| 𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 4 |
<<Il diavolo non viene da noi con la sua faccia rossa e le corna.
Lui viene da noi travestito da tutto quello che abbiamo sempre desiderato>>
Vicenza, Italia
Erano da poco passate le quattro del mattino quando, dopo il suo ennesimo rigirarsi nel letto, Andrea Rossi, capo dei Sons of Silence, decise di alzarsi. Recuperò dal proprio comodino il suo cellulare, uscendo poi dalla camera da letto.
Cercando di non fare troppo rumore, così da non svegliare i suoi figli, a piedi nudi raggiunse il suo piccolo studio che si trovava al pian terreno. Dopo esservi entrato ed acceso la luce, andò ad accomodarsi sulla poltrona posta dietro la scrivania in legno massello di cedro. Si passò la grande mano destra sul viso, strofinandosi poi gli occhi.
Da alcuni giorni a questa parte, il sonno gli era venuto a mancare. Non che prima riuscisse a dormire meglio e di più, anzi. Fin da giovane, Rossi, aveva sofferto di insonnia.
Sapeva, più che bene che, la causa del suo non riuscire a dormire, era dovuto principalmente all'eccessiva quantità di caffeina che ingeriva nell'arco della giornata. L'altra causa che, lo faceva soffrire di insonnia, e che lo accompagnava fin da ragazzino, era la rabbia.
Quel maledetto sentimento lo abbracciava da talmente tanto tempo che, oramai, Andrea non sapeva viverci senza.
Ogni qualvolta che gli sembrava di aver smesso di provare rabbia nei confronti di qualcuno, quel sentimento gli tornava a far visita. E, ogni volta che riappariva, era sempre più forte e tremendo.
Sbloccò il proprio smartphone, soffermandosi a leggere l'ultimo messaggio che, la sua nipotina, gli aveva mandato qualche ora prima.
<Ci stiamo preparando per andare ad una festa sulla spiaggia. Non ti preoccupare, terrò gli occhi ben aperti. Ti voglio bene♥︎>
Più rileggeva il contenuto di quel messaggio più, uno strano mix di emozioni mai provate prima, iniziava a farsi largo nel suo petto. Portandolo a chiedersi se, aver concesso alle due ragazze di partire per Portorico, fosse effettivamente stata la miglior scelta da fare.
Sapeva che, purtroppo per lui, non avrebbe potuto tenere, ancora a lungo, non solo Samantha, ma anche i suoi figli, sotto la così detta campana di vetro.
Perché, prima o poi, proprio i tre ragazzi avrebbero preso in mano le redini dei Sons of Silence. E si sarebbero dovuti esporre. Mostrando a quello schifoso mondo, fatto di criminalità, nel quale vi erano immersi fino al collo, la loro vera identità.
Stava per andarsene dallo studio, decidendo di riprovare ad andare a dormire quando, una busta sigillata poggiata su di un lato della scrivania, attirò la sua attenzione.
Staccò il post it che era appeso sopra la busta, leggendolo con attenzione.
"E' arrivata questo pomeriggio in azienda. Siccome non c'eri, ho chiesto a Sebastian di fartela recapitare a casa. Roberto" lesse ad alta voce il biglietto, tornando poi a rigirarsi per le mani la busta. "Cosa vi è al tuo interno?" domandò, mettendo in contro luce la busta, cercando di intravederne il contenuto.
Dopo aver recuperato il tagliacarte dal cassetto della scrivania, aprì la busta. Vi rovesciò il suo contenuto sulla liscia superficie della sua scrivania, scoprendo che si trattava di un foglio di carta piegato in quattro.
Senza volerlo, deglutì rumorosamente e, con un'ansia tanto forte che gli si stava annidando nelle viscere, aprì il foglio. Sollevò un sopracciglio dopo aver letto quanto era stato appuntato, tramite una macchina da scrivere, in quel foglio di carta.
Rapidamente, agguantò il suo cellulare e, dopo averlo sbloccato, compose il numero dell'unica persona che, in quel preciso momento, poteva aiutarlo a comprendere al meglio quanto, quello strano messaggio privo di alcun mittente, gli era stato recapitato.
