乇ㄩㄒㄖ卩|卂 || Ep. 4. La cruda realtà
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Tornò dalla camera da letto e si tamponò con l'asciugamano i capelli ancora umidi dopo la doccia che si era fatto per rinfrescarsi.
Addosso aveva solo una maglietta dallo scollo largo e dai lembi strappati che sembrava più grande di almeno due taglie e un paio di jeans stretti e molto corti i quali, non appena il ragazzo si palesò di nuovo in soggiorno, fecero pensare a Andrew di non aver mai visto gambe più belle di quelle.
Lexie era magro, ma in un modo che subito faceva pensare a un bel po' di esercizio fisico e a una ferrea dieta.
Gli Omega erano già di solito ambigui nei lineamenti e nelle movenze, ma lui lo era a pieni voti.
Fuori dalle finestre il sole non era ancora sorto e l'orologio digitale sul basso tavolino segnava le cinque e mezza del mattino.
Fino ad allora non avevano fatto altro che parlare di quella storia del contagio e di tutto il resto e Andrew non se l'era sentita di tornare a casa e lasciare da solo quel ragazzo, specie quando quest'ultimo aveva con sé un figlioletto da proteggere.
Lexie vide il detective reprimere uno sbadiglio e stropicciarsi gli occhi. «Vuole un caffè?» gli chiese. «Io ne ho decisamente bisogno, anche se dopo quel che ho sentito penso che non dormirò più per un anno intero.»
Thorne annuì. «Sì, grazie. Le sarei davvero grato. Lo prendo amaro.»
«Non lo avrei mai detto!» commentò il più giovane.
Andrew sorrise di sbieco. «Vuole che le dia una mano?»
«Nah, lasci fare a me.»
Il detective rimase solo per qualche minuto seduto dove si trovava, poi si alzò e si fermò all'entrata della cucina. Osservò l'Omega che gli dava le spalle ed era intento a preparare il caffè. Doveva ammettere che quando si era recato a casa sua, non si aspettava di trovare un appartamento così curato e incantevole. Vide un libro di cucina posto su uno dei ripiani della cucina a penisola. «Le piace sperimentare ai fornelli?» domandò, accennando al libro.
Il ragazzo si voltò e sbuffò una risata. «Più o meno. Sto cercando di ampliare le mie conoscenze per quando sarò sposato e avrò più di due bocche da sfamare. A Logan non importa più di tanto, ma io ci tengo che nel tornare a casa trovi ad attenderlo pranzi e cene preparati al meglio. Non voglio che...», scosse la testa. «Non voglio deluderlo in qualche maniera o farlo pentire di avermi sposato, ecco.»
«Non ci si pente di aver sposato qualcuno solo perché cucina male» si permise di osservare Thorne. «Mia madre, quando si è sposata, non sapeva neanche accendere il forno, si può dire! Ha imparato con l'andare del tempo a destreggiarsi in cucina e mio padre l'ha sempre amata per ciò che era.»
Il giovane Omega si fermò e si voltò, appoggiandosi al bancone con entrambe le mani. «È diverso per me e Logan. Lui è sposato da diversi anni con una donna che conosce sin dall'infanzia ed è stato costretto a prendere in moglie. Le vuole comunque bene, per lui non è semplice troncare il matrimonio per stare finalmente con me alla luce del sole. Non voglio che prima o poi, per un motivo o l'altro, un giorno si svegli e capisca di avermi dato una possibilità senza che la meritassi sul serio. Non c'è nulla di male nel voler tentare di essere un perfetto compagno, no?»
Andy esitò. «Se la ama davvero, perché allora non ha lasciato sua moglie da un bel pezzo per stare con lei? So che forse sarà complicato, ma... con lei ha persino avuto un figlio, giusto? Potrebbe fare uno sforzo almeno per lui.»
La certezza di Lexie parve vacillare, ma solo per un attimo. «Sta per farlo. Me lo ha detto, me lo ha promesso. Lo farà e... e finalmente anche io sarò felice e avrò una vita normale, un posto al quale appartenere.» Sembrava però voler solo auto-convincersi, nutrire comunque alcuni dubbi. «Se non avesse voluto prendersi alcun impegno serio con me, mi avrebbe detto di abortire quando ho capito che aspettavo un figlio. Certo... discutemmo, quella volta, e lui per qualche mese non si fece vivo, ma poi tornò e mi rimase accanto, anche se si perse l'arrivo del bambino. Credo... credo avesse da fare altrove.» Si voltò di nuovo e vedendo che la brocca della macchinetta ormai si era riempita della fumante e scura bevanda, la prese e versò un po' del contenuto in due tazze. Nella propria mise solo una zolletta e infine consegnò a Andrew il caffè. «Ecco.» Fece un sorso che parve quasi nervoso. «Lei... uhm... lei è sposato, suppongo. Voglio dire...»
«Dò quell'impressione?» lo rimbeccò Andrew, sorridendo di sbieco.
«Non saprei. Forse.»
«No, niente fede al dito, almeno per ora. La mia famiglia ancora ci spera, ma credo che rimarrò single a vita.»
Lexie piegò gli angoli delle labbra verso l'alto. «E perché mai? Con quella faccia da bravo ragazzo che ha, mi stupisce che nessuno le abbia voluto dare una possibilità, onestamente!»
«Ho gusti difficili» riassunse Thorne, tra il serio e il faceto. «Cerco il vero amore, credo, ma forse sono solo troppo esigente e dovrei semplicemente abbassare il tiro. All'inizio non me ne importava granché, ma ora che sono sulla soglia dei trenta inizio a soffrire di solitudine. Almeno la metà dei miei colleghi e dei miei amici si è felicemente sistemata, mio cugino e il mio migliore amico si sono sposati e stanno per avere un figlio; l'altro mio cugino è fidanzato e si trova in sintonia con la sua ragazza e poi... poi ci sono io che a ogni riunione di famiglia mi presento sempre da solo e con niente da raccontare. Sì... sì, direi che inizia veramente a pesarmi questa cosa. Ho pensato per anni alla carriera, ma mi sto accorgendo che non mi basta esser arrivato in alto per sentirmi realizzato. Torno a casa e non c'è mai nessuno ad attendermi, a essere felice di vedermi sano e salvo, a sorridere e ad abbracciarmi, a chiedermi come sia andata la giornata. Sembrano stupidaggini, cose insulse, ma credo che nessun gesto d'affetto lo sia. Qualche anno fa sottovalutavo l'importanza di particolari così piccoli, da non esser quasi mai notati, ma adesso la vedo in modo molto diverso.»
Si rese conto, sollevando lo sguardo, che il ragazzo lo aveva ascoltato sul serio, dall'inizio alla fine.
«Mi dispiace» disse Lexie, sincero. «Spero che presto trovi qualcuno di speciale e che le dia tutto quello di cui ha bisogno. In fin dei conti lei è un poliziotto perbene. Mi scusi se all'inizio sono stato odioso, ma... non sempre chi dovrebbe rappresentare il bene sa essere davvero buono. Lei, però, si sta impegnando sul serio per risolvere la situazione.»
«Non saprei, francamente» ammise un po' abbattuto Andrew. «A volte mi è sembrato che per quanto io tenti di fare la differenza, niente sia mai abbastanza.»
Il giovane Omega sorrise. «Lei ha ascoltato, signor Thorne. Ha ascoltato quando nessun altro voleva farlo. Lo fa tuttora e sono sicuro che lo farà sempre. Sta dando una voce a chi non la possiede o deve fingere di non averla ed è costretto tenere la testa bassa pur di non subire ritorsioni. Lei non è corrotto, detective. È ciò di cui Eutopia da molto tempo aveva bisogno.»
L'Alfa deglutì a vuoto, sentendo un improvviso caldo sulle guance. «Grazie per la fiducia. So di non avere sempre metodi ortodossi o delicati, ma...»
«Sicuramente ha le sue ragioni per agire così, fra le quali un capo che di certo le è stato fino ad ora col fiato sul collo.»
Andy sogghignò. «Diciamo che non è un tipo che mena il can per l'aia e sa come farsi temere.»
Lexie sbuffò una risata. «Ho sentito parlare di lui e non sempre molto bene. Però... devo dire che quando era un detective come lei molte persone della mia risma lo guardavano in maniera abbastanza benevola. Insomma, di rado si vede un Omega arrivare così in alto in un settore come il vostro. Per questo era visto bene: era uno di noi, sapeva cosa voleva dire essere sempre soggetti a pregiudizi e abusi di ogni genere. Forse è stato il periodo in cui la città poteva davvero contare su qualcuno che sapesse difendere tutti, non solo i ricchi e i privilegiati. Sapeva ascoltare gli ultimi, quelli che altri non volevano star a sentire. Un po' in questo vi somigliate, sa?»
Andrew non era sicuro che stessero parlando della stessa persona. «Uhm... si riferisce, per caso, all'attuale capo del dipartimento? A Jones? Quel Jones?»
