massaggiΓ² la pelle lievemente segnata dal cordame, poi gli scoccΓ² un'occhiata che pareva al tempo stesso complice e inviperita. Β«Dico che non la passi liscia, stavolta.Β» Gli sfilΓ² dalla mano le corde e con apparente candore gli sorrise. Β«Faccia rivolta alla testiera e bocca chiusa, se non ti spiace.Β»
Me la sono cercata, pensò l'altro, anche se non disdegnava per niente al mondo un secondo giro. Obbedì subito e in pochi istanti gli vennero uniti i polsi in un unico nodo che poi venne assicurato bene alla struttura del giaciglio. «Adesso?»
Β«Adesso, Godric,Β» replicΓ² il re, Β«sarΓ² io a farmi un bel bagno caldo.Β»
Il Principe Consorte sbarrΓ² gli occhi, attonito, e lo fissΓ² a bocca aperta mentre scivolava via e si allontanava. Β«Cosa?! Non osare! Torna subito qui! Non ti azzardare, mi senti?!Β»
Dante si fermò e posò una mano sullo stipite delle porte che aveva già aperto. Sorrise di sbieco in modo a dir poco diabolico, la tipica espressione che Godric volentieri, al momento, gli avrebbe cancellato dalla faccia a suon di ceffoni. «E perché mai? Sei una così bella vista, da qui!»
Β«Oh, tu, brutto... brutto...Β» biascicΓ² l'Efialte piΓΉ giovane, rosso in viso dalla rabbia. Β«Quando mi sarΓ² liberato, ti assicuro che passerai non so quante grane!Β»
Evergard sghignazzò di gusto. «Correrò il rischio.» Che ci si credesse o meno, fece esattamente quello che aveva detto pochi minuti prima: si fece un bagno e si premurò di impiegarci più tempo del consueto. Quando tornò, pronto a comunicargli che avrebbe accettato la proposta di Lytha, trovò tuttavia ad aspettarlo Godric che, liberatosi con la magia, lo inseguì per i corridoi del palazzo con addosso una veste da camera e brandendo in mano un candeliere.
Β«Aspetta solo che riesca a metterti le mani addosso, disgraziato!Β»
BenchΓ© fossero solamente le tre inoltrate del pomeriggio, il cielo era talmente lattiginoso e scurito dalle nubi della tempesta ormai alle porte da dare l'impressione che la sera fosse giunta in anticipo.
Il professor Carvajal si ritrovΓ² ancora una volta a rimpiangere il clima assai piΓΉ soleggiato e caldo della Spagna, terra dalla quale era giunto nel Nuovo Mondo dopo aver viaggiato scomodamente per nave per un tempo che gli era sembrato infinito.
«Fate attenzione, signore. Dove non c'è la neve il terreno potrebbe esser comunque ghiacciato» lo avvertì il cocchiere dopo avergli aperto lo sportello della carrozza.
Carvajal annuì e si trattenne dall'emettere uno sconsolato lamento alla vista dello spesso strado di neve che gli sarebbe tra non molto toccato attraversare. L'idea di immergersi in quel mare bianco e gelido lo impensieriva non poco, ma non aveva altre alternative.
Scese dalla scaletta di ferro con una certa prudenza, temendo di poter scivolare.
Β«Non preoccupatevi per i bagagli. Ve li porterΓ² dentro io, voi intanto entrate. Qua fuori fa un tempo da lupi e finirete per pigliarvi un malanno, datemi retta.Β»
Il professore decise subito di ascoltare quel consiglio e non esitò un attimo a percorrere a passo più svelto possibile il piazzale innevato. Salì i gradini di pietra della scuola e reprimendo dei brividi di freddo afferrò uno dei grossi battenti ad anello che pendevano dalle fauci di due teste di lupo in ottone. Sembravano fissarlo con austera severità e non molto amichevoli.
Mentre aspettava che qualcuno andasse ad aprirgli, si prese un attimo per osservare l'edificio: il Feridan Advanced Institute era una struttura imponente, gli fece venire subito in mente, in parte, un antico monastero gotico o qualcosa del genere.
Eppure, da quel che gli era stato riferito, era di costruzione piuttosto recente, neppure quarant'anni di attivitΓ . Coloro che lo avevano fatto costruire dovevano quindi avere a cuore un certo stile architettonico che si distanziava di molto da quello che vigeva nei tempi moderni.
Il professore quasi sobbalzò quando, chissà dove nei boschi che attorniavano la piccola città di Feridan Town, udì in maniera distinta un ululato sovrapporsi ai lamenti della tormenta.
In generale andava d'accordo piΓΉ con gli animali che con gli altri esseri umani, ma quel suono gli aveva fatto venire la pelle d'oca e per un attimo fatto credere di trovarsi in una delle vecchie storie del terrore che la sua balia aveva tanto adorato raccontargli quand'era stato bambino.
à solo un lupo. Non fare il coniglio, si disse, scostandosi dal viso i capelli castano-rossicci infradiciati dalla neve lì rimasta impigliata. In teoria li portava sempre legati, ma il vento e i gelidi cristalli di ghiaccio lo avevano reso sì e no impresentabile. Lo attendeva una ben poco dignitosa figura con gli altri professori e, soprattutto, con il preside.
Finalmente le alte porte di legno massiccio vennero aperte e sulla soglia comparve il custode, un uomo di mezza etΓ e vestito in modo decoroso.
Β«Salve, io sono...Β»
«Siete il nuovo professore?» chiese il custode, interrompendo Carvajal. Quest'ultimo annuì e venne così fatto entrare. Squadrò l'uomo anziano in piena confusione quando egli sollevò una mano. «Uhm...»
