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Capitolo 22 |Non puoi scappare|





La fresca brezza serale mi cullò dolcemente.
Mi trovavo al gazebo, gli occhi rivolti verso il tramonto ma con la mente riflessa nel vuoto.
Avevo smesso di pensare, il mio cervello era come in standby.

Piansi fino a non avere più lacrime da versare. Nessuna espressione segnava il mio volto.
Ero un automa, seduta su un muretto e appoggiata col capo a una colonna.
Ormai era passato un bel po' di tempo. Un'ora, due. Forse tre.
Poco mi interessava.

<Ti ho trovata>.
La sua voce risuonò nelle mie orecchie. Calda e profonda.
Mi girai lentamente, guardandolo con occhi spenti. Poi, come se niente fosse, tornai a guardare lo spettacolo di colori difronte a me.

Sentii i suoi passi avvicinarsi, fermandosi esattamente dietro di me.
<Stai bene?> faceva il sostenuto, ma la preoccupazione era evidente nel suo tono.
Abbassai il capo, incapace anche solo di pronunciare una parola.
<Soleil> insistette Xavier, questa volta più autoritario.
Ancora una volta non risposi.

Sentii le sue mani prendermi per i fianchi e girarmi verso di lui, posizionandosi esattamente in mezzo alle mie gambe.
<Rispondi> ordinò, guardandomi con ostinazione.

Finalmente alzai il capo, osservandolo dritto negli occhi.
<Amara... come sta?> chiesi sottovoce.
<Bene>.
<Dimmi la verità> insistetti.
Scosse il capo, sicuramente infastidito dalla mia insistenza.
<Ha subito un forte trauma alla colonna vertebrale. L'hanno portata subito in Infermeria. Se la caverà>.

Sospirai, portando le mani in volto e sfregandole su di esso.
<Non porto altro che guai> sussurrai distrutta.
<Amara ha ragione. La preside ha sbagliato. Con me dentro quella scuola siete tutti in pericolo> tornai a guardarlo <devo andarmene>.
<Non se ne parla minimamente> sbottò contrariato.

<Si invece Xavier! Questo non è il mio posto. Nessuno lo sarà perché sono un dannato abominio che non porta altro che guai. Guarda-> iniziai a gesticolare e ad alzare eccessivamente il tono della voce <-Guarda cosa ho fatto ad Amara! Chi sarà il prossimo? Cosa succederà alla scuola quando i dissociati mi troveranno? Perché prima o poi succederà. Il solo pensiero che possano fare del male a voi...> le urla si ridussero ad un flebile sussurro.

<Ho paura...> alzai il capo e guardai Xavier dritto nei suoi occhi.
<Ho paura di perdervi> continuai.
<Ho paura di perderti>.
L'avevo fatto.
Avevo messo a nudo le mie insicurezze.
Avevo offerto il manico di quel dannato coltello proprio a lui.

Il suo volto per la prima volta non era coperto da quella solita maschera di indifferenza.
Mi guardava con occhi diversi. Avrei venduto l'anima al diavolo anche solo per conoscere la metà di un suo singolo pensiero.

<Non succederà> disse.
Continuai a guardarlo, desiderosa di ascoltarlo.
<Loro non ti troveranno. Se mai dovesse succedere faremo di tutto per fermarli. Ma non voglio più sentirti dire certe cazzate. Forse tu non te ne rendi conto ma in così poco tempo hai stravolto tutto. Ormai è troppo tardi. Tu non puoi più scappare...> si avvicinò a me <perché ti troverei ad ogni costo>.

<Promettimelo> sussurrai <Promettimi che non mi tradirai. Per favore...>.
I miei occhi lucidi si immersero totalmente nei suoi.
Il suo sguardo si spense come la fiamma di una lampada ad olio non appena pronunciai quelle parole.
Poco dopo però a rivestire il suo volto tornò quella corazza, impedendomi così di riuscire a decifrare le sue emozioni.
<Te lo prometto>.

Mi guardò con occhi duri, la mascella contratta e con quel velo di infelice consapevolezza che traspariva dal suo sguardo.
In altre condizioni me ne sarei sicuramente accorta ma in quel momento ero talmente offuscata dalle emozioni che qualsiasi segnale mi sarebbe passato davanti come un treno in corsa.

