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CAPITOLO 13

<<Capisco che tu voglia sbizzarrirti quando sono a casa, ma così mi riempi come un tacchino>> osservo mentre metto in bocca l'ultimo pezzo di pancake con nutella e frutti di bosco freschi.

<<Ascoltami bene : sai cosa significa preparare salutare ogni giorno perché tua madre ci tiene alla linea? No, perciò mangia e goditi la colazione, sono sicura che domani te ne pentirai>> mi minaccia puntandomi un mestolo contro prima di girarsi e mettersi a girare qualcosa dentro in pentola.

Mi mancheranno le sue colazione per un'altra settimana, non posso dire che quelle di Sally's siano cattive, però quelle di Sofia sono le migliori in assoluto.
Mi mancherà non potermi svegliare nel mio letto, nella mia stanza e andare a fare la mia solita passeggiata nel bosco.
Domani si torna alla realtà.
Alla vita di tutti i giorni.
Ma non posso tornarci finchè non l'ho trovata.
E lo devo fare.
Devo trovare il coraggio che avevo una volta e rimboccarmi le maniche.

<<I tuoi arriveranno nel primo pomeriggio, io stamattina devo andare a fare la spesa per la settimana. Hai qualche richiesta per il pranzo prima che tu parta?>> mi domanda Sofia facendomi rendere davvero conto che domani ritorno al college.

Sembra solo ieri sera che io sia tornata a casa.
Il weekend è passato in un lampo, non che abbia fatto chissà che oltre a fare alcune compre alla mattina con Sofia e stare nella capanna per quasi tutto il pomeriggio per inspirare l'aria fresca, l'aria di casa.

I miei genitori, non chiedetemi come, sono stati presenti ad ogni pasto, come se la loro presenza mi facesse piacere. Ho riflettuto molto sulle parole di Luke da quando sono tornata e ce la sto mettendo tutta per cercare di dargli una seconda chance, se così possiamo definirla, ma è difficile.
Anche fin troppo.
Nelle conversazioni che abbiamo affrontato sono riuscita a parlare di quasi tutto, e come potevo immaginare la loro prima domanda è stata : "Ma hai fatto amicizia?".
La loro preoccupazione è sempre stata quella : fin da bambina non amavo stare in mezzo alla gente, certo qualche amico ce l'avevo, però non sono mai stata una ragazza espansiva.
Come dice il proverbio : "Meglio pochi ma buoni", anche se i pochi che avevo mi hanno abbandonata nel momento del bisogno, quando la vita mi è crollata addosso e ho perso la persona più importante al mondo.

<<No ti lascio carta bianca>> le rispondo mettendo nel lavello il piatto della colazione e il bicchiere in cui c'era la spremuta d'arancia fresca.

<<Va bene, allora io vado. Fai la brava mi raccomando, a dopo>> e mi da un bacio prima di prendere le chiavi della sua macchina e i sacchetti della spesa.

Mentre sto mettendo le cose in lavastoviglie e sento la porta di casa chiudersi, aspetto il rumore del motore della macchina che si accende e se ne va prima di compiere la mia missione.
In punta dei piedi, come se fossi un ladro in casa mia, mi avvicino alla finestra per vedere la macchina percorrere la strada verso nord e quando vedo che svolta all'angolo a sinistra mi rendo conto che sono da sola.

E' una sfida.
E' una battaglia.
Io contro di lei.
Lei contro di me.

Con le gambe che tremano inizio a salire uno scalino dietro l'altro, e quando me ne manca uno ecco che i ricordi prendono il sopravvento.

INIZIO FLASHBACK

<<Ciao Emily, sono a casa>> urlo chiudendo dietro di me la porta non ricevendo risposta.