Β«Potete lasciare a me il mantello.Β»
Β«Oh, g-giusto.Β» Il nuovo arrivato si diede dello scemo e provvide subito a consegnare l'indumento mezzo fradicio al custode. Nel farlo si diede un'occhiata in giro e si sforzΓ² di non fissare l'ambiente a bocca aperta. Per essere una scuola quel posto sembrava davvero di lusso: i pavimenti erano di legno lucido, le pareti di solida pietra grigio scura e quello in cui lui si trovava doveva essere l'atrio al cui centro, magnifica e spaziosa, troneggiava una scalinata di marmo nero decorata da un tappeto rosso scuro e corrimano ricavati dallo stesso materiale delle pareti.
Β«Seguitemi. Vi accompagno dalla preside.Β»
Il professore rimase un po' scioccato. Β«La preside? Questa scuola Γ¨ gestita da una donna?Β» Non che fosse uno di quelli che ritenevano le donne delle buone a nulla, ma era praticamente qualcosa senza precedenti sapere che il Feridan Advanced Institute avesse all'apice una preside, anzichΓ© un uomo.
Β«La cosa vi indispone?Β» chiese di rimando il custode, pronto forse a rimetterlo al suo posto, ma Carvajal sollevΓ² le mani in segno di pace e scosse la testa. Β«N-No, certo che no. Γ... Γ¨ solo che...Β»
Β«Lady Crane Γ¨ una donna unica nel suo genere e una strega rispettabile, posso assicurarvelo.Β»
Β«Non intendevo mettere in dubbio assolutamente la validitΓ della sua autoritΓ Β» replicΓ² Carvajal a tono, trovando l'atteggiamento di quell'uomo a dir poco scortese. Β«Ho solo espresso la mia sorpresa, niente di piΓΉ.Β»
La discussione non ebbe seguito alcuno e il professore in silenzio seguì su per i gradini dell'atrio l'anziano domestico. In cima le scale si dividevano in una biforcazione e da entrambi i lati si proseguiva verso due grandi porte di legno scuro abilmente intagliato.
Notando uno strano fenomeno sul pavimento, come ombre vorticanti, per lui fu istintivo sollevare gli occhi e fissare sbalordito l'enorme lucernario centrale che decorava il tetto. Una fitta ragnatela di metallo teneva insieme gli enormi pannelli di vetro che, sicuramente, quando il cielo era limpido, offrivano una vista mozzafiato, specie se nella notte il firmamento era trapunto di stelle e schiarito dal latteo bagliore della luna.
Attualmente, perΓ², tutto quello che Dario riusciva a vedere era un cielo scuro e furibondo che riversava senza pietΓ sulla scuola neve a piΓΉ non posso.
Β«Non rimanete indietro, per favore.Β»
Si riscosse e raggiunse, un po' di malavoglia, il custode che lo attendeva di fronte alla porta a destra già aperta. Carvajal osservò il corridoio oltre di essa e vide che si suddivideva in quattro direzioni che conducevano ad altre stanze o forse ad altri corridoi. Loro, però, dovevano salire la rampa di scale a chiocciola che si trovava al centro di quel crocevia. Il professore deglutì ed esitò un po' prima di decidersi a percorrere la gradinata, imponendosi però di non guardare sotto di sé. Le altezze in sé per sé mai gli erano piaciute un granché, ma non intendeva di certo fare una figuraccia con quel burbero custode.
Un altro corridoio, poi altre scale e spaziosi corridoi illuminati da lampade a olio che sorgevano dalle pareti.
Era ovvio che stessero risalendo la struttura e che l'ufficio della preside si trovasse piΓΉ o meno in cima, com'era in fin dei conti giusto che fosse.
Carvajal schiarì la voce. «Lei lavora qui da molto?» chiese, incapace di sostenere il tragitto senza un minimo di interazione. In fin dei conti, per quanto solitario e poco avvezzo alle frivolezze, rimaneva un essere umano, non un sasso o un vegetale. Il saggio Aristotele affermava che l'uomo fosse un animale sociale e non sbagliava affatto.
Il custode gli lanciΓ² una breve occhiata. Β«Lavoro qui sin dalla fondazione della scuola.Β»
Β«Capisco. Uhm... per caso sa dirmi quanti altri professori lavorano qui?Β»
Β«Una ventina. Voi, perΓ², a occhio e croce siete in assoluto il piΓΉ giovane di tutti loro. Mi sembra strano che abbiano assunto un ragazzino per istruire dei ragazzini.Β»
Il professore si impose di non replicare in modo impulsivo. Β«Teoricamente, alla vista, avrei venticinque anni, perciΓ² non sono un ragazzino. E comunque in realtΓ ne ho molti di piΓΉ, solo che per questioni che non ho voglia di sbandierare sono costretto a tollerare ogni singola volta persone come lei intente a sciorinare battute infelici come quella di poco fa.Β» BenchΓ© avesse detto tutto con tono cordiale, lo stesso aveva sottolineato, sottilmente, la maleducazione del suo interlocutore.
Che diamine, pareva quasi che essere o comunque sembrare giovani fosse sinonimo di inesperienza e poca bravura.
Β«Non volevo offendervi.Β»
Β«E ci mancherebbeΒ» mormorΓ² fra sΓ© stizzito Carvajal, capendo nel frattempo che erano arrivati a destinazione, visto che si erano fermati di fronte all'ennesima porta massiccia attorniata da un arioso ed elegante corridoio.
Β«Da qui in avanti credo possiate continuare da solo.Β»
Il professore annuì sterilmente. «Sì, la ringrazio.» Attese che il custode si fosse dileguato e poi bussò. La voce di una donna lo invitò a entrare e lui, dunque, dopo essersi dato una veloce rassettata, accedette all'ufficio.
