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CAPITOLO 11

<<Si può sapere come diavolo ti sei fatta una cosa del genere?>> mi chiede furibonda indicando lo squarcio che ho sul braccio.

<<Te l'ho detto, stavo camminando e sono andata contro qualcosa che mi ha tagliato>> mi difendo mentre tengo lo sguardo fisso sulla parete per evitare di piangere dal male, anche se è molto delicata nel medicarmi la ferita.


INIZIO FLASHBACK

Merda, e adesso che faccio?

<<Alex c'è qualcuno di là>> dice la sua voce da vipera impaurita, neanche fossi un troll delle caverne.

Ad ogni passo che fa mi tremano ancora di più le gambe.
Sto per avere un attacco di panico.
Non voglio che mi scoprano.
Non voglio dare spiegazioni.
Non voglio fare la figura della.... aspetta.

Mi volto di scatto per capire da dove viene l'aria fresca che toglie in parte l'odore di marcio della cucina, e appena vedo la mia via d'uscita non ci penso due secondi, mi metto il cappuccio della felpa e mi lancio letteralmente fuori dalla finestra atterrando bruscamente sul patio.
Se stessi ad ascoltare il dolore che si irradia in ogni parte del mio corpo starei qui ancora per terra, sdraiata, e andrei incontro al mio destino, ma la mia mente pensa ad altro e senza che io me ne accorga le mia gambe stanno già correndo da sole, inseguite dall'unica persona che potrebbe uccidermi in questo momento, ma appena arrivo al confine non sento niente dietro di me.
Non sento più i suoi passi.
Non mi giro perché così potrei far saltare la mia copertura, ma so dentro di me che si è fermato e sta guardando dove possa andare, ma io sono più furba e mi immetto nella strada principiale che collega tutte quelle secondarie, così da sviarlo.

FINE FLASHBACK

<<E dove sei andata?>> continua a chiedermi mentre mi mette una fasciatura.

<<A fare un giro, non avevo voglia di rimanete chiusa in stanza tutta la mattina>>

Fa finta di crederci ma lo sa anche lei che quello che le sto raccontando sono solo bugie.

Sto per esplodere.
Ho voglia di dire quello che sto facendo a qualcuno.
Ma io non mi fido di nessuno.
So che li considero miei amici.
O quasi.
E gli amici servono a quello.
Ma io non riesco.
Almeno, non ancora.

<<Ecco fatto. Te lo medico stasera e ancora domani mattina, poi quando tornerai a casa vedi di disinfettarla almeno due volte al giorno finchè non inizia a cicatrizzare. Nel frattempo stai attenta a non fare movimenti bruschi e quando devi farti la doccia non bagnare la benda, altrimenti si inzuppa e non aiuti di certo la ferita>> mi ammonisce alzandosi dal letto e andando a buttare l'occorrente che ha utilizzato per medicarmi.

Ringraziandola ancora, anche perché senza di lei non ce l'avrei mai fatta, usufruisco del tempo che ci impiega ad andare in bagno per prendere le foto dalla tasca dei pantaloni e infilarle nel cassetto del comodino vicino al mio letto.

Non posso vederle adesso.
E' troppo pericoloso.
Però la curiosità mi sta mangiando il fegato.
Sono lì.
Ad una spanna da me.
E non posso fare altro che contare i minuti che mi separano da altri indizi da aggiungere alla mia lista improvvisata.

<<Hai fame? Vuoi che ti porto qualcosa da mangiare?>> mi domanda con premura rimettendosi la giacca di jeans per uscire.

<<No non preoccuparti, non ho fame>> e altra bugia sganciata.

<<Va bene. Riposa il braccio, non fare sforzi. Ci vediamo dopo>> e lasciandomi un bacio volante se ne va di nuovo.

Finalmente.

Stando attenta a non fare movimenti strani apro il cassetto ed eccole che mi guardano.
Le immagini non sono racchiuse in carta da fotografia comune, sembrano stampate da quelle macchine fotografiche che danno la possibilità di scattare una foto e rivederla immediatamente, già stampata dopo appena una manciata di secondi.
Per fortuna non sono in bianco e nero ma a colori, almeno si possono distinguere dettagli, persone, facce...

