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Capitolo 7 [Prima Parte]


Sunny stentava a farsi rimanere il cuore all'interno del petto, quel pomeriggio.

Aveva provato tutta la notte a decifrare il codice che avevano trovato all'interno del floppy disk, ma senza successo. Non capiva nulla, e quelle due cifre erano assolutamente insignificanti per lui.

E non sapeva come, durante la notte aveva sollevato una mano verso il soffitto, e l'aveva guardata sdraiato sul letto, da oltre il buio della stanza. Aveva visto le piccole membrane fra le sue dita, ed aveva subito pensato a Cauchemar.

Aveva ripensato alle loro sagome riflesse sulla vetrina del centro commerciale.

E adesso, si sentiva le dita fredde al pensiero di doverla rivedere.

Riconobbe subito la caffetteria di cui lei aveva parlato, ed il tram vi si fermò esattamente davanti, rivelando l'ingresso tramite le grandi vetrate.

Lei era già lì, che lo aspettava al di fuori della struttura con la schiena contro il muro. Portava un paio di pantaloncini, e si teneva le mani in tasca come se fosse a disagio. Le sue orecchie non erano dritte, e quando il tram si arrestò, lei continuò a guardare per terra, muovendo la coda con nervosismo. Non stava indossando alcun fiocco, quel giorno.

Sunny scese, e si avviò verso di lei. Fu quando si trovò a soli pochi metri, che lei sollevò lo sguardo. E lui poté vedere l'espressione sul suo volto.

Non era mai stato troppo bravo a leggere le emozioni degli altri, ma era certo che la personalità di Cauchemar fosse così trasparente che qualsiasi pensiero le passasse per la mente, si riflettesse sul suo viso.

―Hey... va tutto bene?―, le disse, sentendo il cuore che prima stava correndo agitato farsi piccolo nel suo petto.

―Sì―, rispose lei, nascondendosi nelle spalle. ―Sei riuscito a decifrare il codice?―

―Ah... no, affatto―, ammise lui, sincero. Lei sembrò rattristarsi ancora di più, e lui non riuscì a capire il perché di quello sguardo colpevole.

―Certo, dovevo aspettarmelo. Che stupida―, rispose lei, criptica.

―Entriamo?―, propose Sunny, indicando l'interno della caffetteria. Ma lei subito scosse la testa.

―No, non ancora. Prima vorrei parlarti.―

A quelle parole, Sunny sentì una morsa stringergli la gola. E dal modo in cui lei lo guardò, lui ebbe la certezza che lei avesse scoperto tutto. E forse, sapeva anche che il motivo di quella stupida caccia al tesoro era ritrovare la bambina rapita a casa dei Todd.

Il colpo al cuore fu così forte da provocargli la nausea.

―Cauchemar... che cosa c'è?―, le chiese, non potendo tenere la voce ferma. Sentiva le lacrime lottare per risalirgli lungo la gola, ma si obbligò a trattenerle.

Era esattamente come si era aspettato. La sua paura era diventata realtà.

Cauchemar era esattamente come le ragazzine della comunità. Lei non poteva capirlo.

―Quel foglio che ti ho dato non è il contenuto del floppy disk―, disse lei, secca. E Sunny indietreggiò confuso. ―O meglio, lo è, ma l'ho trascritto in codice binario. Prima era una lettera chiara e concisa, e penso che sappiamo entrambi chi l'abbia scritta. Dopo averla letta, io... avevo bisogno di tempo per metabolizzare, ma sapevo che non sarei potuta uscire dalla sala giochi senza consegnarti niente. Quindi l'ho convertita, sperando che saresti riuscito a decifrarla da solo. Ma non potevo lasciartela leggere subito, non ieri, non davanti a me. Non ero pronta ad affrontare la conversazione.―

―Cauchemar... che cosa c'era scritto, nella lettera?―

Cauchemar strinse i denti, e tornò a guardare lontano, come se non potesse sopportare di guardare Sunny negli occhi. Raramente lui si era sentito così male. Aveva dovuto fare uno sforzo grandissimo, lungo gli ultimi anni soprattutto, per imparare a sopravvivere al giudizio della gente. Ma l'opinione che aveva Cauchemar di lui contava troppo, per poterla ignorare.

Con sorpresa di Sunny, lei uscì la mano fuori da una delle sue tasche, e gli porse un foglio di carta.

―Credo sia meglio che lo legga tu―, disse, tombale.

Sunny aprì la mano, e mentre la tese in direzione di Cauchemar, pregò che lei non si accorgesse che stava tremando. Dentro di sé, era assolutamente certo di starla per perdere. E senza di lei non sarebbe mai riuscito a...

Cauchemar gli afferrò un avambraccio, ancora prima che Sunny potesse aprire il foglio di carta per leggere. ―Vieni con me, subito―, gli sussurrò, e subito lo spinse più vicino a sé.

Corsero, e Sunny non seppe nemmeno perché. Abbandonarono la caffetteria e si lanciarono lungo il marciapiede, zigzagando fra le persone. Cauchemar non gli stava fornendo alcuna spiegazione, eppure lui la stava seguendo.

Fidandosi alla cieca, come lei aveva fatto con lui.

Si fermarono in un vicolo dopo una corsa a perdifiato. Adesso si trovavano in una stradina insignificante, chiusa in mezzo a due palazzi. Sopra le loro teste, Sunny poteva vedere i panni umidi di qualcuno appesi ad una corda. Ed ebbe l'impressione che Cauchemar stesse cercando di seminare qualcuno.

