10 - il tanto agognato Aldilà
Un passo dopo l'altro, Jikan camminava nel Nulla Eterno con addosso un vecchio e logoro mantello nero e un ombrellino bianco rotto per ripararsi dalle anime vili che vagavano nelle loro colpe e nei loro tormenti, sfogandosi e non trovando pace, mentre la giovane Dea dai capelli di un candido bianco raggiungeva passo dopo passo il suo giardino. Quando finalmente raggiunse il cancelletto d'oro, lo aprì con premura e varcò la barriera immaginaria che divideva il nulla eterno dal suo giardino, si mise poi a camminare togliendosi il mantello e buttandolo insieme all'ombrello disordinatente per terra, procedendo lentamente verso la sua "casa", ancora dolorante dall'incontro con Shūryō. Appena la Dea raggiunse il suo pontile, sospeso sullo specchio d'acqua, la giovane non potè fare altro che rimanere immobile a fissare inerme l'orribile spettacolo, lacrimando. Sempre più gocce d'acqua stavano iniziando ad evaporare.
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«Naomi, vedo che ce l'hai fatta anche questa volta eh?» disse ammiccando una donna castana con un paio di occhiali sui suoi occhi neri e con un vestito nero lungo fino alle ginocchia con le maniche larghe e lunghe fino al polso seduta comodamente sulla sedia del bar.
«certo che sì, Akane, ti aspettavi forse di meno da me?» disse la bionda ridendo smodatamente e sedendosi sulla sedia di fronte a quella della mora.
«ovviamente no, ma dimmi come hai fatto questa volta?»
«mi è bastato abbassare un po' la scollatura, era proprio un poveraccio quel giudice» entrambe si misero a ridacchiare e poi ordinarono qualcosa da bere al barista.
«è finita come la scorsa volta oppure non era così ridotto male?»
«quello della scorsa volta era proprio un miserabile, sento ancora quella orribile sensazione addosso ahh che schifo... Ma quest'ultimo ha mantenuto un po' di dignità almeno...»
«che fortuna però che al giudice che avrebbe dovuto farti il processo si sia rotta la macchina e anche l'autobus proprio quel giorno eh?»
«hai ragione, se avessi avuto a che fare con quello mi avrebbero sbattuta al fresco» la bionda finì in fretta il suo bicchiere di tè freddo che intanto il cameriere aveva servito, rischiando di far cadere i bicchieri a terra troppo distratto dall'abbigliamento delle due donne e Naomi si alzò dalla sedia facendola quasi cadere dalla delicatezza inesistente della sua azione.
«beh ti saluto, ho un affare da sbrigare, spero che tu mi capisca»
«non riesci proprio a trovarti un lavoro eh»
«l'ultima volta che ho lavorato mi avevano assunto in un supermercato, ma i clienti uomini volevano a tutti i costi "mangiare" me e non il cibo in vendita...»
«capisco, vedi di non trovare troppi "clienti" eh!!»
«certamente!!! A DOPOOOOO!!!» Naomi salutò Akane quasi saltellando verso la porta del bar, lasciando il locale.
Naomi era da sempre stata così, in realtà è una ragazza buona e semplice, si accontenta di poco, le basta infatti l'affetto di chi le sta intorno, proprio per questo è sempre stata molto legata a suo fratello e per aiutarlo farebbe di tutto, anche prostituirsi per aiutarlo a pagarsi gli studi, ma questo Kasai ancora non lo sa, perché lei gli racconta infatti di aver trovato dei lavori part-time. Inizialmente Kasai si rifiutava di ricevere dalla sorella aiuti economici, tenendoci anche alla sua salute, ma alla fine ha dovuto cedere dal momento che Naomi tiene moltissimo all'istruzione del suo fratello minore, perché da giovane lei non ha avuto la possibilità di studiare, si ritrova cosí a 26 anni con solo il diploma della scuola media. Kasai è comunque a conoscenza del suo "lavoro" a casa di altri, o, almeno, lo sospetta.
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«AHIA!» Urló Kasai buttando a terra d'istinto l'orologio d'argento che aveva tirato fuori dalla tasca perché stava iniziando a surriscaldarsi e scottare. Il ragazzo lo raccolse poi dal pavimento della sua camera sedendosi sul letto dopo aver spostato diversi libri che gli impedivano di sedersi.
"Deve essere successo qualcosa a Jikan, non ci sono altre spiegazioni per il surriscaldamento di un orologio a ingranaggi normalissimo. Forse lei mi sta chiamando..."
