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Slow Down

Percy si rotolò nel letto un'altra volta, dando le spalle alla finestra dietro di sé e passandosi una mano tra i capelli.

Asciugò gli zigomi di Annabeth con i pollici, osservandola negli occhi grigi, umidi di pianto mentre la pioggia continuava a scrosciare fuori dalle mura di Harvard. E lei era così piccola in quel momento, che lui avrebbe soltanto voluto stringerla ancora. Proprio adesso che non la sentiva più rigida al suo tocco. Proprio adesso che la sentiva respirare più normalmente ogni volta che si sfioravano, lui voleva soltanto sentire il suo corpo contro al suo.
"Ci sono io" si limitò a dire, il volto chino sul suo e le mani che le cingevano il viso umido di lacrime.
Annabeth annuì, tirò su col naso e poi, sorrise. E sorrise davvero,scoprendo i denti. Sorrise, riuscendo a sembrare quasi convincente se solo Percy fosse stato un po' meno attento. Se solo Percy non avesse notato che quel sorriso mica arrivava agli occhi. "Lo so".
Fu lei a poggiare la fronte al suo petto, raggomitolando le braccia tra loro due e irrigidendosi un solo istante mentre Percy la stringeva,intrecciando le dita sulla sua schiena.
Le poggiò il mento sulla testa e Annabeth si sistemò un po' meglio contro di lui, sciogliendo i muscoli e respirando profondamente.
"Ci sono io" ripeté.

Sbuffò, rotolando sotto al duvet pesante, sbattendo le palpebre un paio di volte ad osservando Grover che, nel letto accanto al suo,dormiva e russava tranquillo.
E lui, per Annabeth, ci sarebbe stato davvero. Lui sarebbe uscito altre cinquanta volte sotto la pioggia solo per poterla abbracciare, per poterla rassicurare. Per poterla stringere e dirle che sarebbe andato tutto bene perchè c'era lui e non aveva intenzione di andarsene.
Il petto si strinse in una morsa fastidiosa e si sedette di scatto sul letto, lasciando che il duvet caldo potesse scoprirgli il torace.
Annabeth gli piaceva.
Annabeth gli piaceva tanto e quando gli faceva talmente tanta paura che si ritrovò a stringere le coperte sopra di lui nei pugni,lasciandole andare solo quando ebbe paura di poterle rompere.
Come aveva potuto anche solo permettere una cosa simile? Come aveva potuto, dopo di lei, lasciare che il suo cuore potesse cascare all'ennesima bella ragazza che gli rivolgeva l'ennesimo bel sorriso?
Ed ignorò la voce che gli diceva che no, Annabeth non era l'ennesima semplicemente perché era e sarebbe sempre stata unica.
Si passò le mani tra i capelli, scompigliandoli ancora di più e prima che potesse pensarci realmente, si alzò dal letto, pescando il paio di jeans che aveva lasciato appesi alla sedia della scrivania.Li infilò velocemente, stando attento a non far tintinnare troppo la cintura e poi cose fuori dalla sua stanza, lasciando che la luce del corridoio potesse illuminare il letto di Grover per un solo istante prima che potesse chiudere la porta.
Corse lungo i corridoi lasciando che i passi veloci venissero attutiti dalla moquette e, prima che i pensieri potessero travolgerlo, stava spalancando le porte della piscina, facendosi scorrere i jeans lungo le cosce. Solo quando l'acqua gli coprì il capo, i pensieri smisero di fare tutto quel rumore.