Dopo alcuni squilli a vuoto, lui decise di rispondere ad Andrea.
"Di certo non mi aspettavo di ricevere una telefonata da parte tua" parlò la voce dall'altra parte del telefono, non appena accettò la chiamata da parte di Rossi. "Non dopo quanto è successo" proseguì, mantenendo il suo solito tono di voce indecifrabile. "Allora? Come mai questa improvvisa chiamata?"
"E' arrivata una busta" iniziò a parlare Andrea, venendo subito interrotto dall'uomo dall'altra parte del telefono.
"Mhn, e come può questo avere a che fare con me?"
"Se magari mi fai parlare, invece che interrompermi!" sbottò Rossi, stringendo con forza la mano a pugno. "E' una busta senza mittente. L'ho aperta e vi ho trovato al suo interno un messaggio"
"Continuo a non capire il perché di questa chiamata" replicò l'altro, leggermente seccato da questa conversazione.
"Riguarda la morte della famiglia di Samantha" disse, abbassando il tono della propria voce. Timoroso che, qualcuno, potesse sentirlo.
"Cosa? Ma sei sicuro che sia qualcosa di affidabile?"
"Si, cazzo. Si"
"Cosa dice, mhn?" domandò l'uomo, volendo saperne di più.
"Non possiamo parlarne per telefono. Dobbiamo vederci di persona. E'..." Rossi si bloccò, cercando di trovare le giuste parole da utilizzare. "...Quelli stronzi non hanno capito con chi hanno a che fare! Siamo in guerra... Ed ho bisogno di te, Viper"
San Juan, Portorico
"Oh è un piacere conoscerti, Alex" allungò la mano, così da poter stringere quella di Samantha. "Io sono Ruben. Ruben Perez"
Non appena le loro mani erano entrate in contatto, una piccola scarica elettrica li aveva colpiti, facendoli sussultare appena. Sia Ruben, sia Samantha, sapevano di esser stati l'uno la causa della scossa dell'altro ma, entrambi, almeno per il momento, decisero di non darci troppo peso. Optando per non dire assolutamente nulla su quanto era appena accaduto.
"Allora" iniziò a parlare Ruben, dopo aver lasciato andare la mano della Moretti. "Se questo non è il tuo mondo, come mai sei qui, mija?" domandò curioso, inclinando di lato il capo.
A quella domanda, la bionda serrò appena le labbra, riflettendo su cosa rispondere. Non voleva esporsi troppo con quell'uomo che trasudava mistero e pericolo.
In fin dei conti si trattava di uno sconosciuto.
Uno sconosciuto che però, sebbene lo avesse appena incontrato, in qualche strano modo la incuriosiva, e non poco.
"Sai, potrei farti la stessa identica domanda"
Di fronte a quella risposta, El Diablo non poté far a meno di sorridere, replicando con un "Touché"
Samantha sollevò un sopracciglio, attendendo che, Perez, parlasse per primo.
"L'organizzatore della festa è un mio caro amico" iniziò a parlare Ruben, riferendosi a Javier, il suo fidato braccio destro. "Per me è come un fratello, quindi... Diciamo che era d'obbligo, per me, presentarmi alla sua festa" spiegò alla bionda, mentre infilava le mani nelle tasche dei jeans che indossava. "Ora tocca a te rispondere" disse poi, incalzando la Moretti a parlare.
"Sono stata costretta dalla mia migliore amica a venire a questa stupida festa" rispose lei. E, dopo aver parlato, si rese conto di quanto aveva detto. "Senza offesa per il tuo amico e per la festa che ha organizzato" disse poi, alzando le mani. "Ma ci sono davvero troppi corpi sudati e appiccicosi ammucchiati tra di loro" aggiunse, rivolgendo il proprio sguardo in direzione della festa.
La stessa cosa fece El Diablo, osservando con attenzione la marea di ragazzi che, a tempo di musica, stava ballando. Rimase per qualche altro istante in silenzio poi, dopo esser tornato ad osservare la ragazza dagli occhi azzurri, decise di parlare.
