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Prologo

Just Sex... Or More?
{Levi A. x Reader}

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[T/n]'s pov
1:47

Abbassai lentamente la maniglia e socchiusi la porta quanto bastava per uscire da camera mia. Facendo il minor rumore possibile attraverai il corridoio in punta di piedi e, afferrando saldamente il corrimano, scesi fino a fermarmi a un terzo della scala.

-Quanto è invece quella della luce?- Sentii la voce di mio padre sospirare.

Mi sporsi di poco così da vedere la luce della cucina accesa, nonostante fossero quasi le due di notte, e mio padre di schiena seduto a tavola. Lo vidi afferrare il foglio dalla presa di mia madre seduta al suo fianco e decisi di sedermi su uno scalino e appoggiare la testa sul parapetto; tesi un orecchio e cominciai ad ascoltare.

Papà sospirò sommesso, probabilmente per aver letto una cifra molto alta su quel foglio che presumevo fosse la bolletta della luce.

-Caro, non puoi cercare di convincere i tuoi ad aiutarci con le spese?- Chiese mia madre, con un tono tutt'altro che tranquillo.

-L'ho già chiesto a quei tirchi bastardi. Non ci aiuteranno, per di più mi hanno riferito che tra poco partiranno per il Brasile, restandoci definitivamente.- Mio padre alzò la voce nel rispondere, non nascondendo di certo l'avversione per i suoi genitori, i quali si erano sempre rifiutati di aiutarci con alcune spese.

Girai di poco lo sguardo e vidi con la coda dell'occhio mia madre passare la mano sulla schiena di papà, col tentativo di calmarlo.

-Devo tornare a lavorare...-

-No, Simon. Non se ne parla assolutamente! Sei malato, non puoi più lavorare. Per di più in quella fabbrica... Vorrà dire che mi cercherò un altro lavoro.-

-Hai già due lavori, Claire. Cosa vuoi fare, arrivare a lavorare 24 ore su 24?- La rimproverò papà afflitto.

-Non c'è altra soluzione... La famiglia Jaeger ci sta già aiutando più del dovuto con le tue spese mediche. Armin ha lasciato l'università per lavorare, mentre [T/n]...- Mia madre si fermò all'improvviso appena nominò il mio nome ed io ascoltai più attentamente.

-Neanche oggi ha trovato lavoro, vero?-

Alla domanda di mio padre seguì un breve silenzio, nel quale potevo sentire solo il battito del mio cuore aumentare secondo dopo secondo.

-Per quanto si impegni, se rimaniamo a Shiganshina non troverà mai lavoro. Ha appena compiuto 18 anni, nessuno è disposto ad assumerla così giovane e senza nessuna esperienza... E inoltre c'è carenza di lavoro: Armin è stato molto fortunato a trovare quel posto come barista a Trost, ma credo che [T/n] non troverà altro tanto presto purtroppo...-

Mio padre questa volta sbuffò avvilito, lasciando la conversazione morire in quel momento.

Sempre facendo attenzione a non farmi sentire mi alzai e, percorso di nuovo il corridoio, tornai in camera mia chiudendo la porta alle mie spalle. Mi ci appoggiai e chiusi gli occhi per un momento, con le lacrime che minacciavano di uscire.

"Se non troverò un lavoro alla svelta, sarò solo un peso inutile in famiglia..."

Levi's pov.
2:05

-Domani mattina devi entrare alle nove al lavoro. Nelle due ore prima devono finire ancora la ristrutturazione del tuo ufficio.-

Levi rispose con un semplice -Capito.- per poi riagganciare.

"Perché diavolo chiama a quest'ora quel cazzone di Erwin per avvisarmi?" Si ritrovò a pensare abbastanza seccato. Si alzò quindi dal letto, dal che era seduto, infilò i boxer e prese la sua camicia facendo lo stesso, lasciandola però sbottonata. Si avvicinò a piedi scalzi verso la finestra che velocemente aprì, non curandosi del freddo nonostante fossero le 2 di notte, e tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans appoggiati sul bracciolo della poltrona, proprio lì vicino, un pacchetto di sigarette e un accendino. Si portò una delle prime tra le labbra e con un solo colpo secco accese il secondo, davanti al quale ci portò una mano per non far spegnere la fiamma dalla brezza notturna.

-Chi era al telefono?-

Una donna dalla folta chioma bionda spuntò da sotto le coperte, appoggiata sui gomiti e con solo un top aderente a coprirla. Di lei Levi aveva visto ben altro, perciò non se ne preoccupò minimamente.

