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031 charleston non è così male

capitolo trentuno
( charleston non è così male )





Ophelia non aveva per nulla dormito quella notte. Certo, avrebbe potuto dire che fosse a causa dello spazio ristretto, dei calci di JJ, ma avrebbe mentito. A tenerla sveglia era stata la chiamata con Rafe, e non aveva fatto altro che sentire le sue parole disperate in loop. Lui che chiedeva aiuto, che riconosceva di non stare bene, che diceva di avere bisogno di lei.

Sarebbe potuto essere il suo punto di svolta, quello.

Ma si era ritrovato davanti suo padre, di cui non faceva altro che volere l'approvazione, che gli diceva di fare l'uomo. E lui avrebbe fatto l'uomo.

Ophelia non sapeva esattamente cosa intendesse, ma era abbastanza sicura del fatto che Rafe non sarebbe migliorato. Avrebbe potuto farlo se suo padre gli avesse risposto diversamente, ma ora era spacciato, e non poteva che peggiorare. Era certa che avrebbe represso ogni emozione, e che non si sarebbe fermato davanti a niente. Probabilmente neanche davanti a lei, soprattutto se si considerava il fatto che fossero nemici. Fino a poco prima della chiamata forse Rafe aveva cercato di non dare peso a quella cosa, aveva deciso di seguire le sue emozioni e il suo desiderio di sentirla anche se nemici... ma ora doveva "fare l'uomo" e i sentimenti non erano ammessi. Probabilmente ora Rafe avrebbe messo i bastoni fra le ruote anche a lei.

Ophelia si sentiva male se pensava a quel ragazzo. Nonostante facesse di tutto per suo padre, quell'uomo non si assicurava che lui ricevesse aiuto. Neanche si prendeva qualche minuto per sedersi e per ascoltarlo.

Ward non lo ascoltava. Era evidente che non piacesse alla sua famiglia. Di amici non ne aveva. Rafe stava praticamente precipitando — forse già era precipitato — in un circolo vizioso di costante discesa, e difficilmente sarebbe potuto essere fermato.

Lei avrebbe voluto aiutarlo, sul serio. Davanti a una persona che ammetteva e riconosceva di non stare bene, e che chiedeva solo aiuto, non si poteva essere indifferenti, ma ora si trovava a Charleston con un motivo ben preciso, e non poteva farsi distrarre da Rafe Cameron, che, oltretutto, stava forse per diventare una versione peggiore di sé.

Probabilmente avrebbe fatto altre azioni sbagliate e orribili, e si sarebbe fatto odiare ancora di più.

Sospirò profondamente, voltandosi sulla destra e osservando le strade della bella Charleston. Già, erano finalmente arrivati, e Ophelia si stava innamorando di quelle stradine affollate e colorate, ma non avevano tempo per fare i turisti. Erano già in ritardo di molte ore, e nonostante volesse chiedere a Pope di fermare il pick-up in modo da entrare nei negozi e comprare qualsiasi cosa le capitasse a tiro, decise di tenere a freno la lingua.

Si sporse verso il cruscotto, prendendo una manciata di Skittles e infilandosele in bocca. Avevano fatto meno soste possibili, ma avevano comprato così tanto cibo e lattine di Pepsi, che l'abitacolo era diventato un bidone dell'immondizia.

«Siamo arrivati?» chiese dopo altri minuti di silenzio, stiracchiandosi e ignorando i borbottii di Kiara e JJ a causa delle gomitate che diede ad entrambi.

Pope annuì, lanciando occhiata all'indirizzo scritto sulla lettera. «Dovrebbe essere qui...» mormorò.

«È gente ricca. Hanno avuto tre Governatori in famiglia. Governano Charleston da circa trecento anni» prese improvvisamente parola Kiara.

«In confronto a loro, i nostri Kooks sembrano Pogues» commentò JJ, guardando fuori dal finestrino con curiosità.

Improvvisamente, il ragazzo alla guida accostò di fianco a un'imponente e maestosa villa bianca con eleganti colonne a sorreggere i tre piani da cui era costituita.

«È questo il posto, Pope?» domandò Ophelia, sbattendo le palpebre con espressione sbigottita.

«27 King Street — lesse il ragazzo — Sì, questo».

«D'accordo» JJ scrollò le spalle prima di aprire la portiera e uscire dal pick-up, seguito a ruota dei tre.