―Che cosa ti è preso?―, le chiese, mentre recuperava fiato.

―Ti prego, non mi odiare... ci hanno visti ormai―, rispose lei. E l'espressione afflitta che passò negli occhi di Cauchemar gli diede una scarica di adrenalina fin troppo familiare.

Sono in pericolo, si disse, voltandosi verso l'entrata del vicolo. Due ragazzini in bicicletta si fermarono esattamente lì, abbandonando le bici al lato della strada. E nonostante stessero sorridendo, non erano amichevoli.

―Hey, Badeau, te ne vai senza salutare?―, disse il primo, aggiustandosi il berretto sulla testa. Si stava rivolgendo a Cauchemar per cognome, intuì Sunny, e guardando verso di lei si accorse che la sua coda si era tutta arruffata.

Ma il secondo... solo guardandolo negli occhi, Sunny seppe che i guai erano in arrivo.

―Che c'è Cauchemar? Non ci presenti la tua amica?―

Sunny si sentì sprofondare. Avrebbe voluto sparire all'istante, se solo avesse potuto... ma mentre i suoi occhi facevano spola fra quei due teppisti e Cauchemar, le vide sollevare gli occhi al cielo.

Non sembrava affatto sorpresa, solo... infastidita. E furiosa.

―No, Elliot. Pensavo tu e Sunny vi conosceste già―, disse, portandosi davanti Sunny a braccia conserte.

Stava cercando di proteggerlo.

―Ah, è così che si fa chiamare?―, rispose lui, e in quel momento la coda da procione fece capolinea da dietro la sua mole massiccia. Non era alto, ma se lui ed il suo amico se la fossero presa con Sunny...

Oh, Dio, pensò, guardandosi attorno. Non posso scappare da qui.

―Da quando esci con questa gente, Badeau?―, fece eco l'altro teppista. Un ragazzo ratto con l'apparecchio, probabilmente per contenere quei due incisivi troppo sporgenti.

―Uscivo con voi, Thomas. Direi che ho fatto un salto di qualità―, rispose lei, con un sangue così freddo da fare quasi paura a Sunny.

―Lo sai come si chiama realmente?―, riprese Elliott, avvicinandosi a lei. Ormai erano a pochi metri di distanza, ma Cauchemar non si stava lasciando scomporre. ―Te lo ha detto?―

Sunny sentì le lacrime pizzicargli la gola, ma le combatté. Perché gli stavano facendo quello? Non... non era così che si era aspettato di dirlo a Cauchemar.

―Certo―, rispose lei, senza perdere un colpo. ―Si chiama Sunny, tanto piacere. Sunny, lui è Elliott.―

Ma l'espressione che passò per il suo viso... mostrò che Elliott non era affatto contento di quella risposta.

―Mia mamma ti ha vista alla sua sartoria, lo sai?―, disse, e subito Sunny capì come facesse a sapere tutto su di lui. ―Eri con Harry Todd. Lei mi ha detto tutto, lo fa per mettermi in guardia dagli strambi come te. È vero che tua madre ti ha fatta finire in ospedale?―

Sunny sentì la rabbia e l'angoscia montare dentro di sé, e mentre il calore gli risaliva le guance, lui rivisse di nuovo la sensazione del sangue corrergli lungo il lato sinistro della testa. Harry non poteva averglielo detto, no. E questo significava che le voci di corridoio sul suo conto erano arrivate troppo lontano.

Stava realmente considerando l'idea di avventarsi su Elliott e prenderlo a calci, quando un tocco leggero prese la sua mano chiusa a pugno.

Ed un po' della sua tensione si sciolse.

―Non starlo a sentire, Sunny. Lo sapevo già, ed ero pronta a rimanerti accanto nonostante tutto.―

In quel momento i grandi occhi di Cauchemar, gialli come il sole, furono la sola cosa ad occupare il suo campo visivo. Ma poi, ancora prima di riuscire ad infondergli conforto, quei due occhi vennero trascinati via.

Elliott aveva spinto Cauchemar.

Hey!―, gridò Sunny, buttando fuori il fiato che aveva trattenuto fino a quel momento. ―Smettila di prendertela con lei! È con me che ce l'hai, cocco di mamma.―

E si pentì di aver detto quella frase ancora prima di finirla.

―Ah, guarda Elliott. La ragazzina parla―, lo schernì Thomas, e l'istinto di Sunny fu quello di indietreggiare. Ma non lo fece, non dopo essersi accorto che Elliott stava tenendo Cauchemar per un braccio.

―Lo dico per te, micetta. Torna ad uscire con me, ti prego... che cosa pensi di ottenere da gente così?―, disse Elliott, ed in quel momento Sunny fu sicuro di averne avuto abbastanza.

Harry ed Amanda avrebbero fatto meglio ad avere del ghiaccio, a casa. Tanto ghiaccio, perché Sunny stava decisamente per prenderle.

―Uscire con te per che cosa, Elliott? A me non piace nemmeno parlare con te. Tu non mi consideri nemmeno una persona, per te sono un accessorio da fare vedere agli amici.―

Sunny pensò che se quelle parole fossero mai state dette a lui, avrebbero fatto un male cane.

Ma il pugno che Elliott ricevette alla mandibola... quello forse aveva fatto più male. Ed il ragazzo procione cadde a terra come un sacco di patate, esattamente ai piedi di Cauchemar.

[...]

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