<Non fare mai più una cosa del genere> disse all'improvviso.
Lo guardai, stanca e confusa al contempo.
<Scappare così> portò una mano tra i miei capelli <Sai che mi da tremendamente fastidio questa tua imprevedibilità>.
Non risposi. Mi limitai a fissarlo con sguardo perso.

Sperai con tutto il cuore che mi baciasse, che posasse le sue labbra sulle mie, ma non andò così.
Era turbato, come se in quel momento nella sua testa ci fosse una lotta all'ultimo sangue tra i suoi infausti pensieri.

Forse voleva farlo. A confermarlo erano i suoi occhi famelici che più di una volta si erano posati sulle mie labbra.
Ormai potevo dire di conoscere quantomeno una parte di Xavier.
Non tutte, ovviamente, ma abbastanza da sapere che c'era qualcosa che lo turbava pesantemente.
Qualcosa di grande.

<Vieni> mi sollevò delicatamente dal muretto, poggiandomi le sue mani in vita.
Poi, una volta che i miei piedi ebbero toccato il suolo, con riluttanza mi porse il palmo della sua mano.
<Torniamo a casa>.

~~~

<No! Non se ne parla minimamente> pronunciò furente la preside.
<Non c'è altra soluzione Ramona. Il suo potere sta aumentando a dismisura. Non è assolutamente normale> contrattaccò quella che identificai come la voce del professore Alas.
<È il suo potere di ibrido. Si sta risvegliando dallo stato di latenza>.
<Nessuno studente del terzo anno, ibrido o meno, riuscirebbe a fare ciò che ha fatto lei senza nemmeno un briciolo di allenamento. Inizieranno a percepire il suo potere. Se mai la trovassero solo Mysteria sa cosa ne sarebbe di lei>.

Spalancai prepotentemente la porta dell'ufficio della preside, troncando così la loro conversazione.
Ad attendermi c'erano sei paia d'occhi che nel momento esatto in cui varcai la soglia mi squadrarono con stupore.
Non avevo chissà quale gradevole aspetto.
I miei occhi erano sicuramente gonfi e i miei capelli nemmeno provai ad immaginare in quali condizioni fossero.

<Soleil!> Felix avanzò velocemente verso di me, stringendomi in un abbraccio bisognoso.
<Brutta stronza, mi hai fatto preoccupare. Non ti permettere mai più> cercò di risultare autoritario, ma con scarsi risultati.
<Ehi, ci siamo anche noi!> pronunciò Dusha.
Vidi avvicinarsi anche lei insieme a Dimitri e Nathaniel, stringendomi anche loro una dolce stretta.

<Quantomeno avresti potuto avvisarci. Credi di essere l'unica a voler scappare da qui?> disse Felix, scompigliandomi dolcemente i capelli.
<Mi dispiace> pronunciai sottovoce, con un piccolo sorriso sulle labbra.

Vederli lì, così preoccupati per me mi fece sentire estremamente in colpa.
Tuttavia sotto sotto fui infinitamente felice di sapere che ci tenessero così tanto a me, era una nuova sensazione tutta da scoprire.

<Soleil> mi richiamò la preside <Vieni>.
Camminai lentamente verso di lei e il professore, preparandomi psicologicamente a qualsiasi cosa stessero per dirmi.
Mi fermai esattamente di fronte la scrivania, con gli occhi di tutti puntati addosso.
Eppure solo un paio in particolare riuscivano ogni volta a farmi rabbrividire.

Durante tutto il tragitto del ritorno la sua mano strinse decisa la mia, come se volesse proteggermi ma al contempo volesse impedirmi di scappare, tenendomi stretta a se.
Nessuno dei due fiatò. Capì che l'unica cosa di cui avevo bisogno era il silenzio.
Soprattutto sapendo che una volta ritornata ad attendermi c'era un un possibile quanto inevitabile interrogatorio da parte della preside.

<Soleil, mi stai ascoltando?>.
La mia attenzione ritornò sulla figura di fronte a me.
<Può ripetere?> la mia voce uscì sottile e asettica, priva di qualsiasi emozione.