Strano, mi ha detto che sarebbe stata a casa tutto il pomeriggio.
Non curandomi della risposta, molto probabilmente avrà la cuffie nelle orecchie con la musica al massimo, vado in cucina per prendere un bicchiere d'acqua dopo la mia lunga giornata in ospedale con i colleghi di papà che hanno parlato ininterrottamente del loro lavoro e basta, cosa che a me non interessa molto, anche perché io voglio fare chimica ambientale, non medicina.

Decido di andare in bagno per darmi una rinfrescata e per cercare tra i medicinali qualcosa che possa andare bene per lo stomaco, ma appena arrivo in cima al corridoio mi blocco.
Inizio a sudare freddo, il dolore allo stomaco aumenta specialmente quando il mio olfatto capta un odore di ruggine così impregnante che dopo pochi secondi non lo sento più.

Sono ancora all'inizio del corridoio, i miei piedi non si riescono a muovere, indosso il mio vestitino bianco con i fiori rossi e blu, ai piedi porto dei sandali bianchi, ma fa caldo.
Siamo in pieno Giugno, è il primo anno dopo decenni che si registrava un caldo così afoso, così opprimente che addirittura ti fa grondare dal sudore.

<<Emily>> chiamo di nuovo mia sorella, ma non ricevo risposta.

Inizio ad incamminarmi, Sofia non è in casa perché è andata a fare la spesa, ma lei deve esserci per forza.
Quando arrivo a metà strada vedo la porta socchiusa e la luce debole del sole entrare dalla finestra della sua camera, ma quello che mi fa contrarre le sopracciglia è il perché è accesa la luce del comodino, quella che solitamente usa per leggere.

Inizio a sudare freddo anche se fa caldo.
Sento il cuore salirmi in gola.
Le mie gambe tremano, così il resto del mio corpo.
Provo a chiamarla di nuovo ma non mi risponde.
Perché?

<<Emily...>> e mentre la mia mano entra in collisione con il legno della porta per aprirla, lo scenario che mi ritrovo davanti è degno da film horror.

Non riesco a vedere niente.
I miei occhi sono sbarrati.
Non sono velati dalle lacrime.
Ma dovrebbero esserlo.
Il mio cuore si è fermato.
Il mio respiro si è fermato.
Tutto di me è morto.

Mi avvicino quel che basta per rendermi conto che non è un sogno.
E' la realtà.
E la realtà è vedere Emily sdraiata supina con gli occhi spalancati privi di vita.
Non ci sono emozioni.
Non esprimono niente.
Guardano un punto fisso sopra il soffitto.
Ma sono più scuri.
Come se la sua anima fosse stata prosciugata fino all'ultima goccia.

Solo adesso mi rendo conto del coltello brillare sulla mano destra imbrattato di sangue.
Il suo.
Le lenzuola sono diventate rosse, non sono più azzurre, il suo colore preferito.
C'è sangue.
C'è sangue ovunque.
Sono in un altro mondo.
Sento i suoni ovattati.
Sento il suono delle gocce di sangue che cadono dal letto al pavimento, scendono una dietro l'altra che ormai hanno creato una pozza per terra.

Ho le gambe che tremano così tanto che il mio corpo cede, e da solo si mette a sedere di fianco a lei.
Non mi importa del sangue.
Non mi importa della puzza.
Non mi importa di niente.
Mi importa di lei.
Mi importa che una parte di me è morta.
Qui.
In questo letto.
In questa camera.
In questa casa.
In questa vita.

Scoppiando in un pianto isterico mi metto di fianco a lei e la abbraccio così forte da farle male.
Ma lei non sente.
Non sente niente.

FINE FLASHBACK

Quel giorno mi ricordo che ho passato l'intero pomeriggio vicino a lei e poi basta, nient'altro.
Non so come sono uscita da quella camera.
Non so come ho fatto a ritrovarmi in ospedale.
Non so come ho fatto a sopravvivere.
Non so come ho permesso a me stessa di andare avanti a vivere.

