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CAPITOLO 13

Calipso era da giorni che faceva sogni terribili. Vedeva l'acropoli di Atene ricoperta di sangue, uno strano tavolo attorno al quale erano sedute delle persone e l'esile corpo della figlia steso a terra, come se fosse... meglio non pensarci.

Guardò Leo dormire e sorrise lievemente, addolcita da quell'immagine. I ricci castani schiacciati sul cuscino e la bocca leggermente aperta, con un filino di saliva che scendeva.

Si alzò piano, per non svegliare il marito.

I suoi passi sembravano riecheggiare sul pavimento di marmo.

Decise di bere un bicchiere d'acqua e magari prendere un po' d'aria, ne aveva bisogno.

Dalla terrazza vedeva l'Empire State Building estendersi contro il cielo, mostrando tutta la sua imponenza. Non c'era da stupirsi che quella fosse la sede degli dei dell'Olimpo.

A tratti però a lei metteva ansia tale vicinanza, d'altronde erano stati loro ad esiliarla per migliaia di anni.

Sedette su una poltroncina in vimini e ammirò quanto fosse bello il lavoro fatto da Adriana, soprattutto alle prime luci dell'alba. Un sistema di lucine e piante copriva il perimetro della terrazza, rendendola bellissima. Con tutti quei colori e profumi, sembrava il giardino pensile di Babilonia. Si erano divertite così tanto a costruirlo, non si era mai sentita più vicina alla figlia.

Neanche gli dei sapevano quanto le mancasse.

Da quando poi avevano ricevuto la chiamata di Chirone, dove spiegava tutto, Calipso si era sentita un vuoto dentro, che continuava a crescere a dismisura. Il centauro li raccontò dell'impresa, della profezia e di come fosse coinvolta Adriana.

Lei sapeva di aver generato un'arma letale, ma voleva che la figlia lo scoprisse il più tardi possibile.

Presto si sarebbe accorta che cosa può fare il sangue di Titano, e sperò che fosse in grado di riuscire a controllarlo.

Chissà dove era la figlia in quel momento, quali orrori stava affrontando.

Leo aveva reagito quasi peggio di lei, forse perché lui sa quali sono i pericoli  che comportano imprese.

Si era chiuso in se stesso ed era diventato cupo come non mai.

Ma come biasimarlo?

Toccò un bellissimo fiore di gelso e le sembrò di sentire improvvisamente la risata di Adriana quando era piccolina. Calipso le diceva sempre che era bella come un fiore di gelso, ed effettivamente era vero.

Le tornarono in mente momenti del passato ai quali non pensava da anni, ma non per questo avevano meno valore.

Quando lei scoprì di essere incinta vivevano ancora alla Way Station, nella città di Indianapolis.

Leo stava lavorando con Jo, ma lei lo prese da parte.

Lui era così giovane, praticamente un bambino. In quel momento non avevano pensato ad avere un figlio, semplicemente era successo.

Aveva il viso sporco di grasso e la maglietta bianca sudata, ma comunque era bellissimo.

Lei gli prese la mano e lui sulle prime si trovò disorientato, non sapeva come reagire.

"Leo, devo dirti una cosa molto importante. Cambierà il nostro futuro, completamente" Calipso sorrideva, non poteva evitarlo. L'espressione del ragazzo era indecifrabile, chissà a cosa aveva pensato. A tratti, la maga provò tenerezza per lui, a diciotto anni può essere un colpo duro.

Lui le strinse le mani, incoraggiandola.

"Sono incinta" Forse fu troppo diretta, ma che senso aveva girarci intorno?

Sulle prime Leo si spaventò, guardandola per qualche secondo senza dire niente. Era giovane ed era normale che fosse spaventato, ma Calipso temette il peggio.

Poi la sua espressione divenne la più felice che lei gli avesse mai visto fare. Gli occhi brillavano ed il sorriso era così bello da farle venire le farfalle allo stomaco.

L'abbracciò così forte che riuscì a sentire il suo cuore battere. La braccia, ormai muscolose per tutto il lavoro, che l'avvolgevano nella stretta più rassicurante che potesse esserci.

Poi le mise un ciuffo di capelli castani dietro l'orecchio e la baciò, accarezzandola con una gentilezza e dolcezza che le scaldò l'anima.

"È la notizia più bella che io abbia mai ricevuto" Le sussurrò nell'orecchio.

