Capitolo 15
Lee osservò il mare dal suo oblò. Lo temeva tanto quanto lo amava. Purtroppo lui però non piaceva affatto al mare. A dire il vero i discendenti di Ade non piacciono mai a nessuno, ma con questo ormai aveva imparato a conviverci. Se doveva essere sincero non sapeva a quale dei due lati assomigliasse di più. L'aspetto fisico era sicuramente quello di Apollo ed aveva anche un'eccezionale dote per la medicina e il tiro con l'arco. Tuttavia non gli era difficile avvertire la morte, così come non provava difficoltà a far resuscitare qualche zombie. Trascorreva diverso tempo negli inferi, suo nonno si comportava bene con lui. Gli insegnava tutto quello che c'era da sapere sul mondo dei morti e gli fece capire che le sue non erano maledizioni, ma capacità.
Persefone era uno schianto e ci aveva provato innumerevoli volte con lui, portandolo a passeggiare nei suoi giardini e entrandogli nella camera da letto.
Era sempre difficile reprimerla e non solo perché era bellissima, ma anche per il fatto che è una dea e a loro non piace essere rifiutati. Tuttavia non lo aveva ancora incenerito e si ostinava a fargli gli occhi dolci.
Chiuse la piccola finestra e sospirò, ripetendosi che quello non era il posto per lui.
Il sonno non si sentiva, così decise di sfare i bagagli. Vi era un piccolo armadio azzurino ed un baule di legno ai piedi del letto. Piegò con precisione i pochi capi che aveva portato e sistemò le altre cose nella cassapanca; aveva uno zaino fornito di nettare, ambrosia, corde e vari strumenti per curare, quali vasetti di erbe medicinali.
Mentre metteva in ordine, pensò alle parole del padre, Will Solace – Ti farà bene andare al Campo Mezzosangue, hai bisogno di crescere con i tuoi coetanei- Accettò il suo consiglio solo per farlo contento, non perché ne avesse particolarmente voglia. Per anni i suoi genitori avevano cercato di mandarlo al Campo, purtroppo però i loro tentativi erano stati tutti vani. Aveva smesso di frequentarlo a dieci anni ed era tornato dopo sette.
Preferiva stare nel mondo dei mortali e negli inferi.
Tuttavia, per quanto lo nascondesse, aveva un bisogno inimmaginabile della luce del sole e per questo non riusciva a trascorrere periodi lunghi nell'aldilà.
Lui sapeva perché Nemesi non lo aveva messo nella lettera, lei lo odiava. Quel pezzo di carta era stato creato apposta per non far partecipare lui alla missione, purtroppo per lei però i suoi compagni avevano decifrato anche l'ultimo identificativo.
Per decine di notti la dea gli era comparsa in sogno, minacciandolo a non far ritorno al Campo Mezzosangue. Lei lo detestava perché non rappresentava il tipico stereotipo dell'equilibrio voluto da Nemesi. Lui, per la bilancia naturale, non doveva nemmeno esistere.
Non lo sopportava perché i suoi genitori erano entrambi maschi e perché non può esservi un figlio sia della luce che delle ombre.
Purtroppo però, lei si sbagliava.
Partì per Long Island quasi esclusivamente per andare contro alla dea, per dimostrarle che non aveva paura. Suo nonno poi, Apollo, gli aveva riferito che avrebbe avuto un ruolo importante e che la sua presenza era fondamentale.
Tuttavia, sapeva che in un certo senso lui era sbagliato.
Represse il pensiero e ringraziò mentalmente Era, che gli aveva dato l'occasione di nascere.
Era consapevole che la sua vita era più preziosa delle altre e si promise che non avrebbe deluso nessuno, perché la sua intenzione era quella di godersela al meglio.
Bussarono alla stanza e lui tornò alla realtà. Si chiese chi potesse essere e posò sul letto la maglietta arancione del Campo, che gli avevano dato pochi giorni prima.
La porta cigolò e sulla soglia vi era Adriana Valdez, avvolta in una coperta a quadri.
Rimase lì impalato, non si aspettava una visita.
Figuriamoci poi da lei.
La ragazza gli rivolse un espressione urgente e gli sorrise incoraggiante, intimandolo a farla entrare.
Lui le fece subito spazio, sperando di non essere stato troppo scortese.
Adriana non sembrava affatto a suo agio e indugiava sulla posizione, giocando col fil di ferro.