Prendendo un respiro profondo allungo la mano e le prendo per avvicinarle ed esaminarle.

La prima foto ritrae l'intero gruppo : Emily, Charly, Andrew, Tom, Peter, Mark e anche Alexander.
Sono tutti felici, sorridono verso l'obiettivo con i loro bicchieri alzati, come se stessero brindando a qualcosa di importante, oppure no.
Non c'è nulla di sospetto, sono circondati da tante persone e come sospettavo sono alla casa in mezzo al bosco.

Sbuffando per il primo tentativo fallito passo alla seconda foto e non credo ai miei occhi.
L'immagine non è di buona qualità ma si vede uno dei tasselli del puzzle.

C'è lei.
C'è lei seduta sulle gambe di qualcuno che è disteso sul divano.
Non si vede il ragazzo, però ai miei occhi si vede lei che tira dei dadi su un tavolino.
Quei dadi.
Quei dadi che non avevano alcun significato.
Quei dadi che mi sono stati recapitati da qualcuno che non conosco.
Ma lui conosce me.

Nella foto riesco a riconoscere l'intera squadra di nuoto, ad eccezione di Tom, che sta in cerchio a questo tavolino e osserva quello che succede.

Ma cosa succede?
Dalla foto riesco a capire che c'è qualcosa su quella superficie di legno.
Ma cosa?
In cosa si è immischiata Emily?
Cosa servivano i dadi?
Cosa c'entra la lista?
Devo trovarla.
E devo farlo.
Questo weekend.
Devo affrontare le mie paure.
Non posso continuare a rimandare.

Un colpo violento mi fa saltare sul letto e appena capisco che si tratta di qualcuno che bussa alla porta non faccio in tempo ad alzarmi che : <<Chloe apri questa cazzo di porta>> urla dall'altra parte.

Oh no.

Rimango immobile nel punto in cui sono con la speranza che se ne vada, ma i colpi non cessano, le urla non si placano e se va avanti così tra poco rischia di sfondare la porta e a quel punto non saprei che cosa fare, come comportarmi, ma come se qualcuno ascoltasse le mie preghiere ecco che arriva la mia salvezza.

<<Ma sei impazzito? Chiamo la sicurezza del campus se non te ne vai>> gli urla contro Clara.

Con cautela, in punta dei piedi, mi avvicino alla porta per sentire cosa ha da dire e appena appoggio l'orecchio al pezzo di legno che mi separa da lui : <<Sto cercando Chloe, è urgente>> dice disperato come se fosse questione di vita o di morte.

Per me è una questione di morte, altro che di vita.

<<Non c'è, l'ho vista uscire poco fa>> gli risponde con voce ferma e decisa.

Lo sento sbuffare profondamente e ringraziandola sento i suoi passi allontanarsi, ma quando mi sto per allontanare per tornare dov'ero ecco che sento il tocco delicato del mio angelo custode.

<<Ciao>> e mentre le apro la porta non faccio in tempo a dire altro che subito entra come una furia in camera mia e si gira verso di me con le braccia incrociate, pronta per ascoltare la spiegazione di quanto accaduto poco fa.

C'è l'ho.
Ma non ce l'ho.

<<Dunque>> e spazientita inizia a picchiettare il piede sul pavimento chiudendo gli occhi a fessura.

<<Avrà sbagliato stanza>> le rispondo alzando le spalle e per fortuna che ho rimesso la felpa, altrimenti dovevo spiegare anche dello squarcio che ho sul braccio.

<<Si certo, come no, e adesso il nome Zoey si è trasformato in Chloe>> e alzando gli occhi al cielo mi raggiunge seduta sul letto.

<<No lo so del perché mi cercava, non sono veggente>> le rispondo sistemando meglio la testa sul cuscino.

<<Forse voleva scusarsi per quello che è successo ieri sera>> osserva dubbiosa.

<<Forse>> le ribatto.

Dentro di me muoio dalla voglia di scoprire il perché mi cercava, perché proprio me e non qualcun altro, però dall'altra non voglio sapere se mi ha riconosciuta stamattina.

