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𝐢.

Quando mia madre mi aveva parlato di Nevermore, mai mi sarei immaginata quello che ho davanti in questo momento. Un edificio enorme, bellissimo quanto inquietante, più simile a una dimora nobiliare che a una scuola. Completamente sui toni del nero, ma contornato da un prato verde che risulta luminosissimo in confronto a tutto il resto. Decisamente diversa da tutte le scuole in cui sono stata. Decisamente lontana anni luci dalla definizione di "normale".

Il maggiordomo posa accanto a me l'ultima valigia, poi mi sorride gentilmente e risale in macchina. Ovviamente, mia madre non è potuta venire. Troppo lavoro, a stare a sentire lei. Alice Hawthorne è sempre impegnata. Anche per assistere al cambiamento di scuola così improvviso della figlia. E così, come al solito, ha mandato qualcun altro al posto suo.

-Vostra madre vi contatterà non appena le sarà possibile, signorina Hawthorne- dice l'uomo, mi pare si chiami James, affacciandosi dal finestrino. Gli credo poco, ma evito di controbattere. -Buona permanenza-

-Grazie- rispondo semplicemente, per poi restare a guardare l'auto nera allontanarsi lungo la via. Mi giro di nuovo verso Nevermore, prendendo forse una decina si respiri prima di decidermi a varcare il cancello.

Le tre valigie che cerco di trascinarmi dietro sono esageratamente pesanti, e il sole inizia a sembrare troppo caldo per i miei gusti. Ma per fortuna la mia goffaggine improvvisa riesce ad attirare l'attenzione di una donna, dai capelli rossi tagliati a caschetto e con un sorriso luminoso in viso.

-Buongiorno, e ben arrivata!- mi saluta, venendomi subito accanto e prendendo una delle mie valigie. -Lascia che ti aiuti. Ti faccio lasciare tutto in dormitorio, d'accordo?-

-Sì, grazie mille- rispondo, ricambiando sinceramente il sorriso. Avrei almeno voluto sapere il suo nome, magari anche il suo ruolo all'interno di Nevermore, ma la donna scompare prima che possa riuscirci.

-Ok...- commento, decidendo di non darle troppa importanza e continuare a camminare. Se mi fermassi per ogni cosa fuori dal comune che vedo in questo cortile, praticamente rimarrei qui fino a stanotte.

Intanto il sole è diventato molto più cocente rispetto ad appena pochi minuti fa, perciò sfilo dalla tasca il mio nuovo paio di occhiali dalle lenti scure e li metto. Adesso l'atmosfera sembra ancora più cupa.

Cerco di farmi strada il più facilmente possibile tra tutti i ragazzi ammassati. Alcuni voltano la testa verso di me, al mio passaggio. Sono probabilmente curiosi di sapere chi io sia, perché i più attenti avranno notato che l'anno scorso non c'ero. Altri, semplicemente, fanno finta di niente. Gli sono estremamente grata.

Finalmente arrivo in prima fila, accanto a due ragazze. Una mi rivolge un timido segno di saluto, l'altra rimane esattamente e perfettamente immobile. Ma entrambe stanno guardando la stessa persona: Larissa Weems, la preside di Nevermore. Una delle poche cose che mamma mi ha detto riguardo questa scuola è che erano molto amiche, da ragazze.

La preside mi squadra velocemente, il volto un pò teso. Sono sicura che la sua lieve agitazione non sia dovuta alla mia presenza, né al fatto che sia arrivata in ritardo. Più perché sa che tra pochi istanti dovrà parlare davanti a una massa di adolescenti male assortiti cercando di sembrare minimamente interessante.

-Buongiorno, Nevermore!- inizia, con un sorriso così luminoso che stento a credere di aver visto davvero un'espressione nervosa, poco prima. -Oggi, come sapete, è il giorno preciso che inaugura l'inizio della seconda metà del semestre-

Da qui inizia un discorso talmente noioso e ripetitivo che per poco non mi cedono le ginocchia. Quando finalmente ci congeda, tutti applaudono e iniziano a sparpagliarsi in diverse direzioni. Io sono già pronta ad andarmene via il più velocemente possibile, ma qualcosa mi ferma.

-Signorina Hawthorne!- sento una voce. Mi giro immediatamente, sorpresa che qualcuno mi abbia chiamato. Non ho ancora detto il mio nome a nessuno. Poi mi rilasso, non appena vedo che verso di me sta venendo la stessa donna con i capelli rossi che ho visto appena arrivata. Deve essere per forza una professoressa, altrimenti non saprebbe il mio cognome.

-Lei sa il mio nome e io non le ho neanche chiesto il suo- dico, un pò a mo di scusa. Lei non smette di sorridere, mentre mi stringe la mano.