"Ti propongo una cosa" disse lui, ammirando la ragazza. La Moretti che, fino a quel momento, stava osservando la sua migliore amica, distolse lo sguardo, puntandolo su di Perez. "Dato che, entrambi siamo stati trascinati qui contro la nostra volontà, perché non passiamo la serata assieme?"
Nell'udire quella proposta, Samantha sgranò gli occhi e, senza farlo di proposito, compì un piccolo passo all'indietro, allontanandosi leggermente da El Diablo. Con forza, strinse tra la mano destra la bottiglietta d'acqua, quasi vuota. Con estrema attenzione ed un leggero velo di diffidenza che cominciava ad annidarsi dentro di lei, squadrò dalla testa ai piedi il moro che si trovava poco lontano da lei.
D'altra parte, Perez, nel vedere come, quella innocente proposta, perché si, non vi era affatto un secondo fine in quella proposta che aveva appena posto alla giovane, aveva messo leggermente in allerta la Moretti, decise di compiere un passo verso di lei, colmando il vuoto che, poco prima, il membro dei Sons of Silence, aveva creato tra loro due.
"Nella mia testa avevo formulato meglio la frase che ti ho detto" spiegò, grattandosi il retro della nuca, leggermente imbarazzato.
Oh... Aspettate un momento.
Ruben Perez si era appena imbarazzato?
<Oh ma che carino! Il signore del male si imbarazza> lo sfotté la sua vocina interiore.
"Ritenta, magari sai più fortunato" sorrise la Moretti davanti a quel piccolo accenno di imbarazzo che aveva visto in Ruben.
El Diablo inspirò a fondo, poi iniziò nuovamente a parlare. "Ti va se andiamo alla zona bar" cominciò il suo discorso, indicando con il dito la piccola zona bar, situata lontana dal caos della festa e dalla musica prodotta dalle casse. "Vorrei offrirti da bere e fare quattro chiacchiere con te" proseguì, affiancando la giovane dai capelli biondi. "Prima, quando ci siamo stretti la mano, il mio corpo è stato attraversato da una piccola scarica elettrica e... Ti sembrerà strano ma non mi è mai successo" spiegò, guardandola. "Può risultare assurdo ma... Dio, mi incuriosisci. Non ti conosco ma stai scaturendo in me una curiosità mai provata prima" confessò.
Ed era dannatamente vero.
Samantha Moretti non lo sapeva ma, da quando aveva messo piede all'interno di quella festa, accompagnata da Hector, aveva attirato l'attenzione del capo dei Siervos del Diablo. Il quale, silenzioso e, nell'ombra, aveva trascorso il suo tempo ad osservarla. Terribilmente incuriosito da quella misteriosa ragazza che, sebbene aveva un sorriso ad illuminarle i bei lineamenti, i suoi occhi, per quanto El Diablo era riuscito a vedere, non facendosi notare, dicevano altro. Rispecchiavano un miscuglio di tristezza, rimpianti e qualcos'altro. Un sentimento che Ruben conosceva molto bene. Ovvero il senso di colpa.
E, nel guardarla, standosene in disparte, una parte di lui cominciò a voler saperne di più su quella ragazza venuta lì da chissà dove.
E fu proprio per quel motivo... Per saziare quella sua innata curiosità che, non appena l'aveva vista allontanarsi dalla festa, aveva deciso di seguirla. Voglioso di saper più cose possibili su di lei.
"Mhn" mugugnò la Moretti, mordendosi il labbro inferiore. "Non saprei" mormorò poi, volendo tenere, il più possibile, sulle spine l'uomo che le si trovava affianco. "Sicuro di volermi conoscere?" gli chiese, guardandolo in viso. Così da poter osservare se, in qualche modo, qualche parte del suo viso lo avrebbe tradito. Per tutta risposta Ruben annuì. "Va bene" accettò. "Tanto so che, non appena saprai qualcosa di me, scapperai. Lo fanno tutti" confessò, a voce bassa, non aspettandosi minimamente di ricevere alcuna risposta da parte dell'uomo dagli occhi verdi.
"E perché mai dovrei scappare?" replicò lui, inclinandosi in avanti, così da poter avere i propri occhi allo stesso livello di quelli di lei. "Cos'è... Hai ucciso qualcuno?" chiese, abbozzando un sorriso.