Il ragazzo portò al suo orecchio l'orologio ascoltando il suono delle lancette e chiudendo gli occhi, aspettando Jikan. Ma lei questa volta non arrivò, al contrario fú Kasai che si ritrovò sul pontile del giardino del tempo. Appena il ragazzo aprí gli occhi, vide Jikan inginocchiata a terra.
«Kasai... Ti prego di perdonarmi...» il ragazzo guardò lei confuso, non capendo come mai Jikan stesse chiedendo perdono proprio a lui.
«ti prego... Perdonami...» disse lei con disperazione ancora inginocchiata davanti a Kasai. Lui allora si abbassò e si mise davanti a lei sorridendo alla ragazza.
«ti perdono, qualsiasi cosa tu abbia fatto. Ma ora dimmi, perché mi domandi perdono?» Jikan si sedette sul pontile sospirando prima di incominciare a parlare.
«vedi... Ho saputo di Koichi. Ho saputo anche quanto ti ha fatto male la sua perdita, volevo quindi provare a trasformare la sua anima in un controllore, ma io non ho tutto questo potere. Per forza di cose mi trovo costretta a rinunciare. L'anima non la possiedo io e nemmeno la capacità di trasformare le anime in strumenti divini. Per questo ti chiedo di perdonarmi...» in tutto il discorso Kasai aveva capito ben poco, infatti guardò Jikan con un'espressione confusa.
«controllori? Strumenti divini? Temo di non aver capito...»
«giusto, di tutto questo tu non ne sai nulla... I controllori sono gli strumenti divini per eccellenza, sono anime di coloro che in vita sono morti ingiustamente e che desideravano proseguire la loro vita. Lei li trasforma quindi in controllori, anime vaganti ovunque ci siano forme di vita e che sono in grado di trasmettere alle divinità tutte le informazioni che occorrono. Tuttavia coloro che muoiono ingiustamente sono troppi e non tutti vengono trasformati in controllori. Io volevo provare a chiederLe di trasformare l'anima di Koichi in controllore, grazie a questo avresti potuto incontrarlo di nuovo...»
«e chi è "Lei"?»
«è quella che di questa storia non ne deve sapere nulla, Kasai. Se scoprisse che mi sono rivelata ad un essere vivente e che gli ho dato il potere del controllo temporale, non finirebbe bene. Ecco perché non posso dare a Koichi la possibilità di diventare controllore. Inoltre...»
«inoltre...?»
«inoltre la sua anima non la possiedo io. Io ho in mano la vita, non ciò che resta dopo la morte. Le anime dei defunti le ha solo chi di competenza. Ma nemmeno solo lei...»
«ti spiace essere piú precisa? Non ci sto capendo molto...»
«Shūryō, la dea della morte. È lei che possiede e controlla le anime dei defunti. Ma solo quelle accettate. C'è infatti una categoria opposta a loro, le anime rifiutate. È una selezione naturale, alcune anime entrano nella prigione della morte, altre raggiungono il nulla eterno. Quelle che raggiungono la prigione sono quelle accettate, le altre sono quelle rifiutate. Il nulla eterno è proprio qua fuori, è ovunque e in nessun posto. Lí ci sono le anime di coloro che hanno commesso peccati imperdonabili contro la vita e staranno a dannarsi in eterno per i peccati da loro commessi.»
«capisco... Ma non devi affatto scusarti con me se Koichi non diventerà un controllore. Non devi scusarti per colpe che non sono tue...»
«sarà anche vero, però... Dopo quello che ho fatto... Mi scuso alla prima occasione, anche se le mie scuse non basteranno mai per perdonare ciò che ho commesso...»
«ma Jikan-»
«lo vuoi vedere un mio controllore?» Kasai rimase confuso dal repentino cambio di discorso ma lasciò comunque correre.
«sí ok»
«bene, allora aspetta la notte e vai in un posto vuoto, come un campo o una spiaggia e quando sei lí chiamami ascoltando il mio orologio.»
«a proposito dell'orologio, avrei una domanda da farti...»
«ti risponderò stasera Kasai. Purtroppo ho delle cose da sbrigare. Immagino anche tu nel mondo reale dato che quando sei qui nel mio giardino il tempo non si ferma» Kasai ci impiegò un po' a realizzare ciò che aveva detto Jikan e a capire, ma appena colse in significato della frase si alzò in piedi di scatto iniziando a correre lungo in pontile di legno, pensando che si tornasse cosí nel mondo reale.
«non c'è bisogno che tu corra, Kasai. Vieni qui, ti ci riporto io a casa tua. Non vorrai mica andare nel nulla eterno»
«quindi è quella la strada per...»
«eh già...»
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