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Momotaro Mikoshiba || Free!

𝐓𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨: 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐠𝐢𝐫𝐚𝐬𝐨𝐥𝐢
𝐏𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨: 𝐌𝐨𝐦𝐨𝐭𝐚𝐫𝐨 𝐌𝐢𝐤𝐨𝐬𝐡𝐢𝐛𝐚
𝐅𝐚𝐧𝐝𝐨𝐦: 𝐅𝐫𝐞𝐞!
𝐑𝐚𝐭𝐢𝐧𝐠: 🟢
𝐍𝐮𝐦𝐞𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞: 𝟑𝟒𝟖𝟖

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Momotaro Mikoshiba era la persona che in assoluto preferivo al mondo.
Lo avevo capito fin da bambina, quando solitamente quelli delle mia età dipendevano sempre e solo dai propri genitori.
Personalmente io non avevo mai goduto di un rapporto con mia madre e mio padre fatto di amore genitoriale o di premure, quindi quando in prima elementare avevo conosciuto Momo per me si era aperta una consapevolezza del tutto nuova; quella di avere una persona davvero importante nella propria vita, sempre disposta a correre al primo accenno di malessere, continuamente presente in ogni singola giornata, puntualmente a disposizione per calore e affetto.
Momotaro era infatti presto diventato il mio maggior confidente. L'unica persona capace di rassicurarmi con un semplice sorriso o di far sentire la sua assenza anche solo dopo pochi minuti.
Ero dipendente dalla sua figura e per lui era lo stesso. Nessuno dei due poteva stare senza l'altro.
Dove c'ero io c'era Momotaro, dove c'era Momotaro c'ero io. Eravamo praticamente in simbiosi e negli anni non erano mancate battutine da parte di conoscenti e amici, specie dopo l'ingresso alle medie e specialmente dopo quello alle superiori.
Tra me e lui le coccole erano all'ordine del giorno, ma tra di noi non era mai successo nulla di compromettente, nemmeno un bacio, nemmeno una volta.
I miei sentimenti per lui tuttavia avevano subito nel corso del tempo considerevoli mutazioni, fino a sfociare in un fortissimo amore alle porte dell'ultimo anno delle medie. Quasi in concomitanza con il diploma di quell'anno, quando mi ero resa conto di essere destinata a frequentare per la prima volta nella mia vita una scuola diversa da quella del mio migliore amico.
La scelta del ragazzo era infatti ricaduta, nonostante una grande titubanza, su un'accademia esclusivamente maschile e molto rinomata: la Samezuka.
Era stata una scelta molto sofferta la sua, siccome ansioso anche lui di separarsi da me, ma io lo avevo incoraggiato fin dal principio.
Momotaro era infatti un nuotatore eccezionale e aveva bisogno di frequentare un ambiente stimolante, correlato a un club di nuoto all'altezza delle sue immense capacità. Proprio come il fratello maggiore prima di lui, Seijuro.
Per molto tempo era stato insicuro, specie sulla decisione di continuare o meno a nuotare.
Infatti per un lungo periodo aveva insistito sul voler smettere, ma lo avevo tirato per le orecchie, convincendolo a tornare sui suoi passi, così da evitare di buttare il suo talento.
Alla fine il ragazzo aveva inoltrato la domanda di ammissione e fatto il test d'ingresso, mentre la mia scelta era ricaduta su una scuola mista privata abbastanza famosa.
Alcune persone non vicine a noi consideravano alla stregua del morboso il nostro rapporto, ma non c'era nulla di patologico nella nostra amicizia e nemmeno secondi fini. C'era semplicemente un grande affetto, talmente immenso da impedirci di stare lontani.
Non vederci per troppo tempo ci rendeva tristi, mentre stare insieme era per noi fonte di felicità. Anche solo per stare semplicemente fermi a condividere un tranquillo silenzio. Anche quando semplicemente stavamo seduti vicini a guardare un film o con gli occhi chiusi, distesi sul letto dell'altro, semplicemente per rilassarci dopo una giornata scolastica particolarmente lunga e stancante.
