Capitolo 4
Narses, stufo dei bisticci dei fratelli Grace e del fatto di non sentirsi affatto a proprio agio, si alzò dal divanetto e si incamminò dove la spiaggia non era stata adibita per ospitare una festa.
Forse fu maleducato, a lasciare i suoi amici lì senza dire nulla, ma tanto loro il giorno dopo neanche se lo sarebbero ricordato.
Gli piaceva il rumore dei suoi passi sulla sabbia, così come vedere l'impronta lasciata dal piede. In qualche modo, il mare gli dava sempre conforto e forza. Quella poi era una splendida serata, con le stelle che illuminavano la volta celeste e la luna che si rispecchiava sull'oceano calmissimo.
I rumori della festa in lontananza e i suoni della natura, come se fossero un'unica melodia. Più andava ad ovest e più la fauna si faceva sentire.
Decise di levarsi le scarpe, e così percepì meglio la forza Marina. La sensazione dei granelli freddi contro i piedi era stupenda, lo faceva sentire parte della natura stessa.
Improvvisamente però accadde una cosa alquanto strana, forse soltanto frutto della sua immaginazione.
Gli parve di vedere un barlume di luce verde verso la foresta meridionale.
Si soffermò a guardare meglio, ma non notò nulla di eccezionale.
Poi però arrivò un rumore veloce, quasi impercettibile, ma sicuramente uno scoppio.
Indugiò sulla sua posizione e guardò nuovamente nella stessa direzione, niente.
Tuttavia qualcosa, forse il suo inconscio, lo fece avvicinare al confine nord della spiaggia, dove iniziava la vegetazione.
Si sfilò le scarpe e si addentrò nella natura.
Dopo qualche graffio causato dalla presenza di arbusti, trovò finalmente un sentiero e lo percorse. Andava perlopiù a caso e non sapeva nemmeno perché, sentiva solo che doveva farlo.
Adesso voi direte "Ma questo è pazzo, cosa fai in una foresta nel bel mezzo della notte?"
Ma al volere degli dei non si comanda.
Prese un accendino e tentò di farsi un po' di luce, il tentativo tuttavia era praticamente vano.
Sentiva i rami degli alberi contro il suo corpo e percepiva che il sentiero si stava restringendo. Narses era però convinto di andare dalla parte giusta.
Forti odori cozzavano tra di loro, dall'odore di terra bagnata al profumo di erbe aromatiche. La terra diventava sempre più morbida mano a mano che si inoltrava nella foresta meridionale. Se la sua mente non lo ingannava, doveva trovarsi vicino a dove stavano i satiri.
Tuttavia, nessun gridolino di ninfa venne udito dal ragazzo.
Dato che non sentiva più i rami degli alberi contro la sua pelle e non percepiva più al tatto la presenza di tronchi, suppose che dovesse trovarsi in uno spazio.
Ed era convinto che doveva fermarsi proprio lì.
Tuttavia non riusciva a comprendere come un pezzo di terra, in mezzo ad una foresta terribile, potesse interessarlo a tal punto.
Improvvisamente dei rametti si spezzarono e Narses estrasse il pugnale, che portava sempre dietro.
Sentì dei lievi fruscii.
Lì c'era sicuramente qualcosa.
Qualcosa di vivo, che si muoveva.
Imprecò sottovoce perché non aveva le spalle coperte da qualche superficie e non riusciva a vedere oltre il suo naso.
Cercò di concentrarsi sull'udito.
I fruscii aumentarono, un insieme di foglie secche calpestate e di ramoscelli rotti.
I riflessi del ragazzo in massima all'erta.
Pugnale alla mano.
Poi iniziò ad udire il respiro, molto forte, sembrava quello di una persona stanca e senza fiato.
Qualcosa gli afferrò il braccio e la sua lama scattò.
Tuttavia non lacerò niente, dato che gli afferrò il pugnale prima che potesse arrivare al tessuto.
"Narses sono io" parlò una voce familiare, che sulle prima non riconobbe.
Fece un sospiro di sollievo.
Non si trattava di nessuna creatura feroce o intenta a dilaniarlo, semplicemente di una ragazza.
"Sei la ragazza di prima alla festa?" Domandò incerto, sicuro del fatto di aver fatto la figura del coglione. Perché è ovvio che, quando trovi una ragazza che neanche riesci a vedere in una foresta dimenticata dagli dei, la prima cosa da dire sia questa.
"Si, esatto" Aveva paura, si notava da come le tremava la voce. Qualcosa ululò o fece un verso simile a quello, mettendo i brividi pure a lui.