"Ti amo" Aggiunse poi, baciandola ancora, con una passione tale da farla quasi sciogliere.

La maga scacciò il ricordo, sorridendo amaramente.

Intanto la porta che dava sulla terrazza si aprì e Leo la guardò dalla soglia.

Le luci di New York si stavano accendendo, rendendo la città una cosa così bella da mettere i brividi.

Il ragazzo si sedette vicino a lei, mettendole un braccio sulla spalla.

"So a cosa stai pensando" Non la guardò negli occhi, rivolse lo sguardo verso il grattacielo che nascondeva l'Olimpo.

"Ho paura Leo" Ammise lei, crollando tra le sue braccia. Si sforzò di non piangere, lei doveva essere forte. Sapeva che quello era il destino degli eroi, se si fosse lasciata prendere dalla tristezza sarebbe impazzita.

"Anche io. Ma Adriana è una tosta, lo sai. Ha la pelle dura quella lì, e tanti tanti doni." Lui le accarezzò la testa, baciandola sulla fronte.

"Deve ancora imparare a conoscersi, lei non sa di essere così potente" Pronunciò quella parola come se fosse una cosa brutta, non bella. Ed effettivamente lo era, perché la storia diceva che tutti i semidei potenti avevano avuto un destino terribile. Perché spesso devono sopportare forze troppo grandi anche per loro.

Questo era il caso della figlia.

Un minimo sbaglio e sarebbe finita polverizzata dalla sua stessa forza.

"Mio padre le ha dato il dono del fuoco per una ragione, sa che è destinata a fare grandi cose" Disse Leo.

"Come se non bastasse averla condannata a nascere per metà Titana. Sai che è troppo per il suo corpo" Rispose, facendosi abbracciare ancora più forte.

A Calipso tornarono in mente tutte le volte in cui si era manifestata la potenza di Adriana.

Quando aveva cinque anni e giocava in Central Park, era esploso lo scivolo dal quale era caduta.

Quattro anni fa, quando era andata a parlare con il professore di matematica delle media, il suo appunta matite elettrico aveva provato a mozzargli il dito. Questo perché la figlia odiava quell'uomo, così come lui odiava lei.

Poi, il peggiore di tutti, quando Adriana si rese conto che c'era qualcosa si sbagliato. Si trovavano a casa di Annabeth,per festeggiare il ringraziamento tutti insieme. Erano presenti tutti i sette, lei e i rispettivi figli. Un momento bellissimo, la riunione di una splendida famiglia.

L'atmosfera era così magica, da sembrare troppo perfetta.

Infatti le cose peggiorarono, come la maga sospettava.

Così tanti semidei attiravano migliaia e migliaia di mostri, ma negli ultimi anni le cose erano diventate veramente calme. Non avevano più paura ad andare a giro e gli attacchi divennero radi.

Tuttavia era accaduta una cosa allarmante.

Emily Zhang si trovava vicino alla finestra, intenta a farsi scattare una foto con la polaroid. Quando Alyssa era pronta, un'arpia tentò di staccare la testa alla ragazza.

Erano tutti disarmati e lei sarebbe stata spacciata. Frank non ebbe il tempo di alzarsi, che la creatura spalancò le fauci.

Poi accadde.

La scala antincendio esplose e con lei l'arpia.

Le schegge si abbatterono sulla strada come proiettili, fortunatamente però non vi era nessuno.

Non era rimasto niente, soltanto polvere.

Tutti non capirono, ma smisero di pensarci quando videro Hazel abbracciare la figlia come un genitore può fare solo quando teme il peggio.

Calipso e Leo però si scambiarono uno sguardo, rendendosi conto che era stata opera di Adriana.

"Lei è forte, raggio di sole. Lei è forte" la maga abbracciò forte Leo, cercando di ricevere calore da quel contatto. Effettivamente il corpo del marito irradiava speranza, così si lasciò cullare dai rumori di New York.

Le parole del figlio di Efesto, si unirono al vento.

E Calipso sperò che potessero essere udite dalla figlia.

***

Chloe si era ripresa dall'ipotermia, ma di certo non da quanto successo nella cabina. Adriana era praticamente resuscitata, avevano scoperto che i mortali voleno dei e semidei morti e che dovevano andare in un luogo estremamente pericoloso.

Certo, Apollo li stava aiutando, ma non per questo si sentì meglio.

