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🌼 23 🌼

"No, non avere paura
Quando va dormire il sole
Se la stanza sembra vuota
E se senti il cuore in gola
Non avere paura
Mi prenderò cura io di te

Se ti abbraccio così
Se ti stringo così
Se appoggi la tua testa al mio petto
Ci siamo solo noi. Ci siamo solo noi"

Tommaso Paradiso - Non avere paura

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La piccola distesa di lapidi davanti a noi non era immensa, ma era comunque quasi accecante, specie con i raggi del sole che riflettevano sulle loro splendenti superfici marmoree.
A prima vista sembravano tutte uguali, ma in realtà custodivano il riposo eterno di persone completamente diverse, tutte con la loro storia e i loro trascorsi.
In Giappone solitamente i cimiteri non erano imponenti come in tante altre parti del mondo se non per rari casi, perché per lo più veniva prediletta la cremazione e molti sceglievano di tenere le ceneri in casa, ma nei pressi dei templi era di uso comune trovare tombe di famiglia, raramente tombe singole.
Una di quelle tombe di famiglia conteneva ciò che restava dei miei genitori, nello specifico una madre che aveva dato la sua vita per la mia e un padre che si era fatto carico di tutto, senza mai rinfacciarmi di avergli strappato via la donna che aveva scelto di sposare anni addietro.
Quel giorno avevo scelto di recarmi in visita con Mirio proprio lì, così da onorare per l'ennesima volta la memoria dei miei genitori.
Ero infatti solita venire spesso in visita per accendere dell'incenso o per portare dei fiori, ma col mio ragazzo al mio fianco era tutto diverso, decisamente più intenso.
Per ironia della sorte anche la tomba del maestro del ragazzo era posta nelle vicinanze ed eravamo passati anche da lui.
Mirio aveva pianto una volta davanti alla lapide ed io lo avevo immediatamente abbracciato, restando attaccata a lui finché non si era tranquillizzato.
Era stata una scena molto triste e che mi aveva fatto comprendere a pieno il legame con il suo maestro, morto per la nobile missione di sgominare un'organizzazione criminale e salvare la piccola Eri dalle loro grinfie.
Non avevo conosciuto quell'uomo, ma era riuscito ugualmente a guadagnarsi il mio rispetto.
Ci eravamo poi spostati davanti alla tomba della mia famiglia e da qualche secondo stavamo contemplando in silenzio la modesta struttura davanti a noi.
<<Mamma, papà>> dissi poi, trovando finalmente la forza per parlare <<lui è Mirio ed è il mio ragazzo.>>
Pronunciai quelle parole con fierezza, cercando e stringendo la calda mano di quest'ultimo, in modo da trasmettergli quanto fosse estremamente importante per me averlo nella mia vita di tutti i giorni.
Quando ero con lui non davo mai per scontato nemmeno un secondo e mi stava dando la chance di vivere la mia vita a 360 gradi, come mai mi era capitato prima di fare la sua conoscenza.
Mirio stava rendendo i miei ultimi mesi di vita i migliori in assoluto, nonostante il timore del domani e tutta la mia sintomatologia segreta.
Tutte le brutte questioni perdevano valore insieme a lui e restava spazio solo per le cose belle, almeno nella maggioranza dei casi.
Quel giorno in particolare infatti mi sentivo oltremodo triste e con un groppo alla gola difficile da mandare giù.

Fu infatti guardando quella tomba che dentro di me si fece largo un pensiero: "Tra poco ospiterà anche me e Mirio verrà a piangere qui davanti come ha fatto poco prima con il suo maestro".