«Sì, proprio lui. Perché?»
«Beh...» Thorne si schiarì la voce. «Che resti fra lei e me, ma il Jones che conosco io è un autentico e raro esemplare di stronzo a caratteri maiuscoli! E non sono solito dire una cosa del genere alla leggera, mi creda!»
«Suppongo che negli anni le cose si siano fatte più complicate» concesse il ragazzo. «Lo ha detto anche lei qualche ora fa: non è semplice star dietro a tutto.»
«Sì, ma certe volte sembra prendermi di mira appositamente per farmi incazzare.»
«Sicuro di non aver fatto niente per inimicarselo?» domandò Lex, incuriosito e divertito.
«No, e sono pronto a giurarlo davanti a chi le pare. Ricordo che quando arrivai qui, dopo l'accademia, cercavo sempre di dare il massimo e di non fare casino e più lo facevo e più lui mi detestava. Ammetto che forse posso esser sembrato uno spaccone, a volte, ma non è che l'abbia insultato o gli abbia mancato di rispetto.»
L'Omega sogghignò. «Allora credo sia stato davvero preso in antipatia.»
«Magra consolazione» ironizzò Andrew.
Trascorse un po' di silenzio nel quale nessuno dei due parve voler aggiungere altro, poi entrambi parlarono all'unisono.
«Prima lei» disse il detective, divertito.
Lex esitò. «Grazie per essere rimasto. Sarebbe potuto tornare a casa sua, farsi una dormita, invece ha scelto di restare.»
Andy sorrise. «Ho visto che era parecchio scosso. Non potevo semplicemente ignorarlo e tornare a farmi gli affari miei. Con tutto quello che sta accadendo, poi... sentivo di dover restare qui con lei. Sentivo che era la cosa giusta da fare. Non deve ringraziarmi.»
Il ragazzo rispose al sorriso con altrettanta sincerità. «Mi dia del tu, se lo desidera. Non bado a certe sottigliezze e mi fa sentire vecchio.»
«La invito a fare lo stesso, allora.»
L'Omega andò a sedersi sopra il ripiano della cucina lì vicino, le gambe che penzolavano giù da esso e divaricate, le mani poste accanto ai fianchi.
Il detective esitò. «Posso... posso fare una domanda?»
«Spara» incalzò il giovane, decidendosi a dargli davvero del tu.
Drew si umettò le labbra. «La sera in cui ti ho visto al locale... perché ti sei fermato a guardare proprio me, a un certo punto? C'erano tante altre persone!»
«L'ho fatto davvero?»
«Sì.»
Lexie rifletté. «Confesso che all'inizio ero infastidito, ma poi... poi ho visto come mi guardavi. Non con desiderio o le solite cose che ci si aspetterebbe di leggere nello sguardo di chi si trova nel club. Era... era solo uno sguardo intenso. Mi ha fatto venire i brividi e non nel senso cattivo del termine. Lì per lì ho accantonato questo pensiero fugace, ma ora... ora so che avevo ragione.»
«Ossia?»
«Ho pensato che fossero gli occhi più belli all'interno di quella sala. Non per il colore o la forma, ma... perché erano occhi buoni. Lo sono ancora e non ne ho visti parecchi così. Spesso quelli che incrociavo e incrocio tutt'ora sono crudeli o menefreghisti, oscurati solo dal desiderio sessuale o dall'avidità, ma non i tuoi. All'inizio non mi sono fidato di ciò che vedevo e ammetto di aver sbagliato a giudicarti. Tu sei una brava persona, non fingi solo di esserlo.»
Andrew deglutì e scosse il capo. «No... non sono buono come sembro.» Fece un respiro profondo e pose le mani sui fianchi, guardando di sottecchi il proprio interlocutore. «So che quel che sto per dire non ha senso, ma da quella sera mi sento sottosopra come mai mi è capitato di sentirmi. Ti ho guardato negli occhi per pochi secondi ed è stato sufficiente a farmi andare in tilt il cervello. Per me è stato difficile tener fede al mio ruolo di detective. Ti ho visto arrivare per parlare con me e non ho capito più niente.»
Gli fece male vedere sulle labbra del ragazzo un debole e amaro sorriso pieno di rassegnazione. «Sono un Omega. Suscitare tutto questo è nella mia natura, è ciò per cui sono stato concepito e che ho deciso di rendere anche un lavoro vero e proprio. Non è colpa tua se provi quella che mi sembra attrazione fisica. È naturale, no?»