"Non è che, per caso, senti puzza di Morte?" Lee ne aveva sentite di domande strane, ma questa le batté tutte.
Lui inarcò un sopracciglio ed era sicuro di essersi appena esibito nello sguardo più confuso della storia.
"Oh, sono una frana con la materia organica" Adriana sospirò e si lasciò cadere sul letto, prendendosi la testa tra le mani.
"Se ti può rincuorare,nemmeno io sono un molto bravo con i rapporti umani" Lui si avvicinò alla ragazza e scansò i vestiti per farsi spazio. Si sedette vicino a lei, ma a debita distanza.
"Prima ho avuto quell'incidente e tutti mi avevano data per morta" Pronunciò l'ultima parola con più enfasi. Poi, prima di continuare il discorso, si voltò verso Lee. Lo scrutò come se volesse leggergli dentro, provando a capire se poteva veramente fidarsi di lui.
Aspettò qualche istante.
Poi iniziò nuovamente a parlare.
"Tuttavia, io sono convinta di essere sempre stata viva. Perciò, ehm, con le tue capacità..." Lui la interruppe, dicendo amaramente "...da frequentatore di zombie".
"Non volevo proprio dirlo così, ma il concetto era questo..."Si fermò un attimo per scegliere le parole giuste e poi gli si avvicinò un poco, dicendo con tono molto basso "Non è che potresti aiutarmi a capire cosa sia successo veramente?" Quando finì la frase sembrò che avesse appena ingoiato un rospo. Poi le rivolse uno sguardo che non era da lei.
Lo stava supplicando.
Lui odiava entrare in contatto nel mondo dei morti come glielo stava chiedendo lei, ma non poté tirarsi indietro. Provava compassione nei suoi confronti.
"Posso provarci" Lee non la guardò negli occhi, non voleva farle capire che per lui era un peso.
E quasi se ne vergognò.
L'aria sembrava essersi fatta più pesante e l'atmosfera era diventata sinistra, con la luce che emanava un fioco bagliore. Il viso di Adriana era illuminato parzialmente e gli occhi luccicavano come due palle di fuoco. Era un po' inquietante.
"Non so se ti piacerà, sarà come avermi dentro" Mister Ombra si rese conto troppo tardi di quanto fosse molesta quella frase. Avvampò.
"Ho afferrato il concetto" Ridacchiò lei, tuttavia anche le sue guance arrossarono.
Lee si avvicinò ancora ed esitò prima di prenderle le mani.
Adriana capì e acconsentì con un cenno del capo.
Lui cercò di regolare la respirazione e le pulsazioni, aveva bisogno di tutta la concentrazione possibile.
Sentì il suo corpo che si rilassava e poi fu come se si trovasse in due posti contemporaneamente.
La stanza e l'anima della ragazza.
Inizialmente non vide nulla di strano, il suo essere sembrava normale, come quello degli altri. Poi però il tutto si fece improvvisamente buio, come se qualcuno avesse spento la luce.
La strinse più forte, cercando di entrare ancora più in contatto con la sua anima.
Ritornò normale, per poi oscurarsi nuovamente. Era una sequenza precisa e costante, mai veniva interrotta.
Sentiva la sua energia vitale e poi puff era come se questa fosse scomparsa.
Provò a concentrarsi meglio e lì per lì la situazione rimase la stessa. Il solito spegnere e accendere.
Dall'esterno Adriana si accorse che lui aveva bisogno di percepirla meglio, di poter contattare più da vicino il suo spirito.
Imbarazzata, lo cinse con una sorta di abbraccio.
In quel momento, lui capì da cosa dipendeva quell'intermittenza.
Voleva pensare che non fosse vero, credere di essere sbagliato.
Ma quello che aveva avvertito, era assolutamente fondato.
Riaprì gli occhi e si rese conto di essere abbracciato a lei.
La stanza era tornata luminosa come prima e non aleggiava l'aria inquietante di pochi minuti addietro.
Si allontanarono imbarazzati.
Lee non sapeva come dirglielo, probabilmente l'avrebbe distrutta. Lei lo avrebbe odiato e gli avrebbe urlato contro che non era possibile.
Avrebbe cercato di evitarlo, facendolo sentire ancora più solo.
Però lui aveva il dovere di dirglielo.
Dirle che lei aveva una cosa terribile, quasi impossibile da rimuovere.
Il marchio degli inferi.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro