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Prima prova - Fame

Prima prova - Fase a gironi
Girone: Boston
Giudice: ThomasPesaro

Chi: un/a vegano/a
Dove: Venezia
Come: apocalisse zombie, horror, sopravvivenza

Fame

"Le provviste stanno finendo".

Anna guardò Davide che aveva appena parlato, il viso nascosto dallo sportello aperto della dispensa. L'uomo lo richiuse e camminò, con quell'odioso modo di strascicare i piedi, fino ad una sedia. Anna arricciò il naso. Certo che stavano finendo. Non uscivano da quel rifugio da una settima. E i morsi della fame si facevano sempre più forti.

"Cos'è rimasto?", chiese, nonostante lo sapesse già. Davide distolse lo sguardo dal panorama fuori dalla finestra.

"Una scatoletta di mais e due di fagioli", rispose, strascicando anche le parole e accavallando le sillabe. Era tramontato il Sole da poco e fuori stava diventando via via più scuro.

"Domani usciremo", continuò, poi ritornò a fissare la finestra. Fuori, la pioggia leggera ticchettava sui vetri ancora intatti. Anna rispose un flebile "va bene", uscì dalla cucina e tornò nel soggiorno. La piccola Giulia - e Anna doveva smetterla di chiamarla "piccola", perché non lo era, ma nonostante avesse già quattordici anni lei non poteva fare a meno di considerarla una bambina - era rannicchiata sulla poltrona. Non parlò. Di sottofondo, nella stanza, il brusio della piccola radio a pile tenuta sempre accesa, nell'attesa speranzosa di notizie. L'unica stazione ancora funzionante non faceva altro che inviare sempre lo stesso messaggio in loop da quindici giorni.

"... si raccomanda di chiudersi dentro un edificio, al sicuro, sbarrare porte e finestre...", stava gracchiando. Lo conoscevano tutti a memoria, ma ormai ci avevano fatto l'abitudine e non dava più fastidio. Davide, all'inizio, dopo sei ore che l'avevano tenuta accesa, aveva scagliato la radio contro un muro. Quando poi erano usciti a cercare cibo, Giulia aveva insistito per prenderne un'altra.

"...in caso di contagio rivolgersi immediatamente al centro ospedaliero più vicino...". Anna si  avvicinò alla ragazzina e Giulia alzò la testa appoggiata sulle  ginocchia. Aveva gli occhi arrossati e gonfi, ma asciutti.

"Domani usciamo a cercare da mangiare", le disse.

"... di non ingerire assolutamente gli alimenti infetti indicati dal Ministero..."

La ragazzina strinse le labbra e fece un piccolo cenno con il capo.

"State attenti", sussurrò.

"Lo siamo sempre", rispose Anna. Le diede un bacio leggero sulla fronte. Si allontanò e andò nella camera da letto, dove tenevano le armi. Doveva controllare che tutto fosse in ordine, per il mattino seguente. Era l'unico modo per tenere a bada la paura -e non pensare al mal di stomaco che persisteva dagiorni. Dietro di lei la radio continuava a ronzare.

"... e di ricordare sempre di non tentare atti sconsiderati né di perdere le speranze: questa non èla fine del Mondo".

Il Sole freddo del mattino illuminava una Venezia completamente allagata e di color grigio-verde. La pioggia del giorno precedente aveva alzato il livello dell'acqua, che adesso probabilmente arrivava alla vita. Non c'era nessuno di sotto. Anna si allontanò dalla finestra del soggiorno. L'appartamento dove si erano rifugiati si trovava al secondo piano. Sarebbe stato molto più sicuro camminare sui tetti, se solo non fossero stati spioventi.

"Facciamo come la scorsa volta",esordì Davide, a rompere quel silenzio teso che era calato su di loro da quando si erano svegliati, quella mattina. "Io vado avanti e tu resti dietro a coprirmi le spalle", continuò l'uomo "saranno più lenti grazie all'acqua".

"Anche noi lo saremo", ribadì Anna. Davide rimase in silenzio per un po', mentre caricava la pistola che avevano trovato nel vecchio rifugio. Era lento, ma preciso. A lei, ogni volta che lo faceva, tremavano le mani. Stava succedendo anche adesso, mentre ricontrollava per l'ennesima volta i colpi nella sua rivoltella. Quell'arma apparteneva a suo fratello, un tempo.