«N-Non lo è.» Thorne si sentiva confuso e spaesato, quasi sull'orlo di autentiche lacrime di frustrazione. «Non lo è, perché... perché ho rispetto per la persona che sei. Perché sei una persona, non un oggetto o una semplice macchina priva di sentimenti e di emozioni. Quello che provo mi fa sentire in colpa. Non è giusto, non è corretto.»
Anche in quel preciso istante l'istinto primordiale in lui gli impediva di ignorare fino in fondo quell'essenza floreale che avvolgeva l'Omega.
Non era solo questione di astinenza sessuale accumulata per fin troppo tempo. Non era solo un fatto puramente dettato dalla natura di entrambi che si divertiva parecchio a giocare con l'istinto animalesco proprio degli Alphaga.
Era qualcosa di ancora più viscerale e insidioso, qualcosa che gli era entrato sottopelle e non ne era più uscito. Lo sentiva serpeggiare nei muscoli, in ogni fibra del proprio essere, nel cervello, addirittura nel sangue
Desiderava quel ragazzo come non aveva mai desiderato altri prima di lui e... pensare che apparteneva sentimentalmente e carnalmente a un altro uomo gli faceva venire la voglia di urlare, di arrabbiarsi. Gli annebbiava la vista e i sensi, la logica alla quale sempre si era aggrappato.
Perché era sempre condannato a rincorrere ciò che non era suo? A desiderare i frutti troppo situati in alto e fuori dalla sua portata?
Perché un Omega che aveva conosciuto da così poco tempo lo faceva sentire a quel modo? Quanto mai poteva essere diverso dai suoi simili? Cosa lo rendeva speciale?
Avrebbe voluto avvicinarsi e baciarlo, forse fare persino molto altro, ma sapeva anche di avere di fronte due possibili conseguenze: essere respinto o essere incoraggiato e solo per un riflesso meccanico, perché era quello che Lexie aveva imparato a fare, perché compiacere il prossimo era stato per anni il suo mestiere, il suo ruolo.
Per fare qualcosa e distogliere l'attenzione da quella tentazione vivente scelse di camminare per la stanza. Alla fine chiese: «Voglio... voglio solo sapere una cosa. Quell'uomo ti tratta bene? Come meriti?»
Gli venne quasi da ridere nel vedere l'espressione spaesata di Lexie. Il ragazzo si strinse nelle spalle. «Non è mai stato violento con me, se è ciò che intendi dire» rispose incerto.
«N-Non è solo questo. Ti senti amato e rispettato? Come... non lo so... come... come la cosa più preziosa al mondo?»
«Credo di sì.»
Per il detective era esasperante. «Dimmi: se ora ti baciassi, tu cosa faresti?»
Il giovane Omega era sempre più confuso e spiazzato. «S-Se è quello che vuoi, allora... allora a me va bene.»
«Io ti sto chiedendo cos'è che vuoi tu. Ti sto chiedendo come reagiresti in circostanze normali, se tu non fossi...»
«Però lo sono» tagliò corto Lexie, senza perdere la calma. «Non posso ragionare come la persona che non sono. Non puoi chiedermi di riconoscere un bacio vero da uno dato per dovere. A volte ho questi dubbi persino con Logan. La mia vita non ha mai avuto certezze e forse mai le avrà, e a me sta bene. Non sento la mancanza di qualcosa che mai ho posseduto.»
A sedici anni gli avevano insegnato a non porsi domande del genere, a non desiderare mai niente, a non ascoltare i propri bisogni ma sempre quelli altrui. Ricordava che Lancaster, poco prima che lui iniziasse a lavorare sul serio, gli aveva detto di dimenticare per sempre di essere un mortale come tutti, una persona capace di provare emozioni e sentimenti e di imparare a essere chi gli altri volevano che fosse.
Cosa desiderava attualmente? Avere una famiglia vera, una tutta sua, quella che lui non aveva mai potuto avere e che gli era stata negata sin dalla nascita. Dare a Michael tutto quello che un bambino potesse sognare, anche a costo di viziarlo. Lui era cresciuto nella miseria e nella privazione, in un orfanotrofio dove i bambini più grandi, robusti e prepotenti rubavano la razione di cibo ai più deboli e timidi. Non voleva quella sorte per Mickey. In tutta onestà ciò che lui desiderava aveva poca importanza. Michael era il suo futuro, in lui aveva riposto la massima fiducia nel domani.