Decisero di lasciar riposare Adriana, costringendola praticamente a stare a letto e somministrandole un infuso per farla dormire. Lavinia era rimasta lì con lei, tante volte avesse avuto bisogno di altre cure.

Si ritrovo così a camminare per il corridoio delle cabine, riflettendo su quanto accaduto. Le assi in legno erano pulite e scintillanti, con le porte lungo il perimetro, di un bianco abbagliante.

L'intera imbarcazione profumava di nuovo, come se fosse stata creata apposta per loro.

Non sapeva cosa fare, in quel momento si sentiva estremamente inutile.

Era rimasta a guardare l'amica lottare contro la morte, incapace di fare qualcosa. Se l'avesse veramente persa, quella sarebbe stata una colpa che avrebbe portato per sempre sulle spalle.

C'era una piccola poltroncina tra la cabina sua e quella di Alyssa, così decise di sedervi.

Estrasse dalla cintura il suo pugnale, l'unica cosa che in quel momento la tenesse legata alla madre, Piper Mclean. Guardò il suo riflesso dentro Katoptris, pensando ai suoi ipotetici poteri profetici.

La madre le aveva raccontato tutto ciò che aveva visto nel pugnale, tuttavia l'oggetto si limitò soltanto a fornirle la sua immagine. Non che volesse altre previsioni, ormai ne aveva fin troppe.

Lo mise via, rendendosi conto che Katoptris poteva essere molto pericoloso.

Sentiva Alyssa e Narses parlare nella cabina di lui, colse alcuni pezzi di discussione e si sentì in colpa, non era sua intenzione origliare. Sembrava che stessero parlando di momenti passati trascorsi in famiglia, le parve che nominarono anche il Campo Giove.

Chloe così pensò al padre, il quale era romano. A Jason Grace sarebbe piaciuto vedere uno dei suoi figli nella legione, purtroppo però nessuno dei due si era arruolato.

Lei aveva ereditato la maggior parte delle caratteristiche di Zeus, praticamente nulla dal lato romano. Afrodite non aveva nessuna sfera di influenza su di lei, sapeva essere soltanto un po' persuasiva; nulla al confronto di quello di cui era capace la madre.

Marco, suo fratello, invece era l'opposto. Con una sola frase poteva costringerti a fare qualsiasi cosa e le ragazze gli morivano dietro come galline. Sapeva combattere bene, ma certe volte sembrava che avesse paura di graffiare l'armatura.

Chissà se i suoi erano stati informati della profezia e della sua impresa.

Magari, quando l'avrebbero saputo, anche loro si sarebbero sicuramente uniti alla battaglia.

Scacciò il pensiero, non aveva bisogno di altre preoccupazioni.

Erano già le quattro del pomeriggio e ormai avevano preso largo nell'oceano. Dalla porta che conduceva alla coperta, osservava il sole riflettersi sull'oceano. Il cielo era limpido e splendente, privo di nuvole. Una dolce brezza le carezzava la pelle, ma era tuttavia fresca.

Si avvolse nello scialle prestatole da Lavinia e avanzò sul pontile, facendo scricchiolare il pavimento in legno.

L'odore del mare la travolse, così come il rumore delle onde che si infrangevano contro lo scafo.

Notò piacevolmente che i cadaveri di gabbiano erano stati rimossi.

Leonardo era sempre al timone, impegnato alla guida. Era da ore che stava lì, in piedi, cercando assoggettare l'imbarcazione. Lei era rimasta colpita, si era dimostrato veramente abile.

Probabilmente Narses gli aveva dato qualche dritta sul mare e su come portare il veliero, ma lei era convinta che se la sarebbe cavata benissimo anche da solo.

Gli si avvicinò da dietro e lui non sentì i suoi passi, coperti dal rumore dell'oceano.

I ricci castani mossi dal vento e le grandi mani che facevano forza sul timone, con presa salda. Indossava una camicia di flanella, azzurra come il cielo. Metteva in risalto le spalle larghe e ben strutturata. Sul braccio sinistro portava un bracciale di pelle, che stava benissimo con il suo incarnato olivastro.

"Forse dovresti riposare, credo che Alyssa sia perfettamente in grado di prendere il tuo posto" La voce di Chloe sembrò perdersi nel mare, ma lui la udì ugualmente.

Poggiò gli occhi verdi tendenti al castano sulla ragazza e le rivolse il suo solito sorriso scaltro.

