045 poguelandia
⸻ capitolo quarantacinque ⸻
( poguelandia )
Sin dal principio, ci sono sempre stati i Kooks e i Pogues. I primi avevano tutti, e gli altri niente. Era così da sempre, ed era così che volevano che restasse. Alcuni ne approfittavano, e altri vi si opponevano.
L'oro della Royal Merchant faceva parte del gioco.
Secondo Big John Routledge e John B, suo figlio, il tesoro era la loro via di fuga. Avrebbero appianato le differenze, i Pogues avrebbero vinto...
Ma a un certo punto veniva quasi da chiedersi: il tesoro era una via d'uscita, o era una trappola?
Era quella la domanda che si poneva Ophelia da quando erano approdati su quell'isola deserta, sulla loro fetta di paradiso, su Poguelandia, come recitava anche la bandiera issata da JJ su un albero. Era diventata la loro casa, il loro posto, ed erano riusciti a renderlo tale solo con un duro lavoro e restando uniti. Avevano lavorato, avevano litigato — molto —, avevano riso, si erano aiutati, e quell'isola dapprima vuota, ora si ritrovava ad essere arricchita da tutto ciò che, giorno dopo giorno, avevano costruito quei sette Pogues.
Non era stato semplice. Tutt'altro. I primi giorni era stato tutto un vero fiasco, a partire dalla pesca fino ad arrivare ai ripari per dormire, ma poi, col tempo, avevano imparato, erano diventati dei veri e propri naufraghi. Avevano iniziato a pescare, e a volte la pesca andava bene, mentre altre volte andava decisamente male e si accontentavano di mangiare cocchi. Erano riusciti a costruire dei ripari per la notte, aiutandosi con le palme degli alberi. Avevano perfino imparato ad andare a caccia nella giungla, sebbene a farlo più assiduamente fossero i ragazzi. In compenso, le loro tre compagne andavano a recuperare la legna per alimentare il fuoco che utilizzavano per cuocere ciò che riuscivano a pescare. Quello era anche il fuoco attorno al quale si riunivano tutte le sere, ridendo, scherzando e giocando prima di cadere in un sonno profondo.
Si divertivano a nuotare tutti i giorni, a giocare agli scacchi che erano riusciti a creare con delle conchiglie, a rincorrersi in riva alla spiaggia, a giocare a obbligo o verità, a raccontarsi storie e a ridere.
Stare insieme li aveva salvati.
Sul serio. Ophelia era abbastanza certa che se non ci fossero stati questi ragazzi, lei sarebbe impazzita il primo giorno, e non avrebbe creato nulla di tutto quello. Invece i suoi amici erano stati in grado di darle forza, e avevano fatto in modo che non si arrendesse, e non si era arresa. Era stata attiva tutti i giorni, si era data da fare, e poteva dire di essere diventata una vera e propria selvaggia. Quell'isola era diventata casa sua, davvero, ma non dimenticava di averne un'altra. E no, non parlava delle Outer Banks, ma parlava di suo padre, la sua prima casa.
Le mancava. Le mancava profondamente, ed era sicura del fatto che stesse soffrendo, ma riponeva fiducia nel legame che avevano. Era certa che non la credesse morta. Era sicura che la credesse viva, da qualche parte. Questo, di certo, non gli impediva di soffrire, ma gli impediva di impazzire e di cadere nello stesso baratro in cui stava per cadere quando era morta sua moglie, finché non era stato salvato proprio da sua figlia. Ora lei non c'era, ma sperava che se la stesse cavando, che la stesse aspettando perché certo che lei sarebbe tornata.
Quando? Ophelia non ne aveva idea. Avrebbe firmato carte false per tornare a casa, perché per quanto amasse Poguelandia e volesse vivere solo giorni come quelli, era consapevole che non potessero rimanere lì per sempre, e lei neanche voleva che fosse così.
Poguelandia era un sogno, un posto idilliaco dove vivere, e i ragazzi lì potevano essere veri Pogues senza Kooks fra i piedi, e potevano godersi lo stile di vita spensierato della loro dimora.
Dimora, però, temporanea.
Ophelia era crollata spesso durante quei giorni, e, soprattutto, lo aveva fatto lontano dai suoi amici. Non perché non si fidasse, ma perché era ben consapevole del fatto che, pur mostrandosi felice e spensierati, ognuno di loro, nel profondo, si sentisse frustrato e angosciato, e lei non voleva addossare a quei ragazzi anche la sua miscela di emozioni negative che, ogni tanto, prendevano il sopravvento.
