Capitolo 3 [Prima parte]
Harry lavorava per un giornale locale, uno di quei posti pieni di uomini e donne... probabilmente più uomini che donne, in giacca e cravatta con sempre qualcosa di importante da fare. Harry aveva un completo verde menta che era un pugno in un occhio da guardare, ma probabilmente nessuno dei suoi colleghi aveva mai avuto il coraggio di dirglielo. Era comunque "abbastanza formale" per i canoni del posto, ed era un buon compromesso per fare scaturire la personalità di Harry in quel posto così serio, così... adulto. Sunny ci aveva messo poco, a diventare un suo fan.
Era certo che la rilevanza di Harry nel mondo del giornalismo fosse stata la sordina che aveva messo a tacere il trambusto mediatico circa la scomparsa di Maple. Aveva visto alcuni servizi televisivi al riguardo, ma molto brevi, concentrati, e con lo scopo di ritrovarla o di mettere in guardia la cittadina circa la presenza di un criminale a piede libero. Mai una volta si era fatto accenno alla sua presenza in casa, se non per il vago titolo di "testimone oculare", e sapeva che doveva ringraziare Harry per questo. Una volta lo aveva sentito sbraitare al telefono contro un collega, e quella era stata l'unica volta in cui gli aveva sentito alzare la voce. Lo aveva visto gonfiare la coda, drizzare le orecchie al cielo e mettere in mostra i sottilissimi canini appuntiti, mentre pronunciava le parole "ti devi stare zitto, Dave!" e riattaccava furiosamente.
Ogni tanto, quando la sua mente vagava fra un sacco di pensieri confusi al punto di sopraffarlo, Sunny si ripeteva in testa ti devi stare zitto, Dave. E nel ricordarsi il tono di Harry, si tranquillizzava.
―Ecco a te i tuoi gettoni. Torno a prenderti tra un po', tu pensa a divertirti.―
Sunny si portò i gettoni in tasca e scese dalla macchina, pronunciando un saluto frettoloso ed avviandosi subito verso l'entrata del centro commerciale.
Le porte scorrevoli si aprirono al suo passaggio, e Sunny si lanciò fra la folla, passeggiando per i corridoi con lo sguardo rivolto verso l'alto. Parte del soffitto era in vetro, a tratti trasparente, a tratti colorato, organizzato in forme geometriche. Aveva un paio di gettoni e delle monetine in tasca, e non si era mai sentito più libero.
Guardò le vetrine dei negozi mentre camminava veloce in direzione della sala giochi. Lì dove non c'erano manichini, interi scaffali pieni di scarpe invitavano ad entrare in negozio, e le tonalità dei colori si mischiavano come le voci nel corridoio. Non sembrava soltanto un edificio, sembrava la navata di una chiesa dove i quadri erano stati sostituiti da esercizi commerciali.
Salì sulla scala mobile con un breve salto, diretto verso il piano sottostante, e prese a saltellare sul posto mentre aspettava che il nastro lo portasse a destinazione. Una volta sceso, puntò il naso in direzione della sala giochi, e dovette contenersi per non correre mentre faceva lo slalom fra i passanti. L'insegna era lì, proprio lì, luminosa e colorata di viola, ciano e magenta. La tenda all'ingresso era aperta, e riusciva già a vedere la folla di bambini che si era radunata attorno al tavolo del pinball, riusciva già a vedere la fila di cabinati disposta lungo il muro di fronte all'entrata...
Poi, sentì un colpo alla spalla. E la sua corsa si arrestò.
―Fa' attenzione!―, lo sgridò una voce adirata, e Sunny si girò di scatto, mortificato.
―Scusami...― disse, ancora prima di riuscire a guardare in faccia la persona con la quale aveva colliso. Si sentì il cuore diventare piccolo, ed un pensiero gli trafisse la mente come una coltellata.
Diventi sempre così stupido, quando ti emozioni.
Poi, la vide. Riuscì a guardarla negli occhi, nel millisecondo che lei aveva speso per girarsi e rivolgergli uno sguardo di ghiaccio. Si era piegata in avanti, per raccogliere qualcosa che Sunny le aveva fatto cadere a terra. E quando lui se ne accorse, decise che era il momento di affrettare il passo ed andarsene. Voleva nascondersi.
Non aveva visto cosa fosse caduto alla ragazza, ma appena ebbe messo piede nella sala giochi, si nascose subito dietro ad una delle palme all'ingresso. Razionalmente sapeva che a nessuno dei presenti era importato vedere due ragazzini collidere fra di loro, ma adesso si sentiva come se gli occhi di tutti si fossero puntati su di lui, e lo stessero guardando. Accusando, per qualche motivo.
Si sporse, e la vide allontanarsi con la borsetta bianca stretta al corpo.
Francamente, con quelle orecchie così grandi, non capì se fosse un gatto o un pipistrello all'inizio. Poi vide la coda, alla quale era stato attaccato un grande fiocco di raso, e tutto fu un po' più chiaro.
Si accorse che anche lei stava vagando per il centro commerciale da sola, e si chiese se forse non avrebbe fatto meglio ad avvicinarsi.
No, non dopo lo sguardo che lei gli aveva rivolto, di sicuro. Aveva fatto bene a scapparsene. Adesso, aveva i gettoni di Harry da spendere.