"Io sono una roccia, donna fulmine" Rispose virando un po' più a destra.

"Ehm, ragazza fulmine? Comunque sia, ho notato che i piccioni sono spariti. È stato Narses a fare il lavoro sporco" Chloe si sedette sul parapetto, che si stringeva attorno al timone.

"Già, strano eh? Uccelli comuni e semplici mortali che vogliono spaccarci il culo. Ne ho sentite di cose strane, ma questa" L'accento italiano la divertiva, ma rendeva ogni singola parola pronunciata dal figlio di Ermes estremamente sensuale.

"Non è mai successo prima di oggi. Temo che sarà una battaglia veramente dura..." Lasciò la frase in sospeso, temendo di sparare una sciocchezza.

"...soprattutto perché sarà come combattere contro noi stessi" Leonardo disse ciò che lei aveva pensato, leggendola praticamente nel pensiero.

Bloccò il timone e gli fece mantenere la rotta.

Si sedette vicino a lei, mettendola un po' a disagio.

Non sapeva perché, ma quel ragazzo le stava facendo qualcosa. Qualcosa di bellissimo.

"Da dove vieni?" Chloe parlò senza pensare, rendendosi conto di aver cambiato argomento troppo improvvisamente. Leonardo non si aspettava quella domanda, ma rispose comunque senza fare obiezioni.

"Oh, da un posto bellissimo, soprattutto perché ci sono nato io" Disse con fare altezzoso, atteggiandosi come Narciso.

"Dimmi da quale città" Lei le diede una gomitata, logicamente senza fargli male.

"Firenze, mia signora" Lui le baciò elegantemente la mano, imitando uno dei nobili fiorentini del Rinascimento. Lei sorrise compiaciuta, assecondandolo nel gioco.

"Un paese eccezionale, vi piacerebbe molto" Le lasciò la mano, per accompagnare la frase con gesti teatrali.

"Sicuramente, mio signore" Rispose lei ridacchiando.

"Ci sono monumentali chiese, innumerevoli opere d'arte, giardini fioriti e ricchi palazzi" Lui continuò la sua recita, alzandosi in piedi per entrare meglio nella parte del nobile. Ignorava i movimenti della barca e sembrava che non trovasse alcuna difficoltà a fare lo scemo.

" E belle donne?" Chiese lei sbattendo le ciglia, continuando a fingere di essere una ragazza di buon sangue che accettava di essere corteggiata.

"Ci sono tante fanciulle, ma nessuna è bella quanto voi" Lui le baciò nuovamente la mano e le fece un inchino.

In quel momento una serie di schizzi la bagnò completamente, facendole appurare che l'acqua aveva un tasso molto alto di salinità.

Scoppiarono così entrambi a ridere.

Chloe era da ore che non si lasciava andare in quel modo, anche se le erano sembrati anni.

Adorava sentire la risata di Leonardo, la faceva sentire viva.

Il sole stava iniziando a calare piano piano e la temperatura si abbassò. Chloe decise di farsi una doccia e il figlio di Ermes l'accompagnò alla cabina, continuando a fare le sue battutine.

Avevano trascorso più di due ore insieme, nelle quali la ragazza era riuscita a pensare un po' meno a tutto ciò che era successo. Purtroppo però le cose precipitarono subito, perché la mente si ritrovò affogata dalle ansie e dalle paure.

Sistemò vestiti nell'armadio e lavò i capi usati quel giorno.

La cabina era piccola ma accogliente, con l'arredamento che riprendeva i toni del mare. Varie gradazioni di azzurro si trovavano nella stanza. Le pareti erano celeste molto chiaro, mentre le coperte del letto erano blu scure.

Sottò all'oblò vi era un quadro che raffigurava l'oceano al tramonto, con una barchetta da pesca in mezzo al mare.

Non appena si infilò sotto il getto d'acqua calda, si ritrovò in quel pomeriggio di luglio al Campo Mezzosangue.

E riebbe quella sorta di Blackout, che avevano tormentato la sua estate passata.

Si trovava nella Casa Grande, aspettava di parlare con Chirone. Voleva chiedergli se poteva far installare un bagno decente nella cabina 1, sicura che Zeus avrebbe approvato.

Seymour la guardava con la speranza che avesse qualche biscotto, lei però deluse la testa attaccata al muro.

