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Capitolo due: occhi senza volto.

Non ero una cima quando si trattava di imbellettarsi per qualche occasione particolare: puntavo più sul sentirmi a mio agio piuttosto che sull'apparire uno schianto. Gwen lo sapeva, quindi aveva preparato un set di trucchi e un vestitino bianco per me. Quest'ultimo era stato un pensierino della zia materna per il diciottesimo compleanno; non l'aveva mai indossato, quindi aveva deciso di regalarmelo. Condividevamo la stessa taglia, strano ma vero.

Rimasi in bagno per una decina di minuti. Stentavo a crederci: ero davvero io, quell'immagine riflessa allo specchio? Mi sentivo un'altra persona senza la camicia, i leggins e i sandali con la zeppa. Uscii allo scoperto solo dopo aver cotonato i capelli: andavano di moda così.

«Sei bellissima» commentò Gwen con un fischio di accompagnamento. Arrossii, non essendo abituata a ricevere dei complimenti.
«Per favore... tu sei decisamente meglio» risposi squadrandola dalla testa ai piedi. Giubbotto da motociclista, t-shirt dei Kiss, gonna in pelle, anfibi borchiati e matita pesante. Lo stile goth non l'abbandonava mai. 
«Grazie, cara. Gene Simmons non potrà notarmi, ma Duncan Nelson sì».

Era la seconda volta che nominava Duncan in meno di ventiquattro ore e non potendo più fare la gnorri, volli indagare. Le domandai chi fosse e se potesse interessarle (non in senso amichevole). Gwen distolse lo sguardo, in evidente stato di difficoltà.
«È un amico di vecchia data di Geoff. Confesso che potrebbe piacermi. Potrebbe». In parole povere sì, era cotta di questo tizio, ma era troppo orgogliosa per ammetterlo.

Le nove e quarantacinque. La festa sarebbe incominciata tra quindici minuti in palestra, più precisamente dove il corpo studentesco e squadre avversarie, provenienti da altri atenei (dalla York per esempio), giocavano a basket.

All'ingresso della sala c'era una calca da far spavento. Ne rimasi impressionata; saranno stati sì e no una cinquantina di giovani di età compresa tra i diciotto e i ventiquattr'anni. Mi chiesi dove potessero trovarsi Geoff e Bridgette, se ci fossero anche loro lì in mezzo o se erano già dentro per sistemare le ultime cose.

«Court, eccoti finalmente». Era Scott. Ci venne incontro con Mike e Zoey, dandomi un bacio sulle labbra che ricambiai con titubanza. Sorrisi timidamente.
«Posso dirlo? Sei splendida» aggiunse con lo sguardo da pesce lesso.
«Abbiamo cercato di fare il prima possibile» risposi cercando di cambiare argomento. Gwen percepì il disagio e accorse in mio aiuto come il più esperto dei bagnini.

«Mike, Zoey! Da quanto tempo. Come butta?». Si rivolse alla coppietta con aria gaia e spensierata, poiché era questo che trasmettevano: serenità. Dopo quattro anni di fidanzamento senza tradimenti e drammi, definirli equilibrati mi sembrava appropriato.

Da quel che avevo capito, Mike aveva dei disturbi psicologici abbastanza importanti, ma Zoey era sempre rimasta al suo fianco. Avevano superato ogni difficoltà insieme e continuavano a farlo. Se non fossi stata così impegnata con gli studi, ritenendoli una priorità assoluta, avrei desiderato una storia d'amore come la loro.
«Non c'è male, non c'è male. Grazie per avercelo chiesto! Voi come state?» domandò Mike rivolgendosi a tutti noi.
«Court, questo trucco è bellissimo!» esordì Zoey con gli occhi brillanti.
«Merito di Gwen. Comunque Mike, io non mi lamento. Allora? Sei pronto per la festa?».

Parlammo di tutto ciò che ci passava per la testa finché le porte della palestra non si spalancarono. Infiltrarsi tra la folla fu abbastanza complicato, ma alla fine potemmo usufruire del rinfresco e scatenarci in pista. O meglio, Mike e Zoey si scatenarono in pista, mentre io, Scott e Gwen ce ne restammo in disparte a bere del punch.

«Dov'è l'organizzatore della festa?» chiese Scott.
«Arriverà tra poco» rispose Gwen guardandosi attorno con fare irrequieto. Sembrava che stesse cercando qualcuno.
«Tu non me la racconti giusta» espressi tutto il mio disappunto. Tra noi due non c'erano mai stati segreti. Speravo e pregavo che non mi lasciasse sola con Scott, comunque. E invece...
«Vado un attimo via».

Maledetta.

Scott afferrò la mia mano in modo impacciato e rude, da bravo ragazzetto di campagna. Beardo, il disc-jockey più acclamato dell'uni, aveva appena messo una delle sue canzoni preferite: “Eyes Without a Face” di Billy Idol.

I'm All Out Of Hope
One More Bad Dream Could Bring A Fall
When I'm Far From Home
Don't Call Me On The Phone
To Tell Me You're Alone
It's Easy To Deceive
It's Easy To Tease
But Hard To Get Release.

«Mi concederesti questo ballo?» sollecitò così, in un flebile sussurro. Il cuore iniziò a martellare nel petto talmente forte che potei giurare di sentirlo rimbombare nelle orecchie. Non mi restava altro che acconsentire alla sua richiesta e provare a lasciarmi andare. Poggiai la testa sulla sua spalla e chiusi le palpebre.

