Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

XX - 𝔐𝔦 𝔠𝔬𝔫𝔠𝔢𝔡𝔢𝔱𝔢 𝔮𝔲𝔢𝔰𝔱𝔬 𝔟𝔞𝔩𝔩𝔬, 𝔪𝔢𝔰𝔰𝔢𝔯 𝔯𝔞𝔭𝔭𝔢𝔷𝔷𝔞𝔱𝔬?

In città, la situazione era drammatica. Gruppi di cavalieri cadevano come mosche sotto ai colpi degli archibugieri rappezzati, mentre i Mietitori facevano a brandelli indifesi popolani senza fare distinzioni. Sangue e carne imbrattavano le strade, i muri delle piccole abitazioni, le fontane, le statue. Ogni cosa. Corpi mutilati, sventrati, deturpati dal male erano disseminati ovunque; altri, invece, erano ammassati uno sopra l'altro a creare una barriera di carne umana contro le pallottole dei rappezzati.

Dietro queste, alcuni cavalieri feriti confabulavano tra di loro, a cercar una qualsiasi idea per poter respingere l'invasione e portare in salvo più innocenti possibile. Dolore, nervosismo e paura trasparivano dai loro volti sporchi. Alcuni di loro pregavano, senza provar nemmeno ad ascoltare le parole dei compagni. Era alquanto lampante che il manipolo di guerrieri scelti dalla corona non sapesse come reagire all'attacco.

Emilia aveva appena raggiunto la piazza principale della città, sulla quale si affacciava una chiesetta rurale. Alcune donne, insieme ai loro figlioli, si stavano infilando di soppiatto al suo interno, invitate da un giovane chierico. Prima di richiudere il portone alle loro spalle, si erano guardate più volte attorno; con ogni probabilità, volevano accertarsi che quei mostri non le avessero seguite fin lì. Altri popolani, nascosti tra le mura delle prime abitazioni che dovevano aver trovato aperte mentre scappavano, gettavano rapide occhiate fuori dalle strette finestre. Nei loro occhi, la flebile speranza di non venir scoperti provava a farsi largo tra il terrore di cui ogni fibra del loro corpo era divenuta vittima.

«Sparisco qualche dì e pensi bene di far scoppiare il putiferio?» accusò la strega, Umbrel. Il piccolo Incubus posò poi i suoi occhietti su un gigante rappezzato, in cerca di carne fresca da macellare. Delle masse pulsanti e sanguinolente, ancorate alle sue spalle e al basso ventre, gli conferivano un aspetto rivoltante, ben peggiore di quelli incontrati al campo della giostra. Questo trascinava la lunga sega dentellata con apparente malavoglia, facendo stridere la lama contro il selciato. Un rumore tremendo, che si andava a mescolare ai grugniti sommessi.

«Ti pregherei di tener per te tali frivoli pareri» bofonchiò Emilia, dopo essersi nascosta nell'ombra di un angusto vicolo. Da tale posizione osservava il putrescente bestione mentre si dirigeva, con passo ciondolante, verso la piccola chiesa. «Siffatti menagrami han mandato in frantumi i miei sogni da latifondista».

Umbrel volteggiò in aria, agitando la folta coda di plumbea coltre. «Dammi soltanto un paio di cicli lunari e ti recluto un esercito di Demonia. I migliori, per di più!»

«Non vado a cercare i capestri se ho perduto i muli».

L'Incubus inclinò di lato la fumosa testolina. Quando Emilia parlava per proverbi, faceva fatica a capirla. Dal tono distaccato, tuttavia, comprese che ella non era d'accordo con le sue parole. «Una strega dalle oscure aspirazioni non dovrebbe farsi questi scrupoli; malgrado ciò, rispetterò il tuo volere».

Grugniti e violente percosse riportarono l'attenzione di Emilia sulla piazza. Il colosso di carne aveva iniziato a colpire con la propria lama l'edificio di pietra, la bianca sclera iniettata dalla follia. Con quella forza bruta, sarebbe stato in grado di far crollare presto la chiesa. Le donne al suo interno cominciarono a gridare. Disperate, supplicavano che qualcuno venisse a tirarle fuori dai guai.

Decisa a intervenire, Emilia mosse in avanti i primi passi, il bastone di quercia stretto in una mano e la spada nell'altra. Appena messo piede nella piazzetta, un rappezzato sbucò dal nulla e affondò, con un colpo secco quanto deciso, la sua mannaia nella carne della strega. La clavicola emise un crepitio sinistro nel momento in cui la lama si incastrò contro di essa, mentre rivoli di sangue cominciarono a scivolare lungo tutta la spalla e il petto. Una smorfia di dolore si fece largo sul volto di Emilia. Nonostante fosse stata colta alla sprovvista e ferita in modo serio, non perse la solita voglia di scherzare.

