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Imma make you bend your back

- Ciao – sorrise Annabeth entrando nella sua nuova stanza, tenendosi la borsa che era scivolata nell'incavo del gomito e chiudendosi la porta alle spalle col sedere.

- Sono Annabeth – si presentò sorridendo e allungando il braccio libero per stringere la mano alla bella ragazza che aveva davanti.

E bella forse era riduttivo.

I capelli neri, lunghi fino al seno, erano legati in una treccia scura. Il volto era magro e cosparso di lentiggini, lentiggini che facevano quasi a contrasto con l'eye-liner spesso che risaltava gli occhi grandi e blu elettrico.

Aveva il fisico snello e atletico come quello di Annabeth, le mani affusolate, seppur il tutto quasi stonasse con i jeans aderenti neri strappati, la canottiera con le spalline sottili e lo smalto dello stesso colore.

- Io sono Talia, piacere di conoscerti – disse sincera, stringendole la mano.

Aveva già personalizzato il suo lato della stanza, arricchendolo di poster di rock band un po' vecchie.

Annabeth le sorrise di rimando e poi buttò la borsa rossa sul letto, sedendocisi accanto e testando la morbidezza del materasso.

Andava bene e si abbandonò a pancia in su, con la testa sul cuscino soffice, osservando il soffitto bianco con un sorriso mentre Talia alzava un po' il volume della musica e continuava a sistemare poster.

- Allora, Annabeth – iniziò la mora, guardandola da sopra la spalla, – da dove vieni? –

La bionda sorrise, lieta che fosse stata la sua compagna di stanza ad iniziare la conversazione.

- Dal sud, e tu? – fece, mettendosi seduta e incrociando le gambe sul letto.

- New York, ma non sopportavo più quella stronza della mia matrigna e quella testa di cazzo di mio padre quindi sono venuta ad Harvard, tu? –

Annabeth rise prima di rispondere, – Mio padre è un idiota e la sua nuova moglie mi odia. Sono qui per le tue stesse ragioni –

Il volto di Talia si illuminò, aprendosi in un sorriso. Si girò verso Annabeth, sporgendosi sul letto e allungando il braccio col pugno chiuso.

- Grande! Batti pugno, Bionda, noi due andremo d'accordo –

Annabeth rise, facendo scontrare le sue nocche con quelle della mora, osservandola poi ritornare a sistemare gli angoli del poster mentre canticchiava e agitava i fianchi a ritmo di musica.

Come inizio non sarebbe potuto essere migliore.

***

- Ciao bello, sono Percy, come va? – esordì il ragazzo, chiudendosi la porta alle spalle con un calcio.

Il ragazzo che si trovò davanti aveva il volto gentile, i capelli ricci e castani tenuti buoni da un berretto di lana nonostante il clima mite, un accenno di pizzetto e il fisico asciutto.

Non atletico come quello di Percy, ma pur sempre asciutto.

Il ragazzo castano allungò il pugno chiuso verso quello di Percy, che fece scontrare le loro nocche.

- Ciao, sono Grover.

Percy gettò il borsone sul letto, guardando la stanza luminosa, la finestra sul fondo, la scrivania ad angolo e un piccolo divano accanto, con la porta del bagno vicino.

Forse quello era l'inizio di una nuova vita.

Forse quella era la sua possibilità di lasciarsi il passato alle spalle.

Estrasse l'iPod dalla tasca esterna del borsone e srotolò veloce gli auricolari bianchi, infilandoseli alle orecchie.

- Vado a farmi un giro – disse, indicando la porta dietro di sé con il pollice senza far partire la musica, – vieni? – domandò.

Grover gli sorrise, negando con la testa, – No, bello. Devo sistemarmi come si deve.

- grande, ci vediamo dopo allora – rispose Percy, facendo partire la musica a tutto volume nelle orecchie senza sentire il "perfetto, a dopo" del suo nuovo compagno di stanza.

Infilò l'iPod nella tasca posteriore dei jeans calati sui fianchi e si tirò il cappuccio sulla testa, affondando le mani nelle tasche mentre attraversava il corridoio bianco, diretto al cortile.