Guardò a lungo e in silenzio l'uomo che aveva di fronte, il detective che ormai era solo a trenta centimetri di distanza da lui. «Se vuoi fare una cosa, falla e basta, senza fermarti a pensare, ricordando che non sono più in servizio da un bel po' di tempo.»
Che Thorne fosse un bell'uomo era innegabile e sì, un po' lo attraeva fisicamente e questo lo faceva sentire in colpa verso Logan, ma non quanto avrebbe dovuto.
Se qualcosa era destinato ad accadere, sarebbe accaduto lontano dagli occhi dell'uomo al quale Lexie si era promesso, pur consapevole che al momento quella persona non gli apparteneva sul serio, non fino in fondo.
Con la gelosia e la frustrazione giustificò la propria immobilità quando Andrew, sollevata una mano, la posò su di una sua guancia e ne sfiorò lo zigomo. Quel contatto, per quanto semplice e appena accennato, in qualche modo gli fece contrarre le viscere, gli mozzò il respiro, gli fece desiderare di essere di nuovo toccato ancora da quelle dita ruvide per via delle armi a lungo brandite, eppure delicate e gentili come il tocco di una piuma.
Si abbandonò a quella sensazione, il senso di colpa in lui sempre più debole e dai contorni confusi.
Chiuse gli occhi, desiderando solo di prolungare quel momento, di assaporare quello squarcio di gentilezza e rispetto per chi e ciò che era.
Si rese conto della vicinanza ormai ridotta dell'Alfa quando percepì, sempre a palpebre chiuse, come un cieco che non aveva altro cui affidarsi se non l'istinto dei quattro sensi, il suo caldo respiro sul viso, il vago tepore emanato dal suo corpo avvertito dalle sue gambe scoperte ed esposte all'aria che li circondava.
Accostò alla cieca il volto e per tutta risposta Thorne ricambiò il gesto con le proprie labbra su quelle dell'Omega.
Lo baciò con una dolcezza che qualcosa sembrava imporgli a qualsiasi costo, ma anche con la stessa, bisognosa prepotenza di un assetato che finalmente aveva raggiunto la tanto agognata oasi nel deserto.
Si avvicinò di più e pose entrambe le mani sui fianchi del ragazzo, lo spinse verso di sé e Lexie lo lasciò fare, inclinò la testa, seguì l'invisibile e istintiva strada indicata loro dal bacio che stavano condividendo.
Si aggrappò quasi all'uomo, come temendo che potesse andarsene o respingerlo, anche se era stato proprio Andrew a cominciare. Gli piacque il lieve attrito fra i loro corpi separati l'uno dell'altro solamente dai vestiti. Gli piacque il modo con il quale l'affascinante detective affondò le dita di una mano fra i suoi capelli, sul retro del capo.
Serrò le dita sulla camicia di tessuto leggero e color antracite del poliziotto, attraverso di essa venne a contatto con i suoi addominali caldi e scolpiti come quelli di una statua greco-romana.
La testa gli diceva di fermarsi, ma tutto il resto, corpo e anima, erano invece uniti contro quella comune nemica che per una volta era invitata a farsi gli affari propri. Sapeva di star facendo un orribile torto a Logan, ma lui, in fin dei conti, non faceva lo stesso da anni e anni, restando ogni singolo giorno con la moglie, anziché lasciarla e prendere una decisione definitiva?
E poi... si sentiva fin troppo in sintonia con il detective, con Andrew. Quell'uomo sembrava quasi aver capito di cosa aveva bisogno e cosa sollecitare in lui per mandarlo in estasi anche con un semplice bacio.
Eppure sembrava qualcos'altro, qualcosa che andava oltre un semplice scontro fra le loro labbra. Lo capiva dal modo in cui Andrew gli stringeva i fianchi e lo avvicinava sempre di più a sé. Lo capiva dal suo corpo che fremeva, dall'elettricità e dall'estasi che entrambi i loro corpi trasudavano.
Qualcosa, poi, parve scattare, una molla fino ad allora rimasta contratta si rilassò e balzò via, spense l'interruttore del loro autocontrollo. I baci si moltiplicarono, divennero più intensi, famelici, avidi. Le carezze si tramutarono in mere scuse per esplorarsi a vicenda, per toccarsi e stuzzicare l'uno i sensi dell'altro.
Il giovane Omega si tolse i pantaloncini e li calciò via sul pavimento; subito dopo provvide a cercare di slacciare la zip dei jeans grigi dell'Alfa e alla fine dovette essere aiutato da quest'ultimo per farlo, perché le mani gli tremavano come non mai e sembrava aver perso il controllo sul suo corpo.