Non voglio parlare con lui.
Non voglio discutere con lui.
Ieri sera avevo paura.
Avevo paura della sua voce.
Profonda.
Minacciosa.
Da farmi venire i brividi.

<<Va beh lasciamo perdere il discorso Alexander, ma se dovessi incontrarlo di nuovo dimmelo perché voglio i dettagli. Ci vediamo più tardi>> ma prima che possa alzarsi dal letto e andarsene : <<Clara, tu per caso sapevi se mia sorella si frequentasse con qualcuno?>>

Si gira lentamente e corrugando la fronte e le sopracciglia mi guarda con un punto interrogativo : <<Perché questa domanda?>> mi controbatte appoggiandosi alla soglia della porta.

<<Così>> e alzo le spalle per non destare sospetti.

<<Che io sappia no, ma dovresti chiede a Charly, erano sicuramente più in confidenza. Ciao ciao>> e salutandomi con la mano se ne va chiudendo la porta dietro di sé.

Che palle.
Ogni volta che scopro qualcosa in più c'è sempre qualcosa, o qualcuno, che mi deve ostacolare.
Ed è Charly.
Perché ogni strada che imbocco porta sempre a lei?
Avrei in mente una soluzione.
Ma è troppo.
Non mi permetterei mai.
......
Oh al diavolo.

Alzandomi dal letto e guardando l'ora per assicurarmi che sia a lezione, apro le ante del suo armadio e inizio a cercare qualcosa, qualsiasi cosa.

Biglietti.
Foto.
Indizi.
Prove.

Frugo in ogni cassetto del comodino e della scrivania, su ogni mensola e quando sto cercando nell'unico posto in cui dovevo cercare ecco che trovo qualcosa.
Allungando il braccio sano riesco a prendere la scatola di legno sotto il letto e appena riesco ad averla tra le mie mani la esamino prima di aprirla.
E' in legno bianco con dei disegni in stile arabo color argento...assomigliano a quelli del sacchettino di stoffa in cui ho trovato i dadi nel bosco.

Impaziente prendo con le dita il gancio che tiene chiuso il coperto e non faccio in tempo ad aprirlo che, come se fosse un giocattolo dal quale salta fuori la sorpresa, al posto dei coriandoli ci sono continui e continui fogli di carta che, come potevo immaginare, si cospargono su tutto il pavimento.
Raccogliendoli velocemente inizio ad assemblarli, e mentre lo faccio noto che sono lettere scritte a mano con alla fine la stessa firma : Tom.
Sono lettere d'amore.
Che cosa romantica.

Ma questo non mi aiuta a scoprire nuovi elementi.
Non mi porta a niente.
Ma nulla è perduto.
Non finchè ho un dejavu.
Dadi.
Due semplici dadi.
Abbandonati sul fondo della scatola.
Due semplici dadi che all'apparenza non significano niente.
Ma significano tutto.
Per loro.
Ma per me?

***************************

<<Festeggiamo la prima settimana di college>> ci incita Charly ad alzare i nostri drink verso l'alto e fare il classico cin cin.

Dopo tutte le scoperte in una sola giornata mi sono precipitata dalla mia migliore amica : la doccia fredda.
Solitamente viene utilizzata quando una persona si ubriaca talmente tanto da non ricordarsi più neanche il suo nome, per farle riprendere coscienza, o almeno l'intento è quello.
Ma io non sono ubriaca.

Sono una persona normale.
Sono una persona come tutte le altre.
Sono una ragazza che non ha problemi.
Sono una ragazza che ha tutto nella vita.
Sono una ragazza che si fida delle persone.
Sono una ragazza che sta cercando di prendere in giro se stessa.
Perché non è vero niente.
Non sono una persona normale.
Non sono una persona come tutte le altre.
Non sono una ragazza che non ha problemi.
Non sono una ragazza che ha tutto nella vita.
Non sono una ragazza che si fida delle persone.

<<Chloe tutto bene?>> chiede premuroso Andrew vicino a me.

<<Si tutto a posto, sono persa nei miei pensieri, come sempre>> gli sorrido velocemente prima di prendere un sorso della mia bevanda analcolica.