Aveva staccato la spina, per un po' era stato bello, ma poi aveva iniziato a vacillare nel momento in cui si era resa conto del fatto che i giorni continuassero a scorrere e loro fossero ancora lì. A volte si chiedeva se qualcuno li avrebbe mai ritrovati, o se fossero destinati a rimanere lì per sempre, ma riponeva davvero fiducia nel fatto che qualcuno, prima o poi, andasse da loro a riprenderli. Era anche quel pensiero, quella speranza, che non l'aveva fatta mollare.
I pensieri negativi colpivano in particolare la sera, quando si ritrovava stesa sulle sue palme ad osservare il cielo, e la mente iniziava a vagare. Aveva i suoi amici lì, ma a volte si sentiva davvero sola. Stava vedendo piccoli legami sbocciare, come quello tra Cleo e Pope, e tra JJ e Kiara, sebbene tutti e quattro ancora facessero finta di niente; poi c'era il legame ancora solido di Sarah e John B.
E infine c'era lei che era legata alla persona più lontana di tutte, a quella che aveva colpito alle spalle con un piede di porco e che aveva abbandonato nel momento in cui era scoppiata una caldaia a pochi passi dal suo volto. Non si sentiva in colpa. Sapeva di averlo fatto solo per salvare John B... ma le mancava.
Sul serio, le mancava Rafe Cameron, o, quantomeno, le mancavano i pochi ma intensi momenti dolci che avevano condiviso, e a volte si chiedeva cosa stesse facendo, se la pensasse, se anche lui sentisse la sua mancanza, o se addirittura la credesse morta. Eppure lo odiava. Lo odiava perché aveva rubato la Croce. Lo odiava perché aveva rubato l'oro. Lo odiava perché li aveva lasciati senza niente. Lo odiava perché se non fosse stato così avido, non sarebbero mai finiti su un'isola deserta.
Ma le mancava.
Era stato così sconvolgente, per lei, durante i primi giorni su Poguelandia, venire a conoscenza del fatto che non solo John B, ma che tutti i suoi amici avessero intuito che tra lei e Rafe avesse continuato ad esserci qualcosa, anche dopo tutto quello che aveva fatto. Eppure non erano cambiati nei suoi confronti, e neanche si erano arrabbiati. Forse perché non ne avevano la forza, forse perché si rendevano conto che, nonostante quel legame, lei non si fosse fatta alcun problema a colpirlo alle spalle e a salvare John B. Forse perché si rendevano conto che, alla fine dei giochi, lei era lì con loro, e non con Rafe.
Probabilmente, se si fossero trovati in altre circostanze, si sarebbero arrabbiati, ma avevano altre priorità ora che si trovavano su quell'isola deserta, e tutto dovevano fare meno che discutere a causa di Rafe Cameron.
Ovviamente, però, non accettavano quel legame. Lo avevano sottolineato un bel po' di volte, e avevano anche chiarito che semmai fosse nato effettivamente qualcosa di concreto tra lei e Rafe, non lo avrebbero mai accettato, e tantomeno sarebbero diventati i suoi amici. Lei, dal canto suo, li aveva tranquillizzati dicendo che sebbene condividessero un legame, era altamente impossibile che finissero davvero insieme, e che condividevano solamente dei brevi momenti in cui seppellivano l'ascia di guerra.
Ma sarebbero sempre stati nemici, e questo non sarebbe cambiato.
Sospirò profondamente, lanciando una breve occhiata al mare limpido prima di tornare concentrata sulla lancia che stava affilando per pescare i pesci. Al suo fianco, JJ era intento a fare la medesima cosa. Aveva il volto concentrato, ma un sorriso gioioso sul volto. Era stato lui, più di tutti, a dare le direttive fin dall'inizio, forse perché si era sempre dovuto adattare, o forse perché era un selvaggio di natura, ma, in ogni caso, senza di lui non sarebbero riusciti a fare molte cose.
«Ehi — lo richiamò improvvisamente Ophelia, attirando la sua attenzione — Secondo te ci troveranno mai? Insomma, ci salveranno?» gli chiese, non staccando gli occhi dalla lancia e dal coltellino che aveva fra le mani.
JJ la guardò come se fosse pazza. «Un salvataggio? E da cosa? Dal paradiso?» sorrise, indicando tutto ciò che li circondava. «Io non ci torno indietro. Mai» chiarì, riprendendo il suo lavoro.
