Capitolo 17
La figura rigida e statuaria di Electra Hernandez proiettava un'ombra insolitamente lunga, per il sole a mezzogiorno.
Le pupille scavarono dentro quelle di Sunny, mentre il cappuccio da cobra si allargava, rendendo la sua immagine ancora più imponente e severa.
Accanto a lei, mesta ed intimidita come al solito, c'era la signorina Melissa. Con la solita carpetta stretta al petto, quasi come se potesse usarla per nascondersi.
Adesso Sunny capiva perché Harry si fosse dimenticato il plico di fogli nella stampante ed il computer acceso. Non era mai andato in redazione, quella mattina.
―Melissa, oggi non è il sette agosto―, fu tutto quello che Sunny riuscì a dire, e mentre parlava, si chiese quanto a lungo le sue gambe sarebbero state in grado di reggere il suo peso. Si sentiva sconvolto, si sentiva impaurito, si sentiva in trappola.
E la presenza di sua madre lo spaventava mille volte più di quanto lo spaventasse l'idea di Edmund Paskov.
―Entriamo dentro―, disse Harry, muovendo il primo passo oltre l'ingresso ed invitando le due ospiti a fare lo stesso. Sunny vide i tacchi della madre ticchettare contro il pavimento, e per la prima volta dopo mesi, sentì di nuovo il suono dei suoi passi. Credeva di averlo dimenticato, ormai, ma lo avrebbe riconosciuto fra mille.
―C'è stato un... cambio di programma... Alexia―, balbettò la signorina Melissa, prendendo posto nel salone dei Todd. Harry li lasciò da soli per qualche istante, dirigendosi al piano di sopra per avvertire Amanda.
Mentre si forzava a fare gli onori di casa ed invitava sua madre a sedersi, Sunny si concentrò soltanto su quanto desiderasse non essere costretto a vivere quel momento. Sapeva già cosa sarebbe successo, sapeva già che qualsiasi cosa quella megera avesse detto, nessuno lo avrebbe difeso. La sola presenza di quella donna era in grado di incutere terrore a chiunque.
―Alexia, tesoro mio, non racconti niente a tua madre?―, disse lei, e Sunny provò solo rabbia nel sentire il tono della sua voce. Ricordava l'ultima conversazione che avevano avuto per telefono, quando lui era ancora in comunità, ed era finita urlando. Non aveva più accettato nessuna delle sue telefonate, da allora.
Non sembrava affatto cambiata dall'ultima volta che l'aveva vista.
In quel momento, Amanda scese giù per le scale correndo, vestita con le prime cose che aveva trovato, ed i capelli ancora umidi raccolti con una pinza. Le sue orecchie erano alte e vigili come Sunny non le aveva mai viste.
E nel vederla per la prima volta, sua madre la guardò con... sufficienza.
―Non aspettavo visite―, rivelò, e dietro quelle parole Sunny seppe che era infuriata con Harry. In parte c'era anche lui, dietro tutto questo.
Era lui a desiderare che Sunny andasse via.
―Signora Todd―, la salutò la signorina Melissa, aprendo la carpetta sul tavolino dinanzi a sé. ―Ho delle notizie dai servizi sociali.―
Harry mise una mano sulla schiena di Amanda, per guidarla a sedersi fino al divano, ma lei sfuggì al contatto con una lunga falcata, sedendosi al suo solito posto con gli occhi vitrei fissi dinanzi a sé. Harry la seguì rassegnato, e Sunny prese posto sul bracciolo del divano accanto a lei.
In qualche modo, il pensiero di avere Amanda vicino gli dava un senso di protezione. Glielo aveva sempre trasmesso, e non era pronto a lasciarla. Non era pronto a vivere senza.
―Abbiamo accolto la richiesta di Alexia di non tornare in comunità ―, rivelò la signorina Melissa, e sembrò aver bisogno di leggere quel nome, per verificare di ricordarlo correttamente. ―La vedova Hernandez, qui presente, ha affrontato un lungo percorso psicologico negli ultimi mesi e... riteniamo che sia il momento giusto per riunire il nucleo familiare. Torni a vivere con tua madre, Alexia.―
Sunny sentì le spalle piegarsi e le palpebre cadere pesanti sui suoi occhi, nel momento in cui arrivò il tonfo al cuore. In quel piccolo attimo di buio, rivisse la sensazione di calore provata davanti lo specchio della sua stanza, quando si era provato il completo color lavanda regalato da Harry ed Amanda. Per un istante, provò di nuovo sul volto tutto il calore dei baci di Cauchemar, sentì la soddisfazione di quando Elliott si era rivolto a lui con il suo vero nome, respirò a pieni polmoni l'odore dei pancake alla banana al mattino.