Scese le scale di corsa, saltando gli ultimi sei gradini e cadendo facilmente sulle piante dei piedi. Ignorò un paio di ragazze che sospirarono mentre lo guardavano con insistenza.

Ed era lì da meno di un'ora.

Scosse la testa e affondò ancora di più le mani nelle tasche della felpa appena uscì in cortile, nella speranza di cancellare tutto ciò che precedeva il pre-salire sul pick up e lasciare New York alla velocità della luce.

Camminò sul prato soffice, baciato da un dolce sole pomeridiano, lasciando che la musica facesse da colonna sonora a quella merda che era la sua vita.

Sei ad Harvard, Percy. Devi ricominciare. Niente casini o impicci e ce la puoi fare.

Vagò con gli occhi verdi e luminosi per il campo, lasciando che indugiassero su ogni individuo che incontravano.

Niente di interessante comunque.

Tutti matricole arrapate o veterani montati.

Percy sbuffò mentre la musica, forse un po' troppo alta, gli risuonava nelle orecchie.

Niente aveva il potere di catturare la sua attenzione e il suo sguardo tranne.. Annabeth.

Lui non aveva idea di chi fosse, ma incontrò la figura della ragazza, alla sua sinistra, un po' per caso, mentre osservava la piscina sul retro.

Il cuore quasi gli mancò di un battito quando la vide perché -cavolo- era la ragazza più bella che avesse mai osservato.

I capelli biondi e ricci le sfioravano il sedere. Il fisico atletico era avvolto da una canottiera bianca aderente e una felpa grigia con la cerniera aperta che metteva in risalto gli occhi grandi e dello stesso colore, contornati da lunghe ciglia. La carnagione era abbronzata, tipico dei californiani.

Era alta, ma non abbastanza per poter superare la sua di spalle, e i jeans aderenti blu scuro non facevano altro che risaltare le forme già definite e le gambe toniche.

Rideva, rideva tanto, tenendosi con una mano alla bella ragazza con i capelli scuri e le lentiggini accanto a lei, mentre con l'altra si reggeva lo stomaco.

Percy, per un secondo, maledisse i Simple Plan che ci stavano dando dentro, e che gli impedivano di sentire la risata di quella ragazza bionda. E, solo dopo, si chiese perché avesse così tanta voglia di ascoltarla.

Percy la guardò senza dare nell'occhio, continuando a camminare, certo che avrebbe potuto farlo per tutto il giorno. Prima che si scontrasse con qualcuno, ovvio.

Barcollò all'indietro mentre il cappuccio gli scopriva i capelli neri e un po' scompigliati. Gli auricolari scivolarono via dalle orecchie e li afferrò l'istante dopo aver inchiodato gli occhi verdi in quelli azzurro cielo del ragazzo che aveva davanti.

- Ma dove diavolo stavi guardando, idiota? – domandò rabbioso il tipo biondo.

Percy strinse i pugni lungo i fianchi, – Ma dove stai guardando tu – ringhiò di rimando, – potevi anche evitarmi se avessi fatto attenzione, che ne pensi? –

Il ragazzo biondo rise.

Sovrastava Percy di un paio di centimetri e avrebbe incuto timore a chiunque,  con quei jeans scoloriti calati sui fianchi e la canottiera bianca che gli evidenziava il fisico atletico e tonico. Trattenne un sorriso compiaciuto, ma rise sarcastico.

- Sei in cerca di guai, matricola?

Percy alzò le sopracciglia scure, – potrei dire la stessa cosa, considerato che hai chiamato 'idiota' uno sconosciuto, senza sapere se possa farti il culo – fece, sorridendo sarcastico.

Il ragazzo biondo emise uno sbuffo, che sarebbe anche potuto sembrare un accenno di risata.

Affondò le mani nelle tasche dei jeans e voltò il capo verso sinistra.

Percy lo osservò. Osservò il braccio destro contratto, la mascella tesa e si fece trovare pronto.