La stanza sembrava un connubio fra uno studio e un salotto e presentava un arredamento a dir poco sopraffino e per nulla dozzinale. A venirgli incontro fu una donna dall'aspetto giovane e dalle movenze leggiadre. Aveva i capelli rosso fuoco e nel suo viso d'alabastro e dalla sottile ossatura erano incastonati due occhi da cerbiatta color fiordaliso. L'abito, del tutto in linea con la moda del millesettecentotrentatré, era di un bel color smeraldo e possedeva preziose rifiniture color argento. Dal collo della nobildonna pendeva una collana di scintillanti diamanti e la fulva chioma era raccolta in un'acconciatura sì semplice, ma ben fatta.
Carvajal si chiese se quella donna fosse almeno in parte una fata, tanto era radiosa e affascinante, anzi magnetica.
«Voi dovete essere il professor Carvajal» esordì la dama, tralasciando convenevoli come il baciamano e altre cose che lei, personalmente, sembrava ritenere triviali futilità .
Dario annuì quasi con ritrosia. Si chiedeva se i suoi colleghi fossero di presenza altrettanto abbagliante e, in caso lo fossero, cosa ci facesse uno come lui in un posto come quello. Si sentiva alla stregua di una sgraziata cornacchia di campagna dentro una preziosa gabbia d'oro zecchino. Del tutto fuori luogo.
«S-Sì, sono io» biascicò, per poi schiarire la voce. «E voi dovete essere la preside, suppongo.»
La donna sorrise di sbieco. Β«Scommetto che vi avrΓ stupito scoprire che non Γ¨ un uomo a mandar avanti gli ingranaggi di questa scuolaΒ» lo rimbeccΓ² sagace. Β«Posso comprendere la vostra sorpresa, ma... beh, passiamo agli affari, adesso, che ne dite? Potete chiamarmi βsignora preside" o, se vi fa piacere, βlady Crane". Il mio nome di battesimo, comunque, Γ¨ Reida, giusto perchΓ© lo sappiate. Prego, sedete!Β»
Quasi intontito da tutte quelle informazioni improvvise, il professore obbedì e si accomodò su una delle due poltroncine di velluto scarlatto poste di fronte all'ampia e affollata scrivania.
Β«Posso... posso chiedervi come mai avete deciso di assumermi? In tutta franchezza a malapena riesco ancora a capacitarmi di come io sia finito qui.Β»
La preside si sedette a sua volta e giunse le mani sopra la scrivania. Β«Non lo indovinate?Β»
Β«Ora come ora la mia mente brancola nel buio.Β»
«à stato vostro padre a dirmi che eravate un insegnante.»
«Oh...» Dario invano provò a celare l'imbarazzo e finalmente capì perché suo padre aveva così tanto insistito affinché accettasse l'impiego. Quella volpe matricolata! «B-Beh, ecco... io... i-in realtà non ho esperienza con questo genere di lavoro. Ero un istitutore fino a qualche anno fa.»
«Sì, lo so. Mi è stato detto anche questo.»
Β«Mio padre vi ha detto anche dell'altro?Β»
Β«PiΓΉ o meno mi ha riferito ogni cosa sul vostro conto, ma invece ha preferito tacere sulle ragioni per cui per un po' di tempo non avete piΓΉ esercitato la vostra professione. So, perΓ², che avete appreso da lui non solo la magia, ma anche un po' di alchimia. Γ vero che, proprio come Rodrigo, avete avuto la possibilitΓ di beneficiare del Filtro dell'ImmortalitΓ da lui scoperto e fabbricato?Β»
Il professore si morse il labbro inferiore. «Tecnicamente sì, ma... non è accaduto per ragioni accademiche o connesse alla semplice e venale vanità .» Capendo che la donna, Reida, non si sarebbe accontentata di quella magra spiegazione e sapendo di non aver nulla da nascondere, decise di approfondire: «A venticinque anni rischiai di morire e lui, per salvarmi, decise di farmi bere il filtro. In tale maniera sarei sopravvissuto, certo, ma a volte ho la sensazione che lui in realtà avesse voluto a tutti i costi impedirmi di morire in ogni caso, come se fosse di vitale importanza che sopravvivessi. So che sembra ridicolo e assurdo, ma è ciò che penso.»
La preside fece un cenno, ora seria. Β«Posso chiedervi cosa avvenne? Eravate giovane, dopotutto, e sicuramente in buona salute.Β»
Le mani di Carvajal per un attimo tremarono. Β«Preferirei non parlarne, perdonatemi.Β» BenchΓ© dapprima gli fosse parso un grido penetrante, subito dopo si rese conto di esser quasi saltato dalla poltrona per colpa del vento che aveva scelto di fargli un brutto scherzo. Β«Accidenti, che tempaccio!Β» esalΓ², solo per mascherare l'imbarazzo che subito aveva seguito il breve spavento.
Reida annuì. «Da queste parti purtroppo il maltempo è frequente. Meglio che vi abituate.»
Il professore fece un debole cenno con la testa, per nulla consolato all'idea di dover tollerare forse giorni interi di nevicate, grandine o pioggia e temporali. Odiava questi ultimi due eventi atmosferici sin da quando era stato bambino e non sapeva proprio cosa farci. «Non mi è stato detto per quale materia sono stato assunto» buttò lì.
Β«Sapendo che siete molto abile e intuitivo nella preparazione di filtri, pozioni e via discorrendo, ho pensato bene di trovare un sostituto del professore Quincey per la materia da lui insegnata, ovvero Posilogia. Era ormai anziano e ha preferito godersi la vecchiaia lontano dagli schiamazzi di adolescenti sovreccitati.Β»
Β«Posso capireΒ» commentΓ² Carvajal, un po' scherzoso.