Momotaro aveva portato il sole nella mia vita e quando ero con lui mi sentivo come un girasole che ruotava alla ricerca della luce, sempre alla costante ricerca di quel calore.

Quella sera era una di quelle particolarmente fresche e apparentemente tranquille, se non per un forte vento che ruggiva contro le case, facendo sbattere con violenza gli infissi.
I miei genitori erano come al solito lontani per lavoro ed ero rimasta sola in casa, tutta tremante sotto a un mucchio di coperte. Come in un bozzolo.
Detestavo la solitudine durante notti come quella, specie con un temporale in arrivo; almeno stando alle previsioni del meteo.
Stavo cercando di resistere con le mie sole forze ormai da diverso tempo, ma un blackout mandò a farsi benedire quel poco autocontrollo residuo.
Ero terrorizzata e avevo bisogno del mio migliore amico al mio fianco. Avevo bisogno di Momotaro il prima possibile.
Afferrai quindi il cellulare posto accanto a me, iniziando a digitare in fretta e furia un messaggio di testo diretto al ragazzo.

A: Stellina preziosa
"Momo... qua è andata via la luce e non so più cosa fare. Puoi chiedere ai tuoi di venire a dormire qui anche questa notte? Scusa se ti disturbo sempre per cose del genere, ma sta per arrivare un temporale e sono spaventata."
Senza indugiare inviai il tutto, tornando ad immergermi meglio sotto alle coperte.

La casa della famiglia Mikoshiba si trovava nel mio stesso quartiere, con a separarci solo una manciata di case. Proprio per quel motivo non era inconsueto per noi passare spesso del tempo a casa dell'altro, a volte anche per la notte.
Solitamente quando mi fermavo io da lui dormivo in camera con la sorella maggiore del ragazzo, nonché mia amica, Isuzu. Mentre quando era Momotaro a dormire da me utilizzava la stanza ormai in disuso di mio fratello, andato via di casa dopo il suo matrimonio con una sua vecchia compagna di liceo.
Raramente però si era anche messo a dormire dentro a un futon di mio possesso, sistemandosi sul pavimento della mia stanza, ma solo quando i miei genitori non c'erano e non potevano fraintendere la situazione.
Lui era ovviamente conosciuto dai miei genitori e molto ben accolto in casa mia, di contro anche io ero apprezzata in casa del ragazzo. Specie dalla madre, praticamente pazza di me dalle elementari e sempre alla ricerca di un pretesto per combinarmi un futuro matrimonio con suo figlio.
Momotaro ovviamente reagiva sempre con imbarazzo davanti a quelle insinuazioni, iniziando a lamentarsi proprio come un bambino, mentre io mi limitavo a sorridere divertita dalle sue reazioni. Il tutto poi si concludeva con una risata generale da parte dell'intera famiglia del ragazzo e un broncio ancora più grande sul suo viso innocente.

Un tuono mi strappò via dai miei pensieri, facendomi prendere di nuovo il cellulare, nella speranza di trovare una risposta da parte del ragazzo in questione. Non trovai nulla e mi sentii assalire dallo sconforto.
Per qualche secondo mi sfiorò l'idea di provare di nuovo o di telefonargli, ma mi tirai indietro davanti alla prospettiva di disturbarlo troppo.
Magari era già nel letto che dormiva, davanti ai compiti o dentro la vasca da bagno. Non potevo saperlo e non volevo essere troppo invadente, nemmeno con il nostro grande rapporto a legarci.
Il suono del campanello tuttavia mi fece letteralmente saltare in aria e cadere dal letto per lo spavento, facendomi ritrovare dolorante e aggrovigliata dentro a diversi strati di coperte.
Imprecando riuscii a liberarmi non senza una discreta fatica, così da iniziare a correre verso la porta, curiosa di aprire.
Raggiunsi il pianoterra in un battibaleno e come da mia previsione riuscii a scorgere Momotaro dallo spioncino della porta.