Il biondo estrasse veloce il braccio destro dalla tasca, chiuse il pugno dirigendolo fulmineo verso il bel volto di Percy. E, con sua sorpresa, il moro aveva già inarcato la schiena all'indietro, lasciando che il pugno -che gli avrebbe sicuramente rotto il naso- gli passasse a un centimetro dal volto.

Si risollevò velocemente, caricando il braccio destro verso il fianco del suo avversario. Venne bloccato prima che potesse colpirlo. Il biondo gli torse il polso e Percy gemette, seguendo il braccio, prima di dargli una gomitata al fianco sinistro, col braccio libero, facendogli lasciare la presa con un gemito.

Roteò su se stesso e quando stava per colpire nuovamente il ragazzo, quello si aprì in un sorriso, passandosi una mano tra i capelli biondo sabbia e scompigliandoli ancora di più.

- Hai stoffa, amico – disse raggiante e Percy tornò dritto, senza smettere di osservarlo, pronto per qualsiasi reazione. – Sono Luke Castellan, capitano della squadra di lotta. Ti voglio con me – fece, senza smettere di sorridere e porgendo la mano a Percy, che la afferrò, ancora sospettoso.

- Percy Jackson, e ci penserò –, ritrasse la mano, infilandola nella tasca della felpa blu.

- Sei forte per essere una matricola – ammise Luke, sinceramente colpito.

Percy rise, ora tornato tranquillo, – ehi bello, sono di New York, questo per me è niente.

Stavolta fu il torno di Luke di ridere sincero e si affiancò a Percy, riprendendo a camminare con lui.

- Sul serio, Percy, ti voglio nella mia squadra. Sei forte.

Percy abbozzò un sorriso, gratificato per i complimenti, – Ero il più piccolo, in un modo o nell'altro dovevo imparare a difendermi.

- Il più piccolo? – fece Luke, curioso.

Percy rabbrividì, riuscendo a non darlo a vedere. Odiava parlare del suo passato ma, nonostante tutto, aveva come l'impressione che Luke non fosse cattivo. In un certo senso, il sorriso grande e lo sguardo furbo gli davano un po' di fiducia.

Certe cose aveva imparato a riconoscerle, ma si bagnò le labbra con la lingua mentre pensava a cosa sarebbe stato giusto dirgli.

- Sono vissuto praticamente nel Bronx per stare meno possibile a casa. Il risultato? Ho imparato a difendermi, da solo.

Luke gli sorrise, guardandolo con un'ammirazione del tutto nuova

- Mi piaci Percy, davvero. Hai fegato e conosci il mondo. Voglio che tu sia nella mia squadra. Ci riuniamo dopo pranzo, mi aspetto che tu ci sia – e accelerò il passo, superando il moro, prima di voltarsi con un sorriso furbo, – la biondina può essere tua, la mora l'ho già puntata io.

E Percy rise, mentre si metteva gli auricolari ancora una volta, con un sorriso che gli abbelliva il volto e un peso in meno nel cuore.

***

Annabeth sorrise mentre si dirigeva verso la palestra accanto a Talia.

Annabeth non aveva mai avuto migliori amiche. A dirla tutta, non aveva mai avuto il tempo per fidarsi realmente di qualcuno. Per soffermarsi a pensare se, con quella persona, valesse la pena parlare. Eppure, sapeva che Talia le piaceva. Le piaceva la treccia disordinata. Le piaceva la risata rica e gli occhi scintillanti. Le piaceva il suo sarcasmo e le piaceva la sincerità con la quale le aveva parlato dal primo istante che si erano viste.

E sapeva che, forse, con lei, non si sarebbe fottuto tutto quanto.

Varcarono assieme le porte della palestra più grande che avessero mai visto. Non c'erano gli spalti poiché lo stadio era fuori, ma era abbastanza spaziosa da poter ospitare due campi di pallavolo con una distanza di venti metri l'uno dall'altro.

Sul fondo destro, c'erano quattro spalliere divise a due a due da una porta a vetri con i maniglioni anti-panico che permettevano alla luce di illuminare l'intero spazio.