Β«Devo farvi presente, perΓ², che nonostante sia presente un medico, dovrete esser voi ad aiutarlo nel caso avesse bisogno di medicamenti piΓΉ particolari e difficili da ricavare.Β»
Β«Non c'Γ¨ problema. Quanti sono gli studenti?Β»
Β«Ora come ora circa un migliaio. Accettiamo solamente quelli che dimostrano di aver davvero voglia di imparare tutti i segreti della magia e, soprattutto, di voler saperla controllare.Β»
Β«Eppure la scuola si trova in una cittΓ ignara dell'esistenza delle streghe. Non Γ¨ rischioso?Β»
Β«La discrezione Γ¨ tutto per noi, quiΒ» replicΓ² tranquillamente la preside. Β«Non vi nascondo, comunque, che gli orari potrebbero risultarvi all'inizio pesanti. Le ore di insegnamento sono molte e solamente durante le festivitΓ vengono sospese. In tali circostanze ci si dedica ai festeggiamenti e i professori hanno modo di rilassarsi un po' e trascorrere quei giorni in compagnia. Gli insegnanti, se vogliono, hanno la piena libertΓ di fare ritorno dalle proprie famiglie.Β»
«Oh, per me non sarà un problema» la rimbeccò Carvajal. «Mio padre è sempre in viaggio e mia madre lo segue come un'ombra per assisterlo. Quanto a me... beh, non mi sono lasciato dietro nessuno in Spagna.» Si domandava se suo padre avesse parlato alla preside, magari facendoselo sfuggire, di suo figlio. Sperava tanto di no, perché, per quel che lo riguardava, non amava parlarne. Farlo avrebbe significato dover anche dire che fine avesse fatto il bambino in questione, così come il suo compagno, eppure gli bastò un secondo per capire che quella donna sapeva, magari solo in modo superficiale, ma ne era già al corrente. «Non credo ci sia nulla di peggiore del perdere un figlio» disse Reida. «E non voglio forzarvi a parlarne. Certe cose o le si vivono o non le si vivono, ma non si possono raccontare. Voglio solo chiedervi se ve la sentite di insegnare anche agli studenti più giovani. Non mi fa che vi troviate male o altro.»
Β«Non c'Γ¨ problema, davvero. Ormai ho superato il lutto, non vi preoccupate.Β»
Certo, non era un granchΓ© istruire i figli degli altri e fermarsi a pensare, di tanto in tanto, che anche lui avrebbe potuto un giorno far studiare in quella scuola stupenda il suo, di bambino, ma sapeva di aver bisogno di lavorare non solo per sostentarsi, ma anche per occupare la mente. Per quanto dieci anni non avessero in alcun modo saputo lenire quasi affatto il dolore, la vita andava avanti. La cruda realtΓ era quella e doveva accettarla.
Β«Quali sono gli orari?Β» chiese subito dopo, non volendo parlar oltre della questione.
La preside capì al volo e non osò aggiungere altro. «Per oggi riposatevi e cercate di ambientarvi. In serata vi farò avere una pergamena dove troverete tutto quello che vi serve sapere. Gli studenti sono disciplinati, perciò penso che non avrete difficoltà a istruirli. Qui le regole vengono osservate molto rigidamente e con altrettanto rigore vengono punite le infrazioni. Non temete, dunque, di essere troppo severo. Se sentite che è il caso di rimettere in riga un alunno, fatelo e basta. Nei casi più gravi rivolgetevi a me.»
Β«In realtΓ non amo molto fare il tiranno con gli studenti. Quando dovevo riprendere i miei pupilli mi dispiaceva sempre dover per forza rimproverarli o metterli in castigo. Se posso, preferisco evitare le maniere forti.Β»
Reida annuì. «Lo stesso non fatevi scrupolo alcuno, ove necessario.»
Il resto della giornata per Carvajal trascorse in maniera piuttosto prevedibile: gli vennero presentati tutti e venti i suoi colleghi, così come il personale. Gli studenti, invece, avrebbero fatto la sua conoscenza il mattino successivo visto e considerato che aveva preferito ritirarsi nella stanza che gli era stata assegnata e coricarsi anzitempo. Il viaggio lo aveva sfinito e di fame non aveva abbastanza da avere la volontà di presentarsi a cena.
Dunque eccolo lì, in quella sorta di piccolo e confortevole appartamento che, come gli altri venti, si trovava nell'ala centrale e ad appena un piano al di sotto di quello dov'era ubicato l'ufficio della preside. L'ala est e quella ovest, invece, erano riservate al dormitorio maschile e femminile.
Come scoprì dopo essersi fatto un bagno caldo ed essersi vestito per la notte, aveva smesso di nevicare. Se non altro non sarebbe stato disturbato dai gemiti del vento oltre le finestre delle quali si era premurato di chiudere i tendaggi.
Per le seguenti due ore, perΓ², invano cercΓ² di prender sonno. Si girava e rigirava fra le coperte, ma la stanchezza, per quanto presente, per ragioni ignote non riusciva a prendere il sopravvento.
Nel corridoio regnava il più totale silenzio, così come nel resto dell'edificio.
Forse mi farebbe bene andare a prendere un po' d'aria e fare una camminata.
Spesso funzionava, quando era insonne, e così decise di infilarsi un ricambio d'abiti pulito, gli stivali e un soprabito, scuro come gran parte del resto degli indumenti che era solito indossare e abbastanza pesante da tenerlo al caldo. Poteva pure godere dell'immortalità concessagli dal filtro che molto tempo addietro aveva ingerito, ma ciò non lo rendeva immune alla febbre e sì, anche al morire assiderato, di polmonite o peggio ancora.
RinunciΓ² tuttavia a legarsi i capelli, non avendone alcuna voglia e consapevole che nessuno a quell'ora lo avrebbe visto. Un po' di libertΓ poteva concedersela.
SgusciΓ² fuori dalla stanza a passo ovattato, ben attento a non far rumore, e ringraziΓ² che dalle finestre e dal lucernario penetrasse la luce argentea della luna. Non si sarebbe dovuto disturbare a usare la magia per illuminare il proprio cammino.
Si fece coraggio ogni volta che gli toccò scendere le scale a chiocciola per giungere a piano terra e in un modo o nell'altro riuscì ad arrivare a destinazione tutto intero.