"Cosa ci fai qui?" La sensazione che aveva prima si era fatta fortissima e gli sembrava che stesse dimenticando di fare qualcosa, che dovesse assolutamente concentrarsi.
"Non lo so, io ero alla festa e poi bo, qualcosa mi ha portato qui. Era come se non riuscissi ad oppormi. Poi la mia mente si dimenava e più il mio corpo mi trascinava qui" Ascoltò le sue parole, rendendosi conto che erano le stesse situazione che aveva provato lui, solo molto più accentuate "Poi mi sono rintrovata in questa foresta inquietante e la cosa mi ha abbandonata qui. Ho girato intorno ovunque, ma sapevo che non potevo andarmene, perché qui doveva succedere qualcosa di importante.
Poi ho trovato questo"
Gli passò quello che doveva essere un foglio,a giudicare dalla consistenza. Purtroppo però non poteva leggerlo, per cause derivanti dalla rassicurante oscurità della foresta.
"Ehm, mi è alquanto inutile al momento" Disse sentendo che la ragazza era estremamente vicina a lui, sentiva il suo fiato sul collo.
Si levò una spiacevole brezza che gli fece gelare tutto il corpo; la cosa si faceva sempre più sinistra.
"Scusa, tieni" La ragazza gli passò un portachiavi con la torcia incorporata, come quelli che ti regalano ai distributori del benzina. L'accese ed una volta finito di leggere, rimase sbigottito.
Non aveva mai visto nulla di simile e nessuno l'ha mai visto.
Era un foglio di carta molto antico, completamente ingiallito, dove le parole erano scritte utilizzando le lettere ritagliate da giornali. Alcune di esse erano greche ed altre dell'alfabeto comune.
Essa citava
"NJ, AV, CH, AJ, AF e LL aiutaci e aiutatevi"
Lì per lì non capì il significato di quanto scritto, lo dovette aiutare la bella ragazza della quale ancora non conosceva il nome
"Io credo di aver capito, dovrebbero essere delle iniziai. Le nostre iniziali" L'ultima frase la pronuncio con tono grave, sottolineandola vocalmente. Poi sia schiarì la voce e finì di presentagli l'ipotesi "NJ sei tu, ossia Narses Jackson. LF sono io, Lavinia Fabbri e LL è sicuramente il figlio di Ecate, Leonardo Lucci. Sento che sia lui" Finalmente conobbe il suo nome, ma la circostanza in cui lo fece non gli piacque affatto, tutto questo gli puzzava di altri affari più grandi di loro, che avrebbero portato ad affari ancora più grossi.
Stavano passeggiando sulla spiaggia, allentandosi dalla sinistra foresta. Che mai era stata più inquietante. Uno strano senso continuava a aleggiare in Narses, era come malinconia e adrenalina assieme.
Accanto a lui c'era Lavinia, bellissima nel suo abito bianco che risaltava la perfetta abbronzatura. Avevano deciso di radunare tutti coloro che potevamo essere collegati al messaggio, ammesso che l'ipotesi della ragazza fosse vera.
L'indomani l'avrebbe di portato Chirone, il quale sicuramente sarebbe riuscito a fare luce sul caso.
Il vento continuava a soffiare, ma lì sul mare, la brezza era calda e piacevole, a differenza che dentro la foresta. Più andavano avanti e più i rumori della festa si facevano sentire, ricordando ai ragazzi che quella sera si sarebbero dovuti divertire.
"Lavinia è un bel nome. Credo, ehm, di averlo già sentito" Narses non aveva voglia di continuare a parlare di quel sinistro biglietto che era arrivato a sua volta in maniera altrettanto inquietante. Continuare a ripetere le catastrofi che potevano derivare da quel pezzo di carta era inutile, tanto avevano bisogno della consulenza di Chirone, prima non potevano prendere decisioni.
"Già. E per quanto riguarda il tuo «l'ho già sentito», Lavinia era la sposa di Enea; il quale fondò la città di Lavinio, nel Lazio, in onore della moglie" Spiegò la ragazza ridacchiando come se il fatto che lui non si ricordasse questo avvenimento fosse divertente. Forse, lo era.
Lavinia si fermò per togliersi i sandali in cuoio, molto simili a quelli che portavano le donne romane nell'antichità. Le mani forti e affusolate, con dita agili, che slacciavamo le calzature.
Narses notò che la ragazza rabbrividì appena la pelle venne a contatto con la sabbia fresca.
Intanto, il rumore della risacca copriva quasi il suono della musica in lontananza.
"Certo, me lo ricordavo" Narses provò ad essere convincente, ma neanche un blemma gli avrebbe creduto.
"Sicuramente hai bisogno di ripetizioni di storia" Lavinia si girò verso di lui, camminando lateralmente per guardarlo negli occhi. Lei odiava non vedere le persone mentre parlava, aveva bisogno dello scambio di sguardi.
"E sicuramente tu giudichi le persone dall'apparenza, neanche mi conosci e ti azzardi a dire che io non conosca la storia" Narses finse di essere offeso e, con le sue gambe lunghe, accelerò il passo.
Adesso potevano vedere la foce del ruscello, che si gettava nell'oceano. La forma a imbuto era praticante perfetta e l'effetto di tale paesaggio di sera era bellissimo, con gli splendidi salici piangenti lungo l'argine del piccolo corso d'acqua.
"Non giudico, sono obbiettiva. Questa è una delle cose basilari, sei obbligato a ricordarla" Lavinia teneva bene il suo passo, nonostante fosse più bassa di lui e non sembrava affatto che questa cosa le pesasse.
"Scusi mia signora. Si vede che sei di formazione romana..." Narses pensò a quanto per certe cose i ragazzi del Campo Giove fossero diversi da loro. Erano molto poi rigidi e impostati, con un forte senso di disciplina. Avevano il cervello impostato per la strategia e l'organizzazione, a prescindere da quella divinità discendessero.
"In tutti i sensi, Io sono nata a Roma, la città eterna. E mai smetterò di pensare alla mia città, non vedo l'ora di tornare" Parlò con fare nostalgico e, per la prima volta, si voltò verso il mare per osservarlo, come se stesse pensando di attraversare l'oceano a nuoto al fine di raggiungere Roma.
Narses notò quanto fossero belli i suoi capelli, lunghi e splendenti. Un castano chiaro con ciocche dorate sparse per la chioma. A dire il vero, tutto di Lavinia era luminoso, compresi i suoi vestiti.
"Io ci sono stato a Roma, effettivamente ha un fascino insuperabile" Narses si avvicinò alla ragazza, mettendosi vicino a lei sulla battigia. I piedi che venivano bagnati dall'acqua marina, sorprendentemente calda.
"Mia madre è morta quando avevo otto anni, da allora vivo al Campo Giove. È stato mio padre ad indicarmi la strada, ma non ti dico cosa ho dovuto affrontare..." Narses ricordò i racconti della madre, che si è trovata da sola insieme ad altri due semidei. Due giovani ed una bambina in balia degli orrori al di là della barriera.
Sapeva che i semidei, specialmente a partire dai dodici anni , erano soggetti ad aggressioni spiacevoli; anche lui le aveva subite, così come sua sorella. Tuttavia non voleva immaginarsi cosa significasse fare tutta quella strada, probabilmente nel labirinto, a soltanto otto anni.
"In genere i genitori divini se ne infischiano, è strano che ti abbia aiutato. Sei stata fortunata" Voleva sapere tantissimo chi fosse suo padre, ma decise di non tormentarla di domande. Se avesse voluto raccontargli tutto l'avrebbe fatto, non doveva essere lui a incalzarla.
Giunse un rumore soffocato di risate, che fece girare entrambi gli eroi. Videro un ragazzo ed una ragazza, mano nella mano; che correvano spensierati sulla spiaggia, sembravano appena sotto le stelle.
Lavinia piegò le labbra in lieve sorriso "Mio padre è Apollo, Narses. Sai perché si sente così vicino ai suoi figli, si è trovato recentemente in un corpo mortale e sa cosa si provi. Senza il suo aiuto non potevo essere qui a raccontarlo"
Era ovvio che fosse una figlia di Apollo, e Narses si disse che era stato proprio uno stupido. Aveva tutte le caratteristiche del padre, compresa la voce, dolce e musicale, come se ogni lettera che pronunciava fosse una nota del pentagramma.
Il ragazzo lasciò che il vento scompigliasse i suoi riccioli biondi e si sedette, cercando di non far entrare i granelli di sabbia dentro i pantaloni. Aprì i palmi delle mani sulla superficie della spiaggia e sentì la forza dell'energia marina,che scorreva sempre più forte nelle sue vene. Piano piano la sua mente si allontanò dai pensieri e dalla preoccupazioni, trascinandolo verso una situazione di consapevolezza rilassata, come se gli avvenimenti precedenti fossero accaduti in un universo differente.