«Oh merda... wow. Sul serio, wow» commentò la rossa, osservando i dettagli e i particolari della più bella abitazione che avesse mai visto.

«Roba grossa» mormorò il biondo, avvicinandosi all'enorme recinzione di ferro battuto che circondava la casa.

«Cameron chi, esattamente?» chiese Ophelia, divertita.

JJ alzò lo sguardo. «Questo è il sistema di sicurezza? Queste punte servivano per tenere la gente fuori?» domandò, osservando gli alti e pungenti spuntoni.

«No, sai... io non credo» rispose la rossa, arricciando il naso.

«Qui ci stavano gli schiavi. Servivano a tenere la gente dentro» spiegò Pope con angoscia.

«Bene... entriamo» disse il biondo.

Subito dopo, spinse il cancello che, ambiguamente, si aprì in maniera immediata. Si lanciarono un'occhiata confusa ed entrarono nell'ordinato e rigoglioso giardino, avvicinandosi poi alla porta in ebano.

La rossa sentì un brivido attraversarle la spina dorsale. «Avete presente quando avvertivo delle sensazioni negative e poi, subito dopo, Barry lo spacciatore voleva rubarci l'oro?» domandò, guardandosi attorno.

«Sì» risposero i suoi amici, invitandola a continuare.

«Ecco, sento le stesse vibrazioni. Identiche — andò dritta al punto, poggiando gli occhi su Pope — È così ambiguo il fatto che vogliano che entri da solo, capisci? Non succede mai nulla di buono» spiegò.

«Beh, non andrà da solo» disse categorico JJ. «Ora bussa, forza» incitò.

In risposta, Pope prese a battere il picchiotto sulla porta, e Ophelia quasi si ritrovò a sobbalzare a causa del forte rumore, che parve riecheggiare per tutta la casa.

«Ho esagerato?» domandò il ragazzo, guardandoli.

«L'eco è arrivato in tutta la casa, questo è certo» gli rispose il biondo. «Quindi avranno sentito».

«Forse non c'è nessuno» ipotizzò Kiara.

«Magari questo Limbrey era qui fino a ieri» disse Ophelia, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Nell'esatto momento in cui Pope fece per riprendere il picchiotto in mano, la porta venne aperta, mostrando un uomo sulla quarantina. Li guardò attentamente per dei secondi interminabili, quasi trafiggendoli con i suoi occhi color nocciola, e poi, infine, si fermò su Pope.

«Tu devi essere Pope» capì mentre uno strano e ambiguo ghigno si faceva spazio sul suo volto.

«Ehm— Lei è il signor Limbrey?» chiese il ragazzo.

«La signora Limbrey, in realtà, ti aspettava ieri» gli ricordò con tono freddo.

«Oh, mi dispiace. Ho avuto un problema con l'auto e—»

«Il carburatore è morto in mezzo al nulla. Ci dispiace» intervenne JJ, mantenendo lo sguardo sullo sconosciuto come per fargli capire di non essere intimorito da lui.

L'uomo gli lanciò un'occhiataccia prima di tornare a concentrarsi su Pope. «Lei era molto infastidita della tua assenza» lo informò

«Volevamo chiamare, ma non c'era nessun numero sull'invito».

«Abbiamo fatto il prima possibile».

Li guardò uno ad uno, irritato. «Pensava anche che venissi da solo» aggiunse.

«Ascolti... anche loro hanno ritrovato la Royal Merchant, quindi—»

«Le istruzioni erano chiare. I tuoi amici restano fuori» lo fermò, non accettando repliche.

JJ scosse la testa. «O il pacchetto completo o niente!» chiarì col suo stesso tono di voce.

«JJ, sta' tranquillo, vado io — lo bloccò Pope — Andrà bene» li guardò per rassicurarli.

«Sì, ti aspettiamo qui» sorrise Kie, scambiandosi una lunga occhiata con il ragazzo.

Ophelia annuì. «Se succede qualcosa, tu... urla. Noi verremo. Teniamo le orecchie aperte» gli strinse delicatamente la spalla.

Non desiderava per nulla al mondo lasciare il suo amico da solo. Allo stesso tempo, era anche ben evidente che non li avrebbero fatti entrare tutti insieme e che volessero parlare solo con Pope. Toccava a loro fare un passo indietro, purtroppo.