Bastò quel singolo pensiero a far vacillare nuovamente il mio instabile umore. Strinsi quindi più forte la mano del ragazzo e arrivò il mio turno di iniziare a piangere, seppur silenziosamente.
Chiaramente lui se ne accorse subito e non tardò ad avvicinarmi al suo corpo, così come avevo fatto io poco prima.
<<È troppo per te in questo momento? Vuoi andare via?>> mi chiese lui, accarezzando i miei capelli con gesti lenti e premurosi.
<<No, voglio restare anche per qualche minuto>> risposi sincera <<desideravo davvero venire qui oggi e sono contenta di averti al mio fianco in questo momento, penso spesso che loro mi guardino quando sono qui e ci tenevo a presentarvi. Forse è una cosa stupida ma->>
<<Non è una cosa stupida>> mi bloccò lui, lasciandomi un veloce bacio sulla testa.
Annuii leggermente convinta dalla sue parole, cercando di rilassarmi con il suo calore e con il profumo dei fiori portato dal vento.

. . . .

Lasciammo il cimitero giusto quindici minuti dopo, iniziando a fare la strada a ritroso, diretti nuovamente in direzione della casa del ragazzo.
Non riuscii a lasciare indietro i miei pensieri negativi e me li trascinai dietro anche dopo essermi allontanata dalla zona con tutte le tombe, senza smettere di pensare che prima o poi sarei tornata nuovamente lì da morta.
Non mancava molto tempo a quel momento ed iniziavo a sentire un senso di angoscia estraneo a me, dopo tanti anni passati in una sorta di limbo dove nulla sembrava toccarmi o raggiungermi, forse a causa della rassegnazione.
Purtroppo dentro di me conoscevo la risposta che si celava dietro a quel mio cambiamento improvviso.
Una volta infatti riuscivo a farmi scivolare tutto addosso perché non ritenevo di avere un vero motivo per continuare a lottare e che, a conti fatti, mi conveniva lasciarmi andare quanto prima in direzione del mio destino. Con l'arrivo di Mirio nella mia vita invece era tutto cambiato, perché improvvisamente lui era diventato la mia ragione, quella ragione che mi spingeva ad alzarmi dal letto ogni mattina. Nonostante la nausea, nonostante l'emicrania, nonostante il conto alla rovescia che incombeva sulla mia testa.
Non riuscivo più a tollerare l'idea di morire. Io non volevo lasciarlo, non volevo separarmi da lui... bensì passare il resto della mia vita con lui e mettere su famiglia.
Improvvisamente il vuoto era stato colmato dal desiderio di afferrare un futuro con una bella casa, un lavoro stabile e dei bambini che giocavano a rincorrersi attorno al tavolo della cucina. Tutto in compagnia di Mirio.
Quel sogno però era bello quanto crudele e inafferrabile. Non si sarebbe mai realizzato e ne ero consapevole.
Il mio glioblastoma era infatti incurabile e si era sviluppato in una zona del cervello impossibile da raggiungere chirurgicamente, inoltre stava crescendo sempre di più in maniera incontrollabile. Me lo sentivo e potevo immaginarlo alla luce del mio quadro clinico visibilmente peggiorato.
Ero praticamente condannata a morte e non potevo fare nulla per cambiare il mio destino, in nessun modo.
Quella consapevolezza mi stava lentamente divorando dall'interno e si era accentuata dopo la visita alla tomba di famiglia, dopo la visita a quella tomba che aspettava di ospitare anche me quanto prima.
Sentii le lacrime lottare per uscire dai miei occhi e un singhiozzo sordo cercare di farsi strada dal profondo della mia gola, ma scacciai tutto, afferrando con maggior vigore la mano di Mirio, il quale mi scoccò uno sguardo interrogativo.
<<Tutto okay? Ti vedo strana>> chiese lui, scrutandomi con un velo di preoccupazione sul viso.
<<Tranquillo, resto sempre un po' turbata dopo una visita al cimitero. Tra poco mi passa>> mentii, continuando a camminare.
Lui annuii e non fece altre domande in merito, limitandosi a stringere forte la mia mano a sua volta.