Non potevano evitare di costruire scale così odiose?, si chiese, stringendosi di più nel soprabito mentre osservava l'atrio immerso nelle tenebre rese tuttavia meno dense dal lucernario che troneggiava sul tetto e rischiarava l'ambiente. Pareva, però, di trovarsi in un palazzo stregato. Tutto era talmente silenzioso e immobile da risultare quasi inquietante.
Faceva tutto un altro effetto di notte, quel posto.
Ad ogni modo, benchΓ© all'inizio avesse pianificato di uscire, gli bastΓ² guardare oltre una delle alte finestre per comprendere che sarebbe stato da matti aggirarsi lΓ fuori con piΓΉ di un metro di neve a rendere difficoltosa la traversata.
Gli ci volle un po' per ricordare dove si trovavano le cucine, ma alla fine ce la fece a raggiungerle e rimase stupito vedendo provenire da oltre le porte uno spiraglio di luce. Forse non era l'unico a soffrire di insonnia, dopotutto.
Quando fu sul punto di entrare, però, si bloccò udendo qualcuno parlare. Origliare era un'abitudine riprovevole, ma non riuscì a far altro né a tornare indietro quando capì che almeno tre degli insegnanti che aveva conosciuto quella stessa sera stavano parlando di lui. Riconobbe vagamente le voci di ognuno: due donne e un uomo.
Β«... certo che quel nuovo professore, Carvajal, Γ¨ davvero strano, non trovate?Β» disse una di loro.
L'altra rispose: Β«PiΓΉ che strano lo definirei un maleducato. Neppure si Γ¨ presentato a cena. Chi si crede di essere?Β»
L'insegnante maschio si intromise: Β«Piantatela, voi due. Non si parla male di un collega e comunque... beh, a giudicare da quello che ha detto la preside, ha passato un brutto periodo. Magari Γ¨ per questo che si comporta a quella maniera o forse era davvero stancoΒ».
Β«Lo stesso ritengo un simile atteggiamento sconveniente. E poi avete sentito quel suo terribile accento straniero? Siamo sicuri che sappia parlare davvero la nostra lingua?Β»
«à spagnolo, è normale che parli a quella maniera. Spero solo che non sia uno di quelli religiosi fino al midollo. Dicono che laggiù siano dei veri bigotti!»
Il professore del quale Dario non riusciva a ricordare il nome di nuovo intervenne: Β«Vogliamo piuttosto parlare del vero motivo per il quale, secondo tanti, si troverebbe qui? Lo hanno assunto solo per il nome che porta. Non credo sia un mago eccellente come il padre. Probabilmente non durerΓ che poche settimane. Scommetto che Quincey, se venisse a sapere con chi Γ¨ stato sostituito, tornerebbe dalla pensione piΓΉ lesto di una lepre.Β»
Lo scroscio di risate che seguì la pessima battuta spinse Carvajal a fare dietro front e a tornare indietro, poi a barricarsi nuovamente nella propria stanza.
Forse, anziché andarsene, sarebbe dovuto entrare in quella cucina e dirne quattro a quei pettegoli, ma non gli era mai piaciuto discutere con il prossimo e che senso avrebbe avuto farlo? Lo infastidivano luoghi comuni come quello secondo il quale i spagnoli fossero tutti fissati con il cattolicesimo e i suoi precetti, così come il venir preso in giro per via dell'accento straniero. I suoi genitori lo avevano tirato su incoraggiandolo a esplorare la filosofia, oltre che alla magia e all'alchimia, e a non lasciare che la mentalità dei loro tempi lo frenasse dal fare nuove esperienze. In quanto al suo modo di parlare, non era colpa sua e pur sapendo parlare l'inglese, avendo vissuto per un po' in Inghilterra, per la maggior parte della sua vita era rimasto in Spagna. Conosceva, però, non solo l'inglese, ma anche il francese e la dura lingua tedesca, aveva imparato ad amare il latino e ancor di più il greco antico.
Era facile parlare senza essersi presi prima la briga di conoscere veramente una persona.
In quanto alla sua storia personale, al passato dal quale stava in parte fuggendo, non essendo mai riuscito ad affrontarlo fino in fondo né a superare la duplice perdita, quelli erano e rimanevano fatti suoi. Non avevano nulla a che vedere con il suo carattere e se era dotato di un'indole che non si confaceva ai gusti di quella gente con la puzza sotto il naso, ebbene se ne infischiava. Era lì per ricolmare le menti degli studenti con il sapere, non per farsi amici gli altri insegnanti. Al diavolo loro e la loro adorata etichetta.
Si tolse il soprabito e lo gettò sulla poltrona accanto al caminetto ormai quasi del tutto spento e si rivestì per andare a dormire. Prima di scivolare sotto le coperte, però, volse gli occhi sul mobile vicino al letto e prese in mano la cornice di legno dipinto d'oro che racchiudeva un ritratto delle dimensioni di un libro. L'unico ricordo tangibile che gli rimanesse di tempi felici ormai andati perduti.
SfiorΓ² il viso dell'altro uomo che aveva posato con lui per il ritratto di famiglia e poi scese con le dita fino al paffuto angioletto che ricordava di aver tenuto in braccio per giorni in quella posizione.
Che ci si credesse o meno, era stato proprio grazie alla magia e all'alchimia se erano riusciti a diventare genitori come qualsiasi altra coppia, seppur in modo diverso e, in fin dei conti, assai piΓΉ interessante.
Pochi sapevano quali miracoli potessero scaturire da qualche goccia di sangue, un po' di luce lunare e una radice di Mandragora, nonché tanta, paziente attesa. Sbagliavano a dire che la vita non potesse essere creata se non nel solito modo. Erano tanti i misteri che molti mai avrebbero avuto il coraggio di sviscerare, perdendosi così mille e più meraviglie.