Nel lato più vicino alla porta d'ingresso c'era un tappeto circolare bordeaux, attorno al quale erano giù riuniti una quindicina di ragazzi, grossi almeno il doppio di Annabeth e Talia messe assieme. Solo alcuni non sembravano armadi.

Nessuna delle due trovo realmente il tempo per preoccuparsene mentre, appena entrare nella palestra, osservavano il soffitto altissimo.

- Che forza no, Bionda? – domandò Talia, continuando a guardarsi attorno senza smettere di camminare mentre Annabeth si limitava ad annuire, assolutamente concorde davanti a quello spettacolo architettonico bianco.

Si fermarono una accanto all'altra, a un centimetro dal tappeto bordeaux, senza notare il bel ragazzo che stava dalla parte opposta alla loro e che aveva alzato lo sguardo non appena Annabeth aveva varcato la soglia della palestra.

Per un attimo, si chiese come fosse possibile che una ragazza come la bionda, in apparenza così fragile, potesse entrare in una palestra dove si sarebbero ammazzati di colpi. E se lo chiese solo per un istante, prima di promettersi di non dare giudizi troppi affrettati. Lanciò uno sguardo alla ragazza con la treccia scura al suo fianco e che aveva un viso incredibilmente familiare, ma quando il suo sguardo balenò nuovamente sulla bionda, smise di preoccuparsi su dove l'avesse potuto vedere.

Non se ne preoccupò assolutamente mentre osservava quella bellissima ragazza che aveva raccolto i capelli in una coda alta, sostituito i jeans con dei pantaloncini corti e rossi che mettevano in mostra le gambe atletiche e toniche. Osservando la canottiera bianca che non aveva cambiato e che non era più nascosta dalla felpa grigia. Ai piedi aveva delle All Star bianche e basse.

Percy sorrise. Lui le portava blu.

Si guardò attorno, studiando tutti i ragazzi che circondavano il tappeto e sbuffavano annoiati. Solo alcuni avevano la stoffa, ma il resto, per la maggior parte più armadi che ragazzi, erano i tipi che Percy conosceva meglio. Tanto grossi quanto dementi.

Tanto fumo e niente arrosto, diceva la madre.

Lo stomaco gli si chiuse in una morsa al ricordo della donna che era stata la più importante della sua vita.

Ricordò i suoi capelli castani e lunghi con qualche filo bianco. Ricordò il sorriso dolce, i biscotti e le caramelle azzurre che gli portava dal suo negozio quando era solo un bambino.

Poi la situazione era precipitata. Quel bambino con gli occhi verdi e un incisivo mancante era scomparso. Così come era scomparsa la donna spensierata che portava dolci azzurri solo perché era il colore preferito del figlio.

Fu Luke a distrarlo da quei pensieri e ad evitare -inconsapevolmente- che si conficcasse ancora di più le unghie nei palmi.

- Ciao gente! – sorrise, mettendosi al centro del tappeto mentre i brusii dei ragazzi si interrompevano. – Wow! Quante facce nuove che abbiamo qui –

Percy lanciò un'occhiata ad Annabeth, che fece un mezzo sorriso alla mora che aveva accanto.

- Smettila di mangiartelo con gli occhi, stai sbavando – le sussurrò, esitando un solo istante suo sorriso malandrino della mora.

- Ma lo vedo solo io quanto è bello? – le rispose, riportando poi lo sguardo su Luke.

- Tante facce nuove, ma chissà se sarete tutti all'altezza – continuò il biondo, alzando un sopracciglio con un sorriso furbo. – Combatterete a coppie – annunciò, scatenando una serie di sussurri che spaziavano dai terrorizzati agli eccitati. – Deciderò io con chi e quando combatterete. Non demoralizzatevi se non vincerete. È il primo incontro e non mi aspetto che siate Chuck Norris da subito – un paio di risate nervose riempirono l'aria.

Percy abbozzò un sorriso divertito e lanciò uno sguardo alla bionda che osservava Luke come se dovesse metterlo al tappeto da lì a un secondo. Sorrideva alla battuta, ma era all'erta, quasi si aspettasse di doversi difendere da un momento all'altro.