«Ordunque, messer Rappezzato, mi concedete l'onore di questo ballo?»

Col ripugnante essere dalle sembianze di uomo ancora avvinghiato al suo corpo, la strega strinse le dita intorno al gelido collo, poi lasciò che l'energia vitale di quest'ultimo confluisse nel palmo della sua mano. Una sottile scia cremisi avvinghiò prima il braccio di Emilia, poi la spalla e, infine, il collo, per poi scomparire sotto la candida pelle. La scintilla nelle orbite del rappezzato man mano cominciò ad affievolirsi; quando questa si spense del tutto, il corpo del mostro cadde a terra esanime.

«Rifiutare l'invito di una così pregevole donzella, qual zotico».

Attirata da un violento clangore metallico, Emilia si voltò di scatto e, in lontananza, vide Maximus farsi largo tra due Mietitori con la sua imponente mazza chiodata. La sua plumbea armatura era ricoperta di sangue e danneggiata da profondi solchi, il suo volto contorto in un misto di furia cieca e dolore. Uno di questi era stato scaraventato con furia inaudita contro la statua dei tre Fondatori di Corehorst, finendo a pezzi dopo l'impatto; l'altro, invece, giaceva a terra di fronte all'atticciato guerriero, in procinto di rigenerassi dopo la poderosa mazzata che gli aveva spezzato le gambe. Senza indugio né pietà alcuna, lo Spaccarocce calò la possente arma sulla creatura artefatta, che esplose in un violento clangore. I frammenti della testa di legno si sparpagliarono ovunque, mentre risate spettrali andarono a fonderai con le grida dei popolani che cercavano ancora un riparo sicuro. Poi la colpì ancora e ancora, fino a quando non rimase più nulla

A coprirgli le spalle vi era Lodovico, anch'esso occupato a fare a pezzi il viscido corpo di un Rappezzato armato di accetta. Il suo sguardo tradiva un pizzico d'apprensione, accentuato poi alla vista della compagna strega, ferita in più zone del corpo.

«State bene, Emilia?»

«Intendi per questo?» rispose Emilia, che sfilò dalla spalla la mannaia e la lasciò cadere a terra. «Nulla per cui angustiarsi. Bando alle frivolezze, abbiam un decerebrato ammasso di carne di cui occuparci».

Come aveva fatto la strega, anche il gigante si era voltato verso la tortuosa via dalla quale era provenuto il clangore. Minaccioso, aveva iniziato ad avanzare verso di loro, bramoso di fare a pezzi, con la sua sega, quelle tenere carni. I due cavalieri si misero davanti alla strega e assunsero una posizione di guardia.

«Noi lo terremo a bada» le disse Lodovico, senza voltarsi. «Voi pensate a un qualsivoglia incantesimo che possa buttarl...»

Il cavaliere non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase. Il colosso di carne cadde a terra morto, senza che nessuno lo avesse colpito. La scintilla nei suoi occhi si spense dopo un ultimo grugnito sofferto. Sorpresa, Emilia cominciò a guardarsi intorno. Non era l'unico. Gli altri Rappezzati, così come i Mietitori, andarono incontro alla medesima sorte.

«Cosa significa tutto questo?» domandò Maximus, i suoi muscoli che facevano fatica a rilassarsi.

Emilia socchiuse gli occhi ed estese la propria percezione magica a tutta la città. Le aure che aveva visto mentre sedeva spensierata sugli spalti si erano spente, dalla prima all'ultima. L'invasione era finita. Tuttavia, non sapeva trovare una risposta a un simile evento. Persino il piccolo Umbrel sembrava alquanto perplesso.

Voltatosi verso la strega in cerca di risposte, Lodovico notò un flebile bagliore farsi largo tra le maglie della sua scarsella. «E quello cos'è?»

«Le pietre alchemiche» replicò lei, dopo aver fatto cadere lo sguardo sulla piccola borsa legata alla cinta. Tra le tante che aveva raccolto sul campo di battaglia, ne prese una in mano e si mise, insieme ai due indiscreti cavalieri, a osservarla. La sua luce verdastra si stava man mano affievolendo, mentre i cerchi magici incisi sulle varie sfaccettature si spezzavano uno dietro l'altro.

«La formula è incompleta» commentò infine lei, quando anche l'ultimo circolo si spezzò e il lieve fulgore si rifugiò nel cuore della pietra, lasciando di sé solo il ricordo. «A tal punto, posso solo supporre si sia trattato di un qualche esperimento».