Riuscii a nascondere tutto almeno fino all'ingresso nella sua abitazione, quando sentii farsi largo dentro di me una spiacevole sensazione: quella del mio contenuto gastrico che cercava di risalire fino alla mia bocca.
La nausea infatti non mi aveva abbandonata del tutto, nemmeno con l'ausilio delle medicine antiemetiche che avevo assunto prima di fare il bagno per uscire, e con tutte quelle emozioni si era riacutizzata ulteriormente.
Mirio inizialmente non ci fece caso, affaccendato com'era a togliersi le scarpe e a trovare un paio di pantofole adatto a me, quello che mi prestava sempre e che poi puntualmente non riusciva più a trovare.
<<Eccole finalmente, adesso puoi metter... che ti succede? Sei pallida>> disse, dopo essersi voltato nella mia direzione.
Cercai di aprire bocca per dirgli di stare tranquillo, ma come feci per parlare sentii i succhi gastrici tentare di risalire con prepotenza lungo la mia gola e d'istinto mi portai una mano in direzione della bocca.
Mirio chiaramente capì al volo la motivazione dietro al mio inequivocabile gesto e infatti mi afferrò per un polso. <<Subito nel bagno di servizio, presto.>>
Mi lasciai trascinare, riuscendo in qualche modo a scivolare via dalla scarpe precedentemente slacciate, lasciandole cadere sul genkan.
Il ragazzo mi portò fino al gabinetto e a quel punto, esausta, mi svuotai completamente, sentendo le mani del ragazzo tenermi i capelli indietro con premura.
Mirio mi lasciò finire e non accennò nemmeno per un secondo a lasciarmi andare, accarezzandomi la schiena con la mano libera.
Riuscii ad allontanarmi dal gabinetto solo un minuto dopo, sentendo il consueto sapore acre in bocca e delle piccole lacrime agli angoli degli occhi, uscite per lo sforzo di dare di stomaco.
Lui nuovamente non chiese nulla e mi lasciò il tempo necessario per tirare lo sciacquone e avvicinarmi al lavandino del bagno, dove mi lavai diverse volte il viso e la bocca.
<<Ti senti meglio adesso?>> mi chiese lui, dopo avermi permesso di asciugarmi con un piccolo asciugamano che lui stesso mi aveva preparato nel frattempo.
Annuii lentamente, prima di tamponarmi per un'ultima volta il viso.
<<Da quanto va avanti questa storia? Oppure è la prima volta?>> chiese subito dopo.
Per un secondo mi sfiorò l'idea di mentirgli, ma poi decisi di dire la verità, perché lui non se lo meritava, non meritava di essere preso in giro da me, nemmeno con la scusa di proteggerlo.
<<Da diverse settimane in realtà. Ricordi quando mi hai accompagnata da Fat Gum? Quella è stata la prima volta... ma poi è successo con molta più frequenza.>>
<<Ed è successo solo questo?>> chiese ancora.
Risposi a quella domanda dapprima scuotendo la testa e poi dicendo: <<No, ho avuto altri sintomi e->>
<<E non hai mai ritenuto importante avvisarmi?>> domandò lui di getto.
Abbassai la testa con aria colpevole, sentendomi improvvisamente la persona peggiore del mondo.
<<Sono il tuo ragazzo, T/N. Perché non me ne hai parlato? Potevo aiutarti. Potevo darmi da fare per starti ancora più vicino e invece tu hai scelto di escludermi, dopo tutto quello che abbiamo passato e condiviso insieme.>>
Il tono di voce del ragazzo era carico di delusione, ma anche di un pizzico di rabbia ed era la prima volta in assoluto che lo vedevo in quello stato, anziché con il suo solito cordiale sorriso sul viso.
Non ricordavo di averlo mai visto così arrabbiato.
<<Io... non volevo farti preoccupare e non volevo farti stare male. Ecco perché non ti ho detto nulla e non ho detto nulla nemmeno ai miei zii. Nessuno lo sa. Tu sei il primo a saperlo>> confessai finalmente.
<<Quindi nemmeno il tuo dottore lo sa?>>
<<No. Nemmeno lui.>>
<<Non posso crederci>> disse lui, passandosi una mano tra i capelli in un gesto di frustrazione.
<<Mirio, mi dispiace davvero. Ti giuro che non l'ho fatto per codardia o perché non ti ritenevo meritevole di saperlo. L'ho fatto semplicemente perché per me nulla conta più della tua serenità e di quella delle persone a me care>> spiegai di getto.