Lavinia lo guardò confusa, ma decise di imitare il suo gesto. Per lei la cosa fu più complicata, dovette eseguire delle manovre per sedersi comodamente con quel vestito. La forti mani della ragazza che scorrevano velocemente sui capelli, intrecciandoli con una facilità e velocità unica. Le sue dita agili infatti sembravano essere addestrate a farlo.
Narses rimase rapito da quel gesto, che trovò estremamente affascinante.
"Adesso raccontami qualcosa te, Narses discendente di Poseidone e Atena"
***
Quando Adriana controllò l'orologio, erano già le quattro di notte. La folla di semidei aveva lasciato la spiaggia già da un mezz'ora, soltanto alcuni erano rimasti. La maggior parte dei quali stava aiutando a fare una ripulita. Un paio di figli di Ecate avevano utilizzato la magia per ripulire dalla sporcizia e, con marchingegni vari inventati dalla casa di Efesto, avevano completato il lavoro di pulizia. Adesso stavano smontando i divanetti e tavolincini che venivano compressi in piccoli cubetti. Jonathan Fallon sfrecciò davanti a lei, andando a borsare una manciata di cubetti su una lastra d'acciaio.
Notò quanto fosse bella la luna quella sera e si fermò un attimo ad ammirarla. Nonostante vivesse al Campo Mezzosangue da tanti anni, aveva assistito a poche notti di luna piena sulla spiaggia. Quella sera era come se il satellite brillasse di luce propria, essendo per una volta lui ad illuminare la terra.
Intanto altri semidei le passavano davanti, terminando piano piano le loro mansioni.
"Anche questa volta, sei stata una bomba" Jonathan apparve vicino a lei, dall'alto del suo metro e novanta. I capelli castani spettinati e il respiro affannato.
"Mai senza il tuo aiuto" Adriana sorrise all'amico, pensando a cosa fossero riusciti a creare insieme. L'impero del divertimento e del contrabbando al Campo Mezzosangue.
La ragazza si avvicinò ad uno degli ultimi tavolincini da smontare e prese una bottiglia di Gin, prendendo un paio di bicchierini di plastica.
Versò il liquore e passò un bicchiere a Jonathan.
"A noi" Dissero all'unisono, mandando il liquido in un solo sorso.
Adriana abbracciò l'amico, che la strinse con le braccia possenti, tipiche di un figlio di Efesto.
Intanto i vari semidei che l'avevano aiutati finirono e lasciarono la spiaggia come l'avevano trovata, perfettamente incontaminata. Tutti la ringraziarono e si complimentarono, avendo un'altra conferma di quanto la ragazza fosse abile in questo campo.
Rimasero soltanto loro due e la bottiglia di gin.
Bevvero quantità del liquore che avrebbero distrutto qualsiasi altro mortale, fortuna però che loro fossero particolarmente robusti.
"Le arpie avevano detto che alle quattro e un quarto dovevano essere nei nostri caldi letti" Disse Jonathan mentre finiva il suo ennesimo bicchiere, prendendo poi la mano di Adriana tra le sue.
"Non mi importa un fico secco, siamo stati tutta la serata a controllare che le cose funzionassero come avevano previsto. Meritiamo un attimo di pace"
La ragazza allora si lasciò coccolare dall'amico e dal rumore della risacca in sottofondo.
Tuttavia, dopo qualche minuto, uno strana sensazione prese campo in lei. Aumentava sempre di più.
La testa iniziò a farle male, fino a pulsare.
La vista si annebbiò e tutto il paesaggio fiabesco nel quale si trovava le sembrò distante anni luce.
Riusciva a mala pena a sentire il contatto con Jonathan.
Sei stata scelta
Parlò una voce nella sua mente, della quale avvertì le vibrazioni anche nelle ossa dei piedi.
Devi agire, hanno bisogno di te
L'intensità aumentò e la ragazza si portò una mano alla testa, le sembrava che stesse per esplodere. Riusciva soltanto a percepire l'eco di quelle parole, neanche si rendeva conto che l'amico le parlava preoccupato.
Sta per iniziare, STA PER INIZIARE
Troppo forte venne pronunciata l'ultima frase, tanto che Adriana si sentì priva di forze e i muscoli divennero come gelatina.
Sudava da morire e il cuore batteva fortissimo. Lanciò uno sguardo debole a Jonathan e poi svenne, abbandonandosi tra le braccia dell'amico.
***
Angolo autrice:
Ciao ragazzi, eccomi qui con un nuovo capitolo.
Cosa ne pensate? Vi obbligo a dirmi là vostra opinione, lo giuro sullo Stige.
Baci❤️
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