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Capitolo 7 [Seconda Parte]


Tutto avvenne in un solo istante: Thomas chiamò il nome di Elliott, scattando verso di loro ed accucciandosi vicino l'altro ragazzo, mentre Cauchemar afferrava il braccio di Sunny per portarlo via. Le pupille sottili erano adesso larghe per la paura, ed i canini appuntiti erano messi in mostra da una smorfia. Si resse gli occhiali mentre correva, e Sunny la seguì senza esitazione.

Si guardò indietro mentre lasciavano il vicolo, e da oltre la schiena di Thomas, vide che Elliott stava cominciando a rialzarsi.

Non l'aveva ucciso, per fortuna. Ma vederlo cadere a terra in quel modo l'aveva fatto sentire invincibile. E mentre correvano, non riusciva ancora a credere di essere realmente stato lui a dare quel pugno ad Elliott.

Cauchemar lo portò all'interno della caffetteria, e lui si ritrovò investito dall'odore di cappuccino senza nemmeno rendersi conto di avere percorso la strada a ritroso. Ottima idea, quella di nascondersi in un posto pieno di gente. Se anche li avessero trovati, quei due non avrebbero mai potuto accerchiarli di nuovo.

Cauchemar si arrestò solo una volta arrivati nel bagno delle ragazze, e qui spinse dentro Sunny senza dargli il tempo di protestare, chiudendo la porta alle loro spalle.

Fu quando lo lasciò andare, che lui si rese conto di averla tenuta per mano per tutto il tempo. Avevano corso per le strade, e poi lì fin dentro la caffetteria, mano nella mano.

Non ricordava di averlo mai fatto, e adesso sapeva esattamente cosa si era perso per tutta la propria vita.

―Non posso credere che tu lo abbia fatto―, commentò Cauchemar, mentre poggiava le spalle alla parete. Si lasciò scivolare giù, fino a sedersi sui talloni, e guardò in alto in direzione di Sunny.

Lui si accucciò accanto a lei, tenendo le ginocchia larghe in posizione decisamente meno aggraziata. ―Non hai paura che ti tormentino ancora di più, adesso?―

―Ma che dici? Elliott è un fifone, gli hai dato quello che si meritava―, rispose lei, e passato lo shock si lasciò andare in una risata liberatoria.

E poi, fra di loro calò il silenzio. Ed ogni secondo si fece un po' più pesante del precedente.

Sunny sapeva di cosa avrebbero parlato, adesso.

―Mi... mi dispiace. Capirò, se deciderai di odiarmi―, disse Sunny, e sperò che le orecchie di Cauchemar fossero abbastanza grandi da sentire quel suo sussurro.

―Ti confesso che mi hai molto deluso―, rispose Cauchemar, d'un tratto seria. Il suo sguardo era distante, fisso sul pattern disegnato dalle mattonelle del bagno. ―Ma non ti odio. E francamente, capisco anche le motivazioni che ti hanno spinto a fare e dirmi alcune cose.―

Sunny sospirò, e lasciò che la sua testa cadesse verso il basso, finendo per coprirsi il viso coi capelli. ―Non volevo usarti, e non volevo che finissi anche tu nei guai. Ma davvero, senza il tuo aiuto io non saprei come fare, Cauchemar.―

―Leggi il messaggio, Sunny. Quello che ti ho dato prima―, disse lei, e le sue parole lasciarono trasparire una lieve... tenerezza. Forse era vero, forse non lo odiava.

Sunny fece come richiesto, e riprese il foglio dalla tasca per poterlo aprire. Era terribilmente sgualcito, dopo le corse che avevano fatto, ma ancora comprensibile.


"Cara Alexia,

Ti stai divertendo a casa dei Todd? Maple non si sta divertendo molto, qui con me... ma possiamo salvarla da questa noia in futuro, che ne dici?

