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21.

Song for the chapter:

I'm Not Afraid - Tommee Profitt.

Il mio cervello, stanco ma attivo, passa dal sonno alla veglia. I miei occhi si
alzano e si abbassano seguendo il tempo dei secondi dell'orologio attaccato alla parete. Provo a prendere il controllo di ogni mia parte del corpo, ma inutile tentativo. Decido di rimanere dove sono senza muovere un muscolo. L'unica cosa che posso muovere e controllare sono i miei pensieri. A quel punto il mio subconscio comincia a propormi un breve montaggio dell'accaduto: Rose. Io. Abbraccio. Sangue. Buio.

Mi ripeto quelle parole cercando di trovare un senso a tutto ciò, ma non c'è. Come si fa a passare da un abbraccio a.. sangue?

No, mi devo essere sbagliata. Impossibile che Rose mi abbia fatto del male.

No?

La testa mi frulla come un frullatore e i pensieri colpiscono il mio cervello come dei proiettili. Dopo un paio di minuti immobile cerco di prendere quelle poche forze rimaste e di usarle per aprire gli occhi.

Da sveglia cerco di riordinare lucidamente i pensieri che continuano a trapanare nella mia testa, ma quando vedo la biancheria sanguinolenta mi ipnotizzo.

Quindi il mio subconscio non aveva tutti i torti. Quindi il sangue c'è. C'è per davvero. Quindi Rose mi ha.. no. Com'è possibile? Com'è potuto succedere? Io credevo che lei..

Il rumore di passi mi riporta alla realtà. Ovvero in infermeria su un letto bianco che odora di ospedale. Non posso chiedere di meglio.

- Oh! Grazie al cielo ti sei svegliata. Come ti senti?- davanti a me appare Joanne con il solito camice bianco, la stessa espressione scocciata e affaticata, e con la solita acconciatura. Coda alta fino al centro della testa simile ad un'antenna. Come fa a trascorrere ore intere qui dentro con quella coda? A me verrebbe un mal di testa da scatenare una guerra.

Odio i dolori.

Qualsiasi dolore.

- Indolonzita e confusa.- mi massaggio le tempie.

- È normale. Hai subito un bel colpo. Anzi, una bella pugnalata alle spalle. - una risata scappa le sue labbra.

All'inizio sono confusa della sua frase, poi comprendo.

- Ma come sei simpatica Joanne. Ti devono dare il premio per la simpatia.- provo a fare dei movimenti con la schiena, ma un dolore pungente mi colpisce e un grugnito esce dalle mie labbra.

- Cara, ti consiglio di non sforzarti troppo. Hai subito una bella ferita.- afferma, per poi avvicinarsi per aiutarmi a rimettermi composta.

- È grave?

- No, non è grave. Ti ho messo alcuni punti poiché la ferita era un po' aperta. Per fortuna che non ha messo tanta forza altrimenti..- sospira, scuotendo la testa.

- Dov'è Rose?

- Oh, non preoccuparti. L'hanno portata nei sotterranei. Quell'essere imparerà a comportarsi.

Abbasso la testa. Un certo sentimento di.. tristezza mi assale. Lo so perchè mi lo ha fatto, e questo mi rende quasi colpevole e causa delle sue azioni.

- Ti ha per caso detto qualcosa che faccia capire il motivo per cui ti ha ferita?

Alzo gli occhi incontrando quelli di Joanne. La confusione è a dir poco visibile nei miei occhi.

- In che senso?

- Insomma, mi hai sempre parlato bene di lei. No?

Ricordo.

Ricordo la sua ultima frase. Ricordo quelle parole come un sussurro per gli altri, ma un grido alle mie orecchie.

- Tu non puoi curarmi. E lo sai perché? Perché sei esattamente come me.

- Bella, tutto bene?- sobbalzo.

- S..sì. Scusa ma devo tornare al lavoro.- Joanne aggrotta le sopracciglia confusa dalla mia reazione.

- Cara, non puoi. Guarda come sei conciata. Vai a casa e riposati.

- Joanne, apprezzo la tua preoccupazione, ma andare a casa non mi aiuterà di certo.- detto ciò, mi alzo e mi dirigo verso la porta lasciando una Joanne imbambolata.


Dopo essere uscita dall'infermieria sono stata intasata di abbracci, consolazioni e, ovviamente, di domande.
A cui non ho risposto mai completamente. Troppe domande a cui non avevo voglia di rispondere perché non avevo risposta.

Jason è stato l'unico a trattenersi dalle domande e, invece, a starmi accanto in silenzio. Non ha chiesto nulla sull'accaduto, forse perché gli era già stato raccontato. O forse perché vedendo la mia faccia avevs capito che se mi chiedeva qualcosa anche lui a riguardo lo avrei ucciso.