«Tenete il motore acceso» disse Pope mentre lui e la castana si stringevano la mano.

Nel momento in cui entrò nell'abitazione, la porta venne sbattuta in faccia ai ragazzi, che rimasero piuttosto perplessi. Era evidente che la situazione fosse ambigua, soprattutto perché aveva a che fare con la Royal Merchant e quell'uomo non sembrava per nulla amichevole. Questo non faceva altro che rendere nervosi e preoccupati i ragazzi che, nel frattempo, avevano deciso di rientrare nel pick-up e di tenere il motore acceso proprio come aveva detto loro Pope. In quel modo, in caso di fuga, sarebbero immediatamente andati via.

Allo stesso tempo, Ophelia sperava che davvero avessero qualcosa in grado di scagionare John B, ma non poteva che chiedersi "cosa?" e "come?". Insomma, che diavolo di elementi potevano mai avere dei ricconi di Charleston? La pistola l'avevano già data a Shoupe, quindi... forse avevano un testimone oculare? Qualcosa su cui loro non avevano riflettuto? Ma come facevano ad avere quelle prove? Come facevano ad averle avute se le Outer Banks erano praticamente al polo opposto? E come diavolo potevano essere a conoscenza del loro legame con la Royal Merchant?

Tante, troppe domande senza risposta, e la ragazza non poteva che riporre fiducia in Pope e sperare che tornasse con le risposte.

Sospirò. «Non mi fido» ammise tutt'un tratto, tenendo la testa fuori dal finestrino.

«Neanche un po'» concordò Kiara.

«Un tipo losco — commentò JJ — Ma dobbiamo fidarci nel nostro Pope» aggiunse subito dopo.

«Sì, ma gente con degli spuntoni del genere non può essere normale! Andiamo, è tutto così strano» scosse la testa Ophelia, preoccupata per il suo amico.

Il biondo la ignorò. «Quanti soldi hanno, secondo voi? Io credo che la stima vari tra—»

Si interruppe nell'esatto momento in cui sentirono la porta aprirsi. Voltandosi di scatto, videro Pope iniziare a percorrere il giardino assieme ad un'elegante donna bionda con le stampelle e lo stesso uomo di prima, che pareva essere più uno scagnozzo.

«Credo che quella sia Limbrey» disse Ophelia, continuando a guardare con attenzione i tre.

«Va di sua volontà secondo voi?» chiese Kiara, assumendo un cipiglio.

I ragazzi aguzzarono la vista nel momento in cui Pope si voltò verso di loro con un'espressione indecifrabile. Aveva tutta l'aria di uno che stava chiedendo aiuto.

«Avanti, cammina» sentirono dire dall'uomo, che gli mise la mano dietro la schiena e gli diede una lieve spinta per incitarlo a camminare.

«No. Per niente» rispose Ophelia, scuotendo la testa.

«No, direi proprio di no» concordò JJ.

«Ok, andiamo!» strepitò Kiara.

«No, aspetta» la fermò la rossa. «Stanno andando nel vialetto, vedete?» li indicò.

Il biondo prese il posto del guidatore. «Facciamo il giro e andiamo sul retro. Li raggiungiamo dall'altra parte» e avanzò verso il retro.

«Vai piano, JJ» mormorò Ophelia nel momento esatto in cui si rese conto del fatto che stessero andando troppo velocemente.

«Sì, certo» annuì, rallentando.

Fecero il giro dell'abitazione, ma di loro nessuna traccia.

«Ma dove sono andati?» chiese Kie, confusa e preoccupata.

«E se fossero sottoterra? Perché in C.H.U.D. le persone vengono portate nelle fogne e trasformate in umanoidi a causa delle radiazioni. E—»

«E poi gli umanoidi sono pronti a uscire dai tombini per cominciare l'invasione della città» concluse per lui Ophelia.

Annuì vigorosamente. «Esatto! E nel film ci sono quattro persone che indagano. Noi siamo quattro!» quasi urlò.

«Oddio, siamo in un film di fantascienza?» lo prese in giro la rossa, mostrandosi fintamente entusiasta.

«Ragazzi, ehi, ehi! Non ha alcun senso» Kiara fermò le loro chiacchiere.

«Giusto, scusa. Riuscite a vederlo?»

«No».