E decise che no, non avrebbe rinunciato a tutto questo. Non avrebbe rinunciato alla propria felicità.
―No―, disse, irremovibile. ―Io non me ne vado da qui.―
Le lunghe orecchie da coniglio della signorina Melissa scattarono verso l'alto, ed i suoi occhi si allargarono al suono di quelle parole.
―Temo che... temo che questo non sia contrattabile...―
―Alexia―, lo chiamò sua madre, con una voce dolce come il miele. Un tempo sarebbe impazzita, a sentirlo rispondere in quel modo. ―Ho lavorato tanto su me stessa, i questi mesi che ci hanno divise. Ho sbagliato, e sono qui per darti prova che sono pentita. Sono cambiata, non vuoi darmi nemmeno una possibilità?―
Tornare con sua madre, e mettere fine a quel capitolo spaventoso della sua vita. Tornare con sua madre, e dimenticarsi di tutto: di Maple, di Edmund, dei Todd... e di Cauchemar.
―Signora, deve perdonarla―, si intromise Harry, e sentirlo parlare in quel modo fu per Sunny una coltellata alla schiena. Allora era tutta stata una farsa, lui non lo vedeva affatto come un giacinto, ma come un'erbaccia da togliersi di torno al più presto. ―Come immagino già sappia, Alexia è stata profondamente scossa dal rapimento di...―
―Il mio nome non è Alexia―, protestò Sunny, con una freddezza ed una determinazione che gettarono il panico fra i presenti. La signorina Melissa si portò entrambi le mani alla testa, attonita, e Harry non fu in grado di continuare la propria frase.
Solo Amanda, impercettibilmente, stava sorridendo. E quel sorriso fu tutto quello che servì a Sunny per sapere di stare facendo la cosa giusta.
Io so chi sono. Non ho bisogno che me lo venga a dire qualcun altro.
―Ma certo che lo è, sciocca―, rispose sua madre, lasciandosi andare in una breve, contenuta risata. ―Te l'ho dato io.―
Ma dietro quella risata, Sunny lo sapeva, la tanto cambiata e tanto maturata Electra Hernandez stava perdendo la pazienza. Ed era questione di minuti, prima che la facciata che si era costruita crollasse.
Nessun percorso psicologico avrebbe mai cambiato l'indole di quella donna. Non fino al momento in cui lei stessa avesse ammesso i propri sbagli.
―Penso che sia meglio se di questo ne parliate da sole... in privato, no? Sono cose personali―, provò a tagliare corto la signorina Melissa, voltando la pagina del raccoglitore.
―Perché?―, si intromise Amanda, con un adorabile sorrisetto da finta tonta. ―A me sembra che Sunny voglia parlarne adesso.―
Che fortuna che aveva Amanda, a non poter vedere lo sguardo di Electra, nello stesso istante in cui ebbe pronunciato quel nome. Quel solo nome era bastato a far gonfiare il cappuccio da cobra fino alla sua massima larghezza, ma facendo finta di non essersela presa, un finto sorriso si fece strada per le guance scarne della donna.
―Temo che non ci sia nulla da aggiungere. Lei è Alexia, e non c'è niente che possa mai cambiare questa cosa. È un dato di fatto.―
Sunny raccolse tutto il coraggio che aveva, e si impose di respirare. C'erano tante, parecchie cose che avrebbe voluto dire, ma aveva abbastanza rispetto di sé stesso da sapere che con sua madre sarebbe stato solo fiato sprecato. Vide Harry sporgersi in avanti, ed il suo volto scavalcò l'immagine di Amanda.
Sembrava che volesse comunicargli qualcosa, forse tutto il suo dispiacere. Sunny non sapeva se sarebbe mai stato in grado di perdonarlo, ma una parte di lui lo capiva. Lo stava facendo per allontanarlo, solo così lo avrebbe tenuto al sicuro dalla crudeltà di Edmund. Farsi odiare da lui era il suo modo di tenerlo al sicuro.
Ma Sunny gli avrebbe dimostrato che quella era la strada sbagliata. Avrebbe dimostrato a tutti chi fosse la vedova Hernandez, e conosceva già il modo perfetto di farla esplodere.
―Sai, mamma, forse ho una cosa da raccontarti, dopo tutto il tempo in cui non abbiamo avuto l'occasione di parlare―, ammise, e raccogliendo tutto il coraggio che aveva in corpo, si preparò a ciò che sarebbe venuto dopo. Rivolse un ultimo sguardo alla porta di ingresso, preparandosi al momento in cui avrebbe dovuto correre per raggiungerla.