Il corvino ispirò il fumo dalla sua sigaretta e, dopo aver posato l'accendino sul davanzale, se la sfilò dalle labbra per espirarlo lentamente tutto. -Non sono cazzi tuoi.- La risposta fu fredda, abbassando per un momento gli occhi su quella sigaretta tenuta tra l'indice ed il medio.

-Sta' calmo... Devo tornarmene da sola al pub?- Quella donna si levò le coperte di dosso e si alzò dal materasso, afferrando tutte le sue cose da terra.

-Sì.-

Quando la bionda si fu rivestita di tutto punto tirò fuori dalla borsa il suo piccolo specchietto e fissò attentamente il suo volto riflesso: un poco di eye liner era sbavato, e questo era portato dal sesso di poco prima; lo ignorò per il momento e prese a sistemarsi i capelli. Ritirato di nuovo lo specchietto in borsa si rivolse al corvino e, indicando quel mazzetto di soldi sul comò, fece una terza domanda. -Sono questi i soldi?-

-Sì, prendili ed esci.- Levi non si girò nemmeno a guardarla, apparentemente più interessato a guardare la strada di fronte al palazzo dove passava spesso la notte. Alloggiava in quella camera da letto di quello squallido motel di Shiganshina ogni qual volta sentisse la necessità di "svagarsi" con qualcuno; la maggior parte delle volte lo abbandonava subito dopo l'atto, mentre altre volte ci passava la notte e, in quei rari momenti, si sentiva talmente vuoto e sconsolato che quei soldi precedentemente spesi finivano per essere inutili.

-Ma tu sei sempre così sgarbato con tutti?- Alla quarta domanda di quella donna, mentre si infilava i suoi tacchi, Levi si risvegliò dal suo flusso di pensieri.

Non rispose e fece un altro tiro, fissando il fumo che si dissolveva all'aria aperta.

-Come vuoi zuccherino. Ci vediamo.-

Appena quella logorroica donna (non aveva smesso di parlare per un minuto nemmeno durante il sesso) se ne fu andata dalla camera, Levi sospirò pesantemente.

-A mai più.- Mormorò tra sé e sé come se qualcuno potesse sentirlo, mentre guardava quella donna per strada stringersi nella sua pelliccia sintetica e allontanarsi a passo svelto e leggero.

Quando sparì dietro l'angolo, Levi posò di nuovo lo sguardo prima sulla cicca e poi sul resto di quella spoglia e triste camera da letto.

Il giorno dopo domani o quello dopo ancora, dipendeva da come si sarebbe sentito il corvino, avrebbe girato per un'altra di quelle vie o di quei pub notturni, in cerca di un'altra donna pronta a scopare con chiunque per qualche spicciolo o desiderosa di attenzioni. O ancora, solo per divertirsi, così da potersi vantare il giorno dopo con le amiche per aver passato una sola notte di pura passione con un uomo conosciuto quella sera stessa e, nella maggior parte dei casi, mai più rivisto. E tutte quelle donne che passavano una notte con Levi potevano esser certe che non l'avrebbero mai più rivisto.

Tuttavia a Levi non importava nulla del motivo per il quale ogni donna decidesse di fare sesso con lui; anche se, indubbiamente, potevano decidere di lasciarsi andare a "una botta e via" per svariati motivi: chi per mestiere e a scopo speculativo, chi per nevrosi, chi per frustrazione, chi per piacere; ciò nonostante a lui non interessava.

La cosa importante era che quelle donne, prostitute o in cerca di divertimento che fossero, lo soddisfacessero quanto bastava per farlo distrarre dalla vita quotidiana e dai suoi pensieri, che quasi mai lo lasciavano.

Levi fece uscire un'ultima boccata di fumo dalle sue labbra, che andò a propagarsi nel cielo illuminato dalla luna piena, e si decise a rivestirsi e uscire anche lui per tornare a casa sua, nella ricca e rinomata Karaness.

"Tutti i nodi di quel filo rosso saranno destinati a sciogliersi? Oppure finiranno solo per spezzarlo definitivamente?"

*Spazio Me*
Spero che il prologo di questa storia vi sia piaciuta e che la continuerete a leggere! Come vedete, ho inventato io i nomi dei genitori di Armin, dato che Isayama mi pare che non li avesse mai detti.
Detto questo, mi dileguo. *Levi la porta via*

prima pubblicazione: 1/03/2017
revisionato il: 20/04/2021

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