-Ho sbagliato io a non presentarmi subito. Sono la professoressa Thornill, insegnante di erbologia e botanica. Sarò felicissima di avere anche te nel mio corso, quest'anno. Ma non parliamo subito di questo, ti cercavo per un altro motivo-

-Di che si tratta?- chiedo, incuriosita.

-So che questo sarà il tuo primo anno qui, e volevo aiutarti ad ambientarti. Anche solo partendo da un giretto turistico-

-Oh, sarebbe fantastico- rispondo, cercando di mostrarmi il più entusiasta possibile. Non mi è particolarmente difficile, perché sono davvero curiosa di conoscere di più questo posto. -Andiamo adesso?-

-Oh, no, non sarò io ad accompagnarti- si affretta a specificare. Poi fa un gesto con la testa, indicando un punto imprecisato dietro di lei. Solamente dopo essermi cacciata gli occhiali e aver strizzato per bene gli occhi capisco a cosa si sta riferendo. O meglio, a chi.

-Xavier Thorpe è un alunno del tuo stesso anno- dice, girandosi anche lei per guardare il ragazzo -certo, anche se è qui da più tempo di te-

Lo Xavier in questione è occupato a dipingere quello che sembra un corvo sul muro, in piedi su una scaletta. Non riesco neanche a scorgere il suo viso, solo dei capelli biondo cenere legati in un codino.

-Chiedigli di mostrarti la strada verso i dormitori, altrimenti rischierai di perderti in tutti i corridoi che ci sono- continua la professoressa, dandomi una piccola pacca sulla spalla. -Divertiti!-

-Ci vediamo domani?- chiedo alla Thornill, un pò incerta sul da farsi.

-Non ricordo se ho il tuo corso domani, ma in tutti i casi ci scontreremo di certo da qualche parte-

-Arrivederci- la saluto, e lei mi congeda con un gesto della mano. Per un pò rimango ferma, sperando che ritornasse indietro e mi dicesse una cosa del tipo "No, ho cambiato idea. Ti porto io a fare il giro!". Ma, ovviamente, non succede.

Nelle altre scuole non mi è mai risultato difficile fare amicizia o anche semplicemente parlare con qualcuno, perché tutti sapevano chi fossi. Il mio cognome era come un biglietto da visita. Ma qui, a Nevermore, stento a credere che per qualcuno "Hawthorne" significhi qualcosa di più rispetto a un semplice cognome.

Arrivo appena dietro la scaletta su cui Xavier è arrampicato, assolutamente noncurante di ciò che gli succede attorno. Mi sento quasi in colpa a doverlo disturbare in questo momento.

Tossisco piano, pentendomi di quel gesto un secondo dopo. Se fosse per me, mi seppellirei nel prato e non uscirei fino alla fine del semestre. Ma, nonostante tutto, almeno il gesto coglie l'attenzione di Xavier.

Mi guarda per alcuni secondi dall'alto in basso, squadrandomi dalla testa ai piedi. Per un attimo sembra molto interessato al cellulare che tengo nella mano destra, poi riporta gli occhi sul mio viso.

-Ti serve qualcosa?- chiede semplicemente, facendomi risvegliare dal mio stato di imbarazzo.

-La professoressa Thornill mi ha detto che devi farmi fare un giro turistico- rispondo, cercando di sembrare il più sicura e tranquilla possibile.

-Oh, quindi sei tu la ragazza nuova- continua lui, scendendo con un piccolo salto dalla scaletta.

-Ti aspettavi qualcuno di diverso?-

-No, è che...non pensavo avessi la mia stessa età-

-Cosa che hai dedotto tu. Potrei anche essere più piccola di te-

-Lo sei?- chiede, aggrottando le sopracciglia.

-No, ti sto prendendo in giro- rispondo, con una risatina -sono del tuo stesso anno-

Anche lui si lascia sfuggire una risatina, poi mi tende la mano.

-Xavier Thorpe- si presenta, e io evito di dirgli che conoscevo già il suo nome.

-Celia Hawthorne. Cecilia in realtà, ma, ti prego, non chiamarmi così-

-Ok, Celia, ai tuoi ordini- risponde lui, mettendo le mani avanti. Mi rilasso un po' quando lo vedo sorridere di nuovo. La prima cosa che penso è come Xavier sembri in tutto e per tutto normale. Non sembra avere i canini come me, le sue unghie sono della lunghezza giusta e i suoi capelli non sono formati da serpenti. Mentre penso che magari il colletto della camicia nasconda delle branchie da sirena, lui mi supera e mi fa segno di seguirlo.

-Andiamo, Celia. Ti aspetta il miglior giro turistico della tua vita-

Non sembra molto entusiasta nel dirlo, ma lo seguo comunque.

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