Ragazzo del ghetto (1di2)
La foschia aveva ricoperto il Duomo quasi del tutto mentre Neri correva sotto la pioggia.
Sentiva ancora le gambe appesantite dalla recente partita contro la Settignanese. Faceva male tutto ma non importava. Quando il caos gli entrava in testa, correre era l'unica soluzione...
Il palo ingiusto degli ultimi venti secondi che gli aveva impedito di strappare il pareggio alla prima in classifica, le urla di suo padre mentre sua madre spaccava a terra i piatti, suo fratello maggiore strafatto che urinava sui gerani convinto di essere in bagno, il quattro a storia e quella troia di Jessica a pomiciare duro con Maurizio... era stato davvero un sabato orrendo! Se non si era messo a rompere cose o a spaccarsi le mani a suon di pugni era stato solo grazie a Manfredi.
Manfredi abitava nella sua stessa palazzina ed era un tipo troppo intelligente per essere nato nel ghetto e quando sentiva urlare dall'appartamento di sotto, correva subito a recuperare il suo amico. Manfredi era uno calmo a differenza sua. Lui non aveva il pugno facile, anche quando Brandon e i suoi lo prendevano di mira e lo lanciavano in Arno.
Manfredi sapeva che un domani avrebbe avuto una casa migliore e che a differenza di molti perdigiorno del quartiere, grazie allo studio, non sarebbe finito a spaccarsi la schiena in una mansione che non c'entrava niente con le sue passioni.
Manfredi era una perla nella sporcizia.
- Avete giocato molto meglio della Settignanese a parer mio. Le avete tenuto testa sino alla fine e quel goal mancato, beh, lasciatelo dire, dovresti allenarti di più. – aveva detto Manfredi, quella stessa mattina, sotto il porticato della chiesa. A nessuno della famiglia di Neri importava granché di Dio, ma farsi vedere presenti ogni domenica era fondamentale per avere aiuti dal prete.
- Non salto un solo allenamento, lo sai. -
- So anche che se qualcuno vuole fare degli extra, la società non dice di no. Alcuni dei tuoi compagni già lo fanno.-
- Sarà... ma non so quanto mi stiano simpatici. Quando eravamo esordienti c'erano molti dei miei, ma ora che siamo nel giovanile, sono rimasto solo io del ghetto. Mi guardano tutti dall'alto in basso. Mica sono convinto di continuare. -
- Non dire cazzate... -
Manfredi parlava con la sicurezza e la spavalderia di un giocatore di rugby quando in realtà somigliava più a uno smilzo scacchista. Non temeva una reazione violenta di Neri, sapeva che non avrebbe mai alzato le mani su di lui. Quelle braccia muscolose, allenate in una palestra abusiva assieme a molti giovani del suo quartiere, non lo avrebbero mai infilato in bidoni della nettezza o in altri posti schifosi. Lui non era più come Brandon...
Il calcio lo aveva salvato.
Mentre nelle sante navate si continuava a pregare, con il cielo bigio a far da scenario all'ennesima giornata uggiosa di novembre, Manfredi si avvicinò ancora a quel suo amico dagli occhi troppo grandi per essere destinato al ristretto orizzonte della vita di quartiere.
- Tu non ti devi sentire inferiore a quei ragazzi solo perché vivi qui. -
- Io non mi sento inferiore a nessuno! -
- Allora, presentati agli allenamenti mezz'ora prima. Non penso che loro avranno da obiettare. Sei titolare da oltre dieci partite. Sei in cima alla lista dei cannonieri. Hai già dimostrato quanto vali, adesso devi solo crescere con la tua squadra. -
Neri si ricordò di non aver mangiato solo quando giunse in prossimità di San Niccolò.
Nella sua testa, San Niccolò era collegato al cibo perché lui e Jessica avevano l'abitudine di fermarsi alle fontane per mangiare panini, schifezze o qualunque cosa avessero acquistato nelle viuzze limitrofe. Jessica era sempre stata un tipo esuberante, una di quelle fidanzate che non hanno paura di niente e di nessuno, con un sedere da capogiro ma che... mai e poi mai avrebbe creduto capace di tradirlo così.
E lei non sapeva ancora di essere stata beccata! Lo tempestava di messaggi e di chiamate da sabato sera, quando non si era presentato al ritrovo della compagnia. Aveva detto di non poter venire alla partita perché doveva studiare latino per lunedì, che se la bocciavano di nuovo, suo padre la rispediva al Creatore – e qui c'era poco da scherzare – ma probabilmente aveva passato tutto il pomeriggio con Maurizio.
- Ringrazia il cielo che hai scoperto Jessica dopo la partita. Scusa se te lo dico, ma a me la tua donna non è mai piaciuta. – era stato il commento di Manfredi, mentre giocavano a un vecchissimo picchia duro su una consolle ormai vintage.
Manfredi era un tipo un po' freddo, pragmatico e ordinato come la matematica che tanto apprezzava e la fisica che afferrava al volo. Ogni tanto, in casa spuntavano cartelle ospedaliere che riportavano il nome del suo unico vero amico ma Neri non si era mai azzardato a chiedere.
Ai suoi occhi, Manfredi era sano come un pesce. Non aveva mai rifiutato inviti in piscina e se si metteva a correre non gli veniva il fiatone. Faceva la lotta con lui anche se nelle risse era il primo a scappare... Ai suoi occhi, Manfredi stava benissimo, almeno fisicamente.
- Ohi! Biondo, sei tu?-
Fu la voce di Michelangelo a destarlo dai suoi pensieri. Senza rendersene conto, Neri si era fermato a metà della ciclabile, sotto l'ombra della grande torre antica. Michelangelo, ombrello in mano e grosso Maremmano al guinzaglio, se ne stava a neanche un metro da lui. Un grosso cerotto bianco gli nascondeva metà dell'alta fronte ampia.
- Oh! Come va la botta? -
- Ah! Che tronata ragazzi! - rise il portiere del Loggetta – Certo però che sfiga! Scommetto che l'ultimo goal lo avrei parato, se non fossi scivolato sul fango, schiantandomi contro il palo. -
- Ne hai parate tante, Michelangelo... –
- Chiamami Miche, Michelangelo fa troppo tutto a Firenze. -
- Non sapevo che avessi un cane – cambiò discorso Neri; ora gli angoli della bocca leggermente sollevati poi l'attenzione al grosso cucciolo dal pelo nero. – Posso? –
- A voglia! Ma ti avviso, adora le coccole ed è un po' bagnato. Piove dalle otto e volevo aspettare che smettesse per farlo uscire, ma non resisteva più. –
- Sei sveglio dalle otto?! Ma è domenica! –
- Lo so, ma quando i miei non ci sono, Rex è una responsabilità mia. - spiegò Michelangelo, divertito da come Neri stava giocherellando con il suo Maremmano – piuttosto, ieri mia sorella ha invitato le sue amiche anoressiche a cena e come al solito è avanzata un mucchio di roba buona da mangiare. Ti va di pranzare insieme? Odio buttar via il cibo... -
- Beh... - Neri si prese qualche istante poi pensò a Manfredi e al casino che lo aspettava a casa - ...Non dico di no. – rispose avvertendo lo stomaco stringere. Fece una pausa poi si abbandonò a un grosso sospiro. – Grazie. –
- Ma di cosa... coglione! – rise Michelangelo, dandogli rapidamente le spalle. Neri ridusse gli occhi a due fessure e strinse i pugni poi di nuovo pensò a quel suo intelligente amico dai capelli castani e a tutte le loro conversazioni circa le reazioni intelligenti e quelle che procurano solo guai. Il coglione di Michelangelo non era come il coglione detto da Brandon.
Inutile dire che la casa di Michelangelo era letteralmente diversa dalla sua.
Innanzi tutto era ordinata e pulita. Niente mucchi di panni da lavare. Niente oggetti sparsi sul pavimento. I vetri facevano passare la luce senza che strani disegni opachi rendessero tutto più buio.
Non c'era odore né di umido né di piscio. Le dispense erano piene di cibo e lo sporco era diligentemente suddiviso per la raccolta differenziata. Nessuno russava rumorosamente sul divano, ubriaco fino a tal punto da rischiare di annegare nel proprio vomito. C'erano foto di famiglia messe qua e là nonché disegni appesi. Lui aveva mai disegnato da bambino? Sulle pareti di casa non c'era traccia della sua infanzia o di quella di suo fratello.
Per un attimo, Neri provò un enorme disagio e nella sua testa furono molteplici le scuse per andarsene, poi si fece forza. L'allenatore parlava spesso dello spirito di gruppo e di come non fosse un caso che le squadre forti vantassero gli stessi giocatori da anni.
Dal canto suo, Manfredi sosteneva che nel calcio l'intesa fra compagni la si crea anche al di fuori del rettangolo verde. Neri non sapeva quasi niente delle altre dieci persone che indossavano la sua stessa maglia.
- Come mai un ragazzo come te ha scelto una squadra come il Loggetta? -
- In che senso "uno come me?"- esclamò il portiere; l'espressione crucciata davanti allo specchio del bagno. Passò un asciugamano pulito a Neri in attesa di spiegazioni, poi ripose il phon e s'infilò nelle ciabatte.