Scuotendo la testa respiro profondamente prima di iniziare a camminare verso il mio inferno.
Non metto piede in quella parte di casa da quel giorno.
Ho sempre messo un limite.
Per non oltrepassarlo.
E invece oggi lo farò.

Determinata inizio ad aumentare il passo finchè non arrivo davanti a quella porta, e girando la maniglia scopro che non è chiusa a chiave.

Dopo quel giorno mi ricordo che i miei mi dissero che quella camera non sarebbe più stata aperta, loro ovviamente ci passano davanti ogni volta per andare nella loro camera, però è un capitolo chiuso, è una parte della loro vita che vogliono dimenticare, o almeno così fanno credere.
Anche se sono dura con loro so che soffrono molto, specialmente mia madre.
Solo a pronunciare il suo nome vedo come gli occhi le si riempiono di lacrime.
Cerca di non darlo a vedere, ma in realtà lo notano tutti.

Nel momento in cui apro la porta della sua camera sembra di fare un tuffo nel passato.
Il profumo di cannella entra in contatto con il mio olfatto e la luce del sole si infrange contro le tende azzurre che coprono la finestra.
I mobili sono sempre gli stessi, i pochi pupazzi che c'erano sulla poltroncina di pelle bianca sono rimasti al loro posto e il letto è stato sistemato con le sue coperte preferite, ma il tappetto bianco non c'è più, adesso si vede solo il pavimento in legno chiaro sul quale si vede, anche se poco, la macchia al lato del letto.
Cerco di distogliere lo sguardo e mi focalizzo su quello che c'è sulla scrivania.
Non è stato toccato proprio niente.

Ci sono ancora i suoi libri.
Ci sono ancora i suoi quaderni ricoperti dalla sua scrittura.
Ci sono ancora i suoi appunti.
Ci sono ancora i suoi post it sparsi ovunque.
Lei andava matti per quelli.

E poi c'è la bacheca.
Quel pezzo di legno di sughero sul quale sono appese le sue foto preferite.

Ci siamo solo io e lei.
Alcune anche con Sofia.
Ma la maggior siamo noi due.
Sorridiamo.
Ridiamo.
Facciamo smorfie buffe.
Siamo noi.
Solamente noi.

Ma il mio obiettivo in questo momento non sono i ricordi.
E' trovarla.

Come una pazza inizio ad aprire tutti i cassetti, gli armadi, guardo anche sotto il letto ma non riesco a trovare niente.
Non è facile, e se la conoscevo almeno un po' sapevo che l'avrebbe nascosta in un posto che nessuno avrebbe mai immaginato.
Ma dove?

Sono seduta per terra, di fianco al suo letto, con le mani tra i capelli e non so più da che parte guardare.
Non la conoscevo.
Punto.
Mi sono illusa.
Come una stupida.
A volte l'apparenza inganna.
Ha vinto lei.
Di nuovo.

Sbuffando mi rimetto in piedi da sola e quando sto per lanciare bandiera bianca uno scricchiolio del pavimento si propaga in tutta la stanza.
Faccio avanti e indietro con la gamba sperando di aver sentito male, ma non lo è.
Picchietto il piede sul tassello di legno e sento un vuoto, come se non ci fosse niente sotto.

Ma è impossibile.

Mi inginocchio e cerco di capire qualcosa, ma quando vedo una sorta di filo trasparente uscire letteralmente dal pavimento, in particolare tra una pezzo di legno e l'altro, vedo il mio biglietto di sola andata per la verità.
Con tutta la forza che ho tiro il filo sperando di non spezzarlo e quello che ricevo in cambio è una nube di polvere che si propaga davanti al mio viso, costringendomi a tossire e sventolare la mano in modo da mandare via l'aria tossica insieme a tutti gli acari in essa contenuti, e quando ce la faccio direziono gli occhi dentro al buco che si trova sotto di me.