In fondo non poteva essere nessuno se non lui, non con quel tempismo e alle nove di sera. Probabilmente aveva deciso di venire da me senza perdere tempo per scrivere un messaggio.
Sentii il mio cuore sciogliersi dal sollievo e con quel pensiero scivolai velocemente in un paio di calzature comode posizionate sul genkan, per non sporcare le ciabatte che usavo esclusivamente per il pavimento di casa, aprendo di scatto la porta.
Oltre quella barriera mi trovai davanti il viso sorpreso e spaventato del ragazzo, probabilmente a causa della mia brusca accoglienza.
Senza nemmeno aspettare gli saltai letteralmente in braccio, avvolgendo le mie gambe attorno alla sua vita.
Momotaro rispetto ai suoi compagni di squadra era più mingherlino, ma possedeva una forza non da meno quando la situazione lo richiedeva. Per tanto barcollò solo leggermente dopo quello slancio d'affetto, per poi avvolgermi forte tra le sue braccia.
Le sue gambe mossero qualche passo allo scopo di entrare nella mia abitazione e il suo braccio sinistro si poi staccò solo per un momento, giusto il tempo per chiudere la porta d'ingresso.
Passammo i successivi secondi stretti in un forte abbraccio sul genkan di casa mia, troppo desiderosi di assaporare quel contatto.
<<Finalmente sei qui>> mormorai contro il suo collo, affondandoci maggiormente il viso contro <<finalmente sei qui da me.>>
<<Non devi più avere paura adesso. Ti proteggo io>> rispose immediatamente lui, non accennando minimamente a lasciarmi andare.
Stavo benissimo avvolta con le gambe attorno al suo bacino e con le braccia a circondare il suo collo. Così in pace e al sicuro.
Momotaro doveva aver fatto da poco il bagno, perché tra i suoi capelli sentivo l'inconfondibile odore del suo solito shampoo alla pesca, quello che non aveva mai cambiato da quando era piccolo.
Momotaro non era infatti solito modificare le sue abitudini e per certi versi era un bambino nel corpo di un adolescente. Era la parte che preferivo di lui e quella che amavo maggiormente.
A quel ragazzo bastavano poche cose per essere felice e non faceva altro che sorridere. Era quanto di più adorabile al mondo e morivo sempre dalla voglia di coccolarlo fino ad esaurire le forze. Non si poteva fare altrimenti con lui.
Spinta da quel solito desiderio appiccicai le mie labbra contro la sua guancia più vicina, iniziando a tempestarla di piccoli e veloci baci in sequenza; avvolgendo l'altra guancia con una delle mie mani, in modo da avvicinarlo maggiormente a me.
<<Mi fai il solletico>> commentò lui divertito, iniziando a ridere leggermente e strizzando l'occhio dal lato della guancia attaccata dalla mia bocca.
Era troppo carino. Troppo dolce.
Lo riempii di baci ancora per qualche secondo, prima di lasciarne uno a schiocco più forte degli altri e decidermi a dargli tregua.
<<Momo, voglio le coccole>> confessai, lasciandomi andare contro la sua spalla.
<<Allora andiamo a stenderci sul divano>> suggerì lui, elencando uno dei nostri posti preferiti per le nostre sessioni di affetto.
Momotaro era talmente di casa da avere un suo paio di pantofole personali sul genkan, che indossò dopo avermi fatta scendere da lui, seguito subito dopo da me.
Dopodiché mi prese per mano, iniziando a camminare senza indugio verso il salotto di casa mia, portandomi con sé.
Poi senza troppi preamboli si lanciò di schiena sul divano, trascinandomi sopra al suo corpo.
Una volta lì le braccia del ragazzo tornarono attorno alla mia schiena, mentre entrambe le mie mani finirono tra i suoi capelli tra il rosso e l'arancione.
Lo amavo. Lo amavo così tanto, al punto da avere continuamente le farfalle nello stomaco durante momenti come quello che stavamo vivendo in quel momento.
Gli stampai un bacio sul naso, senza smettere di accarezzare i suoi ciuffi.
Momotaro sorrise felice a quel gesto, risalendo anche lui con le mani in direzione dei miei capelli.