Con lo sguardo, ovviamente.

Allyson al contrario sembrava una mitragliatrice. Mi colpiva con le sue domande senza neanche darmi il tempo di aprire bocca. Dopo averne fatte centinaia, mi ha lasciata esclamando impanicata: "Cavolo! Devo portare il farmaco a Jonathan! Me ne ero scordata! Ok, ne riparliamo dopo."

E così ora sono qui. Nel mio ufficio. Sola. Con mia grande sorpresa, anche la Ms. Wright mi ha suggerito di andare a casa per riposarmi.
Cosa che ho rifiutato anche a lei.

Guardo l'orologio: segna le 7:40 pm. Tutto sembra essere successo così in fretta che sembra quasi come se questa giornata sia divisa in due. Troppe cose sono successe in.. quanto? 4 ore? Ugh.

Prendo l'agenda per guardare i miei appunti e noto che è sporca di sangue. Tante macchie di rosso scuro dipinte sulle pagine bianche come il latte. Dovrò comprarmene un'altra.

Volto pagina per scrivere alcuni appunti e il nome James Gray mi appare davanti, circondato dal mio sangue. Solo in quel momento mi ricordo che dovevo visitare anche lui. Chiudo gli occhi sospirando profondamente. E io che pensavo che la giornata fosse finita.

Mi alzo dalla sedia e decido di dirigermi verso la stanza 111. Solo al pensiero di doverlo vedere il mio cuore inizia a battere all'impazzata. Non so perché mi agito così tanto, insomma, è solo un paziente.

No, è James.

Scuoto la testa cacciando via i pensieri, quelli che non sono mai dalla mia parte a quanto pare. Mentre percorro il corridoio, non riesco a non smettere all'ultima volta che l'ho visto. Impaurito, ferito, solo e.. senza speranze. E io che provavo a rincuorarlo, e lui che mi voleva vicino a lui, e lui che.. Oddio la devo smettere.

Senza neanche rendermene conto, trovo davanti alla porta. Chiudo gli occhi, respiro e ispiro lentamente, per poi aprire la porta con la chiave. Ed eccomi risucchiata dal buio. Non che mi sorprenda più. Ormai temo più la luce che l'oscurità.

Un odore di aria chiusa e sporca invade le mie narici fino a bruciare i miei polmoni. Quasi come se nessuno ci sia entrato da giorni.

Sgrano gli occhi non appena la luce che penetra dal corridoio illumina James.
Un James fradicio dal sudore, pallido come un cadavere seduto per terra con le spalle al muro e con le braccia aperte a causa delle.. catene. Provo ad avvicinarmi alla finestrella per aprirla così che possa entrare un po' aria fresca, e me ne pento miserabilmente. La luce soleggiante mette in risalto la figura di James più di prima. Ogni minimo particolare risalta ai miei occhi addolorati.

La sua testa china verso il basso, i capelli lisci cadenti come pioggia nera sul collo bianco accecante. Indossa gli stessi jeans neri accompagnati dalla solita maglia bianca, e non posso non chiedermi quando è stata l'ultima volta che si è fatto una doccia. La maglia aderisce sul suo dorso come un lenzuolo di lino bagnato, mettendo in risalto i suoi tatuaggi. Intravedo alcuni segni, linee e figure, ma nulla di chiaro. Senza neanche rendermene conto, mi avvicino per identificarli meglio, ma una voce roca e spenta mi fa sobbalzare.

- Cosa stai facendo?

- Scusa.. io..- mi ritraggo indietro.

Lentamente alza il capo e i suoi occhi neri spenti e affaticati incontrano i miei azzurri lucidi. Osservo il suo viso pieno di gocce di sudore che cadono dalla fronte fino ad arrivare al mento, per poi scendere sul collo fino ad essere assorbite dalla maglia. I capelli umidi sono appiccicati sulla sua pelle fino a sembrare un tutt' uno.

- Come ti senti?

Fa una smorfia seguita da una risata aspra. - Sei cieca per caso?

Ignoro la sua domanda. - Perchè ti hanno legato?

- Non lo so. Dovresti essere tu a darmi una risposta, ma a quanto pare sai quanto me. Nulla. - afferma con tono velenoso, per poi sputare per terra.

- Dio, sei ridotto male. Quando è stata l'ultima volta che ti sei lavato?

E un'altra risata scappa dalle sue labbra. - Io sono incatenato come un topo qui dentro, e tu ti preoccupi di quando è stata l'ultima volta che mi sono lavato? Sei patetica, Bella.

- Che cosa dovrei dire, o pensare? Non è colpa mia se ti sei ridotto così. Io sto solo facendo il mio lavoro.

- Ah! Il tuo lavoro? Non hai la minima idea di quello che stai facendo. Io sono qui per colpa tua! - indietreggio, non appena noto che sta cercando di alzarsi in piedi.

