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Capitolo 3 [Seconda Parte]


Per un attimo, fra di loro scese un velo di imbarazzo. Che cosa avrebbe dovuto fare Sunny? Andarsene via, oppure aspettare con lei? Lei sembrava intenzionata a continuare a parlare, ma Sunny non avrebbe saputo di cosa. Forse era il caso che si salutassero e si dicessero a mai più.

Poi, per puro caso, la mano di Sunny sfiorò la tasca dei propri jeans, e lui la sentì da oltre il tessuto spesso. Se n'era totalmente dimenticato, da quando aveva messo piede al centro commerciale, ma aveva una missione da seguire. Doveva trovare il luogo della fotografia che portava sempre con sé. Doveva trovare Maple.

―Quindi... hai detto che quell'affare viene dalla discarica?―, chiese Sunny, nel tentativo di poter trovare un modo per chiederle della foto. Se lei era del posto, ed aveva vissuto lì abbastanza a lungo, allora forse poteva aiutarlo.

―Sì, sì. E non è il primo che trovo. La settimana scorsa ne avevo preso un altro, in condizione un po' migliore di questo, però. Magari se li uniamo io e Russell riusciamo a farne uno funzionante.―

―Ah, li vai a prendere tu?―, non poté trattenersi dal chiedere Sunny, sentendo già la vittoria in tasca. ―Allora devi essere davvero un'avventuriera.―

―Oh, beh... adesso forse stai esagerando. Diciamo che mi piace intrufolarmi―, rispose lei, stringendo imbarazzata la tracolla della borsa. ―E non sopporto che la gente butti via ciò che potrebbe essere riparato, tutto qui.―

―Conosci bene la città? Se io ti facessi vedere una fotografia, mi sapresti indicare dove è stata scattata?―, chiese ancora lui, e senza attendere una risposta la sua mano raggiunse un angolo della foto che teneva in tasca.

―Posso provarci―, si offrì lei, ed avvicinandosi di un passo, lasciò che Sunny le mostrasse la foto.

Poi, attese. E durante i secondi che precedettero la risposta Sunny trattenne il respiro.

―È il vecchio parco giochi―, rispose lei con certezza. ―Vedi? Qui si vede un pezzo della ruota panoramica. È abbandonato da tantissimi anni, ormai. La foto deve essere vecchia di almeno dieci anni, forse di più.―

Oh, no, fu tutto quello che riuscì a pensare Sunny. Se la foto era così tanto vecchia, allora forse non avrebbe potuto condurlo affatto da Maple. Ma forse... forse poteva ancora scoprire chi fosse il suo rapitore. Forse poteva ancora scoprire chi ci fosse, sotto quel costume da mascotte.

―E tu sapresti dirmi dove si trova?―

―Certo! Tu... non sei di questa città, vero?―, chiese lei, con quello che sembrava curioso interesse.

―Diciamo che sono venuto qui per le vacanze estive?―, rispose Sunny, e per qualche motivo la sua sembrò molto più una domanda che un'affermazione. Ma lei non sembrò affatto metterla in dubbio.

―Ah, certo. Anche a me piacerebbe tanto andare al mare se avessi le branchie, in effetti―, rispose lei, e Sunny fu piacevolmente sorpreso da quella risposta. Si passò le mani fra i capelli, finendo per farle scorrere anche in mezzo le branchie, sentendosi in qualche modo felice che l'altra avesse prestato attenzione a quel suo dettaglio.

―Quindi, dov'è il vecchio parco giochi?―, insistette Sunny, mentre un sorrisetto scemo gli spingeva gli angoli della bocca.

―Mmmh, c'è una linea del tram che si allunga un po' fuori città e ci passa abbastanza vicino. Ma devi prendere la sei, quella che passa davanti la bottega dei Martinez e scendere alla fermata davanti al Blockbuster. Da lì, c'è da fare un po' di strada a piedi, ma ti giuro che la ruota panoramica è abbastanza alta da vederla anche da lontano.―

Le sopracciglia di Sunny si avvicinarono fra di loro in un'espressione perplessa. Non aveva idea di dove fossero i punti di riferimento di cui lei stava parlando. Ma almeno, sapeva prendere un tram e riconoscere un negozio Blockbuster.

―Non... non hai capito nulla, vero?―, chiese lei, rompendo il silenzio che si era creato fra di loro.

―Vuoi una risposta sincera? No.―

Sunny si aspettava che la ragazza gatto avrebbe sbuffato, e che magari avrebbe anche deciso che non valeva la pena perdere tempo con lui. E invece, le guance paffute si alzarono, spingendo in alto gli occhiali rotondi, ed una delle luci sopra di loro si riflesse nella montatura. Si era messa a ridere.

Ma non era una risata cattiva. Non lo stava prendendo in giro.

―Va bene. Domani hai da fare? Vuoi che ti ci porto?―, avanzò lei. E la prima reazione di Sunny fu quella di sobbalzare.

―Davvero? Lo faresti per me? Domani?―

―Ma sì, in fondo volevo andarci anch'io da un po'. Conosco un ragazzo che ci è stato, e mi ha detto che è un posto veramente figo. Lui va spesso lì a fare skate nella piscina abbandonata, è deserto. Ti confesso che mi fa un po' paura... ma se siamo in due, vengo volentieri.―

Sunny la guardò entusiasta, e con forse un po' troppa energia le porse la mano. ―È un patto, allora. A domani, davanti l'entrata del centro commerciale. Ci stai?―

―Assolutamente sì―, rispose lei, stringendo timidamente la mano di Sunny. Sembrò sul punto di dire qualcosa, ma poi, la sua attenzione venne catturata da altro. E guardò giù verso le loro mani, stretta una nell'altra.

―Ah, sì... sono palmate. Scusa―, disse Sunny, sia dispiaciuto che imbarazzato. Alla gente non piaceva toccarle, o almeno a sua madre non era mai piaciuto. Ricordava che da piccolo lo teneva per il polso per fargli attraversare la strada, e solo da più grande aveva capito che era per le membrane.

―Di cosa? È solo che non lo avevo notato prima―, si giustificò lei, e con un movimento della mano si scostò i capelli dalla fronte. ―Guarda, io ho le vibrisse sulle sopracciglia. Non mi piacciono, quindi le nascondo sotto la frangetta.―

Sotto quella luce così fioca, Sunny non riuscì a vedere nulla, ma apprezzò quel gesto. Gli venne l'istinto di ringraziarla, ma aveva paura che dicendo qualcosa si sarebbe esposto troppo, aveva paura di rivelare ulteriormente quella sua insicurezza. Eppure, non poté fare a meno di sorridere un po'. Con quel gesto, lei aveva voluto dirgli che non c'era niente di cui scusarsi.

Niente di cui avere paura.

―Chiamami pure Sunny―, disse lui, ma stavolta non le porse la mano. Preferiva sempre dire "chiamami Sunny", piuttosto che "sono Sunny", perché aveva paura che non presentandosi come Alexia stesse in qualche modo mentendo a qualcuno. Forse a sé stesso, forse agli altri.

―Cauchemar―, rispose lei, e stavolta fu lei a tendere la mano. ―Non fa niente se non lo sai dire, puoi sbagliarlo tranquillamente, lo so è difficile da pronunciare, ma...―

Cauchemar―, ripeté lui, mentre un po' titubante le prendeva di nuovo la mano. E si sentì grandioso nel riuscire a dirlo bene al primo tentativo. Doveva assolutamente appuntarselo, o la volta seguente avrebbe davvero fatto una figuraccia.

Lei rise, e sciolse la stretta per aggrapparsi alla tracolla della borsa. ―Wow, ci hai messo impegno―, commentò.

Ma in quel momento, la porta del magazzino si aprì di nuovo, e Russell ne uscì stringendo l'oggetto che gli aveva portato Cauchemar.

―Niente da fare, micetta―, le disse, e mentre lo teneva in mano Sunny riuscì a vedere che si trattava di una console portatile. ―Non ha funzionato.―

―Oh, è un peccato...―, rispose lei, storcendo la bocca di lato. ―Sono difficili da trovare, non so quando mi capiterà di recuperarne un altro.―

―Se vuoi ti accompagno alla discarica la prossima volta. Domani ho il pomeriggio libero, se vuoi.―

―Ah...―, bisbigliò Cauchemar, guardando Sunny. La sua espressione era stranamente conturbata. ―Credo di avere un altro impegno, domani.―

―Non ti puoi liberare? Non so quando quell'idiota mi coprirà il turno la prossima volta―, insistette Russell, e la sua mano indicò il collega da lontano. Sunny si accorse che si era tolto i guanti, ed il dorso della sua mano era ricoperto da squame sottili.

No, non erano squame. Era pelle ruvida, inspessita e di un tenue colore giallastro. Sunny seppe subito che apparteneva ad un geco, perché anche le mani di Maple erano così. Certo, le dita di Russell erano molto più affusolate e scarne, ed i suoi polpastrelli non sembravano appiccicarsi a tutto ciò che toccava, a differenza della bambina. A lei capitava così tanto spesso, che Sunny aveva cominciato a credere che lo facesse a posta. 

―Sarà per un'altra volta, Rus―, rispose Cauchemar, portando in alto le spalle così rapidamente da far quasi scivolare la borsa. ―Mia madre vuole che vada con lei a fare compere, domani. Dice che è meglio comprare i vestiti adesso che ci sono i saldi estivi.―

Russell storse la bocca annoiato, e lasciò cadere la conversazione. Sunny si chiese perché gli avesse mentito, gli serviva veramente questo per smettere di essere insistente? O non voleva fargli sapere che sarebbe andata al vecchio parco giochi con lui?

―Va bene, divertiti con tua mamma allora―, rispose Russell, e senza aggiungere niente, si mise la console di Cauchemar in tasca. ―A questa pensiamo un'altra volta.―

―D'accordo Rus, ci vediamo presto allora―, lo salutò Cauchemar, e mentre apriva la tenda per avviarsi fuori, Sunny si accorse che lei aveva avuto l'accortezza di non salutarlo davanti Russell.

Perse ancora qualche minuto per dissimulare, un po' confuso. Ma non gli importava più di tanto scoprire il perché del comportamento di Cauchemar. Infondo, avrebbe sempre potuto chiederglielo il giorno dopo.

È perché si vergogna di te, stupido, disse la voce nella sua testa.

E Sunny seppe che avrebbe dovuto passare tutto il giorno a tentare di zittirla.  

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