Notai il suo sguardo addolcirsi leggermente e tornare come il suo solito. <<Lo so, ma mi fa arrabbiare immaginarti lottare da sola...>>
<<Mi dispiace, mi dispiace, te lo giuro. È da prima che nascessi che non faccio altro che portare dolore e tristezza nella vita delle persone. Pensa ai miei zii... soffrono da anni per la mia malattia e adesso ho scaricato questo fardello anche sopra le tue spalle.>>
<<T/N... non devi pensarle nemmeno per un secondo queste cose, non devi>> mi supplicò lui in un sussurro, afferrando il mio viso tra le sue mani, così da potermi accarezzare le guance.
Tuttavia quello non bastò per farmi desistere e infatti continuai a parlare, decidendo di liberare quel peso che mi portavo dentro da anni.
<<Per non parlare di mia madre. Mia madre ha sacrificato la sua vita per donarla a me e guarda come è andata a finire... sto morendo anche io. Quindi a cosa è valso il suo sacrificio? Tanto valeva curarsi e non farmi mai nascere.>>
Mirio a quelle parole mi abbracciò forte e poi premette le sue labbra sulle mie, talmente forte da fare quasi male a entrambi. <<Non dire mai più una cosa del genere. Tua madre ha dato tutto per te e so che sarebbe fiera di averti come figlia se solo fosse qui per vederti. Hai sempre fatto di tutto per goderti ogni secondo della tua vita e fino ad ora li hai vissuti tutti talmente intensamente e con gratitudine da far valere questi anni come fossero stati mille.>>
Scoppiai a piangere a dirotto, aggrappandomi al tessuto della sua maglietta.
Mirio tentò qualsiasi cosa per farmi calmare, ma invano. Infatti più cercava di parlare e più aumentavo il volume del mio pianto, fino quasi a sfiorare l'attacco di panico.
Non riuscivo più a smettere di singhiozzare e sentivo l'aria venirmi meno, oltre che la testa leggera come un palloncino e pesante come un macigno allo stesso tempo.
Il ragazzo mi quindi afferrò di nuovo fermamente per il viso, strattonandomi in modo da attirare la mia attenzione.
<<T/N. Guardami. Respira e guardami. Riesci a capire quello che ti dico?>> chiese.
Annuii frettolosamente, quasi con gli occhi fuori dalla orbite per il panico.
Quella situazione per me era nuova e non sapevo come gestirla tanto era forte.
<<Hai con te il tuo diario nella borsa? Ce l'hai?>> chiese, mandandomi ancora più in confusione.
<<S-sì>> dissi a fatica, riuscendo in qualche modo a tirare fuori un suono strozzato di senso compiuto.
Mirio annuì vigorosamente, sparendo velocemente oltre la porta.
Mi lasciò da sola solo per qualche secondo, per poi tornare con una busta bianca tra le mani. La stessa che recitava: "Per quando la speranza verrà meno".
Cercò poi di consegnarmela, ma negai fortemente con la testa, cercando di tirarmi indietro.
<<Aprila per favore. Non dire che non ne hai bisogno... perché in questo momento ce l'hai. Quindi aprila, fallo per me>> mi supplicò, anche lui con alcune lacrime a solcargli le guance.
La vista del suo viso sofferente bastò per farmi ritrovare un po' di contegno e per convincermi ad allungare la mano destra in direzione della lettera, afferrandola con titubanza.
<<Brava, andiamo in salone. Non voglio fartela leggere dentro un bagno>> mi disse, prendendomi per mano.
Mi lasciai guidare dal ragazzo, trovando nel calore della sua pelle la forza per riprendere a respirare ad un ritmo più regolare.
Ne approfittai per asciugarmi gli occhi con un gesto spiccio dell'avambraccio, sentendo la pelle bruciare a causa della sensibilità dovuta al fiume di lacrime che l'aveva attraversata in pochi secondi.
Mirio mi condusse fino al divano, trascinandomi sulle sue gambe senza esitare. Mi ritrovai quindi seduta su di lui e con le sue braccia ad avvolgermi strettamente.
Gli scoccai uno sguardo carico d'intensa e poi con le dita tremanti iniziai ad aprire lentamente la busta, cercando di rovinarla il meno possibile.
Guardai un'ultima volta il ragazzo e poi tirai fuori il foglio ben piegato al suo interno, riconoscendo immediatamente la bella grafia di mia madre.
La vista mi fece tranquillizzare ulteriormente e senza frapporre ulteriore indugio iniziai a leggere, permettendo al ragazzo di leggere insieme a me.