Quasi non aveva creduto alle proprie orecchie quando, una mattina, lui e il suo compagno erano stati svegliati di soprassalto dal vagito di un neonato e, corsi nel laboratorio, avevano scorto nella teca di vetro una piccola sagoma agitarsi e piangere a dirotto.
Da lì in avanti ogni giorno era stato migliore di quello precedente, almeno finché, proprio come un sogno, tutto non si era infranto di colpo.
SerrΓ² le palpebre e rimise a posto la cornice, non volendo ripensare a quella maledetta notte. Non ce la faceva e non poteva, non di nuovo.
Si coprΓ¬ con la pesante e calda trapunta e soffiΓ² sulla candela, scacciando β come spesso succedeva β la fantasma e dolorosa sensazione di assenza: quella del suo compagno accanto a lui che dormiva profondamente, russando in quella terribile maniera che spesso lui gli aveva rimproverato, e il piccolo Diego che aveva spesso voluto rimanere con loro e dormire stretto a lui. Malgrado fosse stato figlio di entrambi, con lui aveva avuto sin da subito un rapporto piΓΉ stretto e simbiotico, quasi percependo che la magia dalla quale era nato fosse stato lui a evocarla ed eseguirla.Β
Nel silenzio della stanza rotto solo dall'ormai soffuso vociare della gelida brezza invernale gli parve, solo per un momento, di sentire nel buio la voce infantile di Diego chiamarlo.Β
Si girΓ² dall'altra parte e si ripetΓ© che non era reale, che era solo la nostalgia a giocargli un brutto tiro. Se lo ripetΓ©, sperando che quella notte trascorresse in fretta, mentre soffocava i singhiozzi nel cuscino.
Tra non molto sarebbe giunto il Natale e non c'era periodo dell'anno peggiore, per quel che lo riguardava. La festa che per gli altri era una ricorrenza per celebrare la nascita di Cristo, nonchΓ© l'avvicinarsi della fine di un altro anno, a lui avrebbe solamente ricordato una tragedia mai dimenticata e riaperto una ferita mai del tutto guarita.
Erano trascorsi ormai sette anni dalla sera in cui il professor Carvajal era giunto al Feridan Advanced Institute e da allora le cose erano procedute senza troppi intoppi o sorprese, sgradite o meno che fossero.
Dario si era guadagnato, col tempo, il rispetto dei suoi colleghi, soprattutto quando si era deciso a impiegare un minimo di severitΓ con gli studenti piΓΉ zucconi e dediti a giocare tiri mancini ai propri compagni.
Di tanto in tanto aveva dovuto affiancare il medico della scuola per fargli avere filtri curativi di un certo tipo o, ancora, per rimettere in sesto un arto slogato o rotto. Gli incidenti, per quanto piccoli o non troppo gravi, potevano accadere, e lui e il dottor Kolya Ruslanovich avevano formato pian piano una squadra vincente.
Carvajal, parlando con lui nei momenti di quiete, aveva scoperto che quell'uomo aveva vissuto più altrove che nella propria madrepatria, ovvero la Russia. Kolya gli aveva raccontato, davanti a una tazza di tè bollente, di come avesse trascorso cinque anni all'incirca in Francia, prima che avesse dovuto far ritorno nel Paese natio per prendere con sé i nipoti rimasti orfani di ambedue i genitori: Ilya, Jakov e Petya. Pur non essendosi mai sposato né avendo avuto esperienza alcuna nel crescere degli infanti, si era ritrovato alle strette quando sua cugina, nonché sorella della madre dei tre gemelli, gli aveva fatto intendere che se lui non avesse provveduto al loro sostentamento, allora avrebbe abbandonato i tre neonati davanti al primo orfanotrofio che avesse incrociato e se ne sarebbe lavata le mani.
Ruslanovich, di fronte a un simile ultimatum, aveva preso la decisione di adottare non solo i tre bambini, ma anche i loro fratelli maggiori, ovvero Magdalena, Aleksey e Ruslan. I due ragazzi erano stati mandati a studiare in prestigiose scuole, mentre Magdalena, invece, grazie alle conoscenze di Kolya, stava imparando passo dopo passo a trasformarsi in una futura nobildonna. I tre gemelli, invece, erano stati accolti proprio nella scuola presso la quale il loro zio prestava servizio.
Dario aveva chiesto all'uomo come egli fosse entrato in contatto con Reida e lui gli aveva dato una risposta molto bizzarra: era stata Reida a trovarlo, non il contrario, e persino lui ignorava come quella donna fosse riuscita ad aprirgli gli occhi sull'esistenza della magia e a indurlo a lavorare nel collegio.
Quel che era invece certo, era che Ilya e i suoi gemelli fossero dei piccoli maghi in erba, per non dire dei prodigi, vista la facilità con la quale il maggiore dei tre era in grado di esercitare i propri poteri. Certo, era altresì un bambino vivace e pronto a far ogni genere di dispetto persino ai ragazzi più grandi di lui, ma gli bastava un rimprovero per tornare sui binari. Jakov era nettamente più mansueto del fratello e di gran lunga più timido, quasi impacciato, anzi, ma appena Ilya si intestardiva nell'infastidirlo ecco che tirava fuori gli artigli e ingaggiava con lui degli spassosi duelli. In tutto questo marasma, Petya saggiamente sceglieva di farsi da parte e lasciar perdere quei due matti. Visto che lui, Ilya e Jakov quasi per tutto l'anno rimanevano nella scuola, pareva essersi affezionato sì e no a tutti i professori, specialmente a Carvajal. Sembrava vederlo come una seconda figura paterna o persino materna, complice l'indole predisposta alla dolcezza e alla gentilezza del professore che contribuiva a tener d'occhio tutti e tre i gemelli quando non era impegnato con le lezioni. Più facile a dirsi che a farsi! Se non studiavano, li si vedeva scorrazzare per i corridoi alle prese con immaginarie avventure in luoghi incantati o a bisticciare per chi doveva salire per primo le scale.