- P.. Perché mai sarebbe colpa mia, ugh?

- Oh, lo scoprirai presto.- sussurra tra sé e sé, ma riesco a sentirlo.

- Cosa?

- Vattene.

- No. Tu non puoi dirmi quel..

- Ho detto vattene!- più che parole urlate all'aria, era un ruggito. Un ruggito pieno di disperazione e rabbia. Vorrei andarmene, perché mi spaventa questo suo comportamento, ma il mio orgoglio, come sempre, prevale.

- No.

Alla mia risposta, si alza di scatto e neanche ho il tempo di battere ciglio che si trova davanti a me. Faccia a faccia. A un centimetro di distanza.

Al diavolo il mio orgoglio. Ora vorrei solo scappare come un topo quando vede il gatto.

All'improvviso vedo la sua mano alzarsi e d'istinto chiudo gli occhi rannicchiandomi con le braccia, come per creare uno scudo. Uno scudo inutile di fronte a una creatura possente come lui.

Sussulto non appena sento le sue dita morbide toccare la mia guancia destra. Le muove lentamente con molta cautela, quasi come se avesse paura di rompermi in mille pezzi.

- Guardami.

Continuo a rimanere rigida mantenendo gli occhi chiuso. Perché, sì, ho paura. Ho paura che mi faccia del male. Che mi rompa in mille pezzi e non posso impedirlo. Mi sento impotente e senza speranze davanti a lui.

- Bella, guardami.- ripete, ma io lo ignoro.

- Ho. Detto. Guardami!

Con cautela, apro gli occhi e li poggio sulle sue iridi penetranti. Rimane a guardarmi, anzi, a studiarmi così intensamente che mi sento l'anima sciupata via, e un senso di vuoto la rimpiazza.

- Non è di me che devi avere paura.

- Allora di chi?

Non risponde. Rimane a guardarmi senza battere ciglio.

- Di chi meno te lo aspetti.

Le sue labbra si appoggiano sul mio collo e mi fanno sobbalzare all'indietro, facendomi andare a sbattere contro il muro umido e freddo.

- C..cosa stai facendo?

- Mi mancava il tuo profumo. Mmmh..

La sua mano, ancora sulla mia guancia, scende lentamente verso il basso toccando il mio collo, la spalla, fino ad arrivare al seno. Continua a baciare il mio collo e a pressae il suo corpo contro il mio, come se li voglia unire fino a diventare un unico corpo.

- J..James.

- Mmh?

Continua a pressare il mio corpo contro il muro e il dolore della ferita sulla schiena mi riporta alla realtà.

- M..mi stai facendo male.

Si ritrae immediatamente. I suoi occhi da desiderosi e affamati, vengono sostituiti da due iridi sgranate, come quelle di un bambino quando è preso dal panico.

- Dio, ti ho fatto male? Ti ho ferita? Mi dispiace io non vol..- si allontana tirandosi i capelli in continuazione. Per un attimo esito e rimango ad ammirare la sua bellezza, ora, così fragile e.. pauroso. Sembra così debole e innocente.

- James, non mi hai fatto nulla. Ho solo una ferita alla schiena, tutto qui.

- Cosa? Chi te l'ha fatta?

- Nessuno. Non ti preoccupare, non è niente.- perché si preoccupa così tanto per me?

-Fammi vedere.- ed ecco che ci risiamo. Il James temerario è tornato.

- Ho detto che non è niente. Adesso vado. Ci vediamo. E mi raccomando, cerca di mangiare e di bere quello che ti portano. Sei sciupato e disidratato.

- Ma..

Senza farlo finire, mi tonfo verso l'uscita ed esco chiudendo la porta, per poi appoggiare le spalle su di essa. Chiudo gli occhi e prendo un grande respiro per riempire i miei polmoni assetati di aria. Mi sembra di essere stata in apnea per tutto questo tempo.

E proprio quando decido di ritornare nel mio ufficio, un flash mi blocca. Ogni mia parte del corpo si immobilizza. Il sangue smette di scorrere. Il cuore smette di pompare. I polmoni di respirare. Le cellule di muoversi.

Rimango pietrificata.

Tutto per un particolare che avevo ignorato, ma che il mio subconscio aveva colto.

(Oh, Bella..)

Il bracciale. Quel bracciale, sul suo polso sinistro. Sono certa di averlo già visto.

Ma non so dove.

O su chi.

A/N:

Helloo!

Allora ho alcune domandine per voi:

Secondo voi, dove avrà mai visto Bella quel bracciale?

Shippate I Bason o Bames ( o Jella, ditemi voi come preferite chiamarli)?

Commentate e dite la vostra opinione! Don't be afraid :)

Al prossimo episodio.

B.x












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