***

- Annabeth, cosa stai facendo? – domandò Talia, la maglietta a metà    delle braccia e lo sguardo torvo puntato su quello della ragazza bionda che, in piedi davanti a lei, non riuscì a trattenere un altro starnuto.
- Devo andare a lezione – rispose Annabeth ovvia, passandosi una    mano sotto al naso prima di piegarsi in due, tossendo fino a che la gola non prese a farle male. Imprecò quando, sollevato nuovamente lo sguardo, i fari elettrici di Talia erano ancora più torvi su di    lei.
- Tu sei impazzita – decise la mora a quel punto, sistemandosi sul busto la maglietta corta e nera, afferrando poi da sopra al letto disfatto il giaccone verde militare con le tasche
Annabeth sbuffò, rabbrividì dentro il pigiama pesante e tossì ancora,    portandosi una mano davanti alla bocca e chiudendo gli occhi per il    fastidio e per il dolore alla gola.
Talia si portò due dita alla radice del naso, scuotendo la testa e andando verso di lei. Puntò le mani sulle spalle, spingendola verso il letto con decisione, fino a che Annabeth non si sedette sconsolata sul materasso. – Adesso, ti dico io cosa fai. – Le sollevò un dito davanti al viso, alzando di conseguenza anche le voce per evitare che parlasse. – Tu te ne torni a letto e l'unica cosa che farai da qui ad almeno un paio di giorni di quarantena sarà    guardare film, rimetterti in pari con Teen Wolf e leggere qualche libro del cazzo che ti sei scaricata sul telefono. – Annabeth aprì la bocca per parlare e fu a quel punto che Talia la spinse dalle    spalle ancora una volta, spingendola a sdraiarsi sul letto. Le sistemò i cuscini dietro alla schiena e la coprì col duvet viola, rimboccandole le coperte con un sorriso strafottente. – Zitta,    sapientona. Non ho intenzione di sentire lamentele. L'unica cosa che    ti sarà concesso di fare sarà guardare serie televisive e bere thé caldo – disse la mora, spostandosi da sopra Annabeth nel momento stesso in cui lei si voltava di lato, tossendo talmente tanto forte che gemette anche per il fastidio.
Talia  corrugò a fronte, andando verso il suo comodino e aprendo il primo    cassetto. Ci frugò dentro per qualche istante prima di togliere fuori un pacchetto di caramelline analgesiche che ad Annabeth avrebbero sicuramente fatto schifo. – Thé e queste bellezze – le disse con un sorriso sornione, mandandole un bacio quando    Annabeth le fece la linguaccia. Camminò versò la sua scriviania,    prendendo il suo portatile e mettendoglielo sulle gambe. – Se,    quando torno, ti trovo facendo i compiti, giuro che ti uccido. O ti taglio i capelli – disse ripensandoci. – Che per te è praticamente la stessa cosa.
Annabeth rise ma fu questione di secondi prima che quella stessa risata    potesse trasformarsi in un ennesimo colpo di tosse che fece storcere la bocca di Talia per la preoccupazione. – Vai a lezione adesso!  – esclamò la bionda con un sorriso, indicando la porta con la mano un attimo prima che potesse venir scossa da un altro colpo di    tosse.
Talia afferrò gli scarponi slacciati, infilandoseli velocemente ai piedi    senza preoccuparsi di stringerli. – Non sei credibile quando tossici così spesso, lasciatelo dire.
Annabeth imprecò e Talia rise, mandandole un bacio ad uscendo dalla porta della loro stanza con un sorriso.

***

Quando Percy arrivò al loro tavolo in mensa, ignorando mezza squadra di football che l'aveva salutato, rivolse un'occhiata confusa a Talia, attirando la sua attenzione mentre dava uno schiaffo leggero sulla guancia di Luke.
-   Cia..

-   Dov'è Annabeth?
Aveva lasciato correre quando non l'aveva vista seduta al suo posto a    lezione di letteratura, magari voleva prendersi una pausa per un qualsiasi motivo, ma non vederla neanche a pranzo, era troppo strano. Senza contare il fatto che, dopo aver pensato a lei per quasi per tutta la notte, dopo quasi non aver dormito perché io suoi occhi l'avevano costretto in piscina per molto più tempo del dovuto, il    minimo era che si facesse vedere.
Luke sollevò un sopracciglio biondo, portandosi una patatina unta alle    labbra, facendo una leggera smorfia mentre la mangiava. – Mi sento così amato ogni volta che sono con te, dico davvero. Amico del cazzo – borbottò infine e Percy non riuscì a trattenere un    sorriso, portandosi il cartone piccolo del latte alla bocca e prendendone una leggera sorsata.
- L'ho costretta a stare a letto per la tosse. Non volevo che andasse a lezione in quelle condizioni – gli spiegò con un leggero sorriso sulle labbra sottili. Si portò una forchettata di spaghetti al sugo alle labbra, fissando gli occhi elettrici in quelli di Percy. – Prima della fine delle lezioni vado a trovarla, giusto    per assicurarmi che non stia studiando. – Talia sbuffò, poggiando    il mento sul pugno. – Sono andata a trovarla ad ogni cambio d'ora. Penso che, fra qualche minuto, mi ritroverò la sua spazzola viola in fronte.
Il moro sorrise, passandosi una mano tra i capelli ed osservando    l'hamburger che, sul piatto, era tutto meno che invitante.    

***

Aveva deciso di saltare le lezioni del pomeriggio. Il pensiero di Annabeth lo aveva spinto a seguire il più puro degli istinti così come il sorriso di Talia e lo sguardo malandrino di Luke l'avevano del tutto convinto a pensare meno del solito.
Strinse la mano attorno alla maniglia d'ottone sorrise quando si rese conto che, come gli aveva promesso Talia, la porta non era stata affatto chiusa.
- Oh Gesù! Vai via! – esclamò la bionda ridendo, prima che il corpo    potesse esser scosso da l'ennesimo colpo di tosse.
Percy  entrò nella sua stanza l'istante stesso in cui Annabeth lanciava una    spazzola viola (a una velocità sorprendente) contro di lui. Si    abbassò di colpo, sollevandosi solo per guardarla sbattersi contro al muro del corridoio, cadendo sulla moquette.
Annabeth sbarrò gli occhi, tossendo ancora con una mano che le copriva la    bocca.
Percy mosse velocemente la testa da lei alla ciabatta, indicandola con la mano destra. – Quell'affare mi avrebbe potuto uccidere.
E la bionda rise ancora, osservandolo recuperare l'arma impropria dal    corridoio, chiudendosi poi la porta alle spalle non appena fu nuovamente in camera. – Scusa – disse, tossendo ancora,    mascherando il rossore alle guance con un sorriso che le scopriva i    denti. – Pensavo fosse Talia. È venuta almeno quattro volte per    assicurarsi che non stessi studiando. Volevo assicurarmi che la quinta volta fosse l'ultima.
Percy scoppiò a ridere, posando la spazzola sul comodino accanto al    letto, sedendosi poi sul materasso e tirando il duvet steso sulle gambe di Annabeth. – Come ti senti? – domandò, allungando una mano verso la sua fronte, sbarrando gli occhi quando la sentì così mostruosamente calda. – Male, non c'è bisogno mi risponda – borbottò, togliendo la mano da sopra al suo viso in tempo per    vedere i suoi occhi chiusi.
Annabeth si aprì in un sorriso, voltandosi poi di lato e tossendo. Non    riuscì a trattenere una smorfia e Percy corrugò la fronte, puntando gli occhi verdi sul suo volto, come in cerca di un qualche livido.
La bionda sorrise ancora, intenerita, chiudendo lo schermo del computer e poggiandolo sul letto accanto a sé. – Sei carino quando sei preoccupato. Aggrotti le sopracciglia in modo buffo.
E solo quello riuscì a far spuntare un sorriso sul volto di Percy che si    dovette sforzare per non metterla ancora più in imbarazzo e farle notare cosa avesse appena detto. Gli piaceva un po' di più quella Annabeth non aveva così paura di parlare. Quella Annabeth che mostrava un po' più di sfrontatezza anche al di fuori del tappeto bordeaux della palestra.
- Allora, cosa stavi facendo? – domandò, nascondendo un sorriso    quando notò la palese gratitudine per averla sollevata dall'imbarazzo.
Annabeth sollevò i polsini del pigiama in modo che potessero coprirle le dita e poi afferrò il computer che aveva chiuso solo qualche secondo prima. Lo aprì velocemente e Percy sentì il motore riavviarsi. – Stavo guardando le ultime puntate di Teen Wolf. Penso che Allison abbia appena capito come sconfiggere gli Oni.
Il moro trattenne una leggera smorfia. Quel finale di stagione le avrebbe spazzato i sentimenti. Ogni tanto, sentiva Grover piangere.    – Io voglio vedere un film – dichiarò ed Annabeth roteò gli occhi, fintamente scocciata.
- Andata – decise alla fine, abbassando l'icona dello streaming di Teen Wolf e aprendo una nuova pagina di Google.
Si fece un po' più in là sul materasso, permettendo a Percy di    poggiarsi alla testiera del letto, levandosi le scarpe perché potesse allungare le gambe sul duvet.
-  Dunque io opterei per..
Percy voltò il capo verso di lei. – Se stai per proporre una qualche stronzata alla Nicholas Sparks penso che, febbre o no, ti butterò giù dal letto – assottigliò lo sguardo, riducendo gli occhi verdi    in due fessure. – Con violenza.
Annabeth corrugò la fronte, le dita ferme e sospese sopra la tastiera del    suo portatile. – Sei serio? – domandò, sollevando un sopracciglio biondo.
Percy annuì un paio di volte incrociando le braccia sul petto. –    Assolutamente.
-  Neanche "The Last Song"?
- Neanche quello.
-    Dear John.
Percy sbuffò, sbarrando gli occhi. – Ma scherzi? Quel film fa schifo! E per quale motivo lei dice a Channing Tatum di essersi sposata con un altro solo dopo essersi effettivamente sposata con un altro?
Annabeth corrucciò le labbra con finta rabbia, spostando lo sguardo su Percy. – "Le pagine della nostra vita"! Quello piace a tutti!
Il ragazzo scosse la testa con vigore. – A me no. Ma dico, perché Rachel McAdams non uccide sua madre?
La bionda si voltò di scatto verso di lui, rischiando di farsi scivolare il computer giù dalle gambe. – Cioè, uno dei migliori film del cavolo di ventunesimo secolo non ti piace perché Rachel    McAdams non ammazza la mamma?
Percy annuì convinto. – è una stronza.
Annabeth sbuffò. – "Vicino a te non ho paura".
-  Quale parte di "se stai per proporre una qualche stronzata alla Nicholas Sparks penso che, febbre o no, ti butterò giù dal letto con violenza", non è abbastanza chiara.
- L'intera frase, Testa d'Alghe. – Rispose la bionda, agitando le dita sulla testiera come se, il solo farlo, l'aiutasse a pensare. –  Getaway! Quello con Selena Gomez! È un film d'azione e non è di Nicholas Sparks.
Percy    dondolò la testa con un sorriso sulle labbra rosee. – Onestamente, mi avevi già convinto a Selena Gomez.
Poi, ovviamente, mentre l'osservava scrivere velocemente il titolo del film sulla barra di ricerca, non le disse che preferiva di gran lunga le bionde alle more.    

***

Quando il film era finito, Annabeth non aveva neanche idea di come Percy fosse finito sotto le coperte con lei, col tessuto ruvido dei jeans che sfregava contro quello morbido dei pantaloni del suo pigiama. Si ricordava solo vagamente che si era lamentato del freddo e la febbre l'aveva intontita abbastanza da spingerla a fargli quella proposta.
Sentiva gli occhi pesanti, roventi e aveva talmente tanto freddo che né il duvet né il calore corporeo di Percy sembravano essere abbastanza.
Pioveva ancora e, a parte per il computer che era appena stato chiuso, la stanza era nel buio più totale. Non aveva idea di che ore fossero,neanche le importava. L'unica cosa che sapeva era che aveva sempre più freddo e Percy era semi-sdraiato accanto a lei e questo non la faceva sclerare.
Il ragazzo chiuse il computer, sporgendosi verso il lato del letto per poterlo poggiare a terra.
Annabeth non aveva idea di che ore fossero, ma sapeva che avessero interrotto il film almeno una cinquantina di volte per paura bagno, thé o snack e sapeva che, adesso che Percy si era mosso per spostare il computer dal letto, lei aveva ancora più freddo. E forse furono la febbre e di brividi a spingerla ad attaccarsi al suo braccio non appena il ragazzo torno a poggiare alla testiera del letto.
Annabeth si tirò il duvet fin sotto al mento, raggomitolandosi contro di lui,portandosi un pugno alle labbra non appena l'ennesimo colpo di tosse le scosse il corpo intero.
- La prossima volta che decidi di camminare sotto la pioggia, vedrò di    ucciderti – mormorò il ragazzo ed Annabeth ebbe solo le forze per    sorridere, chiudendo gli occhi contro al suo braccio, lottando per rimanere sveglia.
- Scusa – disse, rabbrividendo contro di lui ancora una volta.
Era così bello stare con Percy che neanche riusciva a spiegarsi, arrivata a quel punto, per quale motivo avesse tanto di allontanarlo e per quale motivo avesse anche avuto paura di lui, ad un certo punto.
Il modo in cui l'aveva stretta il giorno prima. Il modo in cui l'aveva protetta da sé stessa, come se fosse stato creato per farlo. Come se fosse stato creato per salvare quella ragazza rotta dai suoi    stessi frammenti, l'aveva convinta del fatto che no, Percy era tutto meno che cattivo. E Percy voleva farle tutto, meno che del male.
E poi, profumava di buono, ogni giorno, anche dopo gli allenamenti ed,    in quel caso, Annabeth si aspettava che, almeno un minimo, puzzasse. Le piaceva la sua voce, la sua risata, il suo sorriso ed i suoi fari verdi. E poi, le piaceva il suo sorriso ancora una volta.
Percy spostò il braccio ad Annabeth cadde contro al suo petto con una    smorfia che strappò un sorriso a lui. Per un secondo, prese anche in considerazione l'idea di protestare, ma il ragazzo le avvolse le spalle con lo stesso braccio che aveva mosso, scivolando un po' più giù lungo il materasso in modo che potesse essere più comoda.
- Va bene comunque – rispose di lui e, forse fu solo un'impressione di    Annabeth, con la voce più roca di quanto si ricordasse.
La ragazza annuì con al suo petto e si strinse un po' di più contro al corpo, andando contro ogni logica morale che aveva deciso di    imporsi fino a quel momento.
Ma la febbre la faceva sentire più stanca del normale, le intorpidiva i sensi e ogni volta che apriva gli occhi, sembrava che stessero andando a fuoco. E Percy era così caldo che, quasi quasi, riusciva anche a dimenticarsi del freddo.
Un colpo di tosse le  scosse il corpo per l'ennesima volta e lei si portò il pugno davanti alla bocca, tremando per lo stesso freddo  che era convinta essersi lasciata alle spalle.
Percy borbottò e prima che potesse chiedergli di ripetere, era scivolato    più a fondo lungo il materasso, sdraiandosi completamente accanto a    lei.
Annabeth protestò per l'improvviso freddo e si raggomitolò un po' più su    sé stessa.
- Vieni qui – mormorò Percy, sistemandosi su un fianco e aprendo le    braccia per poterla accogliere contro al suo petto.
La    bionda strisciò verso di lui, seppellendo il volto contro la sua    felpa, lasciando che le braccia forti potessero stringerla    teneramente contro di lui mentre il duvet la copriva fin sopra al naso. – Mi fai un po' paura – mormorò, talmente piano che    persino lei stessa fece fatica a sentirsi, consapevole che niente sarebbe mai potuto essere più vero di quella frase.
Percy corrugò la fronte, sistemando meglio il mento contro alla sua testa. – Che cosa? – domandò, muovendo delicatamente le dita contro alla sua schiena, mosso dal più genuino degli impulsi.
- Mi fai un po' paura – ripeté Annabeth, muovendo lentamente la testa contro di lui, sfregando il naso contro al suo petto e tremando di    freddo per l'ultima volta prima di addormentarsi.
Percy sorrise, continuando a muovere le dita contro alla sua schiena,    sollevando poi la testa dal cuscino per poter leggere l'ora sulla sveglia digitale di Talia. I numeri rossi segnavano le sei e    mezzo e tornò a poggiare il capo sul cuscino, vicino a quello di Annabeth.
Aveva tempo prima di tornare in camera.
Posò le labbra sulla fronte di Annabeth per qualche istante prima che potesse ripensarci, approfittando del fatto che fosse totalmente addormentata.
Lui faceva paura a lei?
Quella frase gli suonò talmente stupida nella mente che trattenne una risata, stringendosi il corpo esile di Annabeth un po' più forte contro al proprio. Quella ragazza non aveva neanche la minima idea dell'effetto che aveva su di lui. Di cosa riusciva a fargli.
Neanche aveva idea del desiderio che aveva di sentire il suo corpo accanto    al proprio. Non aveva neanche idea di quanto, in quel momento stesso, lui non volesse fare altro che rallentare solo per potersi  godere quel corpo febbricitante un po' più a lungo contro al    proprio.
Come faceva lei ad avere paura di lui quando era sempre stata Annabeth a    tenere le redini del loro rapporto? Quando era stata lei a permettergli di avvicinarsi. Quando era stata lei a permettergli anche solo di sfiorarla.
Le baciò la fronte ancora una volta come se avesse paura che, se soltanto avesse posticipato quel contatto, poi non ne avrebbe più avuto occasione.
Annabeth  gli faceva così tanta paura e gli piaceva così tanto allo stesso    tempo che lui avrebbe dato oro pur di poter rallentare il tempo e stringerla a sé un po' più a lungo.

***

Talia aprì la porta della sua stanza tenendo la mano destra dietro la schiena, le dita intrecciate in modo blando a quelle di Luke. Lasciòche la luce del corridoio filtrasse nella stanza per un secondo,prima che potesse bloccarsi di colpo, sorridendo e sbattendosi al petto di Luke, che interruppe l'imprecazione a fior di labbra non appena vide quello che vedeva Talia.
Osservarono entrambi Annabeth e Percy addormentati assieme, le lenzuola tirate fin quasi sopra la testa, e un braccio del ragazzo (l'unico visibile fuori dalle lenzuola) che era diventato un cuscino improvvisato per il capo della bionda.
- Andiamo da me – sussurrò Luke, indietreggiando e Talia non smise un attimo di sorridere mentre, il più dolcemente possibile, chiudeva la porta davanti a sé, lasciando Percy e Annabeth nella piccola bolla che chissà quando si erano creati.


Angolo Autrice:

Chiedo umilmente perdono! Non ho avuto tempo di nulla e non vi ho neanche avvisato. Mi sento veramente in colpa perché non ve lo meritate affatto e io sono stata quasi un mesi senza aggiornare. Non posso promettervi più costanza perché, purtroppo, la vita in Inghilterra è più piena e più stancante di quanto pensassi. Sto aggiorno oggi solo perché mi sono sentita veramente da schifo altrimenti, avrei lasciato perdere ancora una volta. Non che questo mi faccia giustizia, affatto.
Vi chiedo ancora scusa per l'attesa infinita e spero di essere riuscita a farmi perdonare con questo capitolo molto tenero ahaha ho praticamente cambiato tutto rispetto a quello postato su efp e spero vi piaccia! Se riesco,domani tenterò di aggiornare anche Alive*-*
Alla prossima e grazie mille per il meraviglioso sostegno!
Vi voglio bene, fiorellini!

p.s. chi ha notato il riferimento allo "Scontro finale"? *Percabeth all the way*

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