Non riesco a vedere nulla e una parte di me ha paura di metterci dentro le mani, magari tocco qualcosa che non devo toccare.
Solo all'idea mi viene da vomitare.

Armandomi di torcia del telefono direziono la luce nel buco e strabuzzo gli occhi nel vedere quello che c'è dentro.
Ma quanta roba c'è qui?
Allungo la mano per prendere tutto il contenuto, con l'intento di metterlo sul pavimento e vedere il tutto con calma, ma come sempre il tempo non è dalla mia parte.

<<Chloe, sono tornata>> annuncia il suo ritorno Sofia dal pian terreno.

Il mio braccio continua a muoversi per raccogliere la roba, ma poi?
Cosa faccio?

Rimetto a posto il pavimento eliminando i residui di polvere intorno con la mano, e quando sento il suono di scarpe entrare in contatto con il legno delle scale mi sale il cuore in gola.

Ammucchio tutto contro il muro per non destare sospetti e alzandomi corro verso la porta e la chiudo dietro di me, faccio in tempo ad allontanarmi che la figura di Sofia entra nel mio campo ottico con un ombra scura sul viso.

<<Tesoro tutto bene?>> mi chiede preoccupata avvicinandosi e mettendomi una mano sulla guancia.

A parte il fatto che ho scoperto il nascondiglio di Emily nel quale ci possono essere prove sulla sua morte improvvisa?

<<Si tutto bene, sono andata un secondo in bagno. Vuoi una mano a mettere via la spesa?>> ma senza aspettare una sua risposta mi dirigo di sotto, in cucina, dove trovo sei sacchetti pieni di cibo, come se dovesse sfamare un esercito per il resto della settimana.

Inizio a passarmi le mani sul viso per togliere il pallore che presumo avere dopo quello che ho visto pochi minuti fa, e inizio a pensare a qualcosa di bello, che mi rende felice, per togliere la mia espressione da stupore misto rabbia misto delusione dal mio volto, ma il mio umore non lo posso cambiare.
Non posso cambiare niente.

In silenzio mi raggiunge e anche lei inizia a sistemare, e quando sto chiudendo il cassetto del frigorifero nel quale ho appena messo i limoni, ecco che la realtà mi investe un'altra volta : <<Hai preparato la valigia? Ti ho stirato alcune cose che hai portato a casa e->>

<<Si ho visto, adesso vado a sistemare il tutto>> e le faccio un piccolo sorriso allontanandomi, però non mi lascia andare.

Come un robot al quale hanno appena assegnato il comando "Voltati" mi giro automaticamente verso di lei che come sempre riesce a leggermi negli occhi.

Forse è l'unica che riesce a farlo.
Forse è l'unica che mi capisce.
Forse è l'unica che sa cosa provo.
Forse è l'unica che sa quando mento e quando dico la verità.
E' l'unica.

<<Cosa ti tormenta Chloe? Lo vedo dai tuoi occhi che c'è qualcosa che non va. E' successo qualcosa al college? E' successo qualcosa con qualcuno? A me puoi dirlo>> mi incoraggia a parlare sfregando le mani sulle mie braccia.

<<Sono solo triste per il fatto che domani ritorno là e non ti vedrò per un'altra settimana>> sussurro a bassa voce mentre guardo la punta dei miei piedi per nascondermi da lei.

E forse sono solo triste per quello.
Ma non è vero.

<<Facciamo così. Adesso io e te andremo a mangiare ovunque tu voglia, dopodiché torneremo qui a preparare la valigia insieme. Ti va?>>

E forse è l'unica a leggermi nel pensiero.
Forse è l'unica che in qualche modo cerca di strapparmi un sorriso.
Forse è l'unica che ci riesce.
E' lei.
Solo lei.

***********************************

<<Mi raccomando, se hai bisogno o per qualunque cosa, anche la più banale, chiama. D'accordo?>> continua a ripetermi da quando sulla soglia di casa.