Forse quello non era il luogo adatto per fare una cosa simile, ma erano talmente impazienti e carichi che forse avrebbero fatto sesso persino nel posto più strano e inopportuno.
Il ragazzo divaricò le gambe per accogliere fra di esse l'uomo e Andrew, dopo solo un breve attimo di staticità, smise di pensare e si spinse dentro le carni della Dalia Nera, deciso e a tratti prepotente come un ragazzino intento a cogliere fiori per dispetto dall'aiuola preferita della madre.
Lo sentì sussultare fra le sue braccia ed esalare un debole, lascivo e deliziato lamento.
Inspirò profondamente e gli pose una mano sul retro del capo, affondò le dita nei suoi folti capelli dorati. Il suo profumo che ricordava tanto quello delle rose e delle lavande o, ancora, di un frutteto in fiore baciato dalla luce del sole di primavera, gli dava alla testa, era come una droga. Quando percepì le sue braccia cingergli la schiena e quasi artigliare le sue clavicole, capì che lo desiderava e che non aveva intenzione di respingerlo o di tornare indietro, perciò andò avanti, si ritrasse solo per spingersi ancora più in profondità dentro il suo corpo accogliente e caldo come una fornace che pareva voler risucchiarlo. Era come se fosse stato concepito per lui, per intersecarsi alla perfezione e in armonia con lui.
Si scostò quanto bastava a porre le mani sulle sue spalle e lo spinse giù sul ripiano, gli tenne i polsi accanto alla testa, gli baciò il collo, solleticandolo con la punta del naso diritto mentre ripercorreva quella dolce curva d'avorio intenta a produrre gemiti e lamenti che le sue orecchie recepivano al pari di una melodia ipnotica e afrodisiaca.
Tornò su con il capo e lo guardò negli occhi, le loro labbra a pochi millimetri le une dalle altre e i loro respiri che andavano mescolandosi alla pari dei loro corpi che si scontravano e si cercavano, ormai completamente scevri di ripensamenti e di logica. Il caldo era insopportabile, il sudore rendeva la loro pelle scivolosa e viscida come se fossero appena usciti dalla doccia. Forse era quello ad aver fatto perdere loro il senno, oppure invece le cose sin dagli albori erano state destinate a finire a quel modo.
Le spinte vigorose e inarrestabili si fecero più gentili e infine placarono solo quando l'orgasmo colse prima Andrew e in seguito il giovane Lexie.
Il poliziotto, pur stremato, cercò di non gravare troppo addosso al ragazzo mentre cercava di riprender fiato; il tremore refrattario lo attraversava come una piacevole e stordente scarica di elettricità. Un pensiero, tuttavia, lo colse. «Cazzo» mormorò ansimando. «Non ho usato il...»
«Non c'è problema» lo fermò l'altro, guardandolo non appena i loro occhi tornarono a scrutarsi a vicenda. «Ti giuro che sono sano come un pesce e che prendo regolarmente un anticoncezionale.»
Che diamine... ci sarebbe solo mancato un guaio di ben dieci mesi di gestazione per rendere quella situazione ancora più assurda.
Senza contare che, come aveva già detto, non voleva altri figli.
Lo spinse gentilmente indietro e tirò su la schiena, massaggiandosi una spalla. Non negava di sentirsi un po' indolenzito sulle clavicole, ma doveva anche ammettere che quello fosse stato forse il miglior rapporto sessuale che avesse avuto in quell'ultimo anno.
Sorrise di sbieco, anche se per qualche ragione evitò di guardarlo negli occhi direttamente. «Chiunque ti avrà come compagno, sarà fortunato come pochi altri» disse, fra il serio e il faceto. Vide l'espressione di Andrew e sbuffò una debole risata che uscì dalle sue labbra più malinconica di quanto avrebbe dovuto. «Mi conosci appena e apparteniamo a realtà troppo diverse.» Accostò una mano e gli sfiorò gentilmente lo zigomo, come a voler consolarlo. «Sei un brav'uomo e meriti una persona altrettanto brava e di sani principi morali. Io non sono né buono né moralmente corretto e... cavolo! Non so nemmeno come faccia Logan a stare con me e a voler addirittura sposarmi! Tu meriti qualcuno che sappia guardare il mondo alla tua stessa maniera. Qualcuno di affidabile e speciale, e ti auguro di incontrarlo presto.»
Ritrasse le dita.
«E penso proprio che ora tu debba andare a riposare. Hai una cera pessima e non sono solito dirlo spesso agli altri!»