«Ehi, ehi, ehi! Guardate lì! JJ, ferma l'auto!» strepitò Ophelia.

Fu in quel momento che intravidero Pope che cercava di uscire da un cancello chiuso con delle catene.

«Oh, merda! Quell'uomo ha un taser!» esordì Kie.

La rossa si ritrovò a spalancare gli occhi: Pope era a terra e l'uomo era sopra di lui nel tentativo di immobilizzarlo e recuperare il teaser che si trovava poco lontano da loro.

«Andiamo! Andiamo!» gridò JJ uscendo dall'auto, seguito dalle ragazze.

Non appena trovarono un'entrata, si affrettarono ad infilarsi all'interno e a raggiungere Pope e l'uomo. Entrambi erano ancora sull'asfalto, e prima che l'uomo potesse riprendere il taser, JJ corse verso di loro e gli diede un calcio, facendolo arrivare esattamente davanti ai piedi di Ophelia, che lo infilò immediatamente in tasca.

«Andiamo!» urlò Kie.

«Pope! Dai».

«Muovetevi!»

«Pope! Andiamo! Vieni!» JJ tirò il ragazzo verso di sé.

Successivamente, scavalcarono il muretto, corsero a perdifiato verso l'auto, e JJ si affrettò a mettersi davanti al volante mentre gli altri tre si schiacciarono come sardine al suo fianco.

«Via, via, via!»

«Metti in moto!»

«Andiamo via da qui!»

«Sono pazzi! Andiamocene!»

JJ mise in moto e si allontanò immediatamente dall'edificio con una sterzata tale da far traballare tutti all'interno di quel veicolo.

«Ci sta seguendo!» li informò Ophelia nel momento in cui vide l'uomo guidare l'auto dietro la loro.

«Qui è a senso unico!»

«A sinistra!»

«Di là!»

«Ci stanno inseguendo!»

«C'è un'altra macchina! Gira! Gira subito a destra!»

«JJ, non ridere! Svolta!»

Tra le risate, JJ sterzò verso destra, e si ritrovarono quasi ad investire due ragazzi che sembravano stringere delle taniche di benzina.

«Toglietevi di mezzo!» gridò JJ, scansandoli per un pelo.

«Erano persone! Gesù Cristo!»

«Scusateci!» urlò Ophelia, voltandosi verso i due poveri malcapitati e ritrovandosi a perdere un battito.

No, era impossibile. La mente stava davvero iniziando a giocarle bruttissimi scherzi.

«Ci sta ancora seguendo! Non molla!»

«Questa si chiama tecnica di guida evasiva, ok?»

«Stiamo per morire!» disse istericamente la rossa, che trovava veramente assurdo il fatto che probabilmente sarebbero morti per un incidente d'auto dopo tutte le situazioni pericolose in cui si erano trovati. Sarebbe stato davvero il colmo.

«Guardate, ora lo semino!» disse JJ.

Subito dopo, svoltò bruscamente in un vicolo, e quella sua azione ebbe, come conseguenza, del fumo che iniziò ad uscire dall'auto.

«Oh cazzo, JJ!»

«Non aveva riparato il carburatore?!» sbraitò contro Pope.

«No, no, no, no,no!»

«L'aveva riparato infatti!»

«Merda!»

Ed ecco che l'auto li abbandonò definitivamente, fermandosi nel bel mezzo del vicolo. I ragazzi, arrabbiati, nervosi e agitati, furono costretti a scendere dal pick-up.

«Non ci credo» mormorò Ophelia, scuotendo la testa.

«D'accordo, e ora che facciamo?» chiese Kie, guardandoli con ansia.

«Prima regola: mai fidarsi dei meccanici!» urlò JJ.

«Dobbiamo correre. Ora!» disse la rossa.

Successivamente, i ragazzi recuperarono i loro zaini dal retro del pick-up.

«Sta arrivando!» strillò Kiara quando vide l'auto dell'uomo.

«Facciamo il giro!»

«Via!»

«Forza!»

«Andiamo!»

A quel punto, abbandonarono l'auto di Heyward e iniziarono a correre tra le strade di Charleston, una città che non conoscevano affatto, con quell'uomo alle calcagna, che nonostante avesse probabilmente quarant'anni, era piuttosto veloce.

«Ragazzi, credo che abbia una pistola!»

«Oh, davvero?»

«State giù!»