Ilya tendeva a voler sempre comandare i suoi fratelli e suo zio stava cercando in ogni maniera di limitare quel suo atteggiamento prepotente.
Quel mattino di fine estate, perΓ², al dottore e al professore, i quali se ne stavano a chiacchierare del piΓΉ e del meno nel vasto giardino della tenuta, vennero quasi i capelli bianchi nell'udire uno dei tre bambini urlare a pieni polmoni.
Quando furono sul punto di accorrere, perΓ², videro il ragazzino raggiungerli, lesto come una lepre. Era Petya, il quale si rifugiΓ² dietro entrambi.
Carvajal, non poco confuso, chiese al piccolo cosa fosse accaduto e in risposta gli venne riferito che Ilya si era presentato da lui e da Jakov con un grosso ragno in mano.
I due adulti sospirarono per il sollievo e il professore, con pazienza, chiese: Β«Dove sono i tuoi fratelli? ParlerΓ² io con IlyaΒ».
Petya li guidΓ² fino al grosso salice piangente sotto le cui flosce fronde stavano seduti Ilya e Jakov. I ragazzini, vedendo il signor Carvajal e lo zio, misero su all'istante l'espressione piΓΉ innocente a loro disposizione.
Dario non si lasciΓ² traviare dalle apparenze e si inginocchiΓ². Β«Allora, dov'Γ¨ questo ragno enorme?Β» li apostrofΓ² in modo serafico, seppur al tempo stesso intransigente.
Ilya sbuffò gonfiando le guance, borbottò qualcosa e poi aprì le manine pian piano, come a voler creare suspance e spaventare l'insegnante, dopo aver avuto successo col fratellino.
Il professore si ripetΓ© di non ridere per nulla al mondo, ma fu arduo restare serio davanti a un povero e minuscolo ragno del tutto inoffensivo. Probabilmente era spaventato piΓΉ di quanto lo fosse Petya.
Ilya rimase visibilmente deluso vedendo Carvajal avvicinare le dita e prendere su di esse l'insetto.
Β«Vi ho mai detto, bambini, quanti anni ho per la precisione?Β» fece l'adulto in tono colloquiale.
I due gemelli si scambiarono un'occhiata, poi Jakov fece cenno di no con la testa.
«Fra meno di una settimana saranno duecentoventi. Neppure sommando gli anni vostri con quelli di vostro zio riusciremmo ad arrivare a una cifra altrettanto elevata, credetemi! Di cose ne ho viste tante e sono stato in molti posti, e viaggiare mi ha insegnato una cosa importante su me stesso: è più difficile di quanto appaia spaventarmi e c'è ben altro da temere.» Mentre parlava permetteva al ragno di farsi una sorta di solleticante passeggiatina su entrambi i palmi delle sue mani. Si rimise in piedi e lo restituì alla comodità del tronco d'albero, sua probabile dimora. Tornò a guardare i due ragazzini e fece cenno a Petya di avvicinarsi. «Siete fratelli e dovete proteggervi a vicenda. Siete più fortunati di quanto crediate, perciò basta con i dispetti e iniziate a lavorare insieme.»
ScompigliΓ² i capelli biondo cenere a Petya. Β«E tu ricorda che Ilya e Jakov ti vogliono bene e se anche ti fanno di tanto in tanto uno scherzo, non lo fanno per cattiveria o per spaventarti.Β»
AccennΓ² alla scuola che si trovava alle loro spalle e oltre il giardino fiorito. Β«Su, ora tornate dentro. Fra mezz'ora sarΓ pronta la cena.Β» Saggiamente si fece da parte prima di venir travolto dai tre che indissero una corsa per stabilire chi avrebbe varcato per primo le porte spalancate dell'edificio.
Kolya, il quale si era acceso la pipa nel frattempo e gli aveva lasciato il compito di dare una strigliata a quei diavoletti, sorrise di sbieco. «Te la cavi così bene con loro, da farmi pensare che io sia ormai superfluo!»
L'insegnante soffocò una risata. «à il mio lavoro insegnare le buone maniere alle giovani menti, ricordi?»
Β«Beh, tanto di cappello.Β» Il medico si lasciΓ² cadere seduto sull'erba e l'altro, non avendo attualmente di meglio da fare, lo imitΓ², godendosi il tepore estivo del crepuscolo. Per un po' rimasero in silenzio, cullati dal dolce sibilo dell'erba sospinta dalla calda brezza e dal canto misterioso delle fronde del salice, una melodia fatta di parole che non potevano comprendere.
Β«In sette anni che ti trovi qui non hai mai detto a nessuno di noi la data del tuo compleannoΒ» osservΓ² calmo il dottore, esalando una nuvola di fumo che sapeva di tabacco bruciato. Β«Eri e resti un mistero per questa scuola, Dario Carvajal.Β»
L'istitutore si strinse nelle spalle. Β«Non ho mai avuto ragioni valide per parlare del mio compleanno. Mi sembra sciocco festeggiare una data che ormai non ha alcun valore per me. Le persone normali lo festeggiano per esorcizzare l'etΓ che avanza, l'avvicinarsi della vecchiaia, dell'etΓ adulta o della morte, ma io non diventerΓ² mai vecchio e non morirΓ² mai, quindi...!Β»
Β«PerΓ² sei nato ed esisti, no?Β»
Β«Con te non si ha mai l'ultima parolaΒ» rise Carvajal.
Β«VeroΒ» replicΓ² a tono Kolya, ridendo a sua volta. Β«Allora?Β»
Capendo che quello che riteneva ormai esser un buon amico non avrebbe mollato l'osso, Dario alzΓ² gli occhi al cielo e rispose: Β«Il primo di settembreΒ».
