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Amaya sbuffò, sfogando la sua ira nella felpa che lanciò in modo aggressivo sul letto.

-Dio Santo, stava per scoprirlo!-gridò furiosa, iniziando a toccarsi i capelli come sfogo, gesto che prese dal fratello.

Lucas se me stava appartato vicino alla libreria, e silenzioso ascoltava le lamentele dell'amica.

Da un paio di giorni, Amaya Arcangelo, si incontrava di nascosto con un ragazzo conosciuto in metro, Dimitri Volkov, un soggetto etichettato da molti come "da evitare". In poco tempo il ragazzo era riuscito a soggiogarla, tanto da farla cambiare comportamento.

Solo Lucas sapeva di loro due, e aveva giurato di non dire nulla a nessuno, tantomeno a Lucky o alla sua famiglia. Era titubante al riguardo, e temeva molto per l'amica, ma pur provandoci non riusciva a farle aprire gli occhi e farle notare che stava cambiando a causa di quel ragazzo.

Lucas provò a parlare, ma venne interrotto dalle continue lamentele di Amaya. Arreso, decise di rinunciare a dire la sua. Si sedette sulla piccola poltrona e ascoltò muto come un pesce.

Lucas non aveva molto carattere, era una persona calma e che preferiva ascoltare che parlare, guardare invece di agire.
Conobbe Amaya in prima superiore, e siccome fu l'unica a rivolgergli parola, istaurò un forte legame con la bionda, essendo anche l'unica amica.

-Senti Lucas, invece di stare lì come un pesce morto, mi aiuti?-chiese irritata la Arcangelo, mettendosi di fronte a lui con le mani incrociate al petto.

Il ragazzo la guardò dal basso all'altro, con lo sguardo di un cane bastonato; il paragone eccellente per descrivere il modo in cui lo trattava Amaya.

-Maya, non so cosa dire...-bisbigliò lui, sentendosi a disagio con lo sguardo arrabbiato della bionda addosso.-Dovresti dirlo a tuo fratello, se vuoi glielo dico io.-tentò lui, per la millesima volta.

La ragazza, a quella richiesta, perse la ragione. Senza pensarci due volte prese il ragazzo per la maglietta e lo tirò in piedi, minacciandolo apertamente.-Tu provaci Van Percy, e rimarrai solo con un cane.-

Lucas si sentì il sangue gelare al suono di quelle parole. Non riconosceva più la sua Amaya, la dolce ragazza sempre sorridente e allegra. Avrebbe potuto opporsi e parlare con Lucky, ma il pensiero di perderla lo bloccava.

Annuì.-D'accordo.-

***

Lucky scese velocemente le scale di casa, canticchiando una canzone a lui inventata. Doveva andare da Didi e sarebbe dovuto partire prima, visto che non conosceva la strada verso casa della ragazza.

Prima di uscire però, si affiancò alla porta che dava sulla sala pranzo. Non vide la madre, ma in compenso trovò un foglietto di carta appiccicato, probabilmente di fretta, sul frigo.

"Torno alle 4.00 a causa di un colloquio. Un bacio, mamma."

Lucky alzò gli occhi al cielo. Era abituato alla continua mancanza di sua madre, d'altronde da sempre aveva dedicato più tempo alla carriera piuttosto che alla famiglia, e questo aveva influito molto sul carattere di Lucky. Temeva sempre di più che l'assenza dei genitori avrebbe cambiato anche la sorella; già stava succedendo, ma all'oscuro da lui.

-Quando lo capirai mamma, che continuando così perderai i tuoi figli?-si chiede, sentendo una rabbia incondizionata crescergli dentro.

Sentì la voce della sorella farsi sempre più vicina, tanto da trovarsela dietro con lo zaino in spalla e il migliore amico di fianco.

Guardò prima Lucky poi la sala vuota.-Buongiorno mamma.-disse ironica.

Il tono usato dalla bionda fu un deja-vu per Lucky. Quel tono sarcastico era tipico del suo carattere, ma da quando pure la sorella lo usava?

-Come ti sei conciata?-chiese con un accento di rabbia il fratello, guardando da testa a piedi la sorella. Non era abituato a vedere Amaya vestita così attillato e provocante, tanto da rimanerne scioccato.

La bionda si mostrò come smarrita di fronte alla domanda. Si girò verso Lucas, che alzò le spalle.-Come mi sono conciata?-chiese confusa. Non trovava nulla di diverso nel suo stile.

Il giovane Arcangelo fece per aprire bocca, ma la sorella prese per prima parola.

