𝐱𝐢𝐱. - il nostro regno
Oltrepassata la porta, un vento gelido avvolse Alex come un abbraccio.
Capì dov'era ancor prima che Jason glielo dicesse.
Solamente il freddo di Jotunheim era capace di farla rabbrividire.
-Benvenuta, sorellina, nel nostro regno- annunciò Jason, alzando le braccia e guardando ammirato il paesaggio freddo e desolato che si trovava intorno a loro.
-Il vostro regno è un tantino freddo- commentò Zemo, stringendosi il cappotto mentre rabbrividiva.
Il ragazzo non fece neanche caso alla sua affermazione.
Continuava a fissare l'orizzonte, la neve candida che scendeva silenziosa e indisturbata.
Si intravedeva a malapena, quando si posava su i suoi capelli dorati.
Sembrava che stesse per aprire bocca, quando una risata gutturale fece tremare la terra sotto i loro piedi.
Quello che prima era sembrato una montagna, ora si mosse e si rivelò essere un gigante di ghiaccio.
Era immenso, così alto da fare venire le vertigini ad Alex.
Aveva il consueto colorito azzurro della sua specie, con gli occhi rossi iniettati di sangue.
-Alexandra, figlia di Loki. E Jason, figlio di Loki- tuonò il gigante, piegando la bocca in una smorfia divertita.
Poi posò lo sguardo sugli altri due, storcendo io naso.
-E due Midgardiani, che non capisco perché si trovino su questo regno- commentò, mentre Zemo si poggiava le mani sui fianchi, con un espressione offesa.
Alex lanciò uno sguardo veloce a Peter, accanto a lui.
La sua espressione era diversa, diversa da quella di appena dieci minuti fa.
Lei sapeva che stava cercando di ricordarsi qualcosa, si vedeva dall'increspatura di concentrazione che si era formata tra le sue sopracciglia.
Con passo felpato, si avvicinò a lui, facendogli scivolare le dita tra le sue.
Lui sussultò, quasi ritraendosi.
Ma poi, appena un secondo dopo, strinse forte la sua mano in quella di Alex.
-Oh, che tenerezza! Mi fate commuovere- disse sprezzante il figlio di Laufey, riferendosi ai due ragazzi.
-Non la considererai più così tenera, una volta che mia sorella ti avrà ucciso- si intromise Jason, mettendosi davanti ad Alex e Peter.
-E come pensate di uccidermi, figli di Loki? Non esiste arma in questo mondo capace di uccidere un gigante di ghiaccio-
-Oh, certo, non in questo mondo. Ma magari in un altro...- e fece comparire lo scettro di Loki in una mano -esiste eccome-
Jason lanciò lo scettro ad Alex, che lo prese al volo con la mano libera.
A malincuore, dovette lasciare la mano a Peter, che continuò a tenere le dita piegate verso l'interno, come se la sua mano fosse ancora lì.
Alex alzò la testa, incontrando lo sguardo lontano del figlio di Laufey.
Per la prima volta dal loro arrivo, nel suo sguardo intravide un lampo preoccupato.
Osò pensare che avesse persino paura.
Con uno scatto fulmineo in avanti, premette la punta dello scettro di suo padre sulla gamba del gigante, che urlò di dolore.
Ma l'urlo venne soffocato quasi subito.
Non aveva neanche avuto il tempo di reagire.
Alex aveva assunto il pieno controllo della sua mente.
-Fallo, Alex- le disse il fratello, dietro di lei.
E Alex sapeva cosa voleva che facesse.
Doveva indurre l'erede al trono di Jotunheim a gettarsi da un dirupo appena dietro i due enormi troni di ghiaccio.
-Oh, io non credo proprio che lo farà-
Un lampo di luce, e Jason ruzzolò via, andando a sbattere di schiena contro una parete ghiacciata.
Il signor Stark, in armatura nuova di zecca, atterrò di fianco ad Alex.
La maschera si alzò, rivelando il suo volto sorridente al di sotto.
-Ti abbiamo trovata, mini-Loki- disse, per poi lanciare uno sguardo preoccupato a Peter.
-Come sta?- le chiese.
-Meglio. Credo di aver capito come riportare alla luce i suoi ricordi. Il problema principale è...-
-Zemo- sussurrò Steve, appena comparso da un portale giallastro, che molto probabilmente era stato aperto dal dottor Strange.
E il Barone, sorridente come sempre, fissava l'intero gruppetto.
Ma la persona a cui era interessato maggiormente, ovviamente, era Bucky.