Se c'era una cosa che davvero adoravo era farmi accarezzare i capelli da lui.
Niente al mondo mi rilassava più dei suoi lenti e calibrati gesti sulla mia chioma. Per tale mi appoggiai contro al suo petto, così da godermi il tocco delicato delle sue dita tra le mie ciocche, oltre che il battito del suo cuore.
<<T/N è contenta adesso?>> chiese lui, accarezzando quelle parole con le labbra, quasi sussurrandole.
Risposi semplicemente con un mugolio basso, troppo rilassata per articolare frasi di senso compiuto.
<<Sono contenta semplicemente stando con te>> sussurrai rapita, recuperando a fatica la facoltà di parola.
Sentii il cuore del ragazzo accelerare leggermente e quello mi portò a schiacciarmi maggiormente contro di lui.
Era così caldo e comodo. Mi faceva impazzire e la sua maglietta aveva il consueto odore di bucato, nello specifico quello dell'ammorbidente che sua madre era solita utilizzare. Anche la sua pelle aveva un buon odore e non esitai a strofinare il naso contro al suo collo, continuando a godere del tocco placido delle sue dita tra i miei capelli.
<<Momotaro...>> mormorai, baciando leggermente la sua mascella.
Io e lui ci coccolavamo continuamente, ma quella sera entrambi eravamo particolarmente affettuosi. Ultimamente stava diventando sempre più difficile smettere di stare appiccicati e ogni volta mi spingevo sempre un po' oltre con lui.
Volevo essere ricambiata. Volevo farlo innamorare di me, come lo ero io di lui. Volevo la carezza delle sue labbra sulle mie.
Momotaro tremò leggermente e mi persi nei suoi occhi dorati, sempre illuminati dalla sua consueta gioia interiore.
Senza riuscire a trattenermi lo baciai ancora sullo stesso punto, mettendomi poi guancia a guancia con lui.
<<Come va al club? Sei migliorato con i tempi a dorso?>> chiesi, accarezzando la sua guancia opposta con lenti e calibrati movimenti.
<<Sì, ma ho dato una testata contro il bordo piscina, non ho visto la linea arancione degli ultimi venti metri e i senpai hanno riso di me>> mi raccontò lui, assumendo un leggero broncio.
<<Sei il solito piccolo pasticcione. Lo sapevo che dovevo restare con te per tenerti sotto controllo>> commentai, ridendo leggermente.
<<Mi manca frequentare la tua stessa scuola. Adesso in pausa pranzo non so più con chi andare a scovare cervi volanti in giardino. Ti ricordi alle medie quanti ce n'erano?>> chiese lui, rimembrando vecchi ricordi.
<<A proposito di questo... come sta Lampirina? È cresciuta?>> chiesi.
Lampirina era il soprannome che avevamo dato a un cervo volante trovato proprio nel giardino della nostra vecchia scuola, nato dopo aver fuso le parole lampadina e aspirina.
Eravamo infatti soliti rinominare gli animaletti in questione facendo una fusione tra due parole scelte completamente a caso, le prime che ci venivamo in mente. Era una nostra abitudine dalle elementari.
<<Sta bene. Le ho comprato della fantastica linfa, la migliore in circolazione e tra poco sarà pronta per il letargo. Peccato non avere un contenitore migliore. Ne ho visto uno ieri da "Passione natura", ma costa quattromila yen e non ho tutti questi soldi, uffa>> commentò lui, mettendo su il broncio <<la mia paghetta non basta, la vita è ingiusta.>>
Era proprio un bambino. Quando voleva qualcosa e non poteva ottenerla iniziava a fare un sacco di capricci, ma di contro era adorabile quando finalmente riusciva a mettere le mani sull'oggetto desiderato.
Momotaro non era viziato, ma non riusciva a trattenersi quando di mezzo c'erano giochini o cervi volanti. Gli si illuminavano proprio gli occhi.