Come ha detto il mio medico personale, non posso assumere alcool quando allo stesso tempo prendo medicine per far rimarginare la ferita che ho sul braccio.
Per fortuna Charly non ha detto niente a nessuno e come se non bastasse mi ha prestato un suo maglioncino nero a maniche lunghe con intrecci sul davanti, non pesante e neanche troppo leggero, che ho abbinato a semplici jeans e stivaletti da biker, per non destare sospetti.

Stasera siamo presenti solo noi tre.
Clara l'abbiamo vista di sfuggita mentre andava da qualche parte con un gruppo di persone che da quel che mi ha spiegato Charly fanno parte del comitato degli studenti, a breve arriveranno alcuni ragazzi inglesi per gli scambi culturali annuali.
Harper da quel che ha capito Andrew, visto che Charly non riesce a tollerarla a causa di Tom, ha preferito rimanere in camera a sistemare alcune cose, ma non me la bevo.
Penso che il minimo di tolleranza tra le due è reciproco.
Mentre Maggie...

<<Ciao ragazzi, pensavo di non riuscire ad arrivare in tempo invece eccomi qui. Di che parlavate?>> chiede buttandosi a peso morto sulla sedia di fianco a Charly.

<<Niente di che, festeggiamento la fine della prima settimana di lezioni>> alzo le spalle sorseggiando la mia bevanda.

<<Come è andata con Alex?>> chiede Andrew a sua sorella, ma solo a sentire pronunciare il suo nome mi va di traverso quello che sto bevendo, riempiendomi così gli occhi di lacrime per i continui colpi di tosse.

<<Tutto bene, anche se devo dire che era un po' strano oggi, come se fosse preoccupato o altro, non so>> riflette ad alta voce attirando l'attenzione di tutto il tavolo, specialmente la mia dopo che Andrew mi ha salvata da morte certa.

<<Alexander Brown preoccupato? Non ci credo neanche se lo vedo. Perdonami perché è tuo fratello, ma Alex credo che sia la persona più menefreghista di tutto il pianeta, e ne ho conosciuti tanti>> ribatte Charly seria, come se lo conoscesse bene.

Ma che stupida, lo conosce bene.

<<Non è vero. Fa credere agli altri che non glie ne importa, ma in realtà non è così, fidati Charly...>> la rassicura Andrew <<...ad ogni modo, ti ha detto o fatto qualcosa?>>

<<No, ho avuto solo quella impressione, magari mi sbaglio>>

Mi sto facendo troppi film mentali.
Non può essere preoccupato per me.
Non gira sempre tutto intorno a me.
E poi non siamo in confidenza.
Come fa uno sconosciuto a preoccuparsi per me?

Il telefono sul tavolo inizia ad illuminarsi e prendendo la scusa del "ragazzi c'è troppo casino" esco non solo per rispondere, ma anche per prendere una boccata d'aria.

<<Ciao Sofia>> rispondo contenta di sentirla.

<<No amore sono la mamma>> e sono alla sua voce mi blocco.

Non sento più il freddo della sera scagliarsi contro di me.
Non sento più le voci delle persone fuori dal bar di Frank.
Non sento più il richiamo della sua voce.
Non sento niente.

<<Chloe io->>

<<Non vedi che sono al telefono?>> gli ringhio prima di allontanarmi e mettendo una certa distanza visto che non ha nessuna intenzione di muoversi da dov'è, e se non la smette di guardarmi giuro che...

<<Chloe ci sei?>> chiede preoccupata dall'altro capo del telefono.

<<Si scusa, stavi dicendo?>>

<<Chi era?>> continua a chiedere dubbiosa.

<<Niente, era un mio compagno di corso che mi voleva salutare>> mi invento.

Di certo non le dico che ho conosciuto i figli dei signori Brown, mi terrebbe al telefono ore per sapere dove, quando, come e perché, e di certo non le dico un bel niente.
Non c'è il classico rapporto madre e figlia tra noi.
Siamo due sconosciute.
Lei non si interessa di me.
Io non mi interesso di lei.

<<Ah. Domani torni per che ora?>>

<<Non lo so ancora, penso per l'ora di cena>> le rispondo incerta, non essendomi ancora messa d'accordo con Andrew.