Nonostante Dionisio se ne fosse andato via da anni, i tralci di vite ricoprivano ancora la sala. Davanti a lei vi era la solita tazza di tè con i biscotti, ma per qualche strana ragione non aveva nessuna voglia di mangiare o bere.

Si era svegliata nervosa e con uno strano senso di malessere addosso, ma non poteva prevedere che avrebbe dormito per un mese.

Una fortissima fitta alla testa la fece contorcere dal dolore. Poi la vista si offuscò, fino a quando non fu del tutto buia.

Così svenne, trovandosi catapultata in una dimensione che non era la sua.

Si risvegliò nel Labirinto, quello che tutti avevano dato per distrutto. Camminò per quelle che le sembrarono ore, vedendo cose terribili. Umani che si uccidevano tra di loro, mostri che approfittavano di quei conflitti per fare del mondo un caos e l'olimpo distrutto.

Lei correva veloce, arrancando nei corridoi bui. Voleva fuggire e svegliarsi, ma non poteva perché c'era una forza che la imprigionava la sotto. Il Labirinto la costringeva a guardare quelle cose terribili e senza senso, che Chloe non capiva.

Vide anche un gruppo di uomini nell'acropoli di Atene, intenti a bagnarla con la benzina. Uno di loro buttò un accendino sul liquido e poi scapparono, lasciandola bruciare.

Vide poi un corridoio tetro e triangolare, dove infondi c'era un bell'uomo ad aspettarla.

Tante altre cose le furono mostrate, che sempre avevano a che vedere con la distruzione del mondo.

Poi il Labirinto si aprì in una gigantesca sala, arredata come una domus greca. Il pavimento in marmo, decorato con mosaici e le pareti interamente affrescate.

Al centro c'era una vasca piena d'acqua, con rispettiva fontana, dove degli aironi sputavano l'acqua a getti. L'ambiente sapeva di fiori e di pulito.

Ma la cosa che più la impressionò era la gigantesca bilancia in bronzo, situata sopra ad un piedistallo dietro alla vasca. Emanava così tanto potere da farla sentire minuscola e inutile.

Sul divanetto, era seduta una donna, intenta a leggere quello che sembrava un quotidiano.

"Certe volte sembra che i mortali abbiamo perso completamente il senso della giustizia, non credi?" La donna aveva una voce autoritaria e importante, che ti costringeva ad ascoltarla. Tuttavia a lei si rivolse in modo dolce, anche se continuò a non degnarla di uno sguardo.

Chloe non seppe come reagire. Provava un sentimento a metà strada tra la paura e la curiosità.

Si avvicinò timidamente, passando vicino ad una colonna dal capitello dorico.

"Siediti qui, proprio vicino a me" disse posando il giornale, che aveva l'aria di essere il New York Times.

Chloe si chiese come potesse essere arrivato nel Labirinto, ma obbedì senza esitare alla donna.

La discendente di Zeus affondò nel divano, combattendo contro una pianta che le solleticava l'orecchio.

In quel momento si rese conto che non era la bilancia ad emanare la forte aura di potere, ma proprio la donna.

Finalmente si girò e le sorrise, mettendola estremamente in soggezione. Aveva un bel viso, con lunghi ricci scuri e grandi occhi castani, ma non aveva visto faccia più autorevole in tutta la sua vita. Sapeva di equilibrio e vendetta, se tu le fossi andato contro.

"Sai, tutti parlano sempre male di me. Sono etichettata come una cattiva..." Sospirò scrollando le spalle. Chloe non aveva idea di chi fosse, ma sicuramente si sarebbe ricordata di non farle mai un torto.

"Comunque sia, non sono qui per auto commiserarmi. Quindi arriviamo al sodo, Chloe Grace" Pronunciò il suo nome con un enfasi che non piacque alla ragazza e, il fatto che sapesse il suo nome, era piuttosto inquietante.

"Sono qui per dirti che presto comincerà la battaglia contro il nemico più duro che gli dei possano avere, molto peggio dei titani e dei giganti. E, come sempre, noi affidiamo tutto a voi semidei..."

Noi? Quindi la ragazza si trovava al cospetto di una dea e non era riuscita neanche a rendersi conto che lo fosse e continuava a non capire chi fosse. Segnò mentalmente di ascoltare di più durante le lezioni.