"Meno di loro. Non ci faremo prendere", asserì l'uomo. Anna si mordicchiò l'unghia del pollice. Aveva preso quel vizio per il nervosismo e per la fame. Quando Davide si avviò verso l'ingresso lo seguì. Gettò un'occhiata a Giulia, ancora rannicchiata sulla poltrona e lei ricambiò il suo sguardo. Si sorrisero tristi, poi Anna attraversò la porta che l'uomo gli aveva lasciato aperta e la richiuse dietro di sé. Senza dire una parola, scesero al piano di sotto. Il corridoio era angusto e claustrofobico e i gradini delle scale alti e scivolosi per l'umidità. Davide le fece un cenno e Anna andò a controllare alla finestrella dell'ingresso. Nessuno all'esterno. Annuì verso l'uomo, che aprì la porta e uscì. L'acqua era arrivata a sfiorare il gradino su cui si trovava. Scese gli altri due lentamente, per non scivolare e si ritrovò sulla riva allagata del canale. Anna lo raggiunse, dopo aver sbarrato la porta. Il livello dell'acqua le arrivava alle anche. Non avevano portato nessun impermeabile. Avrebbero solo impacciato i loro movimenti.

"Dovremmo cercare una barca o qualcosa del genere", propose Davide. Lei non rispose. Le mani le stavano sudando e sentiva la presa sulla pistola farsi sempre più scivolosa. E lo stomaco continuava a farle male, sembrava che si stesse attorcigliando su sé stesso, mandando di tanto in tanto qualche fitta dolorosa. Si incamminarono verso sinistra, rasenti al muro. L'acqua era torbida e non si riusciva a vedere dove finisse la riva e cominciasse il canale. Raggiunsero un incrocio. Davide si fermò al palazzo che faceva da angolo e Anna fece lo stesso.L'alimentari che dovevano raggiungere si trovava due traverse più in là. Davide si sporse oltre il muro e controllò che il vicolo fosse libero. Quando vide un uomo poco lontano, si ritirò indietro.

"Hai visto qualcosa?", chiese preoccupata Anna. Davide annuì, trattenendo il fiato.

"Uno di Loro". Lei sgranò gli occhi.

"Ne sei certo?"

"Si"

"Come fai a dirlo, magari è un sopravvissuto come noi". Anna ci sperava davvero. Tutte le volte.Davide ne rimaneva sempre sorpreso.

"Aveva un cazzo di buco nel petto",rispose. La voce gli uscì più brusca di quanto volesse. Lei rimase in silenzio. L'uomo la guardò, poi sbloccò la sicura.

"Quando si avvicina gli sparo, tu cerca di correre avanti. Oppure nuota", le disse. "E controlla che non ci sia nessun altro". Si sporse ancora. Era più vicino, adesso. Cinque metri, forse. Ritornò dietro il muro. "Al mio tre parti. Uno, due...". Anna si tuffò in avanti e fece un paio di bracciate. Davide digrignò i denti e si parò di fronte all'uomo.Era a due metri da lui. Il buco nel petto era grande quanto un pugno.Il volto era devastato, parte della pelle si era staccata e pendeva inerte dal teschio. Gli sparò dritto in fronte. Quello cadde all'indietro nell'acqua. Il tanfo di morte tipico di quegli esseri gli entrò nelle narici. Una volta erano umani, prima di essere infettati da quel dannato virus. Davide si guardò intorno, poi vide Anna che lo fissava poco distante. I capelli lunghi, stretti in una coda le si erano bagnati e qualche ciuffo si era appiccicato al viso. Oltrepassò anche lui lo sbocco delvicolo e proseguirono insieme. Lui avanti, lei dietro.

"Ti avevo detto di partire al tre", la sgridò lui, guardando avanti. Anna rabbrividì per il freddo. Camminare nell'acqua stava diventando sempre più faticoso. Ed erano ancora a metà percorso.

"Mi sono spaventata", sussurrò.Davide non commentò. Un rumore lo fece arrestare. Da una stradina laterale più avanti, spuntarono fuori altri tre di quegli esseri. Davide fece partire due colpi, ma solo uno dei tre venne inghiottito dall'acqua. Quella che una volta doveva essere una donna camminava inesorabile verso di loro. Anna mirò alla sua testa, ma Davide fu più veloce. Fece fuori quello che era rimasto e poi si incamminò più velocemente che poteva. Anna lo seguì e quando passò vicino ai corpi, si trattenne dal vomitare bile.

L'alimentari era piccolo, ma ben fornito. Erano riusciti ad arrivare lì incontrando altri due gruppi di quegli esseri, ma erano riusciti a cavarsela per un pelo. Davide e Anna si accertarono che non ci fosse nessun altro e si divisero nelle due corsie, ognuno con uno sacco in mano. Lei passò in rassegna i prodotti nella zona frigo, i cui refrigeratori non funzionavano più. Vedere tutto quel cibo le faceva venire ancora più fame. E pensare che il Virus si era trasmesso proprio tramite esso la faceva solo spaventare di più. Scartò i formaggi, latte e yogurt. Tra i prodotti vide il tofu. Prese velocemente tutte le confezioni che trovò. Doveva sbrigarsi. Oltrepassò la sezione dedicata alla carne. Passò in rassegna gli scaffali di fronte e controllò gli ingredienti di una scatoletta. La voce gracchiante della radio, che ripeteva sempre lo stesso messaggio da giorni, le ritornava in mente. Si ricordava la prima volta che l'aveva sentito, a casa sua. Suo fratello l'aveva appena aggredita, tutto d'un tratto e lei l'aveva colpito con l'attizzatoio. Il corpo era riverso sul pavimento, con il cranio sfondato e la luce folle negli occhi morti. Lei aveva singhiozzato terrorizzata e aveva lasciato cadere l'attizzatoio. Solo allora aveva sentito la voce alla radio: "... diffuso in tutta Europa. I ricercatori hanno confermato che gli animali ne sono portatori sani, ma possono trasmetterlo in forma nociva agli esseri umani. Non bisogna ingerire carne d'allevamento, né pesce, né derivati da animali fino ad un prossimo aggiornamento. In caso di contagio rivolgersi immediatamente al centro ospedaliero più vicino. Per coloro che si sono sintonizzati solo ora...".