C'era una cosa che sua madre detestava più delle cattive maniere, e questa cosa era la mancanza di controllo. Controllo su ciò che la gente diceva in giro di lei, controllo sui modi di fare, controllo sulle proprie cose, sulle persone... e crescendo, Sunny era riuscito a sfuggire da questa sua mania. Non c'era niente che Electra temesse di più del pensiero che la sua bambina perfetta potesse essere una stramba.
―Ho baciato una ragazza, ieri notte.―
L'attesa di una risposta si rivelò come l'attimo sospeso fra lo scagliarsi di un fulmine ed il rombo del tuono.
Sunny guardò le unghie conficcarsi nei braccioli della poltrona dov'era seduta, e gli occhi di sua madre allargarsi progressivamente mentre le pupille da rettile si stringevano.
―Ah!―, fu il commento che giunse alla sua sinistra, direttamente da Amanda. Questa diede uno schiaffetto al braccio di Harry, facendolo sobbalzare. ―Che ti avevo detto? Ho vinto la scommessa, devi portarmi a cena fuori, adesso.―
Sunny dubitò che quella scommessa fosse mai anche solo esistita, ma la reazione di Amanda, così spontanea e pronta, fu la crepa che fece del tutto incrinare la pazienza di Electra. Perché lei non avrebbe mai reagito così, perché vivendo sotto il tetto dei Todd la sua bambolina perfetta era finita fuori controllo.
―Lo fai per punirmi, Alexia!?―, tuonò sua madre, alzandosi in piedi e urlando con tutto il fiato che aveva. Da oltre il vestito nero, Sunny poté vedere il diaframma gonfiarsi per dare alle sue grida tutta la potenza di cui il suo corpo era capace. ―Che cosa direbbe tuo padre di te?―
Che sono il suo piccolo raggio di sole, si disse Sunny, gettando l'ultimo sguardo in direzione della porta. Era quasi il momento, ormai.
―Signora Hernandez, la prego!―, esclamò la signorina Melissa, facendo l'errore di prendere una delle mani della donna per farla calmare.
―Voi siete complici! Voi avete contribuito a trasformare mia figlia in questo mostro!―
Ma Sunny non riuscì a sentire altro. Approfittando della confusione generale, si era già tirato in disparte, ed aveva lasciato quella casa.
Corse via lungo la stradina, orientandosi grazie a quel poco che aveva imparato della città, e alla sua superficiale conoscenza del quartiere.
Appena ebbe svoltato l'angolo, però, sentì qualcuno chiamare il suo nome. Ed il cuore gli pianse sapendo di dover dare ai Todd anche quest'altro brutto colpo.
Sto arrivando, Maple.
Sto venendo a salvarti.
Quando Sunny arrivò al vecchio parco giochi, il cielo era stato oscurato dalle nuvole. Dei piccoli, timidi raggi di sole facevano capolinea fra di esse, l'ultimo segnale di quiete prima del temporale estivo.
Scavalcò velocemente le grate d'ingresso, e si chiese come avrebbe fatto a tornare indietro, se si fosse messo a piovere.
Soprattutto, si chiese se sarebbe mai tornato indietro.
Avanzò a pugni stretti nell'erba alta, ricordandosi dell'ultima volta che era stato lì. Non aveva la foto con sé, ma non aveva bisogno di quella per orientarsi. Gli bastò tenere lo sguardo fisso sulla grande struttura della ruota panoramica, per riuscire a ritrovare la strada.
Si sarebbe sentito molto più al sicuro, se solo avesse avuto Cauchemar lì accanto, a tenergli la mano.
Ma no, non poteva. Anche se avesse avuto il tempo per avvertirla, lei non avrebbe mai approvato quello che stava facendo. E questo pensiero lo scoraggiava e spaventava ancora di più.
Ma era troppo tardi per tornare indietro.
Arrivò all'area vandalizzata dai teppisti, e come si aspettava, la trovò vuota. C'era di tutto, fra l'immondizia lasciata lì, e sotto il grande graffito del mostro verde, vide una spranga di ferro arrugginita conficcata nel terreno.
Strappò il tendalino di un chioschetto abbandonato nei paraggi, e si avvolse la pezza polverosa lungo il palmo della mano destra. Poi, come un cavaliere che si accinge a brandire Excalibur, tirò fuori dalla terra quella che aveva scelto come arma. Era riuscito a non darsela in testa, mentre la estraeva, e a giudicare da questo forse poteva sperare di avere qualche possibilità nel caso in cui le cose si fossero messe male.
Ma le cose andavano già male.
E lo capì quando sentì una voce chiamarlo alle sue spalle.
―Hey, ci incontriamo proprio ovunque. Eh, teppista?―
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