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1- I Dont Wanna Be save.

BLAKE

"-Prendi quei drink e portali a quel tavolo! Ora! –

Afferrai il vassoio.

-Si, capo- mimai un inchino, e mi meritai un'occhiataccia da un certo Rick.

Feci una smorfia e poi mi diressi al tavolo dei drink.

Poggiai i drink.

-Ecco a voi, signori- dissi sorridendo ai ricchi uomini in smoking.

-Avevo chiesto un pizzico di sale dentro- si lamentò uno con i baffi.

-Beh, signore, si fidi che, anche se ci avessi pisciato dentro non lo avrebbe sentito, figuriamoci un pizzico di sale. Buon proseguimento-

E mi girai, lasciando le facce dei presenti scioccate.

Mentre camminavo verso il bancone, mi sistemai il fiocco nero che portavo al collo, che sembrava stringere peggio di un collare per cani.

-Scusa Ricky, ma per caso vi si restringe il collo con questo affare? - chiesi, poggiando i gomiti sulla tavolata e guardandolo curioso.

-Smettila di fare il coglione e porta questi drink a quei signori e a quella ragazza bionda là, muoviti-

Dio, che serietà.

-Certo capo-

-E NON SONO IL TUO CAPO! - urlò.

-Manco avessi bestemmiato- borbottai andandomene.

SCARLETT

I drink vennero posati sul tavolo e io mi sistemai il vestito rosso che mio padre mi aveva obbligato ad indossare.

-Allora, cosa hai intenzione di fare ora che hai finito gli studi, Scarlett? - mi chiese Bob, l'amico di mio padre che aveva organizzato la cena.

Alzai gli occhi in allerta sull'uomo e mi ritrovai nel panico.

-Io...non ne ho idea in realtà- dissi, sinceramente.

Bob e sua moglie si fermarono dal tagliare la loro bistecca e alzarono i loro occhi colmi di giudizio su di me.

Presi il bicchiere di vino e lo portai alla bocca, cercando di inghiottire quella sensazione di vergogna dentro di me.

-Scarlett intendeva dire che ha intenzione di continuare gli studi e laurearsi in medicina, diventerà un medico eccellente- mio padre si intromise.

Lo guardai dritto nei suoi occhi verdi, e un velo di lacrime riempì i miei.

Strinsi i pugni sotto al tavolo, immaginando di averci il suo collo.

-Oh, wow! Ma è fantastico, Scarlett! - disse la moglie di Bob.

-Già, non sarà facile però- disse Bob.

Mia madre mangiava la sua bistecca "al sangue" indisturbata, come se la conversazione non la riguardasse.

Non le riguardava niente su di me, immagino.

Poi puntò i suoi occhi freddi nei miei e mi fece segno di mangiare.

Spostai il mio sguardo sul pavimento e scacciai via le lacrime, ancora.

Come si permette? Era il mio futuro, o il suo?

Quella che doveva essere la mia vita, sembrava già essere stata scritta. Non c'era nessun colpo di scena, niente che invitasse il "lettore" a continuarla.

Niente che invitasse me a continuarla.

Capitolo dopo capitolo, mi rendevo conto che era tutto già stato programmato da qualche domestica, o da mio padre.

-Scarlett. Scarlett, ci sei? - mio padre mi riscosse, facendomi tornare a quella stupida realtà.

-Tesoro, io e i tuoi genitori abbiamo fatto questa cena per un motivo preciso-

La moglie di Bob mi disse quelle parole, con sguardo da chi non stava più nella pelle.

Mio padre le sorrise cordialmente e poi mi guardò, trasformando la sua espressione da gentile a seria.

-Noi... abbiamo pensato di fidanzarti con nostro figlio! - disse, quasi strillando.

Un cameriere arrivò e stappò una bottiglia di champagne facendo un gran chiasso.

Sussultai per il rumore e non riuscii nemmeno a collegarmi con quella notizia. Non avevo nemmeno realizzato.

-Come? - chiesi.

-Si! Proprio quello che hai sentito! Sarete una coppia perfetta, faremo una festa e...-

La signora iniziò a parlare ma io fissavo un punto fisso, e smisi di ascoltarla.

Sgranai gli occhi, cercando di risvegliarmi da questa sorta di incubo.

-Wow...-sussurrai, fingendo un sorriso.

I miei occhi erano stra colmi di lacrime e capii che non avrei più retto.

Non poteva essere...

-Con il vostro permesso, vado un secondo in bagno- dissi, alzandomi.

Appena entrai, chiusi la porta e mi accovacciai.

Non ce la facevo più. Dovevo agire, dovevo fare qualcosa.

Allora, decisi di fare la cosa che mi sembrava migliore al momento, ma che avrei rimpianto per il resto dei miei giorni.

Mi alzai e arrivai davanti al lavandino.

Avevo i capelli biondi pettinati con la lacca, precisi ,che mi aveva fatto con cura mamma.

Mentre il viso era rigato dalle lacrime e il mascara sbavato.

Con mano tremolante, presi la lametta dalla borsa e singhiozzai.

Feci un ultimo grande respiro che poi si trasformò in un singhiozzo strozzato.

Puntai tremolante la lametta sulle mie vene che pulsavano.

Ancora oggi, non so dare una spiegazione convincente del motivo per cui lo feci.

Molte persone avrebbero pensato che fossi una lagna.

Spesso si sottovaluta il dolore delle persone. Se non hai perso un genitore, se non hai una forte malattia o altre catastrofi, va tutto bene.

Non è niente, avrebbero detto.

Invece, il dolore non è sempre agli occhi delle persone. Il dolore non è sempre evidente.

Solo pochi, mi avrebbero potuta capire. Avevo tutto, agli occhi della gente.

Ma dentro di me, non avevo niente. Avevo un padre che mi tirava schiaffi quando voleva, che mi obbligava a percorrere una strada piena di lame. Una madre che era solo capace di guardarmi fredda, indifferente. Una vita già scritta, monotona.

Ero pronta ad andarmene, tanto a chi sarebbe interessato? Cosa avrei guadagnato, standomene lì a guardare le altre persone pianificare la mia intera esistenza?

Ero pronta. Ma forse, quel destino bastardo aveva altri piani per me.

La porta del bagno si aprì e io spalancai gli occhi, rimanendo ferma come una gazzella in autostrada.

Un uomo, forse ragazzo, alzo il volto e posò il suo sguardo sulla mia lametta.

-Ma cosa fa? Se ne vada! - dissi in un singhiozzo.

-Io non lo farei...- disse, osservandomi.

-Ma cosa può saperne lei? - chiesi, scioccata dall'atteggiamento di quell'uomo.

-Si fidi, ne so molto. Ora, mi passi quella lametta e non faccia la stupida- disse, porgendomi la mano.

-Se ne vada! Mi lasci perdere-

-Beh, non posso, se non la aiutassi la avrei sulla coscienza- mi disse poi, tenendo gli occhi fissi nei miei.

Lo guardai incredula, come se mi stesse prendendo in giro

Ma chi era?

In quell'attimo realizzai che se la mia vita era appesa a una corda, e che si stava per spezzare, qualcuno (anche se sconosciuto) mi aveva appena porso una mano per risalire su.

Una lacrima mi rigò la guancia e buttai la lametta per terra.

Non avevo fatto caso all'aspetto dell'uomo davanti a me. Dimostrava la mia età, o probabilmente qualche anno in più.

Era un cameriere, e aveva uno straccio posato su una spalla.

Sospirai e lo superai, con mille pensieri che vagavano nella mia testa."

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