«È pura dissennatezza, questa» sbottò Maximus, il suo volto allo stesso tempo sconvolto e in preda alla rabbia. «Lungo le strade non si riescono nemmeno a contare i morti, strega, e mi staresti dicendo che si è trattato solo di questo? Di un dannato esperimento

Emilia non rispose. Si limitò a osservare il panorama che si apriva dinanzi a lei, un mare di morte sul cui orizzonte aleggiava un manto di cattivi presagi. Una cacofonia di sofferenza e dolore si sollevava dalle strade tinte di rosso e tappezzate di cadaveri, strade che sarebbero rimaste impregnate dall'acre odore di morte per l'eternità.

«Mi hai sentito, strega?» le sbraitò contro il cavaliere, costringendola poi a voltarsi con la forza. I suoi occhi erano colmi di rabbia, i muscoli del volto duri, tesi come corde di un'arpa. «Magari è colpa tua. Sei arrivata a Corehorst e, guarda il caso, siamo stati invasi da costrutti fuori controllo; dammi un solo motivo per non spaccarti il cranio qui e ora».

Emilia sosteneva il suo furente sguardo senza batter ciglio. Di certo non temeva il grosso uomo e gli avrebbe fornito la risposta a cui tanto anelava, se tra i due non si fosse messo in mezzo Lodovico, che con uno spintone allontanò Maximus dalla compagna. «Siam venuti fin qui per risolvere i vostri problemi, non per crearne di nuovi».

Il bestione ringhiò, poi allargò il braccio a mostrare la sfilza di corpi esanimi disseminata lungo la strada. «Già, siete stati bravi».

A bocca stretta, Lodovico incassò il colpo. Aveva versato del sangue per salvare quante più vite possibili, eppure pareva non esser bastato. Del tutto differente, invece, fu le reazione di Emilia a tali parole; imperscrutabile, osservava alcuni corpi adagiati contro i muri di una piccola abitazione. Alcuni smembrati, altri mutilati, altri ancora sfigurati, ma accomunati da un unico elemento: una morte tanto violenta quanto ingiusta.

Tra i tanti, troppi corpi, la strega riconobbe quello del fanciullo che, giusto il precedente dì, l'aveva tallonata e poi accompagnata alla statua degli eroi. Riflesso nei suoi occhi vitrei si poteva cogliere il terrore della morte, la sua vita strappata con inaudita crudeltà. Una donna era inginocchiata a terra, accanto all'inerme corpicino, e teneva stretta la sua piccola mano, gelida come le acque del Mar dei Freddi Abissi. Rivoli di frustrante dolore rigavano il di lei volto, le labbra increspate che si aprivano solo per permettere alle parole rimaste incastrate in gola di poter raggiungere l'oramai scomparso figliolo.

Il mio bambino... il mio bambino... il mio bambino...

In rispettoso silenzio, Emilia si inginocchiò accanto alla donna, socchiuse gli occhi e unì le mani in preghiera. Tra gli estenuanti lamenti dei mutilati e i singulti strozzati di coloro che avevano perduto un caro, la strega implorò il Traghettatore affinché potesse condurre l'anima del fanciullo al Vortice di Nubi, supplicò il Retto Guardiano affinché mostrasse lui la diritta via e pregò la dea Lemis affinché se ne prendesse cura come una madre. Seguendo l'esempio della strega, Lodovico si unì alla preghiera, mentre Maximus rimase a guardare in silenzio, il suo volto severo mosso da un pizzico di commozione. La donna, la mamma, colei che aveva perduto l'unico figlio, osservò quegli estranei senza dir nulla se non un impercettibile grazie.

Che il Mare delle Anime possa esserti lieve, piccolo persecutore di donzelle.

⋆。°✩*️✮⋆。°✩

Un'altra carcassa era stata appena gettata sul carretto. Questa si sarebbe aggiunta ai tanti corpi già ammassati, persone che avevano posseduto un nome, dei sogni e dei cari, mescolati fra loro come se tali esistenze non avessero significato nulla per Chromalia. Riuniti intorno al modesto veicolo, donne, uomini e orfani davano un ultimo saluto ai propri affetti, nel mentre che il sacerdote invocava la protezione divina della dèa Lemis. Le anime di quegli uomini ne avrebbero avuto bisogno per il lungo viaggio che li avrebbe attesi per il Mare delle Anime.

Al termine del rito funebre, fanciulli e fanciulle dai panni ancora macchiati di sangue si avvicinarono al carro con dei mazzolini di Myosotis fra le mani, fiori il cui delicato profumo pareva voler lavare via il puzzo di morte che impregnava l'aria da qualche giro di clessidra. In rispettoso silenzio, li adagiarono sui corpi rigidi e freddi di quei coraggiosi uomini caduti per salvare le loro vite, le lacrime che rigavano i loro volti contorti dal dolore. Su quel carro non vi erano solo sconosciuti, ma anche degli amici con i quali erano cresciuti insieme, i loro genitori, un simpatico vicino che gli poteva aver offerto del semplice pane. Gli dèi, alle volte, sapevano essere crudeli.