Luke sorrise rassicurante, non parlando per un paio di secondi prima di battere le mani e sfregarle tra di loro, – bene! – indicò due armadi agli estremi l'uno dall'altro. – tu e tu – disse.

Capelli castani rasati, colli taurini, maglietta bianca e pantaloni lunghi da baskettaro.

Percy alzò le sopracciglia. Era una sorta di scontro tra titani, ma era certo che il ragazzone con gli occhi ambrati avrebbe vinto.

Lo aveva capito dal modo in cui studiava il suo avversario, dal modo in cui aveva ridotto gli occhi a due fessure, attento.

Così aveva imparato a riconoscere i bravi combattenti, dagli occhi.

Luke diede il via e Percy si permise di lanciare uno sguardo ad Annabeth. Aveva iniziato a guardare anche loro come se avessero dovuto cambiare idea da un momento all'altro, decidendo di attaccare lei simultaneamente.

I due armadi si scagliarono l'uno contro l'altro, incassando e ricevendo pugni senza ritengo e senza risparmiarsi.

Alcuni ragazzi sussultarono alla potenza dei colpi, ma una decina di minuti dopo, ciò che aveva pensato Percy si avverò. Il ragazzo con gli occhi ambrati stese, con un pugno ben piazzato sul naso, il suo avversario che roteò gli occhi prima di cadere rigido e con un tonfo sul pavimento.

Luke sorrise, osservando il ragazzo, che poi si scoprì chiamarsi Clint, prima di scrivere il suo nome su una lavagnetta bianca che aveva alle spalle nella colonna dai ragazzi vincenti. Fece portare il ragazzo svenuto, Gus, via dalla prima matricola che gli capitò a tiro, scrivendo poi il suo nome nell'altra colonna.

Dopo un paio di coppie, chiamò Talia e un ragazzo più alto di lei di almeno due spanne.

Luke la osservò con un interesse del tutto diverso da quello che aveva mostrato verso gli altri ragazzi e, se in un primo momento lei si mostrò intimorita davanti al biondo che aveva davanti, si smentì pochi istanti dopo, mandandolo a tappeto con un calcio talmente forte al petto che gli mozzò il respiro.

Luke le sorrise,  mentre scriveva il suo nome, sotto quello degli altri vincitori e rassicurava lo sconfitto, particolarmente umiliato. "Non è niente. Solo una ragazza con un bel calcio" e sapeva bene che questo avrebbe solo peggiorato la sua virilità già intaccata.

- Ok – fece Luke, osservando le poche coppie rimaste, – Percy e..

- Annabeth – rispose la bionda,  venendo incontro al ragazzo che, solo in quel momento, si ritrovava a pensare a quanto fosse bello quel nome che sentiva per la prima volta. Si levò le scarpe con i piedi, salendo sul tappeto mentre Percy faceva lo stesso, senza staccarle gli occhi di dosso.

- Andiamo, amico! – protestò il moro, voltandosi verso il più grande – non combatterò mai contro una ragazza.

Luke gli sorrise, – non rompere e combatti, matricola.

- ma andi.. – ma si interruppe di colpo appena un pugno forte e fulmineo gli arrivò alla mascella. Si voltò di scatto, incontrando gli occhi grigi di Annabeth ridotti a due fessure, i pugni alzati e i muscoli tesi.

- Non mi sottovalutare, Testa d'Alghe.
Percy si accarezzò la mascella, saltellando e scrollando le spalle, sorridendo leggermente per quel soprannome.

- L'hai voluto tu – le rispose,  prima che Annabeth gli si potesse scagliare contro.

Angolo autrice:
Ehiiila<3
Sono contenta che questa storia, già dal prologo, vi stia piacendo. Su efp è pubblicata la primissima stesura e qui, su wattpad, sto tentando di correggere le piccole parti che non mi piacciono proprio ahahaha
Spero che voi fiorellini stiate bene e vi ringrazio ancora perché avete deciso di seguirmi anche qui!
Alla prossima, cucciolini:**
Love yaa<3

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