-Scusa ma dobbiamo andare che facciamo tardi. Ciao.-e con un rapido gesto prese Lucas per la mano, correndo verso l'uscita.

Lucky si appoggiò temporaneamente allo stipite della porta. Stava tutto cambiando, troppo in fretta, e lui non reggeva il passo. Amaya era il suo pensiero principale. Stava cambiando o se lo immaginava solo?

Il continuo campanello lo fece tornare alla realtà. Irritato andò ad aprire, convinto che fosse la sorella che aveva dimenticato le chiavi di casa, fu un colpo al cuore trovarsi Erja di fronte a lui.

-Giorno Lucky.-salutò lei, calma e leggermente divertita nel vedere il ragazzo come pietrificato.

Cosa ci faceva lei a casa sua? Come si era arrivata? Mille domande presero forma nella testa del moro, ma qualcosa lo bloccava nell'esporle.

Vedendo che il giovane non accennava a farla entrare, con eleganza entrò da sola, sistemandosi gli occhiali da sole sul volto. Un'esclamazione di meraviglia fuoriuscì dalla sua bocca di fronte all'arredamento classico e accurato della dimora.

-Vedo che i tuoi genitori si sono impegnati.-disse andando vicino a ogni quadro e mobile.

Lucky chiuse la porta, appoggiandosi ad essa con le spalle, come per evitare che lei scappasse.-Ho cercato più volte di intercettarti.-ammise, camminando piano verso la donna, che, alle parole di Lucky, si lasciò scappare un soave sorriso.

-Mi piace fare la misteriosa. Ma come mai mi cercavi?-domandò poggiando la borsa sul tavolino basso di vetro, in soggiorno, togliendosi poi la grossa giacca di pelliccia, probabilmente di volpe.

Si sedette sul divano, e con solo uno sguardo indicò al moro di fare altrettanto.

Lucky appena seduto iniziò a riempire di domande la donna.-Perché da quando ti ho incontrato la mia vita ha iniziato a prendere una piega diversa?-chiese onesto, con la curiosità alla gola.

Erja si spostò i capelli biondi e lisci da una parte, mettendosi con le gambe accavallate, facendo sembrare i jeans attillati ancora di più.

In quell'istante lo sguardo di Lucky cadde sul corpo della donna, messo in mostro appositamente.

-Io non sto facendo assolutamente niente, ti fai condizionare da questo tuo pensiero.-mentì lei, troppo bene.-Ma stai attento piccolo Arcangelo.-lo avvertì lei, con un tono malevole.-Di questo passo farai la fine di tuo padre.-toccò un punto dolente.

Per Lucky, il solo accennare sul padre gli provocò un fastidio immenso.-Non conosci mio padre.-disse lui, secco.

Erja si avvicinò pericolosamente a lui, tanto da riuscire a sfiorarlo. Il cuore del ragazzo aumentò di battito. Lo guardò dritto negli occhi, riuscendo, nonostante le lenti scure, a scorgere quel colore chiaro dei suoi occhi, molto simile al colore del padre.

-Penso di conoscere più cose il di Vincenzo che te...-diminuì la distanza dei loro volti.-E conoscendo lui, posso dire che sarò in grado di modellarti a mio piacere.-le ultime parole non arrivarono all'orecchio del moro, poiché sussurrate.

Lucky, che fino ad allora aveva fissato le labbra rosse della donna, alzò lo sguardo.-Chi sei?-domandò con voce roca. In quel preciso istante avrebbe voluto saperne di più, ma tutte le sue domande e preoccupazioni svanirono quando la donna si tolse gli occhiali e lo catturò in un sensuale bacio.

Lasciato trasportare Lucky abbassò la guardia, non riuscendo a sentire l'uomo del Generale che entrò con una mazza in mano. Con un colpo alla nuca fece svenire il giovane Arcangelo.

Prima che l'uomo prendesse il corpo, la donna gli nascose una chiavetta nera nella tasca dei jeans.

-Puoi andare.-ordinò lei, rimettendosi gli occhiali da sole.

Ormai sola in casa, si diresse nello studio di Vincenzo Arcangelo. Sembrava conoscere bene quella casa, segno che non era la prima volta che metteva piede.

Aprì la porta della stanza usata dal padrone per il lavoro. Camminò piano, toccando ogni libro della libreria. Si fermò a uno in particolare, con il titolo cancellato dalla vecchiaia.

Lo aprí, trovando in esso un paio di foto del padre di Lucky in età giovanile. Si sedette sulla poltrona, tenendo il libro sulle gambe e le foto in mano.

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