<<Tra poco hai le regionali, no? Vinci almeno una gara e te lo prenderò come regalo per farti le congratulazioni. Va bene?>> gli chiesi, baciandolo un po' sulla guancia per qualche secondo.
Gli occhi del ragazzo presero a brillare ancora più del solito e le sue braccia si strinsero forte attorno a me.
<<Ti adoro. Sei la migliore del mondo>> disse lui con enfasi, rilasciando poi il solito urletto di felicità che utilizzava solo quando era davvero contento per qualcosa.
Momotaro mi portò poi sotto al suo corpo, invertendo le posizioni, forse per potermi abbracciare ancora più intensamente.
Fu poi il suo turno di riempire il mio viso di baci, senza risparmiare nemmeno un centimetro tra la mia fronte, le mie guance e il mio naso.
Istintivamente chiusi gli occhi così da godermi meglio le sue attenzioni, stringendo nel mentre il retro della sua maglietta in un pugno. Forse per sfogare un po' quella voglia di baciarlo che sentivo dentro.
Lo desideravo ogni giorno di più. Volevo essere sua definitivamente. Diventare la sua ragazza.
Tornai con gli occhi aperti solo diversi secondi dopo, non percependo più i suoi baci sulla mia pelle, ma solo il suo respiro caldo sul mio viso.
Momotaro era vicinissimo a me, mentre mi guardava con un'espressione dolcissima negli occhi. Diversa da tutte le sue solite espressioni.
<<Momotaro, cosa c'è?>> chiesi sottovoce, accarezzando piano il suo viso <<sei pensieroso, non è da te.>>
Lui si avvicinò ancora di un poco a me, senza distogliere i suoi occhi dai miei.
<<Posso chiederti una cosa?>> chiese <<ma giura di non arrabbiarti e di non picchiarmi.>>
<<Perché mai dovrei picchiarti? Non potrei mai, lo sai>> gli risposi, sorridendo leggermente davanti al suo faccino insicuro.
<<Sicura, sicura?>> chiese lui.
Annuii, allargando il mio sorriso. <<Sono sicura, ma adesso dimmi pure cosa vuoi chiedermi.>>
Momotaro prese un grande respiro, prima di dire di getto: <<Posso provare a darti un bacio?>>
Il suo viso prese rapidamente una colorazione rossa come quella di un pomodoro maturo e lo notai iniziare a tormentare il tessuto del divano con le dita della mano destra.
Lo trovai splendido e incredibilmente tenero tutto imbarazzato com'era, ma contemporaneamente sentii anche una grande gioia travolgermi.
<<Sì>> risposi dunque <<ma un bacio non si chiede, un bacio si dà e basta.>>
Il ragazzo sembrò notevolmente colpito dalla mia risposta e la sorpresa su tale da spingerlo a non agire immediatamente, ma piuttosto a restare immobile.
Quella situazione era nuova per tutti e due, quindi entrambi ritenemmo saggio prenderci qualche momento per metabolizzare quello che sapevamo stare per accadere.
Nei momenti successivi restai semplicemente ferma a godermi il suo respiro sul mio viso accaldato e il battito tumultuoso del suo cuore, percepibile a causa di una delle mie mani posata proprio lì durante quello scambio di risposte.
Momotaro prese poi a muoversi lentamente nella mia direzione, fermandosi giusto a un centimetro dalle mie labbra, così da potermi guardare meglio.
Sospirai. Stringendo forte la sua maglietta.
Poi finalmente le sue labbra si posarono sulle mie in un casto bacio a stampo, che mi tolse il respiro, prima di staccarsi come scottato.
<<Momo, tutto bene?>> chiesi preoccupata, portando la mia mano sinistra dalla sua schiena alla sua guancia.
Il ragazzo non rispose, limitandosi a premere di nuovo le sue labbra sulle mie in un bacio comunque casto, ma con una pressione maggiore.
Mi sentii morire e non riuscii a resistere un momento di più, portando tutte e due le mani tra i suoi capelli, così da stringerli forte.
Anche io presi a cercare le sue labbra, iniziando a muoverle con la sua stessa dolcezza.