La rossa annuì, accennando un flebile sorriso e sospirando. Ecco, lui era uno di quelli che di sicuro non desiderava tornare a casa, mai. Il motivo non era difficile da capire. JJ non aveva mai avuto una casa sua, sebbene nell'ultimo periodo avesse dormito spesso a casa Martin. Ma Poguelandia era diversa. Era un'isola interamente sua e dei suoi migliori amici. Zero Kooks, zero problemi. Solo loro. Probabilmente non c'era nessun altro posto che considerasse casa sua più di quello. Inoltre, come se non bastasse, vivere su un'isola insieme ai suoi migliori amici era il suo sogno da sempre.
Il biondo le lanciò una breve occhiata. «Perché, comunque?» le domandò, curioso.
«Non lo so... — si strinse nelle spalle — Mi chiedo solo se qualcuno verrà mai qui» si limitò a dire.
«Spero proprio di no. Insomma, Lia, guardati intorno. Abbiamo tutto ciò che ci serve. Proprio qui» continuò a guardarsi attorno con occhi sognanti e brillanti.
Lei fece una flebile risata. «Sbaglio o abbiamo affrontato un discorso del genere all'interno di un claustrofobica container?» chiese retoricamente.
«Abbiamo anche detto che era il nostro sogno, e lo stiamo vivendo...» le ricordò, non smettendo di sorridere. Poi sospirò. «Hai finito?» le domandò.
Ophelia, in risposta, gli mostrò la lancia affilata. «Che dici?»
«Beh, dico che siamo pronti a provvedere alla famiglia» annuì, mettendosi in piedi. «Brava, stai imparando ad affilare. Mi complimento» le disse, poi.
«Oh, ho avuto un ottimo insegnante» replicò lei mentre, insieme, raggiungevano la riva del mare lievemente mosso.
JJ alzò l'angolo destro della bocca. «Il migliore» si vantò. «E ora dobbiamo uccidere qualcosa con questa fantastica lancia affilata» aggiunse.
«No, non dire "uccidere" — mise su una smorfia — Lo fa sembrare piuttosto macabro e mi fa sentire in colpa» continuò.
«Beh, cara Lia, è esattamente quello che stiamo per fare. Non sentirti in colpa, è il cerchio della vita, o la legge del più forte» scrollò le spalle. «A meno che tu non voglia continuare a mangiare cocco» le fece presente.
Lei scosse la testa. «Sai, credo di star iniziando ad odiare il cocco dopo averlo mangiato per un intero mese. Sul serio, rischio di vomitare se ne mangio un altro» mise su un cipiglio.
«Allora dobbiamo uccidere qualcosa» sottolineò prima di sfilarsi la maglia e lanciarla lì sulla sabbia.
Ophelia scosse la testa divertita, poggiando poi gli occhi su Cleo e Pope, intenti ad addentrarsi nella fitta giungla alla ricerca di altre bacche. Fece un mezzo sorriso, tornando poi a prestare attenzione a JJ, i cui piedi erano già in acqua.
«Beh? — la guardò — Sei pronta? Oggi è il gran giorno. Pescheremo qualcosa. Ne sono certo» annuì, sicuro delle sue parole.
Ophelia, in risposta, lo raggiunse e lo affiancò in acqua. «Bene, capo, ricorda alla tua allieva cosa deve tenere a mente» lo invitò a parlare.
«Ok, devi ricordare di stare attenta alla tua ombra, perché scappano se la vedono» le disse con fare da insegnante, e lei annuì. «Ok, cominciamo».
I due ragazzi camminarono in direzione degli scogli, lì dove JJ amava pescare. La chiamava "rockfishing", cioè "pesca sulla roccia", ed era la sua tecnica preferita. Diceva di avere una prospettiva migliore da là sopra, e Ophelia, dal canto suo, si limitava a seguirlo e a non ribattere, consapevole che fosse il più competente in quell'ambito.
«Bene, come ti ho insegnato, va bene?» la voce del biondo la destò dai suoi pensieri.
«Come mi hai insegnato, sì» ripeté, annuendo.
«D'accordo» disse lui, soddisfatto.
Si lanciarono un'occhiata complice prima di aguzzare la vista e osservare con attenzione il fondo della riva, pronti ad impalare qualche pesce, anche il più piccolo.
«Oh Dio, JJ, quella è— un'alga» mise su un sorriso nervoso, guardandolo.