«Andiamo!»

«Entriamo nel vicolo, forza!»

«Andiamo! Dai!»

«Ehi JJ, Lia, Pope, Kie

Ophelia si voltò di scatto quando sentì una voce, una voce terribilmente familiare, chiamarli, ma tutto ciò che riuscì a vedere fu l'uomo con la pistola. A quel punto, spalancò gli occhi e tornò a guardare avanti con le gambe che iniziavano a chiedere pietà.

«Forza! Più veloce!»

«Sto correndo! Sto correndo!»

«Dovremmo separarci!»

«Separarci? Non sappiamo dove andare!»

«Dobbiamo seminarlo!»

«Attenzione!» gridò un uomo nel momento in cui JJ gli finì contro, facendogli cadere tutti i pacchi che stringeva tra le mani.

«Cazzo!»

«Merda! Sta' attento!»

«Ci scusi!»

«In quel vicolo! Entriamo lì!» urlò Ophelia prima di svoltare a sinistra ed entrare nell'ennesimo vicolo stretto, quella volta meno lungo.

«Forza, forza!»

«Ci raggiunge!»

«Più veloce, JJ!»

«Sto correndo, Pope! Sto correndo!»

Nell'esatto momento in cui uscirono da quel vicolo, i piedi dei quattro ragazzi si piantarono sull'asfalto quando rischiarono di essere investiti da un risciò a tre ruote.

«State atte—»

Ophelia non concluse mai quella frase. Nel momento in cui alzò gli occhi, infatti, le parole le morirono in gola e il respiro le si fermò.

Si chiese se fosse un'allucinazione, se fosse l'erba che JJ le aveva fatto fumare, se fosse la mente a giocarle brutti scherzi, forse spinta dalla mancanza che provava nei loro confronti, ma quando niente cambiò intorno a sé e tutto rimase uguale, si rese conto del fatto che non fosse affatto un sogno. Era tutto reale.

John B e Sarah erano lì davanti a loro.

Per un attimo tutto sembrò fermarsi. C'erano solo loro. Loro sei, di nuovo. Si guardarono per quelli che parvero secondi interminabili, si osservarono a vicenda. I loro occhi si inumidirono mentre spontanei sorrisi iniziarono a farsi spazio sui loro volti.

Ophelia non riuscì a descrivere le emozioni che provava in quel momento, e passò in secondo piano ogni cosa, anche il fatto che fossero inseguiti da un uomo armato. Riusciva solamente a concentrarsi sui suoi migliori amici, sporchi, provati, ma vivi.

Sapeva già che fossero vivi, ma constatarlo con i propri occhi era decisamente un'altra cosa. Rivederli dopo quei giorni di puro caos, dopo averli creduti prima dispersi e poi morti, rivederli dopo essere stata senza di loro... era come se stesse tornando a respirare adeguatamente dopo averlo fatto in maniera irregolare.

«Dai, dai, dai! Salite!» urlò improvvisamente John B, spezzando quel momento.

Solo allora parvero ricordarsi del fatto che fossero inseguiti da un pazzo armato.

«Forza! Salite!»

Ophelia e Kiara, senza troppe cerimonie, salirono sul risciò certamente rubato dai due ragazzi, mentre Pope e JJ decisero di aiutare John B e spingere il veicolo da dietro.

«Spingete più forte!»

«Andiamo, andiamo!»

Ad inseguirli c'erano ben tre persone. Lo scagnozzo della Limbrey, infatti, era affiancato da due uomini, che certamente seguivano Sarah e John B. Furono i primi a mollare a differenza del "loro uomo".

«Ci sta dietro! Cazzo!»

«Forza, Pope! Spingi! Andiamo!»

«Pedala! Ci raggiunge!»

«Sto pedalando!»

«Porca troia!»

Nel momento in cui li raggiunse, Pope lo mandò via con un calcio, scaraventandolo a terra e facendolo rotolare sull'asfalto. Subito dopo, anche lui e JJ salirono a bordo.

«Addio, piccolo topo!»

«Oh cazzo, sì! Sì!»

«Tanti saluti!»

«Ti mandiamo un bacino!»

Urlarono felici e si misero in piedi mentre John B continuava a pedalare.

Erano di nuovo riuniti. Erano di nuovo insieme.

Sei Pogues che non si sarebbero più separati.

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