La bocca di Momotaro praticamente tremava contro la mia e sorridendo aumentai la mia presa sulla sua nuca, mordicchiando delicatamente il suo labbro inferiore.
Avevo sognato quel momento per tantissimo tempo ed ero incredula. Tuttavia non abbastanza da lasciarmi sfuggire quell'occasione.
Ci baciammo teneramente per qualche minuto, senza fretta e senza malizia.
In entrambi era forte il desiderio di esplorare e di vivere con tranquillità ogni secondo di quel momento. Forse per non perderci nulla di quell'esperienza talmente nuova da destabilizzarci.
Alla fine di quel primo bacio il ragazzo si lasciò andare contro il mio petto, mormorando un: <<Coccolami>>.
Chiaramente lo ascoltai, continuando ad accarezzare le sue ciocche per tanto tempo.

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Non riuscivo a prendere sonno.
Non dopo aver baciato Momotaro.
Non con lui che dormiva a meno di due metri da me, avvolto nel solito futon.
Dopo quello scambio di effusioni nessuno dei due aveva toccato l'argomento o preso l'iniziativa per ripetere nuovamente l'esperienza e semplicemente il tempo era passato nel silenzio, l'una tra le braccia dell'altro.
Poco prima della mezzanotte il ragazzo aveva preso a sbadigliare contro il mio corpo ed era stata presa la saggia decisione di spostarci in camera mia per la notte, così da riposare.
Ormai ero distesa da almeno trenta minuti e avevo troppi pensieri a vorticarmi nella testa, inoltre la pioggia battente non mi aiutava a rilassarmi.
Alla fine vinta dalla paura del temporale e dalla voglia di tornare dal ragazzo mi alzai, iniziando ad avvicinarmi lentamente al giaciglio di Momotaro.
Senza dire una parola scivolai nel futon, avvicinandomi alla sua figura girata di schiena.
Lui tuttavia mi stupì, voltandosi completamente nella mia direzione.
<<Pensavo dormissi>> commentai, notando i suoi occhi dorati ancora aperti.
<<Non ci riesco>> ammise lui con una leggera faccia contrariata, vagamente buffa a dirla tutta.
<<Posso restare nel futon con te?>> chiesi.
Momotaro non rispose a parole, ma mi comunicò la sua decisione portando una sua mano dietro alla mia nuca, così da spingermi nella sua direzione, contro il suo petto.
Quella era un'eloquente risposta positiva, che mi fece irrimediabilmente sorridere.
Per qualche minuto me ne restai completamente in silenzio, prima di trovare il coraggio di chiedere: <<Quel bacio per te cosa è stato? Perché hai voluto darmelo?>>
<<Sei cattiva a chiedermelo. Lo sai benissimo il motivo, quindi non farmelo dire, mi vergogno>> commentò lui, stringendosi maggiormente a me.
<<Eddai, non ti mangio mica, dimmelo.>>
Momotaro restò in silenzio, apparentemente troppo imbarazzato per rispondermi.
<<Ti prego. Ho bisogno di sentirtelo dire. Voglio capire se per te è la stessa cosa>> commentai, utilizzando un tono di voce leggermente malinconico.
Quello sembrò abbattere le difese del ragazzo.
<<T/N...>> sussurrò infatti.
<<Dimmi...>>
<<Guardami>> mi chiese lui, posando due dita sotto al mio mento per alzarmi il viso.
Lo lasciai fare, perdendomi nelle sue iridi.
Momotaro prese un bel respiro profondo prima di dire: <<Ti ho baciata per una semplice ragione e quella ragione è che ti amo>>.
Sentii le lacrime raccogliersi agli angoli dei miei occhi e senza nemmeno pensarci incollai le mie labbra alle sue, per poi stringermi di nuovo forte al suo petto.
<<Non sai da quanto aspettavo questo momento. Anche io ti amo, ti amo tanto>> gli sussurrai all'orecchio.

Ci addormentammo circa un'ora dopo. Con le labbra gonfie di baci e il cuore ricolmo d'amore quasi fino a scoppiare.

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