<Voglio sapere solo una cosa da te. Ultimamente ti è successo qualcosa? Qualche avvenimento strano o qualsiasi tipo di "manifestazione" di cui non mi hai parlato? Devi rispondere in tutta onestà Soleil. È importante> disse con sguardo serio.

A quelle parole nella mia mente pensai immediatamente a quella strana voce che sentii in biblioteca, al sogno e al diario.
Un mix di avvenimenti che ancora non ero riuscita a decifrare.

<No> mentii.
Mi guardò attentamente, non del tutto convinta della mia risposta.
<Ne sei davvero sicura?> richiese.
<Ripensaci> il professore Alas affiancò la preside <Non è successo proprio nulla? Anche la più piccola cosa che magari...>.
<No> risposi decisa, interrompendolo.
<Assolutamente nulla> specificai.

<Riflettici attentamente> insistette la preside <magari ti viene in mente->.
<Ho detto di no> dissi forse con troppo impeto.
Cercai di controllarmi. Quella situazione mi stava particolarmente innervosendo e ormai sapevo fin troppo bene cosa succedeva quando mi arrabbiavo.

Il professore aveva sicuramente capito che c'era qualcosa sotto, ma evitò di insistere.
<Va bene> si arrese la preside <Allora... potete andare>.
Trattenni un sospiro di sollievo, quel contesto stava diventando insostenibile.

Mi diressi con gli altri verso la porta.
<Soleil un'ultima cosa!>.
Mi girai nuovamente verso la preside, con il cuore in gola e l'ansia di dover nuovamente mentire.
<Qualsiasi cosa dovesse succedere ti prego di dirmelo...> disse con evidente preoccupazione nei suoi occhi ambrati.

Mi limitai ad annuire.
Poi finalmente uscii da quella stanza diventata così opprimente.
Fondamentalmente tutto stava diventando opprimente.
<Allora, direi che per oggi abbiamo studiato abbastanza. Che ne dite di un bel film?> chiese Felix, sfregiandosi come al solito le mani.
<Buona idea fratello> si accodò Nathaniel.

<Per una volta sono d'accordo con te> disse Dimitri, rigirandosi tra le mani le sue collanine argentate.
<Niente horror per favore. Ho ancora gli incubi per colpa tua> disse Dusha prontamente.
<Oh che fifona che sei! In ogni caso, oggi sceglierà Soleil> Felix si girò nella mia direzione <Cosa preferisci?>.

Capii che non erano davvero interessati al film. Stavano cercando in tutti i modi di distrarmi, soprattutto Felix.
Quei piccoli gesti erano ciò che più amavo di loro. Averli lì davanti, a guardarmi con tanta premura e apprensione mi riempiva il cuore di gioia.

<Mi piacerebbe un sacco ma... in realtà dovrei prima fare una cosa. Voi andate pure, poi vi raggiungo> dissi.
<Va bene, tranquilla> Felix sorrise rassicurandomi.
<Allora a dopo. Ti terrò un posto affianco a me> mi salutò Dusha.
Ricambiai con un lieve sorriso e un cenno del capo.

Quando li vidi dirigersi verso la sala, mi incamminai a passo svelto verso la mia camera.
Mentre scesi le scale una mano calda si inchiodò decisa al mio polso.
Quando mi girai non fui affatto sorpresa di vedere il suo viso.

<So che stavi mentendo> pronunciò sottovoce.
La sua voce profonda mi fece rabbrividire.
<Ti sbagli> sostenni il suo sguardo.
<Oh.. non credo proprio> si avvicinò alle mie labbra <Puoi darla a bere alla preside e al professore, ma non a me. Non è un gioco angioletto>.
<Lo so> sbottai <Potresti lasciarmi ora?>.

Provai a liberarmi ma mi strattonò un'ultima volta a sé.
<Ti avverto. Non provare a lasciare la scuola> sibilò autoritario.
Poi finalmente mi liberò dalla sua presa, lanciandomi uno sguardo intimidatorio.
Il medesimo avvertimento nei suoi modi poco gentili.

Non appena si girò per raggiungere gli altri scattai come una saetta giù dalle scale, arrivando in tempo record al dormitorio femminile.