<<Va bene, non vedo l'ora di vederti e sentire come va il college. Buona serata ci vediamo domani, ti salutano papà e Sofia>> e riaggancia lasciandomi un po' perplessa.

Come mai tutta questa...scena?
Da quando vuole sapere cosa faccio?
E poi perché mi ha chiamata con il telefono di Sofia?

<<Chloe>> mi richiama di nuovo e sbuffando mi limito a girarmi sul posto costringendomi così a guardarlo.

Ma come fa ad essere così...non trovo neanche un termine appropriato per definirlo.
Secondo me anche con un sacchetto dell'immondizia starebbe bene.
Però è monotono.
Sempre in jeans neri strappati, maglietta bianca e giacca di pelle nera.
Però è perfetto.
Cavolo se è perfetto.
E' la personificazione di un dio greco.
Ma che diavolo sto pensando?

<<Cosa vuoi ancora da me?>> gli chiedo esasperata.

<<Io volevo...>> ma non riesce a parlare, cerca di trasmettermi qualcosa con gli occhi e capisco anche cosa.

Non sono pronta.
Non sono pronta a dirgli il perché ero lì oggi.
Non sono pronta a subire la sua ira.
Non sono pronta a vedere il lato oscuro di lui.

<<Volevi?>> lo sprono a continuare incrociando le braccia e aspettando le cinque paroline magiche "so che eri tu oggi" che mi porteranno nel girone della vergogna.

<<Volevo chiederti scusa>>

Che?

<<Per cosa?>> corrugo le sopracciglia non capendo le sue scuse.

<<Per ieri sera. Zoey a volte è molto possessiva e dice cose che non pensa quando perde la testa. Non era sua intenzione dire quelle cose su Emily>> prende le sue difese passando la mano nel ciuffo ribelle che invoglia tanto a toccarlo.

Non solo il ciuffo.
Tutto di lui.
Mi attrae.
A livello fisico.
A livello mentale.
Ma non lo conosco.
Lui non conosce me.
Lui è impegnato.
Io anche.
Mentalmente.

<<Scuse accettate>> e stringendomi nella giacca lo supero invano.

<<Non ho finito...>> ed ecco che mi sembrava strano che fosse venuto solo per scusarsi <<...volevo dirti che mi dispiace per Emily. Eravamo amici e non riesco ancora a crederci per quello che ha fatto>> e sconvolto abbassa lo sguardo, come se avesse paura di farmi vedere le sue emozioni sprigionarsi negli occhi.

<<Come vi siete conosciuti tu ed Emily?>> chiedo curiosa.

<<E' una storia un po' lunga>> e fa un piccolo sorriso che si reprime subito non appena alle mie spalle compaiono i suoi amici.

<<Ciao ragazzi, come stai Chloe?>> mi chiede Peter non appena mi affianca seguito da Mark che si limita a farmi un cenno con la testa.

<<Bene voi?>> con riferimento alla persona che ogni volta che mi vede non apre bocca e appena si allontana diventa il ragazzo più socievole del mondo.

<<Non c'è male. Entriamo?>> mi indica il bar e mentre tutti sono intenti a seguirlo io rimango lì ferma, immobile.

<<Non vieni?>> mi domanda di nuovo Peter non vedendomi muovere.

<<Si arrivo tra un secondo>> lo rassicuro con un piccolo sorriso.

Ho una brutta sensazione.
Ho qualcosa che non va.
Non so cosa.
Il mio cuore batte velocemente.
I miei piedi non si muovono.
Il mio cervello non comunica con il resto del corpo.
Si muove da solo.
Elabora da solo.
Mi invia segnali di allarme.
Mi dice di allontanarmi.
Perché?


SPAZIO AUTRICE✨⭐️
Buonasera a tutti, finalmente ho aggiornato😍😎
Perdonatemi se sono poco attiva sia qui che sui social ma sono stra presa con l'ultimo anno di università, troppe cose da fare come sempre😭😭
Spero che il capitolo sia all'altezza degli altri, per farmelo sapere commenti e stelline⭐️⭐️
Al prossimo aggiornamento🎀

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