"Alla mia bellissima bambina o forse già splendida donna.
Effettivamente non so quando aprirai questa lettera, così come le altre, so solo che se l'hai aperta e la stai stringendo tra le mani significa che qualcosa in te si è incrinato e la speranza sta venendo meno.
Anche io avevo perso la speranza a causa della malattia e per tanto tempo mi sono sentita inutile, persa, senza una ragione... ma oggi ti sto scrivendo questa lettera perché per la prima volta ti ho sentita scalciare. E quel singolo calcio è bastato per far tornare dentro di me tutta la speranza.
Spesso nella vita capita di sentirsi amareggiati, soli e col mondo che ci ha voltato le spalle. Tuttavia sono questi i momenti in cui bisogna tirare fuori la propria forza e reagire.
Quindi bambina mia chiudi gli occhi, rilassati e pensa a tutte le cose belle che hai e che ti sono successe in passato. Pensale intensamente e cerca di trattenerle a te, fino a che il loro calore non si irradierà nel tuo petto.
Solo così potrai capire che quello stesso calore è una promessa. La promessa di veder tornare giorni migliori, carichi di momenti capaci di provocarti la stessa sensazione di pace che stai provando adesso.
Prendi questa positività e trascinala fino al tuo cuore, così non ti sentirai più da sola.
E se ancora non basta pensa che c'è qualcuno a questo mondo che è tornato a sorridere con un tuo semplice piccolo calcio e che anche tu puoi ricercare in qualcun altro o in qualcos'altro una ragione per sorridere ancora e capire che la vita, breve o lunga che sia, è il più incredibile dei viaggi.
Basta solo percorrerlo portando con sé due cose: occhi capaci di vedere aldilà delle nubi e un cuore capace di volare sopra le nuvole.
Hai bisogno solo di questi due compagni per arrivare alla meta senza nessun rimpianto.
Non dimenticarlo mai. E ricordati che la tua mamma ti ama, da quando non eri che un piccolo granello pulsante di vita."

Quando finii di leggere mi accorsi di avere le braccia completamente invase da brividi, che pizzicavano sulla mia pelle come il passo di tante piccole formiche tutte insieme.
Due calde e grosse lacrime attraversarono le mie guance, ma tuttavia mi resi conto di avere anche un grande sorriso ad adornare le mie labbra. Impossibile da trattenere davanti a quelle frasi così cariche di amore per me.
Mirio mi strinse più forte contro di sé, lasciandomi un dolce bacio sul collo.
<<Hai visto? Quindi non dire mai più cose come quelle di prima>> mi sussurrò all'orecchio <<tua madre ti ha amata da quando non eri che un piccolo granello pulsante di vita, io invece ti ho amata dalla prima volta che ti ho vista... tu non sei nata per portare il dolore nella vita delle persone, ma per far conoscere loro l'amore. Non dimenticarlo mai.>>
Annuii, voltandomi quel poco che bastava per fiondarmi sulle sue labbra.

Mi sentivo come rinata.

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