-Sergente Barnes- disse, battendo le mani.
-Quanto tempo-
-Chiudi la bocca, Zemo. Prima che ti faccia saltare le gambe- rispose Bucky, puntandogli contro il mitragliatore.
-Oh, non è così che si tratta un vecchio amico- scosse la testa -credevo che ormai avessi imparato la lezione-
Alex vide l'intero corpo di Bucky irrigidirsi, percorso dai più dolorosi tra i suoi ricordi.
Stava facendo uno sforzo immenso per mantenere il controllo sulla mente del gigante e contemporaneamente seguire quello che stava succedendo.
-Ci conviene sbrigarci, ragazzi. Non credo che il biondino rimarrà svenuto così a lungo- commentò Nat, mentre si spolverava la tuta nera, che si era ricoperta di neve.
-Io...non posso- mormorò Alex, indicando con la testa lo scettro di Loki.
Tony capì al volo, e si affrettò a spiegare agli altri.
-Come farai, Alex? Insomma, tu non vuoi rimanere qui e fare la regina, no?- disse Bucky, la voce spezzata dalla preoccupazione.
Lei scosse la testa, la fronte imperlata di sudore.
-Se ora spezzo il contatto mentale con il figlio di Laufey, lui ci ucciderà tutti. Non è il solo gigante di ghiaccio su questo pianeta. E nessuno di voi è abbastanza potente per potermi aiutare...- disse, mentre la neve iniziava a cadere più fitta e le rimaneva impigliata tra i capelli.
Seguirono degli inquietanti secondi di silenzio. Nat continuava a fissare Jason, steso a terra, che però non sembrava aver ripreso i sensi.
Bucky aveva lo sguardo basso.
Lo sguardo della sconfitta.
Steve continuava a parlare con Tony, sicuro che ci fosse un altro modo.
Poi un'idea.
Un'idea folle, certo, ma sempre un'idea.
Alex sapeva, lo sapeva sin dall'inizio, che l'unico modo per riportare tutti gli altri indietro era morire.
Non lo aveva detto, ovviamente, agli altri. Sapeva che l'avrebbero ostacolata.
Si sentì fredda, quasi senza emozioni.
Il freddo della morte imminente.
Aveva avuto la stessa sensazione quando, su Titano, era rimasta a guardare metà dei suoi amici diventare polvere.
E ora che tutti erano tornati indietro, era lei a doversene andare.
Per sempre.
Morendo avrebbe rimesso tutto a posto.
Jason non avrebbe potuto regnare su Jotunheim, nel migliore dei casi il figlio di Laufey lo avrebbe ucciso.
Steve, Bucky, Tony e Natasha sarebbero riusciti a scappare, e sicuramente anche Zemo.
Ma c'era qualcosa, qualcosa che la fermò dall'iniziare a correre verso il dirupo e precipitare verso la sua fine.
Era sempre lui.
Peter.
Incrociò lo sguardo del ragazzo, che non aveva smesso di guardarla neanche per un secondo.
Quegli occhi che le avevano fatto ritornare a battere il cuore, quel giorno che sembrava appartenere a un secolo prima.
Stava per dirgli qualcosa, ne era certa, quando un lampo di luce verde accecò il suo campo visivo.
Lo scettro di Loki le volò via dalla mano, e lei si ritrovò stesa sul ghiaccio, la testa che le girava vorticosamente.
Si voltò, cercando con lo sguardo gli altri.
Il suo cuore perse un battito quando vide che non c'era nessuno.
Ma ricominciò a battere quando vide chi era uscito dal portale aperto davanti a lei.
Suo padre, i capelli neri tirati indietro come sempre, una camicia lacera e sporca di terra e quello che sembrava sangue, due pugnali stretti in mano e gli occhi pieni di lacrime, le stava davanti, la bocca semiaperta.
-Alexandra...- sussurrò Loki, lasciando che i pugnali cadessero e urtassero contro la superficie dura e fredda del ghiaccio.
-Padre- rispose Alex, le lacrime di gioia che avevano iniziato a rigarle il viso.
-Sei davvero tu?-
Loki sorrise, tirando leggermente su col naso.
Si avvicinò alla figlia e la strinse tra le braccia, e lo stesso fece Alex.
Poggiò la testa sul suo petto, lasciando che la lacrime gli inzuppassero la camicia, e lo abbracciò più forte di quanto avesse mai fatto prima.
Stordita e commossa e felice com'era, neanche si chiese come suo padre fosse arrivato lì.
Ma ora non importava.
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