- Voglio dire... sai bene dove si trova la società e che elementi ci girano. -
- Ok, ma questo che c'entra? Io alla Sales stavo da schifo. – spiegò Michelangelo, passando degli abiti asciutti a Neri.
- Perché alla Sales stavi da schifo? -
- Non mi trovavo. Sai, quando non c'è alchimia con il gruppo è un casino giocare bene. Alla Loggetta cercavano un portiere e quando si è presentato il vostro direttore sportivo non ci ho pensato un secondo di più a cambiare. Inoltre, sarei stato titolare da subito! Ho ragionato così. Fotte sega del quartiere! -
Non era poi così difficile parlare con Michelangelo. Aldilà di tutto, era un ragazzo di diciassette anni proprio come lui.
Dimenticandosi del cellulare silenzioso, Neri scoprì che anche le cosiddette brave ragazze degli istituti privati tradiscono e che non bisogna essere nati nel ghetto per azzardare un furtarello o stare zitti mentre picchiano uno...
Non tutte le brutte storie che raccontò Michelangelo lo riguardavano direttamente, ma più il tempo passava e più avvertiva la tensione scemare. Verso le due del pomeriggio, quasi osò scoprirsi a suo agio in quell'ambiente pulito e profumato che sapeva di normalità.
Manfredi aveva ragione, doveva iniziare a guardare i suoi compagni di squadra con altri occhi se desiderava migliorare e prendere la via del professionismo, facendo dell'unica cosa che sapeva fare bene, una carriera.
- Hai idea del perché Jessica ti abbia tradito? – domandò Michelangelo, mentre finiva di riscaldare i prelibati avanzi. Neri, fra un'occhiataccia alla saliera e una forchetta messa al posto del coltello, si prese qualche istante per rispondere. – Se posso chiedere, eh? –
- Non sono uno smidollato. Non mi pesa dirlo. Mi ha messo le corna perché si fa... -
- Si fa? -
- Sì, lui è uno che ottiene facilmente la roba. Io invece non voglio quella merda in corpo. Lei lo sa. Litigavamo spesso per il preservativo. Lei prende la pillola e non vuole usare altre protezioni, dice che non ce n'è bisogno ma so un corno io se quella si passa gli aghi con qualcuno, quando è fatta forte. Una volta mi sono calato roba. All'inizio fu wow, mi sentivo come il re del mondo, completamente su di giri, irriducibile e potentissimo. - raccontò spedito, domandandosi solo alla fine se stesse facendo bene o meno a confidarsi con Michelangelo - ...Poi sono tornato alla realtà con un vuoto di dodici ore da colmare, un amico in coma e il volante di un'automobile sconosciuta fra le mani – aggiunse con voce atona. Poi un mezzo sorriso e la forchetta posata sul tovagliolo immacolato – ci misi una settimana a colmare quel vuoto e a tornare a dormire sereno. A capire che Giuliano non era in coma perché avevo mandato l'auto fuori strada. -
- Cazzo. –
- Sì... cazzo davvero! -
- Io... Ho solo provato una pasta, in discoteca. Ma non è stato niente di che. – condivise Michelangelo. Le mani gli tremavano appena, mentre riempiva i piatti e mandava lo sguardo qua e là, come per metabolizzare storie alle quali non era del tutto pronto. – Carla mi ha tradito perché non sempre mi veniva duro. Lei dice che non eravamo compatibili ma so che è una bugia. –
- Sul serio?! – esclamò Neri, facendo tanto d'occhi. Michelangelo si morse le labbra e gli diede le spalle. – Scusa, non volevo giudicare. Capisco che è una bella... una bella... -
- Figura di merda?! Sì! Assolutamente. Poi non è più successo... ma ogni tanto, quando mi capita di farlo con una ragazza, io me lo chiedo. Funzionerà? -
- Certo che funzionerà.- sorrise Neri, poco prima di aprire la birra e di proporre a Michelangelo un piccolo brindisi. Fu allora che il portiere gli rivolse un caldo sorriso e che Neri provò una strana sensazione agrodolce.
Aveva azzeccato le parole giuste. Aveva appena fatto del bene a qualcuno che conosceva poco. Aveva fatto qualcosa di non banale in maniera spontanea, senza sforzi. Era stato bravo.
L'animo si rinfrancò e per qualche secondo, Neri si sentì diverso da un rifiuto del ghetto che si era sempre sentito fin dalla più tenera età.
Fine prima parte
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