"Tu sarai fondamentale per questa missione, hai una buona capacità da mediatrice. Tutti coloro della lettera sono importanti. Adesso queste parole per te non avranno senso, ma quando inizierai a ricordare questa esperienza prenderanno una forma, te lo assicuro. Voi eroi avete il compito di fermare la congiura che minaccia la nostra esistenza, voi siete i soli che potrete farlo. Siete simili a loro e vi temono più di quanto temano noi" si fermò per bere un sorso di caffè e poi si schiarì la voce per riprendere il discorso

"Sanno che siete capaci di prevederli le mosse e per questo ho scelto un gruppo di semidei che mi sembrava il migliore per affrontare tale impresa. Inizierai a ricordare questa conversazione tra circa un anno, quando ne avrai bisogno. Ma adesso voglio farti vedere una cosa..." La dea misteriosa si alzò elegantemente e attraversò la bellissima stanza. Passarono davanti ad una lira che si suonava da sola e attraversarono un piccolo ponticello che passava sopra il canale, nascosto dalla vasca.

I lori passi riecheggiavano sul marmo splendente e il soffitto era così alto che Chloe faticava a vederlo.

Si accorse che per la stanza volteggiavano delle pergamene, come se fossero degli uccelli.

Rimase meravigliata ed era curiosa di sapere cosa ci fosse scritto.

La dea si fermò davanti alla bilancia e posò i suoi profondi occhi castani sulla ragazza, leggendole dentro. In quel momento Chloe sentiva che doveva smetterla di scrivere sui banchi di scuola, di fumare nei bagni e di non pulire la pipì del suo cane. Le era spuntato un senso della giustizia che prima non aveva mai avuto.

La bilancia si ergeva imponente di fronte a loro, con il bronzo che scintillava. Non si era accorta che fosse così grande, doveva alzare la testa per vederne l'apice.

"Questa è il mio simbolo, cara. Rappresenta l'equilibrio tra le cose. Possono essere bene o male, ragione o torto, tolleranza o vendetta..." Lasciò la frase in sospeso, facendole capire che altrimenti il discorso sarebbe stato troppo lungo.

A Chloe scattò una leva nel cervello e si maledisse per non averlo capito prima. Come poteva essere stata così stupida?

"Tu sei...Nemesi, la dea dell'equilibrio" La voce riecheggiò per la sala e la dea le sorrise, incutendole ancora più vigore.

"Esatto. Ma adesso devo finirti il discorso, abbiamo poco tempo. Cosa dicevo? Ah ecco. Insomma questa bilancia è fondamentale per la stabilità delle cose, qualsiasi ambito. Vedi adesso come è ben proporzionata?" Si fermò un attimo, per permettere alla ragazza di osservare la precisione millimetrica tra i due piattti.

"Se questo equilibrio viene rotto, tutto precipiterebbe. Il bilanciamento è fondamentale per la società, ci devono essere sempre due opposti che coesistono. Se uno supera l'altro, sarebbe un gran problema... è capitato, non lo nascondo, ma sono sempre riuscita a stabilirlo." Chloe non si era fermata mai troppo a pensare a Nemesi, la considerava una dea minore, una che mai l'aveva colpita. Soltanto in quel momento capì che la sua presenza era fondamentale.

"Fra poco questa bilancia sarà minacciata e le sue proporzioni saranno squilibrate. Il vostro compito è quello di impedire che un piatto prevalga sull'altro" La dea la guardò e le impresse il suo marchio a fuoco. In quel momento capì che stava per svegliarsi e si rese conto che non avrebbe ricordato nulla di quanto accaduto, soltanto lo sguardo autoritario di Nemesi.

Il Labirinto intorno a lei crollò e la vista si appannò nuovamente.

Perse i sensi e si ritrovò nella sua camera da letto.

Ebbe appena il tempo di vedere il volto dei genitori, che si svegliò sotto la doccia.

L'acqua era bollente, si era scaldato troppo in quel lasso di tempo.

Aveva i brividi, dato che aveva scoperto diverse cose prima erano nascoste nella sua mente. Il mal di testa forte, forse perché aveva recuperato così tante informazioni che il cervello stava andando in tilt.

Cercò di non pensarci e si affrettò a finire di sistemarsi.


SPAZIO AUTRICE: BUONASERA A TUTTI!!

VI PIACE LA STORIA? COSA PENSATE DI QUESTO CAPITOLO?

BACIONI!!!



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