Anna gettò via la scatoletta e passò ad altro. Quello che la Nazione era riuscita ad ammettere solo due giorni dopo, era che non si trattava di un semplice virus. Chi ne era infettato, moriva e si decomponeva velocemente. Tuttavia continuava a muoversi, guidato dall'insaziabile fame di carne umana.

***

Anna guardò ancora una volta la dispensa piena. Erano ritornati nell'appartamento due ore prima. Lei aveva tremato tutto il tempo di paura: Davide aveva scaricato la sua pistola, aveva preso la sua e aveva finito i colpi anche della rivoltella. Gli ultimi dieci metri li avevano corsi -facendosi strada a fatica nell'acqua alta- con il fiato alla gola e uno degli esseri alle calcagna. Una volta entrati nell'edificio avevano sbarrato la porta, Davide aveva potuto caricare la pistola e aveva piantato tutti i proiettili nell'Infetto, attraverso la finestrella. Avevano ripreso fiato, Anna si era asciugata le lacrime ed erano saliti. Giulia si era alzata dalla poltrona e li aveva abbracciati forte entrambi sulla soglia. Poi, Davide e Anna erano andati ad asciugarsi e cambiarsi mentre Giulia pensava a sistemare il cibo.

In un angolo della dispensa c'era una scatoletta mezza nascosta. Avevano cenato da poco e gli altri due erano andati a dormire. Ma lei aveva ancora fame. Sapeva che non avrebbe dovuto prendere più di quanto le spettava, ma era da giorni che le facevano male lo stomaco e la testa e si sentiva sempre più debole. Forse se avesse mangiato solo quella scatoletta nessuno se ne sarebbe accorto. E poi, era solo una scatoletta. La prese e chiuse la dispensa. Ricontrollò l'etichetta: si trattava di un mix di verdure, ceci e altri legumi. Era un po' sporca e al buio non si leggeva molto bene. L'aveva presa lei, all'alimentari qualche ora prima. L'aprì, attenta a non fare rumore, e si rovesciò in bocca il contenuto. Non era buono, ma almeno quella maledetta fame si sarebbe un po' placata. La ripulì e poi la gettò nel secchio, nascondendola in una cartaccia. Nessuno se ne sarebbe accorto, giusto?

Camminò verso la camera da letto che condivideva con i suoi compagni e d'improvviso sentì qualcosa di strano smuoversi nel suo corpo. Si bloccò. Probabilmente non era niente. Fece un altro passo e la testa le girò. Sentiva la nausea e la bile in fondo alla gola. Si precipitò in bagno e vomitò nel gabinetto. In bocca, le parve di percepire il sapore del sangue. Si alzò, si pulì le labbra con la manica della maglietta e arrancò di nuovo verso la cucina. Non le sembrava possibile che fosse successa una cosa del genere, anche perché... C'era l'odore del suo sangue, ma anche di qualcos'altro nell'aria.

Scavò nel secchio e tirò fuori la scatoletta. L'etichetta non recava niente di nocivo, ma c'era qualche macchia di sporco. Anna la pulì con il pollice e l'espose alla luce della Luna. Sotto la macchia, si leggeva a caratteri estremamente piccoli: "Può contenere tracce di latte e uova".

Lo stomaco e la testa smisero di farle male. Si diresse verso la stanza dove dormivano gli altri due. Poi, la fame le cancellò i pensieri e si avventò su di loro.






Note
1) Sono finalmente riuscita ad aggiornare e sistemare il problema delle parole attaccate. Scusate il disagio e la difficoltà nel leggere, ma Wattpad mi ha dato problemi in questi giorni e non riuscivo a modificare nulla (oltre al fatto che non ho avuto molto tempo T_T).
2) Lasciate che spieghi la frase sull'etichetta: si riporta quando all'interno dello stesso stabilimento si lavorano anche prodotti con latte e uova e potrebbe esserci la possibilità che uno schizzo di uno o un po' dell'altro abbia "contaminato" il prodotto. Viene segnalato per quelli che ci sono allergici, ovviamente. Spero che questo chiarimento inutile sia stato comprensibile :,).






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