La fulminò con lo sguardo. «Non farmi brutti scherzi, ok? Pesci, non alghe. Sono totalmente differenti» le fece presente con finto tono esasperato.
«Non tutti siamo pescatori come te. Sono ancora una novellina» replicò.
«È evidente» la prese in giro, ricevendo una spinta in risposta.
Tornarono concentrati poco dopo, e rimasero lì per più di mezz'ora senza vedere pesci. C'erano solamente così tante alghe che Ophelia scambiava per "prede", venendo poi sgridata da JJ.
Improvvisamente, gli occhi della ragazza furono catturati da qualcosa che sembrava muoversi in modo molto veloce.
«Jay, ehi! Lì, cos'è?» gli chiese, puntando l'indice.
«Giuro che se è un'altra alg— Oh, è una razza, Ophelia! C'è una razza! Forma piatta e coda lunga!» iniziò a strepitare come una ragazzina al suo primo concerto. «La vedi?» insisté.
Lei inarcò un sopracciglio. «Beh, te l'ho fatta notare io, quindi direi di sì...» fece presente.
«Giusto... — mormorò, spalancando poi gli occhi — Ehi, guarda, viene verso di te! Viene verso di te!»
Ophelia annuì come per farsi forza. Poi strinse la lancia, prendendo posizione così come le aveva insegnato JJ. «Ok, sì. Ci sono. È mia. Un gioco da ragazzi».
«Ci siamo, Lia, è il momento!» continuò ad urlare.
Poi lei scosse la testa. «No, io— io non riesco a uccidere quel povero pesce» ammise.
JJ, con un salto, prese il suo posto e tentò di uccidere la razza. «No, l'ho mancata! Dov'è?! Dov'è?! Dannazione!» cominciò a guardarsi attorno.
Gli occhi di Ophelia tornarono a spostarsi nelle acque, e si illuminarono nel momento in cui videro il pesce. Sospirò profondamente, pensando solo al fatto che se non avessero preso quella razza, sarebbero stati costretti a mangiare ancora una volta cocco. Quindi, armandosi di tutta la forza e il coraggio che aveva, alzò la lancia e conficcò la punta dritta nel pesce, che, moribondo, continuò a muovere leggermente la coda.
«Oh mio Dio...» mormorò lei, rendendosi conto di avercela fatta.
JJ, dal canto suo, scoppiò a ridere. «Uooo! Ce l'hai fatta!» esultò, stringendola a sé. «Mangeremo razza per cena!» continuò ad urlare, entusiasta.
Ophelia annuì, unendosi al suo amico, che, nel frattempo, aveva alzato la razza per aria come se fosse un trofeo. E per loro era davvero tale.
«Uoooo! Sì! Questa va dritta nei nostri stomaci!»
Tornarono indietro, raggiungendo John B, Kiara e Sarah intenti a riordinare le palme volate via a causa del vento, e dopo essersi nutriti con delle bacche raccolte da Pope e Cleo nella giungla, si accomodarono su dei tronchi posizionati orizzontalmente e presero a giocare a obbligo o verità come oramai erano soliti fare tutti i giorni per far sì che il pomeriggio trascorresse più velocemente.
«Ok, John B, è il tuo turno — disse Sarah — Obbligo o verità?» gli domandò.
«Verità» rispose il moro, mettendosi in piedi.
«Verità?» chiese conferma la ragazza, lanciandogli il cappello di foglie che avevano creato e che bisognava indossare quando era il proprio turno.
John B lo mise sul capo. «Verità» annuì, tornando ad accomodarsi e aspettando la domanda.
«Se potessi tornare indietro... cosa faresti di diverso?»
Poggiarono tutti gli occhi su di lui in attesa della risposta, e quella domanda, in realtà, iniziò a far riflettere anche Ophelia.
Cosa farebbe di diverso se avesse la possibilità di tornare indietro?
Stando su quell'isola, stava iniziando a credere fermamente alla frase "tutto accade per una ragione". Certo, probabilmente aveva iniziato a crederci per non impazzire, ma, in realtà, forse davvero tutto accadeva per una ragione. Forse non avevano perso l'oro e la Croce per caso. Forse non non si trovavano lì per caso. Forse quello li stava preparando a qualcosa di più grande che, dopo tutte le esperienze che stavano vivendo, sarebbero stati in grado di affrontare.
Ma, in fondo, chi voleva prendere in giro? Quella era una risposta fin troppo razionale, e lei, se avesse potuto tornare indietro, avrebbe fatto di tutto per non farsi fregare dai Cameron per ben due volte.