Scese dal ripiano e finì di rivestirsi. Lo fece più in fretta che poté. Era abituato a farlo, in fin dei conti.
«Su con la vita. Un giorno ripenserai a questi ultimi venti minuti con un sorriso o... beh, nel peggiore dei casi ti chiederai come diavolo tu abbia potuto finire tra la braccia di uno come me.»
Andrew non riusciva a capire. Per lui era stato bellissimo, fantastico. Aveva provato qualcosa di diverso rispetto alle altre volte. «Perché fai così? Perché dici queste cose?»
«Te l'ho detto perché. La vita è breve, Andrew, e cosa ne è della nostra vita se la sprechiamo con le persone sbagliate o per rincorrere semplici ombre? Non è stata la prima volta che uno dei miei amici è finito molto male, ammazzato da qualche bastardo o dall'overdose, ma quello che è successo a Rachel mi ha aperto gli occhi e mi ha sbattuto in faccia che è sempre meglio che certi ambienti e certe realtà restino separati.»
Il giovane Omega si appoggiò col fianco al bancone e vi posò sopra una mano.
«Ti ho osservato mentre parlavi della tua famiglia, dei tuoi amici e del tuo lavoro in costante ascesa. Vuoi bene ai tuoi cari e sei fedele ai tuoi principi sui quali basi le azioni e le decisioni che prendi. Sei una persona con un passato ben chiaro e con un futuro sicuro davanti a sé, ma io non sono così. Ho solo un cognome che per me non significa niente e un'esistenza alla deriva trascorsa tra il riformatorio, la strada e un club dove per vivere bisogna prostituirsi. La sola cosa buona che sia stato capace di fare dorme in un piccolo letto nella stanza di fronte alla mia e trascorro ogni singolo giorno a chiedermi cosa succederà quando diventerà abbastanza grande da capire cosa ho fatto per anni per avere un tetto sopra la testa e qualche soldo in tasca.»
Fece una pausa.
«Siamo troppo diversi. Tu hai radici, sai chi sei, sai cosa vuoi e hai la possibilità di conquistare tutto ciò che il tuo cuore desidera. Io non ho radici, so solo di essere nato da una ragazza troppo giovane per essere madre e che ha avuto almeno la compiacenza di darmi un nome e persino il cognome dell'uomo dal quale aveva avuto me. Ho passato tredici anni nello stesso identico luogo in cui sono venuto al mondo. Passavo le giornate intere ad aspettare con ansia che una coppia si recasse all'orfanotrofio e scegliesse per una volta me, di amare me e vedere me come il figlio che tanto desideravano. Poi ho compiuto tredici anni e si sa: più si è grandi e meno si riesce a trovare un posto nel cuore di qualcuno. Non sei più carino e tenero come quando ne avevi cinque, inizi a vedere la vita con meno entusiasmo, a non riuscire più a sorridere quando arriva il giorno delle visite o delle adozioni. Diventi come un cane in un rifugio per animali, diventi intrattabile e sgradevole, mordi e ringhi, invece di scodinzolare. Sapevo che se fossi rimasto, il mio destino sarebbe stato quello di tutti gli altri: buttato fuori a sedici anni con solo un augurio di buona fortuna e se capita e se il direttore è abbastanza clemente, persino la promessa di un impiego. Ho preso in mano la mia vita, preferivo andarmene e morire per strada, piuttosto che trascorrere altri tre anni a nutrire vane speranze.»
Non sapeva neanche cosa lo stava spingendo a raccontare una storia così deprimente proprio a Andrew. Sapeva di non voler rattristarlo, ma solo di cercare di fargli capire chi aveva davvero di fronte.
«Da allora la mia vita è stata un disastro continuo intervallato da giorni in cui avevo tanta di quella fame da avere però la nausea al solo pensiero di mangiare qualcosa. Avevo fame e per questo sono stato sbattuto in riformatorio e infine riportato in istituto, solo per poi fuggire di nuovo e approdare in quel club. Ero giovane, dovevano solo darmi una sistemata e insegnarmi le buone maniere e sarei stato perfetto. Vitto e alloggio assicurati, in cambio dovevo solo stringere i denti e accettare di farmi toccare e scopare da gente che magari avrei solo voluto riempire di insulti. E ora... ora penso a cosa invece facevi tu. Sicuramente, forse, stavi per terminare l'accademia o addirittura già lavoravi come poliziotto. Avevi degli amici, una famiglia che ti amava e ti aveva cercato e desiderato, riempito di affetto e di attenzioni. Io non so nemmeno chi erano i miei genitori e perché quella donna sia stata così crudele da condannarmi a questa vita, invece di prendere una decisione drastica, ma forse più compassionevole. Non sono mai stato felice, non so neppure cosa significhi esserlo. Non sono quel tipo di persona che chiunque vorrebbe un giorno presentare alla propria famiglia e non avrei argomenti decenti coi quali intrattenere una conversazione. È già tanto che sia riuscito a imparare a leggere e a scrivere decentemente.»