Sperava, con quella domanda posta in modo scherzoso, di rallegrare, anche e di poco, la ragazza.
Nell'udire quella domanda, il corpo di Samantha si irrigidì di colpo. Ed il respiro iniziò a mancarle.
El Diablo, nel vedere che, con quello che aveva detto, la Moretti non aveva riso ne, tantomeno, sorriso, decise di avvicinarsi ulteriormente a lei, invadendo il suo spazio personale. Con lentezza, allungò la mano sinistra e, con due dita, sollevò il mento della bionda, obbligandola a guardarlo in volto.
"Hey, non volevo..." sussurrò lui, guardandola.
"Non sono una bella persona, sai?" parlò piano la bionda. "Per questo motivo ti ho detto che scapperai. Perché non sono una bella persona" spiegò.
"E chi lo è?" replicò Perez, continuando a tenerle il mento stretto tra le lunghe dita affusolate. "Ogni persona ha i propri scheletri nell'armadio. E' questo che ci rende umani" aggiunse. In fin dei conti El Diablo sapeva fin troppo bene cosa volesse dire avere dei segreti ed un lato oscuro. "Andiamo?" le chiese, dopo averle lasciato andare il mento, ed allungato nuovamente la mano verso di lei, attendendo che la prendesse. "Qualcosa mi dice che siamo più simili di quanto possiamo pensare"
Vicenza, Italia
Aveva da poco riattaccato la chiamata avuta con Andrea Rossi e, con la testa colma di quesiti che, da troppi mesi oramai erano rimasti senza alcuna risposta, Viper si era alzato dal letto. Con passo felpato, raggiunse l'armadio posto alla sinistra della sua camera da letto e, dopo averlo aperto, recuperò dal suo interno un paio di jeans scuri ed una t-shirt bianca. Rapidamente si vestì, andando poi in bagno. Si diede una veloce lavata al viso ed un'altrettanta rapida sistemata ai suoi capelli mossi. Si diresse in cucina, dove si preparò una fumante tazza di caffè. Non si sedette sulla sedia posta vicino al tavolo, come era solito fare ogni mattina, quando si svegliava. Ne tanto meno accese la tv, come faceva sempre.
Con stretta in mano la tazza di caffè, si diresse nella piccola camera del suo appartamento che lui utilizzava come studio, per così dire. Accese la luce, soffermandosi a guardare la parete sinistra di quella stanza, ricoperta altro che di foto e appunti che, lui stesso, aveva scritto negli ultimi due anni e mezzo. Dopo aver riletto, rapidamente, gli ultimi appunti che aveva appeso alla parete, raggiunse la piccola scrivania, comprata all'ikea, posta sull'altro lato della stanza. Si sedette e , dopo aver recuperato carta e penna, scrivendo una frase. Cercò, tra le svariate scartoffie presenti sulla superficie della scrivania, una foto. Trovandola nascosta sotto una pila di altre foto. Recuperò due pezzetti di scotch di carta e, tenendo in mano la foto e l'appunto che aveva scritto, andò nuovamente alla parete degli appunti, così aveva iniziato a definirla. Attaccò la foto e, poco più sotto ad essa, il post it.
<Vicini alla verità?>
Si e no, Viper. Si e no.
Perché qualcosa sì, si stava smuovendo.
Qualche pezzo di quel maledetto puzzle si stava sistemando al proprio posto. Facendo si che, qualcosina, cominciasse ad avere un senso. Ma quel puzzle era grande... Troppo grande ed incasinato per venirne a capo in poco tempo.
Ci sarebbe voluto tempo... Forse troppo a detta di qualcuno.
Ma, prima o poi, la verità sarebbe venuta a galla. E, con lei, sarebbero venuti alla luce anche segreti e menzogne che, probabilmente, era meglio non conoscere.
"Ne verrò a capo" disse Viper, compiendo qualche passo all'indietro, così da poter vedere l'intera parete. "Il tempo scorre... E, prima o poi, i vostri imperi crolleranno sotto le mie mani"
San Juan, Portorico
Erano trascorse diverse ore oramai da quando, nel caos di quella festa sulla spiaggia, Samantha Moretti e Ruben Perez si erano trovati, finendo col parlare per intere ore di loro. Si erano raccontati, rivelando l'uno, all'altro, vari aneddoti appartenenti alla propria vita.
