Oneshot- Deserto
Dazai
[...]
Ho vissuto in eterno,prima ancora di quanto io ne abbia memoria.
Nella mia eternità,tante altre mi sono passate davanti,intrecciando fugacemente i fili della matassa che più comunemente chiamiamo "vita", creando combinazioni di colori e consistenze come solo il più abile tessitore del mondo ultraterreno è stato in grado di fare.
Persone.
Eterne,fugaci,fragili e ineluttabili.
Orgogliose,gentili,irascibili,volubili,completamente insensibili.
Aride paludi di nulla assoluto decorate con bellissimi vasi da giardino dove,rigogliosi,crescono i fiori più belli del giardino dell'Eden: queste sono le anime. La mia è più simile al deserto,dove anche la roccia più dura ha ceduto e si è trasformata in microscopiche macerie; dove nulla può attecchire,piovesse tutta l'acqua del mondo su un suolo ricolmo di semi di bellissime piante.
E so che sarà sempre deserto.
E uno di questi giorni camminavo per il mio deserto,come tutti gli altri giorni e i giorni a venire ancora, e non vedevo certo nulla che non fosse vivacemente monocromatico, banale ee impercettibile. Un giorno camminavo per il mio deserto,e vorrei poter dire di aver visto un'oasi; perchè è questo quello che succede nelle storie tristi come questa,che poi hanno un bel finale. Un finale dove il viaggiatore nel deserto non muore certo di fame o di sete dopo il suo lunghissimo viaggio,o non sarebbe certo lì per raccontarlo! Sarebbe una storia che nessuno leggerebbe,perchè sarebbe lo stesso che guardare un paziente agonizzare in un coma eterno su un lettino d'ospedale per poi vederlo morire senza nemmeno aver distolto lo sguardo.
No,un giorno camminavo per il mio deserto ma non ho visto nessuna oasi; perso nella mia eternità, così concentrato per non dimenticarmi di non avere assolutamente nulla da ricordare, una goccia di pioggia mi è caduta in viso.
Fredda,congelata,ghiaccio allo stato liquido.
Prima una,poi un'altra,poi un'altra ancora.
E lo so di aver detto che nemmeno tutta l'acqua del mondo avrebbe potuto far crescere qualcosa in quella landa desolata,ma non era quello lo scopo dell'acquazzone.
Voleva annegarmi.
E ci riuscì.
[...]
<<Smettila>>
L'acquazzone parla,interrompe il mio flusso di pensieri,interrompe tutto come al solito.
Il tono è svogliato,infastidito.
Ora sono infastidito dal fatto che è infastidito,non ne vedo il motivo.
<<Perchè?>> chiedo,ma sto già obbedendo senza accorgermene,ho posato la penna e il diario sul comodino.
Resa incondizionata, ho decisamente perso colpi.
<<Perchè sei ridicolo>>
La risposta arriva come fosse una cosa ovvia.
"Sei ridicolo,Dazai. Tu e la tua filosofia siete morti entrambi,prima o poi mentre scrivi ti si staccherà la mano e scoprirai che era già putrefatta"
Vorrei rispondergli qualcosa come "senti chi parla", vorrei farlo ridere solo per farlo stare zitto. Vorrei elencargli tutti i possibili modi in cui potrei farlo stare zitto,iniziando con l'omicidio.
La stanza è troppo piccola,troppo stretta,troppo larga,troppo spaziosa,ci sono troppi mobili ma non ho mai dove poggiare i miei libri; questo letto non va bene per due persone,è perfetto solo se uno dei due è un cadavere e l'altro non sono io. La vita non è come spero,e io sono infelice.
Profondamente infelice.
La mia filosofia è morta,la mia autostima sepolta,e insieme hanno fatto il funerale alla mia voglia di vivere.
Tanti auguri Dazai,da oggi sei abbastanza grande per spararti un colpo in testa!
<<Stai zitto>>
Stavolta mi giro di scatto,come se volessi ribattere.
La luce delle candele,soffusa,placida, gli illumina il viso solo per metà, come la luna che mostra solo una faccia per volta e ironicamente ti sembra sempre quella sbagliata.
Sono insofferente,vorrei tirargli uno schiaffo.
<<Voglio andare a casa>> borbotto.
Sorrido.
Quanti anni ho?
<<Sei a casa>> mi risponde,come se non fosse una cosa ovvia.
"Come sei stupido Dazai,questa è casa nostra e abbiamo fatto tanti sacrifici per poter esser qui,insieme,stasera,alla luce di candele ormai quasi completamente consumate,stesi l'uno affianco all'altro nello stesso letto ma coi vestiti addosso e la puzza di stanchezza,lavoro e feccia incollata letteralmente su ogni centimetro della pelle!"
Come sei stupido,Dazai.
La vita a volte non va come desideri,Dazai.
A volte la parte più brutta della storia è quella che non ti raccontano. Quella che viene dopo il finale,quando le avventure sono finite e quello che resta sono semplici persone,paludi di eternità.
E l'eternità è davvero un tempo lunghissimo,ve lo assicuro.
E a volte quello che resta del lieto fine che tanto tutti sognano è solo questo: due persone e un'amore arido,la cui dubbia esistenza diventa la crepa nella roccia che poi si spacca e diventa sabbia e forma il deserto. Niente passione struggente,niente dolore, niente gioia,niente di niente. Stanchezza,apatia,rimpianto e tanta carta con parole assolutamente inutili scritte sopra,pagine di un diario dove qualcuno ha vomitato tutta la sua infelicità.
Questo è il vostro amato lieto fine.
<<Ti ho detto di stare zitto>>
<<Non sto dicendo nulla!>> sbotto.
<<Stai pensando così forte che ti sentono i vicini,sei ridicolo>>
<<Se ti reca fastidio puoi anche andartene,sai?>>
Silenzio.
Caldo secco,caldo del deserto.
<<Credo che lo farò>>
Lo sguardo rivolto altrove,la dolorosa sentenza e il rumore di pietre frantumate,una silenziosa valanga.
Ma poi mi volto,e lo guardo.
E la luce delle candele è ancora lì,gli illumina il viso dolcemente come se glielo tenesse fra le mani,sono invidioso; e tutto di lui sembra un quadro orribile fatto dal più bravo pittore del mondo,il modo in cui i capelli leggermente scompigliati risaltano le occhiaie pronunciate,gli zigomi spigolosi e pungenti, gli occhi vacui e profondi,pioggia nel deserto.
Sospiro.
Sono ridicolo,la carta scivola e cade a terra dal letto,non mi sprecherò a cercare di recuperarla almeno per adesso.
Fermo l'eternità per un istante,ho imparato una cosa: non tutto nella vita ha bisogno di un significato profondo, di uno scopo per esistere,di una bellezza palese e dinamica.
Le storie sono belle,ma sono soltanto storie e sono fatte per esserlo; in quanto tali,esistono in funzione di essere raccontate,anche questa lo è.
E se davvero tutto si riduce a questa fondante,esponenziale mancanza di significato, l'eternità è la più grande menzogna che io possa mai avervi raccontato.
Forse quel giorno se n'è andato come aveva detto,forse non lo ha fatto.
Ha importanza?
Il giorno dopo l'ho baciato così a lungo che non mi sono mai accorto di quanto respirare sia sopravvalutato.
Quel giorno ha piovuto.
Ha piovuto nel deserto.
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