Sorpassai la sala comune sotto gli occhi sgranati di alcune studentesse. Erano quesì spaventate e sicuramente non solo per il mio aspetto da scappata di casa.

Quando finalmente entrai in camera sbattei involontariamente la porta e alzai  a fatica il materasso, scompigliando tutte le lenzuola.
Quando il diario entrò nel mio campo visivo lo afferrai velocemente.
Iniziai a sfogliare alla rinfusa le pagine.

Non avevo la minima idea di cosa stessi facendo, ma sperai fino all'ultimo di trovare qualche risposta in quel dannatissimo quaderno.
<Ti prego...> sussurrai.
Le lacrime salate mi offuscarono la vista, andando a bagnare le pagine logore.

Al limite della disperazione, mi venne in mente un'idea malsana.
Mi guardai intorno, facendo scattare la mia testa come una trottola impazzita.
<T-tu...chiunque tu sia, manifestati> pronunciai.

Si. Sono decisamente impazzita.

<Rispondi!> urlai.
<Ti prego...> sussurrai, ormai sconfitta.
Niente. Nessun segno.
A circondarmi non ci fu nient'altro che il silenzio. Un silenzio fastidioso, più rumoroso del caos stesso.
Una contraddizione che mai avrei creduto di poter sperimentare.
Rimasi lì, immobile e in ginocchio, con la consapevolezza che la mia sanità mentale mi stava gradualmente abbandonando.

<Soleil>.

Spalancai gli occhi.

Finalmente.

Quella voce candida e soave riempì le mie orecchie.
<Chi sei? Dimmelo ti prego! Tu sai cosa mi sta succedendo, lo so> parlai velocemente, vomitando parole a caso.

<Io sono te>.

<Cosa... cosa vuol dire?> chiesi confusa.

<Siamo la stessa cosa, mia Soleil>.

Più parlava, più non capivo. Ogni sua parola era un tassello incompreso.
<Io non capisco> dissi con voce rotta.

<È arrivato il momento. Manca poco. Finalmente ritorneremo a splendere>.

La sua voce si affievolì sempre di più, frastornandomi completamente.
<No aspetta! Ho bisogno di risposte> mi alzai da terra, guardandomi intorno alla ricerca di un altro segnale.

<Presto le avrai, mio tesoro>.

Dopo quelle ultime parole non sentii altro che il rumore assordante del silenzio.
<Cosa significa? Rispondi!> urlai, sconfortata.
<Rispondi..> sussurrai, consapevole che ormai fossi sola e con una profonda amarezza in gola.

O forse no. Non ero sola.
Dietro di me percepii una presenza.
Con il diario stretto tra le mani e il cuore palpitante, mi girai lentamente.
Quando lo vidi lì, davanti la porta della mia camera, con sguardo duro e affiliato, per poco non svenni.

<Xavier...> sussurrai.
Mi guardò quasi furente, con i muscoli delle braccia rigidi e alcune ciocche di capelli corvini a coprirgli gli occhi.
<Adesso... tu mi spieghi cosa cazzo sta succedendo> pronunciò minaccioso.

<Nulla> dissi prontamente.
Cercai di nascondere il diario dietro la mia schiena ma il suo occhio cadde subito tra le mie mani.
<Davvero, non è successo niente> avanzai piano, sperando in qualche modo di riuscire a scappare dalla mia stanza e soprattutto da lui.

<Non ci provare nemmeno>.
Fece un passo indietro, rigirando la chiave nella porta, chiudendola a chiave.
Se la portò nelle tasche dei pantaloni, non staccando mai il contatto visivo con me.

<Tu non uscirai di qui fino a quando non mi dirai cosa stavi facendo e con chi stavi parlando> iniziò ad avanzare verso di me, con passo lento e felpato.
Indietreggiai intimorita, quella era esattamente l'ultima situazione in cui speravo di ritrovarmi.
Purtroppo però la mia tentata "fuga" venne troncata dalla finestra, non potendo più indietreggiare a causa del ripiano.

Xavier non si fece scappare quell'occasione, torreggiando su di me grazie alla sua imponente statura.
<Ora non puoi più scappare>.

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