Durante quelle chiacchiere incessanti, senza mai un attimo di tregua, entrambi si erano dannatamente sentiti a proprio agio in compagnia dell'altro.
Se qualcuno li avesse osservati, di certo avrebbe creduto che, tra i due, vi era presente una conoscenza che durava da anni ed una chimica altrettanto forte.
Non sembravano affatto due perfetti sconosciuti, tutt'altro.
Sembrava quasi che si conoscessero da tutta la vita e non da appena qualche ora. Per entrambi era assurdo come, con estrema facilità, fossero in grado di parlare del più e del meno, toccando diversi argomenti.
Ruben Perez, stava finalmente saziando quella curiosità che gli si era insinuata fino alle viscere. Più ascoltava quello che la bionda gli raccontava, più ne rimaneva, in qualche modo, ammaliato.
Per la prima volta, dopo tanto... Forse troppo tempo, El Diablo si stava esponendo. La maschera da duro... Da cattiva persona che era solito indossare da quasi tutta la vita, man mano gli si stava scivolando via dal viso, rivelando un lato di lui che, solo poche persone... Solo la sua famiglia, aveva avuto il privilegio di vedere.
El Diablo era si un mostro. Ma in fondo non era poi il mostro crudele che credeva di essere.
E, se Ruben Perez si stava mettendo a nudo, per così dire, Samantha Moretti, d'altro canto non era riuscita a fare lo stesso. Era riuscita a parlare... A raccontare qualcosa di lei, senza però mai entrare troppo nel dettaglio su ciò che diceva. Perché tanti erano i segreti... I così detti scheletri che aveva nel suo armadio. E troppi, anche, erano i muri che, nel corso della sua giovane vita, era stata costretta ad innalzare attorno al suo cuore. Non solo per proteggere se stessa ma, anche, per proteggere chiunque le si fosse avvicinato troppo.
Perché se provi troppo a giocare col fuoco, finisci per scottarti.
"Oddio, è tardissimo!" esclamò la bionda, dopo aver guardato l'ora impressa sul suo cellulare.
Velocemente, ingurgitò quel che restava del suo drink, poi, con un piccolo balzo, scese dallo sgabello in cui era seduta. Passò entrambe le mani sul vestito, lisciandolo per bene e, dopo aver recuperato il suo telefonino e la borsetta, girò i tacchi, avviandosi alla ricerca di Kyla.
Senza nemmeno degnare di un piccolo saluto Ruben.
"Cosa fai? Fuggi?" domandò El Diablo, osservando come, rapidamente, la bionda si stava allontanando da lui. "Scappi via come ha fatto Cenerentola?" chiese ancora, seguendola.
A quelle parole, Samantha, si fermò. Decisamente interessata. Rimase però voltata di spalle.
"Lei, allo scoccare della mezzanotte, è fuggita dal suo principe. Tu..." si bloccò, leggendo l'ora impressa sul display del suo smartphone. "...Tu, invece, te ne scappi allo scoccare delle tre"
Lentamente, la Moretti si voltò, soffermandosi per qualche secondo ad ammirare l'incarnazione del pericolo.
Gli angoli delle sue labbra si curvarono appena, creando un piccolo sorrisetto.
"Oh, credimi" iniziò, compiendo due piccoli passi in direzione di Perez. "Sono tutto fuorché Cenerentola"
Samantha lo osservò con estrema attenzione e, poté giurare di aver intravisto, in quei meravigliosi smeraldi appartenenti al diavolo stesso, due piccoli lampi che non promettevano nulla di buono.
Lo salutò con un piccolo cenno del capo, per poi riprendere la sua ricerca di Kyla. Ricerca effettuata, ovviamente, con El Diablo al seguito.
Per il giovane membro dei Sons of Silence non fu affatto difficile trovare la sua migliore amica. Difatti, per sua immensa fortuna, la ritrovò esattamente dove l'aveva lasciata varie ore prima.
Ovvero intenta a strusciarsi contro Mateo.