I spend so much time
Believing all the lies
To keep the dream alive
Now it makes me sad
It makes me mad at truth
For loving what was you.

Basta, non ce la stavo più facendo. Non riuscivo a ballare un lento con una persona per cui non provavo più nulla, a parte del mero affetto. Mi separai tempestivamente dalla dolce stretta di Scott che, mi sembra anche inutile specificarlo, ci rimase male. Era abbastanza permaloso e l'ultima cosa che volevo era litigare ad una festa, detto sinceramente.
«Perché?» trovò la forza di chiedere dopo qualche secondo. Io però non sapevo come giustificarmi, perciò mi limitai a mormorare delle scuse e a correre il più velocemente lontano da lui.

Brancolavo sotto le luci colorate, tra una marea di persone e con un bicchiere di punch in mano. Se avessi rivisto Gwen, l'avrei strozzata. Sapeva quanto malessere mi metteva addosso quella storia con il mio ragazzo. Ero talmente sovrappensiero che finii per non notare la presenza di un tale che, urtando il mio corpo, mi rovesciò tutta la bevenda addosso. Ed ero vestita di bianco. Di male, in peggio.

«Occhio a dove vai, imbecille!» sibilai. Ero inviperita; avevo perso ogni freno inibitore. Tremavo dal nervoso. Ma non era meglio se fossi rimasta in camera a studiare?
«Sei tu che mi sei venuta addosso, principessa» ghignò. Alzando lo sguardo mi resi conto che aveva una cresta inguardabile.
«Lo trovi divertente?» replicai. Ero tentata di mettergli le mani addosso, se non fosse stato per la presenza di un biondino che si intromise.
«Duncan, amico. Che sta succedendo?». Era Geoff Adderly, da me ribattezzato “Il Gatsby dei poveri”.

Un momento. Avevo sentito bene? Duncan. Geoff aveva appena chiamato Duncan quel subumano. Allora era lui.
«Nulla di importante. Le tipe che inviti alle feste sono in quel periodo del mese». Calma e sangue freddo, Courtney. Calma e sangue freddo.
«Non sei divertente» replicai con le sopracciglia corrugate.

Geoff scoppiò in una fragorosa risata e si tolse il cappello, presentandosi; conobbi anche Bridgette, la sua ragazza. Quei due erano una vera delizia. Stavo incominciando a capire perché la Toronto University li amasse così tanto. Mi vennero porse delle scuse per l'accaduto (non da Duncan però) e Bridgette si offrì di portare il mio vestito in lavanderia. Purtroppo non disponevo di un cambio, dunque fui costretta a rifiutare la gentile proposta.

«Ah, ecco dove vi eravate cacciati! Vi stavo cercando». Gwen tornò finalmente nel mondo dei vivi. Notando come il mio, o meglio, come il suo vestito si era sporcato, restò a bocca aperta. «Che cavolo ti è successo?». Non risposi: ero ancora arrabbiata. Si era fatta i cavoli suoi per un quarto d'ora, lasciandomi da sola nel momento del bisogno. Bridgette subentrò nella conversazione con un tono dolce e mellifluo.
«Si è scontrata con Duncan per sbaglio. Courtney, la mia offerta è ancora valida: posso portarlo in lavanderia! Se non adesso, dato che non hai un cambio, almeno domani». Ci pensai su per qualche istante.
«Mi hai convinta: vada per domani. Ancora mille grazie, Bri. Sei stata dolcissima».

A fine festa tornammo tutti nei rispettivi dormitori. Non avevo più visto Scott e continuavo a stare male per l'intera vicenda con lui, ma in compenso avevo trovato dei nuovi amici: Bridgette e Geoff. Per quanto riguarda Gwen, mi ero ripromessa di ignorarla per tutta la notte, ma era più forte di me: volevo sapere la verità.
«Perché ti sei allontanata?» chiesi.
«Così» rispose lei.
«Che razza di risposta è “così”? È per Duncan, vero?». Ci furono degli attimi interminabili di silenzio. La sentii dal piano di sotto del letto a castello avvolgersi come un baco da seta nelle coperte.
«Ascolta, non ho voglia di parlarne. Dormiamo e basta» concluse seccamente. Feci spallucce e posai la testa sul cuscino.
«Come vuoi. Dal mio punto di vista, comunque, lui è un perfetto idiota. Meriteresti di meglio. Tipo quel ragazzo con il quale avevi provato a formare una band l'anno scorso: Trent. Lo vedrei più indicato per te. Che fine ha fatto?».

Non disse altro, probabilmente perché era morta dall'imbarazzo, oppure era già crollata. Se così fosse stato, beata lei. Io ci misi un'eternità per addormentarmi. Ripensai a Scott, a come lo avevo trattato, a cosa mi sarebbe aspettato l'indomani e se l'indomani fosse stato il grande giorno: quello in cui l'avrei lasciato. Pensai anche Duncan e alle sue risposte da strafottente. Come faceva Gwen a perdere la testa per un tizio del genere? I misteri della vita. Nella mente continuarono a rimbalzare le parole di quella canzone...

Now I Close My Eyes
And I Wonder Why
I Don't Despise
Now All I Can Do
Is Love What Was Once
So Alive And New
But It's Gone From Your Eyes
I'd Better Realise
Les Yeux Sans Visage Eyes Without A Face
Les Yeux Sans Visage Eyes Without A Face
Les Yeux Sans Visage Eyes Without A Face
Got No Human Grace Your Eyes Without A Face
Such A Human Waste Your Eyes Without A Face
And Now It's Getting Worse...

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