Gli dispiaceva aver dato a Andrew un'impressione sbagliata e di aver forse incoraggiato una situazione che in quel preciso momento si stava ritorcendo contro entrambi.
Non ne faceva mai una giusta.
«Probabilmente, se tutto questo non fosse mai successo, tu neanche mi avresti notato in una stanza con solo dieci persone al suo interno. Forse, due settimane fa, quando io e Zelda siamo andate a sporgere denuncia, ti sono passato accanto in totale sordina. Non so tu, ma questo mi fa riflettere un bel po' e comunque, se anche avessi torto, se anche ci conoscessimo da anni, non cambierebbe niente. Te lo immagini? Presentare ai tuoi cari uno che ha trascorso metà della vita per strada a essere un randagio e l'altra metà a prostituirsi! Roba che solo nei film funziona e ha un lieto fine, e questo è il mondo reale.»
Andrew avrebbe voluto contraddirlo, eppure scoprì di non riuscire in alcun modo a farlo. Forse Lexie aveva ragione: in circostanze normali non si sarebbero mai rivolti la parola né guardati. Lui, probabilmente, si sarebbe fermato alla prima impressione, come in realtà aveva fatto all'inizio, e non avrebbe avuto la possibilità di scavare più a fondo.
Magari era lui a essere in torto. In fin dei conti che diavolo si era aspettato? Quale futuro poteva esserci per persone come loro due, per un poliziotto e un ragazzo che, tra l'altro, era parte integrante dell'indagine attualmente in corso?
Sapere tutti quei retroscena sulla vita dell'Omega di fronte a lui lo aveva scosso parecchio. Non si era mai fermato a domandarsi cosa accadesse in un orfanotrofio di Eutopia, anche se una volta gli era capitato di passare di fronte a uno dei tre istituti di tale genere presenti in città. Non gli era mai importato di porsi certe domande.
Di nuovo, però, tornò a chiedersi se il ragazzo non lo avesse respinto solo per semplice abitudine o persino temendo di deluderlo o farlo arrabbiare. Si chiese se quel rapporto fosse stato davvero consenziente o fosse avvenuto solo perché era stato lui a desiderarlo e Lexie si era soltanto adeguato.
Quella prospettiva gli piegava quasi le ginocchia, lo fece vergognare di se stesso, lo ricolmò di dubbi che non aveva il coraggio di fugare.
«Perché non mi hai fermato, allora?» Non ce la fece. Glielo domandò perché aveva bisogno di sapere, di ottenere una risposta, anche a costo di farsi del male.
«Ha importanza?» chiese semplicemente l'altro. «Se per te è stato reale, allora le cose stanno così.»
«Oppure non lo sai nemmeno tu. O forse lo sai e non vuoi dirmelo perché la risposta non mi piacerebbe.» Andrew si accorse un attimo troppo tardi di aver dato voce ai propri pensieri e di aver detto in parte una cattiveria, e la cosa che gli fece davvero male fu vedere il giovane incassare e basta, invece di arrabbiarsi o persino mollargli un ceffone, rivendicare in qualche modo l'amor proprio che gli era stato appena sottratto.
«È ora che tu vada» disse solo questo e il detective decise di dar ascolto a quel consiglio, di non peggiorare l'entità dello strappo appena verificatosi.
Eppure, in silenzio, avevano appena ristabilito l'equilibrio, per quanto crudele fosse. Avevano chiarito che forse quanto accaduto non era stato tanto diverso da un qualsiasi rapporto occasionale fra un uomo e una persona che lo aveva accolto fra le braccia per dovere, uno che agiva così con tanti altri, con la sola differenza che quell'ultima volta non aveva preteso nulla in cambio e tale prospettiva conferiva a ogni bacio che si erano scambiati, a ogni singola azione compiuta, un sapore ben diverso e molto più amaro.
«Va bene. Ho capito come stanno le cose.» Non c'era altro da dire e non guardò neppure per errore il ragazzo mentre usciva dalla cucina.
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