Alla vista di quella scena, sollevò in aria le chiare iridi poi, con un movimento fulmineo, afferrò per il polso la mora, attirandola a sé.
"Cloe dobbiamo andare" le disse, cercando di sovrastare la musica. "Domattina hai un volo da prendere e, se non vai subito a letto, domani sarai praticamente ko"
Kyla si limitò semplicemente ad annuire. Si voltò per salutare Mateo e, nel farlo, poté notare che, al fianco di Bravo vi era un altro uomo tanto bello quanto misterioso. El Diablo.
"Tu devi essere Cloe" quasi urlò Ruben, per farsi sentire. "Alex mi ha parlato di te" aggiunse, allungando la mano per presentarsi. "Io sono Ruben"
"Cloe, piacere" disse la mora, non prima di essersi voltata in direzione dell'amica con un'espressione che diceva <Mi devi dire qualcosa?>. Si voltò nuovamente in direzione di Perez dicendogli "Spero non ti abbia spaventato troppo. Sai... Alex a volte morde"
El Diablo stava per rispondere, decisamente divertito dalle parole della moretta, ma fu anticipato dalla bionda.
"Scusate ma ora dobbiamo proprio andare" borbottò, spingendo via da quella pista da ballo l'amica. "E' stato un piacere"
Le due ragazze fecero in tempo a fare relativamente pochi passi prima di essere fermate nuovamente. Difatti, El Diablo le aveva seguite e, non appena le due avevano raggiunto un punto della spiaggia poco affollato, aveva deciso di agire.
"Voglio rivederti" disse, dopo aver bloccato per il polso la ragazza dagli occhi azzurri.
Nell'udire quella richiesta, Kyla si allontanò un po', lasciando la giusta privacy ai due. Samantha, invece, si era bloccata di colpo. Dopo qualche secondo, passato a dare le spalle a Perez, la Moretti si voltò, guardandolo.
Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, non sapendo come rispondere.
"Richiesta pretenziosa la sua, signor Perez" rispose dopo qualche secondo, dando del lei a El Diablo. Cosa che fece decisamente divertire quest'ultimo.
"Voglio rivederti" ripeté, continuando a tenerla ferma per il polso. "Mi basta anche una sola uscita. Concedimelo"
Samantha rifletté per qualche attimo poi, come se gli si fosse accesa una lampadina in testa, parlò.
"D'accordo, ti concedo una seconda uscita" disse. Le labbra di Ruben si curvarono in un grazioso sorriso. "Però facciamo un gioco"
"Un gioco?" chiese. La bionda annuì. "Di che gioco stiamo parlando?"
"Tra tre giorni, alle diciotto, sarò seduta ad un tavolino di un locale. Starò lì fino alle ventuno..." fu interrotta.
"Che locale?"
"Se te lo dicessi, che gioco sarebbe?" chiese di ribatto lei, divertita.
A quelle parole, Ruben sgranò gli occhi, borbottando un "Stai scherzando, vero?" la Moretti scosse il capo in segno di negazione. "Hai idea di quanti locali ci sono qui a San Juan?"
"Credevo volessi rivedermi"
"Oh, si cazzo! Voglio rivederti!" esclamò, leggermente frustato.
"E allora cercami. Tra tre giorni, alle diciotto, sarò in un locale" ripeté. "Ti aspetterò per tre ore. Se, per le ventuno spaccate, non mi avrai trovato, la nostra conoscenza finisce questa sera. Se, invece, riuscirai a trovarmi, avremmo altro tempo a disposizione per chiacchierare"
"Farò di tutto per trovarti"
Ma ci sarebbe davvero riuscito?
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SPAZIO AUTRICE:
Volevo solo dirvi che, nonostante la nostra protagonista si trova a San Juan, ogni tanto, come è successo in questo capitolo, vi racconterò quello che sta succedendo a Vicenza. Anche perché, come avete potuto leggere, sembrerebbe che si stia per scoprire qualcosa sulla morte della famiglia di Samantha.
Se vi può interessare ho creato una page instagram dedicata principalmente a questa storia. La trovate sotto il nick @ likeiwouldzaynonwattpad. Sul mio profilo trovate il link della page😊
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