«Trovare l'oro prima di Ward?» intervenne JJ con fare retorico.
«O nascondere la Croce un po' meglio?» continuò Pope.
«Non urlare "assassino" a Ward, per esempio» aggiunse Kie.
Ophelia guardò Pope e JJ. «Convincerei Pope a non togliere il tappo al motoscafo di Topper» mise su un sorrisetto.
«Oh, decisamente» concordarono.
«Ehm... rubare un paio di bottiglie di rum prima di saltare dalla barca?» rispose finalmente John B.
JJ si girò immediatamente a guardarlo. «Sì, scusa, perché non l'hai fatto?»
«Non lo so! Forse perché combattevo per salvarmi».
«In realtà, ti ho salvato io, quindi, tecnicamente, avresti potuto occuparti del rum» scrollò le spalle Ophelia, sopprimendo una risata.
«Io guarderei a destra e a sinistra prima di attraversare la strada» prese parola Cleo, facendo riferimento ad un'avventura vissuta con John B e Sarah a Nassau di cui gli altri non erano a conoscenza.
«Colpa mia, colpa mia» ammise il ragazzo, alzando le mani a mo' di difesa.
«Tocca a te, Lia» disse poco dopo la mora, tornando al gioco.
John B si voltò verso di lei. «Allora... obbligo o verità?» le domandò, poggiando lo strambo cappello sul suo capo.
Fece un sospiro profondo. «Uhm... verità».
«Va bene... — mise su un'espressione fintamente pensierosa — Se Rafe Cameron fosse diverso, accetteresti di vivere una vita insieme a lui?»
A quelle parole, lei lo fulminò con lo sguardo, mentre tutti gli altri erano in attesa di una risposta.
«Beh... suppongo che se fosse diverso, probabilmente potrebbe piacere anche a voi... quindi, non lo so... sì» disse infine.
Era vero. Se Rafe fosse stato diverso, non si sarebbe fatta nessun problema a superare quella linea di confine che l'avrebbe fatta cadere dritta nell'innamoramento, ma da cui, per ora, si teneva ben lontana.
Si schiarì la gola e riprese subito parola per evitare domande a riguardo. «Kie, obbligo o verità?» le chiese, passandole il cappello.
«Verità» rispose subito.
Ophelia annuì. «Se potessi tornare a casa dei tuoi a Figure Eight in questo istante, lo faresti?»
Tutti la guardarono in attesa di una risposta. La riccia, dal canto suo, osservò ognuno di loro, poggiando infine gli occhi su JJ.
«Assolutamente no» rispose.
«Concordo!» annuì Sarah.
«Non succederà mai» aggiunse Pope.
«Alla salute!» sorrise JJ, alzando il cocco in aria. «Al no assoluto!»
Kiara lo guardò. «JJ, obbligo o verità?» domandò.
«Andiamo, c'è bisogno di chiederlo?» rispose con ovvietà mentre poggiava il cappello sulla sua testa.
La riccia indicò l'alta scogliera sulla destra. «Un bel salto. Nessuno l'ha fatto finora. Vai».
JJ sorrise con sfida e si alzò dalla sabbia prima di correre in direzione della scogliera. I ragazzi attesero qualche minuto e poi videro in lontananza la figura del biondo.
«Eccolo, è arrivato!» disse John B.
Il ragazzo li guardò, alzando i pollici nella loro direzione. I sei, in tutta risposta, urlarono entusiasti.
«Andiamo JJ, buttati!»
«Non lo farà. Non lo farà mai!»
«Ah vuoi vedere? Mi stai sfidando?»
«Secondo me non si butta».
Pope scosse la testa. «È pericoloso e non c'è ricompensa. Sì, lo farà».
JJ li guardò un'ultima volta prima di indietreggiare, urlare e correre, gettandosi dalla scogliera e cadendo in acqua con tanto di capriola. Gli amici, in risposta, batterono le mani e urlarono felici, raggiungendolo in acqua.
Subito dopo, si strinsero in un abbraccio di gruppo.
E poi arrivò la sera, e i ragazzi, come al solito, si ritrovarono attorno al fuoco a mangiare la razza pescata quella mattina. Aleggiava silenzio intorno a loro, e nessuno aveva intenzione di spezzarlo.
Erano quelli i momenti in cui il loro entusiasmo si spegneva e iniziavano a pensare di aver bisogno di altro.
Di tornare a casa.
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