Vai al numero 1257 sulla Phantom Boulevard. Ho già nascosto un altro indizio per te e la tua amica. Se mi porti Maya, puoi riavere indietro Maple.

A presto,

-La tua ombra"


Sunny rilesse il messaggio. Una, due, tre volte. Ed i suoi occhi caddero sempre lungo lo stesso passaggio.

Se mi porti Maya.

Ma chi era Maya?

―Cauchemar―, la chiamò Sunny, d'improvviso ritrovando il coraggio di guardarla negli occhi. ―A che indirizzo mi hai portato?―

―A quello scritto sul biglietto. L'ho subito cercato su internet ed ho visto che si trattava di questa caffetteria. Ti ho mentito anche su questo... io non c'ero mai venuta, qui.―

Sunny piegò il foglio e se lo rimise in tasca, scuotendo la testa. Gli venne da sorridere, e si poggiò la fronte sul palmo della mano, guardando Cauchemar da oltre il proprio avambraccio.

―Capisci perché non posso farcela senza di te? E, se la cosa non ti offende, non avevo idea che tu fossi un tale genio. Ogni giorno mi sorprendi un po' di più.―

Cauchemar sembrò imbarazzarsi, ma invece di rispondere al complimento, i suoi occhi vagarono di nuovo per il bagno.

―Ma perché non me lo hai detto? Perché non mi hai detto che volevi ritrovare Maple? Perché non mi hai detto chi eri, che cosa volevi, e di cosa avevi bisogno?―

―Te lo avrei detto... volevo dirtelo oggi. Il problema è che quando ti ho incontrata non credevo che saresti diventata così...―

Importante.

Sunny completò la frase nella propria testa, accorgendosi di non avere il coraggio di dire quella parola ad alta voce.

Stavi per dire importante. Dillo, maledetto stupido! Appena la signorina Melissa verrà a prenderti potresti non vederla mai più!

―Insomma, mi stavi usando―, tagliò corto lei, e lui non ebbe il coraggio di contraddirla.

Sospirò, abbassando di nuovo la testa. Si resse le tempie con le dita, come se questo potesse aiutarlo a sopportare il peso dei propri pensieri. Guardò il pavimento, perdendosi nel motivo a scacchi fino a quando la coda di Cauchemar non ebbe attirato la sua attenzione.

La guardò di soppiatto, senza che lei se ne accorgesse. Il viso tondo, da bambina, era imbronciato in una smorfia, ed i suoi occhi erano distanti. Quelle iridi avevano dentro tutte le sfumature dell'ocra, e le tonalità dorate incorniciavano le sue pupille in un disegno perfetto. Quei due squarci sembravano due porte per un altro mondo, e se Sunny avesse continuato a guardarci dentro, era sicuro che avrebbe finito col perdercisi.

E non voleva.

―Sai, Sunny... c'è solo un motivo per il quale avrei voluto che tu fossi sincero con me. Voglio continuare ad aiutarti, ma sappi che lo faccio più per la bambina che per te―, disse Cauchemar, ed il suo dito indice venne sollevato per sottolineare ciò che stava dicendo.

―E qual è il motivo?―, chiese Sunny, grattandosi nervosamente la testa.

Ma nell'esitazione di Cauchemar, un pensiero lo colpì. E lui seppe immediatamente cosa lei stava per rivelargli.

―Pensavo di piacerti.―

Oh no. Oh no, che cosa ho fatto?

―Cauchemar, ascolta... ho sbagliato a...―

―No, no―, lo fermò lei, rimettendosi in piedi. Sembrava arrabbiata, e terribilmente in imbarazzo. ―Non fa niente, ci ho già fatto i conti ieri con questa cosa. Adesso usciamo di qui, prendiamo un tavolo, e cerchiamo questo indizio, okay?―

Sunny annuì, incapace di fare altro.

Ed uscirono dal bagno.

Ma quindi... io ti piaccio, Cauchemar? 

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