Per tutto il tempo non ha fatto altro che dirmi le stesse identiche cose.
Anche quando mangiava la sua insalata non la smetteva di parlare.
Non riesce proprio a stare zitta, in senso buono ovviamente.

<<Si lo so. Ti scrivo appena arriviamo>> e prendendo il manico della valigia mi incammino verso la macchina di Andrew con il bagagliaio aperto, lui che con la mano saluta Sofia e Maggie che sorride, forse per trattenersi dal ridere visto la scena di poco fa.


INIZIO FLASHBACK

<<Allora valigia fatta, sacchetto con le cose del bagno che ti mancano...>> dice spuntando la lista scritta su un figlio di carta con la penna <<...e quello?>> domanda dubbiosa indicando l'altro sacchetto che devo assolutamente portare via.

<<Ah sono cose che avevo promesso di portare a Charlotte, niente di che>> e superandola le imbosco nella valigia senza destare sospetti.

<<Perfetto allora siamo a posto>> e al termine della frase ecco che sento il clacson del mio passaggio fino al campus.

<<Oddio sono arrivati. Devo conoscerli assolutamente>> esulta saltando come una quattordicenne nella mia camera prima di precipitarsi alla porta d'ingresso.

Non faccio in tempo a raggiungerla che avrei tanto voglia di tornare in casa, uscire dalla porta della cucina che dà sul piccolo giardino sul retro della casa, prendere una pala e iniziare a scavare una fossa nel quale buttarmici dentro e chi si è visto si è visto.

<<Tu devi essere Andrew, ho sentito parlare tanto di te>> dice Sofia saltandogli letteralmente addosso e stringerlo in un abbraccio caloroso.

<<Spero solo cose belle, anche Chloe mi ha parlato di lei>> e le da una pacca sulla spalla per scrollarsela di dosso.

Che imbarazzo.

<<Salve>> ci raggiunge Maggie porgendole la mano.

<<Oh mio dio ragazzi non datemi del lei, mi fate sentire più vecchia di quanto io lo sia già>> e scansandosi dalla mano tesa della mia amica l'abbraccia sotto lo sguardo divertito di Andrew.

<<Bene è meglio andare>> e con la mano li incoraggio ad andare prima che vada davvero a scavarmi la fossa.

FINE FLASHBACK

<<Ciao ragazzi>> sventola la mano Sofia mentre Andrew dà gas e parte dal vialetto di casa mia.

Nei successivi cinque minuti nessuno fiata, finchè la prima a parlare nel momento in cui entriamo in autostrada sono proprio io : <<No comment>> dico semplicemente facendo scoppiare a ridere i due fratelli.

<<Ok, non è stata la scena migliore, ma farei qualunque cosa per avere una persona come Sofia in famiglia>> esprime i propri pensieri ad alta voce Maggie.

<<Sono d'accordo con mia sorella. Preferisco avere una persona pazza accanto piuttosto che non avere nessuno>> e nel dire quelle parole un senso di tristezza mi invade.

Ha ragione.
Hanno ragione.
Sono fortunata ad avere lei nella mia vita.
Ma la fortuna non è sempre dalla mia parte.
La fortuna è una faccia della medaglia.
Una faccia che esce una volta ogni tanto.
Una faccia che ha dall'altro lato la sfortuna.
Una faccia che è riservata a tutti.
Una faccia che ogni volta che esce devi incrociare le dita affinché tutto possa andare bene.
Ma non è sempre così.
Anzi.
Non è mai così.



SPAZIO AUTRICE✨⭐️
Finalmente dopo tanto tempo pubblico😍
Volevo scusarmi tantissimo, tra università e salute non so cosa sia stato peggio in questi mesi ma finalmente ci sono riuscita.
Non vi prometto che aggiornerò ogni settimana, ci proverò con tutta me stessa davvero!
Come state?❤️
Spero tutto bene, al prossimo aggiornamento🎀

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