Β«Altro che fra meno di una settimana. Γ dopodomani!Β»
Β«Beh, come ho detto, non lo festeggio da tanti anni, quindi lavorerΓ² come al solito, poi pranzerΓ², lavorerΓ² ancora, cenerΓ² e me ne andrΓ² a dormire.Β»
Β«E io che pensavo che la mia fosse un'esistenza triste, certe volte! Mi batti su tutti i fronti.Β»
Β«La mia vita non Γ¨ tristeΒ» protestΓ² incredulo il professore. Β«Mi piace la tranquillitΓ , tutto qui. E poi odio le feste e qualsivoglia evento mondano.Β»
«Feste come il Natale?» buttò lì Ruslanovich, dando un altro tiro di pipa. «Il primo anno mi sono detto che preferivi stare per i fatti tuoi, chiuso nella tua stanza, per semplice timidezza o Dio solo sa cos'altro, ma per sette anni hai sempre fatto alla stessa maniera. Devi proprio odiare il Natale.»
Β«Come mai tutto questo interesse per il sottoscritto, Ruslanovich?Β»
Β«Come mai tutto questo mistero, Carvajal?Β»
Dario fece un respiro profondo. Β«Odio le feste e basta. Qualunque sia la loro natura o data.Β»
Kolya tossicchiΓ² e si rimise in piedi. Β«Una cosa di te ormai la so bene: sei un terribile bugiardo, professore.Β» Non aggiunse altro e tornΓ² dentro la scuola, lasciando l'amico in compagnia dei fiori e del sole prossimo a sparire oltre l'orizzonte, accompagnato dal coro di cicale che gioiose intonavano il loro arrivederci.
N.d.A
Inizio con il dire che le ultime righe DanRic sono la vita. Capiamoci, ho riso da sola come una scema immaginando Godric in vestaglia che rincorre con aria assassina Dante per picchiarlo con un candeliere. Solo loro possono arrivare a tanto. Forse giusto gli Aldrew riuscirebbero a sfiorare simili livelli di stupiditΓ π€£ Ad ogni modo... sΓ¬, Dante riuscirΓ a riacquisire la vista e no, non si tratta di un barbatrucco nel mio tipico stile doppiogiochista, croce sul cuoreΒ xD
Probabilmente la seconda parte del capitolo, invece, Γ¨ stata un piccolo shock, ma mi sono detta "Γ un AU, giusto? Quindi forse anche tante altre cose sono andate diversamente per gli altri personaggi". Visto che, come ben si sa, Dante e la sua controparte umana hanno β nel bene e nel maleΒ β un legame, ho pensato bene di voler spaziare un po' anche nella sorte di Rio, anche per tenerlo d'occhio, e deciso di dargli una storyline differente da quella canonica. Quindi, per fare un breve resoconto di come possa esser stata la sua storia fino ad ora, direi che Γ¨ piuttosto chiaro: Rodrigo e Fedra si sono sposati e dall'unione Γ¨ nato lui, crescendo in modo differente e sviluppando, come ben vediamo, un'indole lievemente diversa da quella originale. Questo perchΓ©, come sappiamo, l'ambiente in cui una persona cresce ha sempre un certo ruolo nel suoΒ sviluppo come futuro adulto. Qui gli Γ¨ stato insegnato a padroneggiare la magia e a farne buon uso e ha potuto godere di un'istruzione sempre vasta, ma anche di un ambiente di maggior tolleranza e libertΓ , come si evince dal fatto che parla liberamente dell'aver avuto un compagno e persino un figlio con quella persona tramite un metodo che ho scelto β sceglierΓ² anzi β di applicare anche in un'altra storia che non fa parte della serie di Obyria. Tuttavia sappiamo anche che sulla sua testa pende una sorte che va al di lΓ delle sue scelte ed Γ¨ pronta in ogni momento a colpire, quindi... posso sembrare crudele, ma dovevo attenermi alla trama canonica almeno in minima parte.Β
Sicuramente avrete notato anche un altro particolare importante: Reida Γ¨ ancora viva, anche se nella storia originale muore nel 1704. L'ululato che Dario sente all'inizio, invece, l'ho inserito per far capire sottilmente che anche Arian Γ¨ ancora vivo, perciΓ² molte altre cose potrebbero essersi sviluppate in modo molto differente da quello canonico. Non so ancora se coinvolgere anche Richard o meno, ma so che anche per lui c'Γ¨ stata una svolta e forse il Principe della Notte potrebbe essere qualcun altro. Se ben ricordiamo, Richard scelse di tornare sui suoi passi e di riunirsi ai fratellastri proprio grazie a Dario che lo trovΓ² e lo convinse ad abbandonare il fianco di Arwin, ma considerando che Dario all'epoca era altrove e ignorava l'esistenza degli Esper e forse anche di Obyria, Γ¨ molto piΓΉ probabile, appunto, che Dracula alla fine abbia mantenuto il proprio status di Principe della Notte, seppur in un certo senso illegittimo, e senza volerlo salvato Richard da una sorte terribile.Β
Per ora sono indecisa se rendere qui canon i LΓ©ochard o meno, ma la tentazione Γ¨ tanta π
Per quanto riguarda il nostro professorino, beh... credo invece che qui non sia previsto per lui nessun love interest ππ»ππ» Jane Eyre senza il suo Mr. Rochester, per capirciΒ π€·π»ββοΈ Lo vedo troppo concentrato sul lavoro e sul voler dimenticare il passato per mettergli sulle spalle una storia d'amore o roba simile e non voglio fargli venire un mental breakdown come nella canon ππ
Beh, alla prossima, dunque!Β clinomxniazzzΒ spero che la parte comica DanRic ti sia piaciuta π€£β€οΈ
BαΊ‘n Δang Δα»c truyα»n trΓͺn: Truyen247.Pro