La sala giochi era illuminata soltanto dalle luci al neon, e quella che arrivava dall'esterno era stata bloccata quasi del tutto da una tenda scura, così che non potesse arrivare a rovinare l'atmosfera. I motivi geometrici sulla moquette erano resi fosforescenti dalle luci, e nel guardarsi intorno Sunny si rese conto che chiunque avesse progettato quel posto, doveva realmente averci messo impegno.
C'erano un sacco di bambini, il che non era una sorpresa, per una domenica mattina. Probabilmente i genitori parcheggiavano lì i figli per poter fare compere in santa pace, e l'uomo che se ne stava al bancone sembrava molto annoiato dalla cosa. I loro schiamazzi erano abbastanza forti da riuscire a coprire i vari beep beep e pew pew che provenivano dai cabinati.
Sentendosi messo un po' in soggezione dalla folla, Sunny cercò di mettersi in disparte, rifugiandosi in un angolo ad aspettare che il tavolo del Pinball si liberasse.
Perché quello era letteralmente l'unico gioco sul quale avrebbe saputo mettere le mani.
Poi, la tenda all'ingresso si aprì di nuovo, e Sunny rivide ancora la ragazza gatto. Stava ancora stringendo la propria borsa fra le mani, e quando chiuse la tenda, il suo abito bianco divenne viola sotto le luci artificiali. Si diresse al bancone, e Sunny fece qualche passo indietro, per nascondersi dietro una colonna.
―Puoi chiamare Russell?―, disse lei, e Sunny sporse l'orecchio per poter sentire la conversazione. Gli piaceva molto, origliare. Anche se non c'era un vero motivo, lo faceva spesso anche con le conversazioni che Harry aveva al telefono con i colleghi.
L'uomo si allontanò dal bancone, e andando verso una porta posizionata in fondo alla sala, la aprì per urlare qualcosa a qualcuno. Probabilmente, Russell doveva essere un collega. Quindi la ragazzina era amica dei dipendenti della sala giochi?
Qualche secondo dopo, quello che Sunny presunse essere Russell uscì dal magazzino. Portava due guanti di gomma alle mani, ed alla cintura aveva un sacco di cacciaviti. Doveva essere un tecnico, ed aveva lasciato in sospeso qualsiasi cosa stesse facendo per incontrare quella ragazzina.
―Hey, micetta. Cosa mi hai portato oggi?―
―Un altro di questi―, disse lei, ma da dietro la colonna Sunny non riuscì a vedere bene cosa lei gli stesse porgendo. ―Non si accende, ma lo schermo mi sembra in buone condizioni. Forse prendendo i pezzi di questo possiamo rimettere a punto quello della settimana scorsa.―
A quel punto, spinto dalla curiosità, Sunny uscì da dietro la colonna, e si sporse per guardare. Voleva vedere cosa la ragazza avesse in mano, per assicurarsi di non averlo rotto lui quando le aveva dato quella spallata. Si sarebbe sentito in colpa da morire, se la colpa fosse stata sua.
―Posso aiutarti?―, sentì chiedere a una voce. E quando si voltò per vedere chi avesse parlato, trovò il collega di Russell alle proprie spalle.
―Io... uuhhm...―, bisbigliò Sunny, e subito le branchie gli divennero calde per l'imbarazzo.
―Hey, io ti conosco!―, esclamò la ragazza gatto, e Sunny desiderò soltanto scomparire. ―Che fai, mi stai seguendo?―
Se prima stava arrossendo per la figuraccia, adesso gli si era raggelato il sangue. ―No, assolutamente no!―, si sbrigò a chiarire, e portando una mano in avanti si accorse che gli tremava. ―Mi chiedevo se... hai parlato di un oggetto rotto quindi... mi chiedevo se fosse colpa mia.―
―Cosa?―, chiese lei confusa, ed una delle sue orecchie fece uno scatto. ―Ah, no no. Viene dalla discarica, non preoccuparti. Non mi hai fatto niente, prima.―
―Questo strambo ti disturba, Cauchemar?―, intervenne Russell, guardando Sunny con sufficienza da oltre la visiera da saldatore.
Strambo, si ripeté Sunny nella propria testa. Strambo. Ma io cosa ti ho fatto per sembrarti strambo?
―No, niente affatto. Prima ci siamo urtati per sbaglio in corridoio e mi sta chiedendo scusa. Non devi preoccuparti, Rus.―
A quella ragazza bastò un piccolo sorriso, largo abbastanza da mettere in mostra le punte dei due canini, per guadagnarsi di colpo la simpatia di Sunny.
E forse, senza osare troppo con le aspettative, anche lui aveva l'impressione di starle simpatico. L'aveva difeso, addossandosi parte della colpa dello scontro, quando era evidentemente stato lui a distrarsi troppo.
―Beh, se hai bisogno di me, mi trovi sul retro. Io vado a dare un'occhiata a questo―, disse l'altro, alzando per un attimo in aria l'oggetto della curiosità di Sunny. Non lo vide bene, ma da quel poco che ebbe la possibilità di ammirare, era grande poco più di una mano e ricoperto di sticker sbiaditi. ―Ci vediamo dopo.―
―Ti aspetto qui!―, rispose sorridente la ragazza gatto, e si scansò leggermente per liberare il bancone. Anche l'altro dipendente tornò alle sue solite mansioni, che probabilmente consistevano quasi tutte nel comprare bevande energetiche al distributore.
[...]
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