«Negli ultimi tempi, il numero di cacciatori di streghe che si è riversato negli stati liberi di Lestevia è aumentato di molto» spezzò il silenzio Maximus, il suo sguardo rivolto verso la coppia di cavalli dal nero manto che attendeva solo l'ordine del cocchiere per partire. «Loro, le streghe, possono vivere senza il timore di finire su una picca, ma non esistono delle vere e proprie leggi che li tutelino».

«Questo mondo è ricolmo di ingiustizia» serrò la mandibola Lodovico, il suo volto che si era fatto cupo. «Potrebbe trattarsi di inquisitori in vesti non ufficiali?»

Il grosso cavaliere sollevò le spalle. «Chi può saperlo. Posso solo dire che creature come la tua proterva compagna non possono più dormire sonni tranquilli».

«Nemmanco voi, mi pare di aver compreso in quest'ultimi dì».

«Hai svolto i compiti, amico» commentò sorpreso Maximus, spostando lo sguardo stanco sull'abile mercenario. «I Northcote ci hanno accusato di offrire protezione agli immondi per prepararci, insieme a essi, a un conflitto contro di loro. Sulla base di tali insinuazioni hanno ufficialmente dichiarato guerra a Lestevia e alle repubbliche indipendenti alleate con noialtri. Abbiamo i nervi a fior di pelle».

Dopo aver ascoltato quel breve resoconto, Lodovico strinse la mano intorno l'elsa della spada. Avvertì la rabbia e la frustrazione prendere possesso del suo corpo come Edere Voraci avvinghiate intorno alla preda. Mentre il suo sguardo era posato sui popolani riuniti ancora in preghiera, la mente aveva ripercorso a ritroso l'infernale dì e un assurdo pensiero si era fatto largo il quel groviglio di ricordi e vivide emozioni.

«La loro follia è un pozzo senza fondo».

Il cavaliere cercò poi con lo sguardo Emilia, piuttosto sorpreso dal fatto che non avesse ancora messo bocca sulla delicata questione. La trovò chinata a terra, intenta a curiosare fra i panni stracciati di un Mietitore. Prima che potesse chiederle cosa diamine stesse combinando in un momento di raccolta come quello, la strega gli mostrò una pietra dotata di un centinaio di facce, con simboli antichi riportati su ognuna di queste. Nel momento in cui la prese tra le mani, uno spirito si manifestò in tutta la sua furia, per poi svanire come nebbia al mattino.

Per lo spavento, Lodovico e Maximus fecero un balzo indietro. Con una simultaneità che mal si adduceva a chi, giusto qualche giro di clessidra addietro, se le era suonate e cantate di santa ragione alla giostra, i due cavalieri portarono la mano all'elsa della propria spada, pronti a rivolgerla verso la misteriosa quanto minacciosa apparizione.

«Diamine, strega!» ringhiò lo Spaccarocce, dopo aver riportato il respiro al suo regolare ritmo. «Vuoi farmi morire di crepacuore?»

«Se vi fate intimidire da una simile quisquilia, al posto vostro riconsidererei il titolo di cavaliere.»

Lodovico rilassò i muscoli e allentò la presa sull'elsa. «Qual oscuro e demoniaco potere è mai questo?»

«Son Spettri» spiegò Emilia, riponendo l'oggetto in una scarsella. Da quando l'invasione dei Mietitori si era spenta come fiamme sotto le lacrime del dio Brael, aveva raccolto diverse pietre alchemiche, ognuna di queste con delle formule e dei simboli differenti impressi sulle loro facce irregolari. «Anime che si son smarrite durante il viaggio o han rifiutato l'invito del Traghettatore e che, da tal dì, vagano senza riposo né pace fra le terre dei vivi».

I due cavalieri la fissarono con sguardi impietriti. Tra i due, tuttavia, fu Maximus a trovar il coraggio di approfondire l'argomento. Benché di spettri, spiriti e maledizioni non ci capisse un accidente, l'espressione seria di Emilia lo aveva messo in allarme più di quanto si sarebbe potuti aspettare da sé stesso. «Chi potrebbe mai intrappolare degli spettri in un sasso?»

«Folli menti che han fatto di un mostro la loro divinità scesa in terra...»

La strega osservò l'ultimo carro abbandonare la città di Corehorst, carro diretto alla Valle del Commiato, dove quei corpi avrebbero ricevuto l'estrema unzione da un chierico di Nomer prima di venir arsi dalle sue fiamme benedette. Dopo la Notte Eterna, nessuno seppelliva più i morti.

Lo seguì con lo sguardo fin quando non scomparve oltre gli spessi fusti che delimitavano il Bosco delle Driadi, poi tornò a rivolgersi ai due cavalieri, le sue parole che arrivarono loro addosso come una nube di frecce.

«... menti schiave di un'unica padrona: Emma Cassidy».

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro